Note: Quando mi sono messa al computer non avevo alcuna idea su cosa avrei
scritto, anzi, nelle mie intenzioni avrei dovuto aggiornare un’altra fic. Questa
fic mi è venuta di getto, si è scritta da sola praticamente. È ambientata nella
puntata 3x16, "Memoria da elefante", in cui Reid si identifica con il ragazzo
che stanno cercando e rischia la vita per trarlo in salvo. Ho sempre adorato il
modo discreto con cui Morgan controlla e cerca di proteggere Reid. È sempre li,
pronto a difenderlo. Anche quella volta cerca di farlo ragionarlo, di stargli
vicino nonostante non fosse facile. Ho descritto semplicemente quello che avrei
voluto vedere in quella puntata ^^ Spero quindi che il risultato sia decente e
che sia riuscita a mantenere i personaggi IC ^^’’’’
Dediche: Dedico questa
fic ad Akane che oltre ad essere la mia sensei è anche la mia gemella
mentale ^^ Sono contenta che ‘Fragile’ ti sia piaciuta e che sia riuscita a
rispettare le nostre idee su questa coppia. Spero che ti piaccia anche questa
fic ^o^ Allora ci conto per la fic che mi hai promesso, eh! ^O^
Anger
Morgan chiuse lo sportellino del cellulare con un gesto secco. Reid aveva
esagerato, aveva di proposito istillato il senso di colpa nei poliziotti per non
aver saputo prevenire quella carneficina, ed Hotch lo aveva allontanato,
inviandolo ad aiutarlo. A lui invece aveva ordinato di tenerlo d’occhio ed
impedirgli di compiere qualche stupidaggine. Quella storia non gli piaceva
affatto, pensò Morgan mentre si lasciava cadere di peso sulla sponda del letto:
Reid si era fatto coinvolgere troppo da quel caso, si era immedesimato con l’SI
che stavano cercando e questo avrebbe procurato a lui ed a loro solo dei guai.
Eppure riflettendoci non poteva essere altrimenti. Era un ragazzino prodigio,
quando i suoi coetanei frequentavano le scuole medie lui affrontava già il
liceo, non era mai stato sulla loro lunghezza d’onda, era semplicemente
impossibile. Non doveva essere benvisto dagli altri studenti. Non solo rientrava
nella appieno categoria dei secchioni, quella maggiormente disprezzata e
sbeffeggiata, ma era anche una ragazzo del tutto fuori dalla norma. Conoscendo
la mentalità egoista e superficiale degli adolescenti americani, sapeva che
doveva essere stato vittima di scherzi brutali e vessazioni di ogni tipo. La
scuola doveva essere stata un vero inferno per lui, proprio come per il ragazzo
che stavano cercando.
Era stato inevitabile, quindi, che Reid si fosse
schierato dalla sua parte, che lo vedesse come una vittima che stava provando a
ribellarsi a tutte le prevaricazioni di cui era stato vittima, e non come un
carnefice. Forse quel ragazzo rappresentava anche il desiderio represso dello
stesso Reid di farsi giustizia di quanti lo avevano tormentato ingiustamente a
causa di quella sua mente fuori dal comune, che lo rendeva quasi un alieno agli
occhi degli altri.
Sospirò puntando i gomiti sulle cosce, poggiando le labbra
ed il mento contro le mani intrecciate davanti al volto.
Era come se Reid
avesse stretto un legame empatico con quel ragazzo, perché aveva provato sulla
sua stessa pelle tutto quello che l’altro aveva subito, ed anche di più. Sapeva
cosa si provava a venire perseguitati per la sola colpa di essere diversi dalla
massa, perché non si era belli e ricchi, perché si preferivano i libri al
pallone da football o ai pon pon da cheerleader. Perché la propria mente era
sintonizzata su altre frequenze e si guardava al mondo da un’ottica diversa,
molto più profonda e particolare.
