PARTE II
Fu difficile
accettare l’improvviso mutamento del nostro rapporto, ma non
potevo ammettere
a me stesso di non provare nulla per lui, per Agatha.
Tuttavia
detestavo i suoi atteggiamenti indecorosi, le sue continue
allusioni, il
suo crescere così in fretta, ma solo da un certo punto di
vista... per il
resto quel ragazzo rimaneva una persona immatura ed ipocrita
Nonostante le
sue dichiarazioni aperte, la tenerezza racchiusa in ogni suo
sguardo, i
risvolti teneri che la nostra relazione stava tendendo ad avere,
rimaneva il suo
sguardo torbido, peggiorato a volte dall’alcool e dalla
fastidiosissima
amicizia con persone che tendevo ad odiare.
Non avevo il
coraggio di tornare nel suo letto, ne di rimanere solo con lui
a lungo, però
non avevo chiuso completamente le porte ad una evoluzione del
cuore, non
potevo, perché nel mio profondo, io che così poco conoscevo del
mondo, mi
rendevo conto che erano proprio quelle le sensazioni
dell’innamoramento
tanto decantate dagli autori del passato.
Io ero preso
dalla figura di Agathangelos, così diverso da me … era come se
fosse l’altra
metà della stessa mela.
Eppure mi faceva
soffrire, tanto.
Dopo quella
notte, tornò a non riferirsi mai più a me come alla persona che
amava, aveva
ripreso bizzarramente a portare donne e uomini nella casa che
dividevamo, non
si era mai neppure lontanamente preso la briga di usarmi
violenza, come
aveva fatto la prima volta.
Io mi chiedevo,
come una ragazzina smarrita, se quel “ti amo” fosse stato
dettato da un
errore di valutazione o se fosse semplicemente sempre dovuto a
quel dualismo di
ipocrisia e immaturità incastonate nel suo cuore. Eppure,
quando mi
convincevo che tra me e lui non c’era altro che una strana
amicizia,
ritornava all’attacco e mi chiedeva, con insistenza, di accettare
i suoi
sentimenti forti verso di me.
Io lo rifiutavo,
egli taceva e per diversi giorni tornava alla sua vita
dissoluta.
In tutto questo,
cercavo di tenere all’oscuro di tutto Nikolaj e mi sentivo
un verme perché,
fino a quel momento, io e lui avevamo condiviso tutti i
nostri studi e
le nostre conoscenze, ma era anche vero che con Niki avevo un
altro conto in
sospeso e mi rifiutavo costantemente di pormi quel problema.
Io e Nikolaj
studiavamo, avevamo veramente raccolto un’infinità di notizie
sulle origini
del Santuario e ci preparavamo a stendere finalmente una prima
bozza di quanto
appreso, era estate, una delle asfissianti estati greche ed
Agathangelos non
c’era. Aveva cominciato a frequentare un nuovo arrivato, un
ragazzo che, per
forza d’animo, lo ricordava molto e che aveva anche la
stessa aura
decadente. Aveva qualche anno in più rispetto a noi, ma da un
punto di vista
intellettuale lasciava molto a desiderare, anche lui era un
Saint senza
armatura, molto famoso perché era stato allievo del grande
Zenone, ma dal
quale aveva recepito ben pochi insegnamenti, tanto che si
vociferava fosse
stato allontanato dalle fila dei discepoli del grande Saint
voci che non
erano state mai confermate.
Nikolaj, precoce
come sempre, era spesso occupato in compiti che di norma
non venivano
assegnati a persone del nostro rango, ma quel giorno, mentre il
sudore imperlava
le nostre fronti ed il vento entrava raramente a folate
dalla finestra
aperta, avevamo deciso di dedicarci un po’ a noi stessi.
Io ero
angosciato, avevo avuto una delle mie solite discussioni con
Agathangelos
proprio due notti prima, terminate in un nugolo di
atteggiamenti
teneri di cui ancora temevo il senso: niente a che vedere con
la prima,
grande, scaramuccia amorosa tra di noi, erano solo carezze e
parole scambiate
sottovoce, tuttavia mi sentivo turbato ed avrei tanto
voluto, in quel
momento, vedere in Niki un amico vero, uno di quei compagni
a cui affidarsi
ciecamente, confidandomi con lui dei miei turbamenti, di
quelle emozioni
contrastanti che mi legavano ad Agatha...
Tuttavia, ero
titubante. C’era il ricordo della battuta di diversi mesi
prima e c’era la
tristezza di Nikolaj.
Niki era
completamente perso in una forma di nostalgia latente. Sentiva il
bisogno di un
ritorno a casa, ma il suo istruttore, che ormai lo considerava
completamente
svezzato, gli consigliava di rimanere al Santuario. Conscio
dei suoi doveri,
egli obbediva e non parlava molto della sua frustrazione,
ma potevo
notarlo dallo sguardo triste e dal modo sempre più duro con il
quale si
rivolgeva alle persone che considerava, per forza di cose,
inferiori a lui
da un punto di vista intellettuale.