Sapeva che in quel momento il suo piccolo
genio stava provando una rabbia difficile da gestire, che stava guidando le sue
azioni. Rabbia verso il sistema stesso che invece di agire e difendere coloro
che erano più in difficoltà, girava il volto dall’altro lato e puntava il
proprio sguardo indifferente altrove. E, per questo, si era scagliato contro i
poliziotti, i rappresentanti più immediati di quel sistema, che dovrebbero
vigilare e prevenire, e che spesso erano totalmente impossibilitati ad
agire.
Era in momenti come quello che si rendeva conto della presenza di una
zona d’ombra dentro Reid, una zona che racchiudeva tutto il suo tormento, la sua
rabbia, la sua frustrazione ed il suo odio, una zona nascosta agli sguardi dei
più, una zona che teneva accuratamente chiusa, ma in particolari occasioni la
serratura si sbrecciava consentendo il passaggio di alcuni vapori venefici che
lo intossicavano. In quei momenti il ragazzino ingenuo e candido che conosceva,
lasciava il posto ad un uomo anziano, navigato ed avvelenato dalle esperienze
negative che avevano costellato la sua vita. Sembrava completamente consumato
dal rancore. Morgan aveva paura di quel lato di Reid, perché temeva che non
sarebbe mai più riuscito a tornare indietro, che non avrebbe mai più visto quei
grandi, innocenti occhi azzurri aprirsi alla vista del mondo.
Era in momenti
come quello che arrivava a maledire Gideon e la sua fuga. Certo, capiva che se
non ci fossero state serie ragioni di fondo non avrebbe mai lasciato la squadra
ed il lavoro che tanto amava, ma sapeva anche che partendo in quel modo
improvviso senza avvisare nessuno, aveva lasciato un vuoto destabilizzante
dentro Reid. Gideon era l’unico di cui si fidasse veramente, l’unico a cui aveva
concesso di avvicinarsi davvero a lui, ed ora che era andato via era stato come
se gli avessero strappato uno dei perni attorno ai quali ruotava la sua vita.
Perché Gideon era l’unico che riuscisse a farlo aprire, a penetrare un po’ più a
fondo nei meandri di quell’anima tormentata, e bastava una semplice
chiacchierata tra loro perché ogni tassello andasse al posto giusto.
Per
quanto si sforzasse Morgan non sarebbe mai stato capace di fare altrettanto, di
sostituire quella figura quasi paterna. Lui era l’amico che lo faceva ridere e
rilassare, che portava a galla la sua natura di ventiquattrenne. Ma non sarebbe
mai riuscito a scacciare completamente le ombre che schiacciavano il suo animo
troppo delicato.
Aveva cercato di essergli vicino il più possibile, ma Reid
era così complesso che spesso faticava a capire subito quale fosse la cosa
giusta da fare. Anche in quel momento…
Cosa avrebbe dovuto fare per farlo
sentire meglio? Per aiutarlo a contenere la rabbia ed a non fargli commettere
qualche gesto irreparabile? Avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere Reid.
L’amore che gli portava era tale da indurlo a mettere in secondo piano se stesso
pur di rivedere quel sorriso ingenuo ed un po’ saccente che gli sfiorava le
labbra.
Guardò i muscoli dei suoi bicipiti gonfi, sodi e perfettamente
delineati per qualche istante. Forse non sarebbe stato male mettere a
disposizione di Reid la propria esperienza. Erano fatti di cui non gli piaceva
parlare, ma se questo avrebbe aiutato Reid allora si sarebbe aperto
volentieri.
Presa la sua decisione Morgan batté forte le mani sulle ginocchia
e si rimise in piedi: non avrebbe mai lasciato che il rancore gli portasse via
il suo piccolo, saccente genio.
L’arrivo di Reid fu annunciato dallo
sbattere violento della porta d’ingresso. Morgan considerò che doveva essere
davvero furioso: era sempre stato una persona molto delicata nel compiere
movimenti, che non produceva mai alcun rumore, non volontariamente almeno, e che
si muoveva leggero come un sospiro.
Morgan fissò il proprio riflesso nel
vetro della finestra: trasse un profondo sospiro ed annuì convinto.
Pochi
istanti dopo Reid entrò nella stanza del ragazzo, il volto tirato, la linea
delle labbra tesa e dura, lo sguardo nervoso, la fronte profondamente
aggrottata.
- Immagino che Hotch ti abbia già avvertito del perché sono qui.-
esclamò in tono duro, le mani affondate nelle tasche del pantalone, senza mai
guardarlo in faccia.
- Per aiutarmi. – annuì l’altro con noncuranza – Da dove
vuoi iniziare?- .
Reid si morse nervosamente il labbro inferiore e fece
scorrere uno sguardo veloce per la stanza.
- Dal computer. Magari ci sono dei
file che possano interessarci.- spiegò in tono cupo mentre si dirigeva verso la
scrivania.
- Va bene. Io sto cercando qualsiasi indizio utile nella
libreria.- .
Il dottore non replicò, si limitò a sedersi ed ad accendere il
computer. Morgan lo osservò a lungo favorito dal fatto che gli dava le spalle.
La postura che aveva assunto era rigida, i muscoli della schiena tesi, si
muoveva a scatti, meccanicamente.
Chiuso nel suo rabbioso mutismo, Reid
iniziò a leggere le e-mail archiviate nel computer. Non erano molte, quel
ragazzo era quasi senza amici, l’unico contatto con il mondo esterno sembrava
essere la sua fidanzata. Sotto i suoi occhi scorrevano parole su parole che
descrivevano sevizie e torture psichiche esercitate con il solo intento di
divertirsi, che avrebbe piegato chiunque, ma che quel ragazzo aveva sopportato
per non dare ai suoi aguzzini anche la soddisfazione di vederlo crollare.
Invocazioni di aiuto urlate nel silenzio di quella stanzetta e rimaste
inascoltate, cadute immancabilmente nel vuoto. Parole che tratteggiavano un
ragazzo condannato a subire senza mai potersi ribellare, da solo con i propri
fantasmi, che alla fine era arrivato al punto di rottura ed era esploso,
trascinando tutti in un vortice di cieca ed incontrollata violenza. Un desolante
deserto affettivo che gli rammentava il proprio e questo, per contrasto, lo
irritava maggiormente. Quel caso stava portando a galla ricordi ed emozioni che
aveva creduto persi definitivamente, che aveva creduto di aver dimenticato e che
invece erano incarniti dentro la sua mente, pronti a spuntare fuori alla minima
occasione per tormentarlo ancora ed ancora, come se il tempo fosse fermo a quei
momenti. Uno spruzzo acido gli bruciò la bocca e la gola ad ognuno di quei
ricordi.
Quando sarebbe finita davvero?
Provava la sensazione che se
avesse salvato quel ragazzo dalla sua squadra avrebbe in qualche modo potuto
riscattare entrambi da tutti i maltrattamenti che avevano subito, salvare lui ma
soprattutto se stesso. Salvare lui avrebbe in qualche modo compensato, avrebbe
potuto ritrovare quell’equilibrio precario che aveva così faticosamente
costruito e che strava ricominciando a sgretolarsi.
Morgan, in piedi davanti
la libreria con un volume aperto tra le mani, non sopportava più quel silenzio
pesante ed opprimente. Lui preferiva il Reid che sparava a raffica le sue
statistiche e le sue teorie, quello che lo esasperava perché non riusciva ad
esporre le cose più semplici senza fare mille giri di parole, ma che infondo lo
inteneriva con la sua profonda innocenza. Il Reid che gli era entrato nella
testa e nel sangue, che lo aveva fatto innamorare in un modo che nemmeno
riusciva a comprendere, che lo faceva sentire follemente protettivo e per nulla
obiettivo.
Chiuse il volume e lo rimise al suo posto, quindi si portò fino
alle spalle di Reid, tra il letto e la scrivania.
- Reid!- lo chiamò mentre
si sedeva sulla sponda.
Il dottore per alcuni istanti rimase immobile, come
se stesse valutando cosa l’altro avrebbe potuto dirgli, poi ruotò la sedia e
spostò lo sguardo su di lui. Morgan aveva la schiena inclinata in avanti, le
braccia poggiate sulle gambe e le mani intrecciate; lo stava fissando con uno
sguardo profondamente preoccupato che lo mise a disagio.
- Quando ho iniziato
il liceo non ero come mi vedi adesso – esordì l’agente – Ero basso e
mingherlino, arrivavo appena al metro e sessantacinque. Gli altri studenti mi
prendevano in giro, mi facevano continuamente degli scherzi, anche molto
pesanti. Alla fine mi sono stufato della situazione ed ho iniziato a fare
palestra. Sono diventato come mi vedi ora e nessuno ha più avuto il coraggio di
importunarmi. – si fermò un attimo per scegliere le parole giuste – Tutti quanti
abbiamo avuto problemi a scuola. Lo so che è più facile immedesimarsi con il
nostro sospettato che con le vittime, in questo caso, ma dobbiamo rimanere
sempre e comunque obiettivi, o ne va della credibilità del nostro lavoro.-
.
Reid lo fissò a lungo negli occhi. Quelle iridi azzurre sembrava scavare
nelle sue, frugare, alla ricerca di qualcosa che vedeva solo lui. Morgan lo vide
stringersi nelle spalle esili, in una postura che assumeva sempre quando era a
disagio.
- Ero in biblioteca, stavo cercando un libro in uno scaffale. Mi ha
avvicinato un ragazzo e mi ha detto che Alexandra mi stava aspettando dietro la
palestra. Alexandra era la ragazza più bella della scuola, tutti le andavamo
dietro. Così l’ho seguito.- la voce gli sfumò tra le labbra.
- Non c’era
dietro la palestra?- provò ad indovinare Morgan.
Già poteva immaginare la
delusione che aveva provato ed un sottile senso di rabbia iniziò a serpeggiargli
nelle vene. Ancora, nonostante tutto, non riusciva a capire come ci si potesse
divertire a ferire i sentimenti di quelli più deboli e fragili.
- No, lei
c’era – gli rispose invece la voce asettica ed incolore del dottore – insieme a
metà della scuola. Mi hanno spogliato e legato alla porta, poi hanno iniziato a
deridermi, alla fine mi hanno lasciato li, legato, e se ne sono andati. Sono
riuscito a liberarmi ma non ho trovato il coraggio di tornare a casa, sono
rincasato solo a mezzanotte, era la prima volta che rientravo così tardi, ma mia
madre aveva avuto uno dei suoi attacchi quel giorno e non si è resa conto di
nulla.- .
Cosa si poteva rispondere ad una simile confessione? C’era anche
una sola parola sensata, adeguata da dire? Perché, anche se ci fosse stata,
Morgan davvero non era in grado di trovarla! Quanto male gli avevano fatto?
Quanto? Quante ferite nascondevano quegli stupendi occhi azzurri?
- Non l’ho
mai detto a nessuno, sei il primo a cui ne parlo!- aggiunse la voce di Reid, più
bassa e vibrante adesso.
Le iridi di Morgan si dilatarono dalla sorpresa. Si
era davvero fidato di lui a tal punto da confidargli un simile segreto, di cui
doveva essersi terribilmente vergognato? Si sentì stranamente gratificato, in
qualche modo importante. Poi comprese.
Quello era uno di quei momenti in cui
il cervello non serviva a nulla, in cui doveva solo lasciar fare all’istinto ed
al cuore. Non c’erano altri rimedi per alleviare il bruciore di simili
ferite.
Allungò una mano e la strinse gentilmente attorno ad uno dei polsi
dell’altro e lo tirò, insieme alla sedia, verso di sé. Reid si ritrovò a pochi
centimetri dall’altro, tra le sue gambe aperte. Il contrasto tra la sua pelle
lattea e quella scura dell’altro lo ipnotizzò: era come se le due epidermidi si
mescolassero creando un connubio semplicemente perfetto, come se l’una fosse il
complementare dell’altra. Il calore della mano di Morgan stava bruciando la sua
pelle, infiltrandosi sotto, sciogliendo piacevolmente i tessuti, le ossa, le
vene.
Con un gesto delicato, Morgan gli scostò la ciocca di capelli che gli
ombreggiava il volto, portandola dietro l’orecchio, sfiorando con la punta delle
dita la pelle della sua tempia. Quindi poggiò il palmo sulla guancia scarna
dell’altra, disegnando piccoli cerchi sulla pelle dello zigomo con il pollice.
Reid socchiuse gli occhi godendosi tutto il piacere che gli trasmetteva quel
contatto.
- Lo sai che per te ci sono sempre, vero? – e gli sfiorò con un
bacio leggero le labbra – Con me puoi parlare di tutto, lo sai?- .
Ed iniziò
a cospargergli il volto di tanti piccoli baci. Reid reclinò il capo mugolando
appena: non era abituato a ricevere gesti d’affetto, suo padre era andato via
prima che riuscisse a capire quello che gli succedeva attorno e sua madre aveva
smesso di vezzeggiarlo troppo presto come una bambina stanca del giocattolo
nuovo, poi c’era stata la malattia e non c’era stato spazio per nient’altro. Per
questo accoglieva quei baci con sorpresa, certo, ma soprattutto con manifesto
piacere. Morgan si staccò appena dalla sua pelle ed incontrò l’espressione di
Reid, un crampo gli contorse violentemente le viscere: come avrebbe fatto a
resistergli se gli si mostrava con un’espressione di simile beato abbandono?
Deglutì un paio di volte a vuoto nel tentativo di forzare il nodo che gli aveva
stretto la gola e di ritrovare, quindi, un minimo di lucidità.
Peccato che le
labbra sottili di Reid a pochi centimetri dalle sue e quel respiro lieve e
tiepido che gli scivolava ritmicamente sulla pelle fossero una tentazione
abbastanza forte per Morgan da cedergli.
Con un rapido gesto del capo si
chinò su di lui, baciandolo. Reid si aggrappò al suo braccio con la mano libera,
come se cercasse un appiglio per non cadere. Gli piaceva quando Morgan lo
baciava, era un gesto che lo tranquillizzava, che gli faceva sentire immediata e
tangibile la propria presenza accanto a lui, che sembrava potergli accarezzare
davvero l’anima. Era una sensazione irrazionale che metteva a tacere persino il
suo cervello costantemente in moto. Si sentiva come se qualcuno lo strappasse
improvvisamente dal suo corpo, lasciandolo a fluttuare nel nulla
cosmico.
Reid riemerse lentamente alla realtà quando quelle labbra morbide e
calde si allontanarono dalle sue. Sollevò controvoglia le palpebre ritrovandosi
immerso nelle iridi nere e dolci di Morgan. Fin da quando era entrato nell’Unità
di Analisi Comportamentale l’altro agente gli era sempre stato accanto, aveva
sempre cercato di difenderlo, lo aveva sempre trattato come un fratellino minore
da proteggere. Si rese conto che era un punto fermo della sua esistenza. Poggiò
la fronte contro quella di Morgan e gli sorrise.
- Credo che sia meglio
tornare a lavoro!- gli sussurrò l’altro un po’ divertito ed un po’ dispiaciuto
sulle labbra.
- Perché?- chiese Reid ancora un po’ intontito.
Morgan
ridacchiò prima di rispondergli.
- Perché se continuiamo così finirò per
divorarti in un sol boccone – e, per sottolineare meglio quel concetto, gli
morse appena il labbro inferiore - e non sarebbe carino se qualcuno entrasse e
ci trovasse in una situazione imbarazzante, non credi?- gli spiegò con un tono
volutamente malizioso.
Chiazze di un tenue rossore colorarono immediatamente
le guance pallide di Reid. Quello del sesso era un argomento che avevano cercato
di affrontare in quei mesi che erano insieme, ma non erano mai riusciti a
passare dalla teoria alla pratica. Morgan per non sovraccaricarlo di quelle
sensazioni che non aveva mai sperimentato in prima persona e che lo avrebbero
sicuramente mandato in tilt e spaventato, aveva deciso di procedere un passo
alla volta, facendogli scoprire i piaceri della fisicità un po’ per volta. Il
lavoro che stava facendo su di lui era talmente buono che Reid in breve tempo
aveva iniziato a reagire alla sua presenza, a desideralo al punto di stare male.
Purtroppo non riusciva mai a trovare le parole per dirglielo.
Un altro bacio
e poi Morgan spinse la sedia su cui era seduto al suo posto, davanti la
scrivania.
- Al lavoro cervellone: prima troviamo qualche elemento utile
prima chiudiamo questa storia!- lo esortò scoccandogli poi un bacio sulla
guancia.
Reid mugugnò sentendo il suo cervello risvegliarsi e rimettersi in
moto.
Morgan in piedi sulla pista d’atterraggio, appena illuminato dalle
luci di posizione, osservava Reid scendere dalla scaletta dell’aereo. La figura
filiforme e gracile appena incurvata, le mani affondate nelle tasche dei
pantaloni ed il suo fedele tascapane a tracolla. Esattamente come quella
mattina. Il volto però ora era disteso, rilassato, come se il tormento che si
agitava sotto la sottile porcellana dei suoi tratti, si fosse quietato, come se
quel fuoco che lo stava divorando si fosse magicamente spento.
Sembrava che
ora andava tutto bene!
Serrò la mascella e strinse i pugni contro le costole.
Quel giorno lo aveva quasi fatto morire di paura! Ancora non si spiegava come
gli fosse venuto in mente di compiere un’azione così stupida! Andare incontro ad
un SI quasi privo di controllo senza pistola e scambiare quattro chiacchiere con
lui! Per ognuno di quei pochi minuti che Reid si era frapposto tra loro ed il
ragazzo, aveva temuto che quello perdesse il controllo e gli sparasse contro.
Era stato un miracolo che Hotch si fosse limitato ad avvertirlo, invece di
licenziarlo in tronco.
Reid incrociò il suo sguardo e gli sorrise, quel
sorriso ingenuo e saccente tipicamente suo. Un sorriso che aveva il potere di
far evaporare istantaneamente il malumore di Morgan.
Attese che il ragazzo
gli si affiancasse e poi si avviarono insieme verso il parcheggio.
Improvvisamente l’agente ricordò un piccolo particolare di quella mattina in
ufficio, prima che partissero.
- E se andassimo a vedere quel film che non
sei riuscito a guardare ieri sera?- gli propose.
Reid lo fissò perplesso per
qualche istante, poi rammentò la bugia che aveva detto loro per nascondere che
era tornato ai gruppi di sostegno perché il problema con la sua dipendenza non
era ancora del tutto chiuso. Morgan increspò le labbra in una smorfia: quella
reazione era la conferma ai suoi sospetti. Una sottile gelosia iniziò a
pulsargli dentro: aveva mentito, dov’era stato allora? Ma quello che gli
bruciava maggiormente era il fatto che non volesse parlargliene, che volesse
tenerlo volontariamente fuori.
- Sono troppo stanco. Dvd a casa tua?-
.
Tutte le risposte si sarebbe atteso Morgan, tranne quella. Un’occasione più
unica che rara, da non lasciarsi scappare! Sogghignò mentre raggiungeva una
delle due auto che metteva loro a disposizione l’ufficio.
- Prendiamo un paio
di pizze, allora!- annuì contento.
Era strano che Reid si comportasse in quel
modo. Era molto geloso della sua intimità e raramente accettava di dividere le
sere in cui tornavano dopo aver risolto un caso con qualcun altro. Preferiva
rinchiudersi nel suo appartamento e riflettere su tutti gli avvenimenti accaduti
in giornata, osservarli da angolazioni differenti, scomporli e ricomporli fino a
quando non li aveva assimilati e compresi. Per non essere un facile bersaglio a
causa della sua emotività. Perché quindi aveva cambiato abitudini quella sera?
Non che gli dispiacesse, ma detestava quando non riusciva a seguire i
cambiamenti che avvenivano in Reid, lo destabilizzavano nell'intimo e nemmeno la
sua abilità da profiler riusciva ad aiutarlo a decifrarli.
- I dvd sono
nella colonna accanto al televisore. Scegli pure.- disse Morgan mentre chiudeva
la porta di casa ed entrava in cucina per appoggiare le pizze sul
tavolo.
Quando si volse si ritrovò davanti Reid che lo guardava con
un’espressione profondamente imbarazzata ed ansiosa. Lo vide aprire un paio di
volte le labbra come per dire qualcosa, ma nessun suono ne fuoriuscì. Allora le
richiuse con uno scatto secco e distolse lo sguardo arrabbiato. Morgan rimase in
paziente attesa: quello che stava per dirgli doveva essere decisamente
importante se per tirarlo fuori stava impiegando tutta quella fatica, e lui
aveva tutta l’intenzione di ascoltarlo.
Alla fine di una lunga lotta
psicologica con se stesso, Reid riportò lo sguardo su di lui, finalmente fermo e
determinato.
- Ieri sera ero ad una seduta del gruppo di sostegno per
tossicodipendenti.- confessò alla fine, tutto d’un fiato, come se temesse che se
si fosse fermato non sarebbe più riuscito a proseguire.
Si sentì come se si
fosse tolto un peso da sopra il cuore: poteva fidarsi di lui, confidargli cose
che non avrebbe mai detto a nessuno senza il timore di essere deriso ed
allontanato. C'era voluto fucile puntato contro di lui per farglielo capire.
Morgan rimase, invece, a guardarlo mentre nella sua mente si riversavano senza
un ordine sospetti mai confermati, paure mai sopite.
- Hai ricominciato?-
chiese sperando che la voce fosse abbastanza ferma.
- No. Pensavo che fosse
una storia chiusa da mesi, invece, ultimamente, il suo richiamo ha ricominciato
a farsi sentire.- .
Morgan gli si avvicinò e lo abbracciò, forte, avvertendo
tutta la sua fragilità. Le mani sottili di Reid gli artigliarono la stoffa della
maglia sulla schiena.
- Come posso aiutarti?- gli chiese all’orecchio.
-
Stammi vicino.- un miagolio basso che fece vibrare Morgan fin dentro le
viscere.
Lo tenne a lungo così, carezzandogli la schiena con i palmi delle
mani e baciandogli il volto di tanto in tanto, almeno fino a quando non fu
consapevole che andava meglio. Gli sollevò il viso tenendolo per il mento e lo
fissò nei suoi occhi azzurri, che lo fissavano spauriti e liquidi. Il bacio che
ne seguì fu carico di una dolcezza e di una tenerezza mai sperimentata, come se
Morgan volesse abbracciare anche la sua anima, oltre che il suo corpo.
- Hai
scelto un dvd?- gli chiese poi sorridendo, per cambiare argomento.
- Non ne
capisco molto di film moderni!- rispose con una smorfia deliziosa.
-
Immaginavo! – ridacchiò l’altro – Tu porta le pizze in salotto, al film penso
io!- e gli diede un bacio scherzoso sulla punta del naso.
Il film che scelse
era una commedia, per nulla impegnativa, ma molto piacevole. Morgan si divertì
ad osservare le espressioni che sfrecciavano sul volto di Reid, quando cercava
di comprendere le battute che non aveva afferrato. Sembrava un bambino in quei
momenti.
Stava per allungarsi a prendere la sua lattina di birra dal
tavolinetto, quando avvertì un peso contro la sua spalla. Il suo piccolo genio
era crollato. Dormiva con una bella espressione rilassata sul volto. Cercando di
fare più piano possibile, spense il televisore e si caricò il ragazzo sulle
spalle: il suo letto era abbastanza grande per entrambi.