Sollevò il capo
dalle carte anche quel giorno, chinando la testa di lato,
mormorò: “A
casa, in questo momento, il vento fischia tra le fronde delle
betulle … ed i
loro leggeri e delicati tronchi bianchi ondeggiano,
frusciando
gentilmente gli uni contro gli altri …”
Quell’espressione
mi stringeva il cuore ed io restavo ad osservarlo, senza
riuscire a dire
altro se non: “Vorrei osservare con i tuoi occhi la taiga e
sorridere al
vento che tocca le corde di quei violini naturali...”
“Vieni via con
me..” osservò, tutt’ad un tratto “Meride, io devo parlarti di
qualcosa. Spero
che la nostra amicizia non ne esca ferita da queste mie
parole... da
parte mia, anche se dovessi ricevere un rifiuto, non cambierà
nulla.”
Rimasi in
silenzio, prendendo tra le mie mani una piuma d’oca ed
intingendola
distrattamente nell’inchiostro, non volevo ascoltare, ma allo
stesso tempo non
me la sentivo di ferirlo ancora prima di aver ascoltato la
sua confessione.
Con un gesto ampio portai la punta della piuma d’oca a
toccare la
pergamena, stavo per scrivere un nuovo titolo alla mia raccolta
di cronache, era
l’inizio e, distrattamente, macchiai il foglio. Mi resi
conto in quel
momento che stavo tremando appena e questo mi fece incrinare
il pennino dal
quale fuoriuscì più inchiostro di quanto avessi calcolato.
Una macchia
scura, su un foglio bianco, per un attimo immaginai la nostra
amicizia come il
foglio e quella macchia la confessione che stavo per
ricevere, per
questo, stupidamente, anticipai i tempi.
“Nikolaj, io
penso di essere molto legato ad Agatha. Lo so che siamo diversi
e che egli non è
affidabile, ma io credo di vedere in lui la persona con la
quale
condividere il mio futuro...”
Niki si lasciò
andare ad una risatina nervosa, che si trasformò quasi subito
in un velato
rantolo triste: “Ti farà soffrire...”
Era
un’osservazione che esulava molto dalle solite frasi pronunciate da lui,
sembrava quasi
di avere di fronte una persona diversa, più umana. Nessuna
traccia della
sua solita freddezza, solo una profonda rassegnazione.
“Ho fiducia in
lui...” mentii improvvisamente, cercando di non farlo
preoccupare “…
non mi farebbe mai del male..” invece non era vero, dopotutto
la nostra
storia era iniziata con una violenza.
Rimase in
silenzio, tornando a rifuggire il mio sguardo, mordendosi il
labbro
inferiore, nervosamente, una folata di vento scompigliò i suoi lisci
capelli biondi
che volteggiarono intorno a lui per pochi attimi, prima di
tornare poi alla
loro posizione naturale.
“Niki, cosa
volevi dirmi?” lo incalzai, ormai conscio e consapevole di ogni
confessione, a
meno delle sfumature.
“с глаз долой,
из сердца вон..*” pronunciò, in una lingua che non conoscevo
“Tornerò a casa,
lo sento. Anche se sarò lontano, ti prego, non ferirti con
le sue spine…”
Non aggiunsi
altro, non potevo di certo assicurargli nulla.
Un mese dopo,
Nikolaj abbandonò la Grecia.
Io ed
Agathangelos, privati di colui che, pur tacendo, ostacolava la nostra
relazione, non
avevamo più freni ed io cominciai a comprendere che il mio
compagno di
stanza riusciva a tirare fuori dal mio cuore sentimenti così
forti ed
impossibili da controllare. Questi sentimenti, spesso non erano
positivi.
La gelosia,
innanzitutto.
Agathangelos non
riusciva ad essere fedele. Era un suo grande difetto, ma
avevo cominciato
a convincermi che non dipendesse solamente da lui.
Io non riuscivo
a soddisfarlo fino in fondo, così decisi di essere sempre
più presente per
lui, fin quasi ad annullare me stesso o comunque a
rallentare il
mio mondo, per essere tanto presente per lui.
Questo spinse
Agathangelos a reagire di conseguenza ed a mutare se stesso,
fin quasi a
conoscere la fedeltà.
Scegliere Agatha
non era stato facile, ma allo stesso tempo c’era stato uno
scivolare
naturale verso di lui, da parte mia. Agatha aveva cominciato a
dedicarsi solo a
me, dopo che fu tornato, gli spiegai quanto fossi stato
chiaro con Niki
ed egli rispose alle mie parole con una risata strafottente,
ammettendo che
aveva notato quanto l’altro mi stesse addosso e che avevo
fatto bene a
dargli il benservito.
Il suo modo di
fare mi irritò, ma ero cieco e mi limitai a pregarlo di non
parlare mai a
sproposito di Nikolaj, perché era un ragazzo pieno di sani
principi ed
aveva compreso la situazione con una velocità estrema. Aveva
raccolto il suo
dolore e si era dileguato, ma per Agathangelos c’era solo la
certezza di aver
vinto una sorta di trofeo: me.
La mia cecità
andava a braccetto con la sua boria.
“Nikolaos si è
divertito a conquistarti ed ha fallito … questa è la
dimostrazione
evidente che in amore non serve il cervello, ma il cuore!”
aveva alzato un
braccio, posandomi la mano sul letto, con un gesto talmente
delicato da
meravigliarmi. Non era da lui, come non era da lui quel bacio
tenero ed
ammaliante che scambiò con me.
“E qui c’è
qualcosa?!” chiesi, improvvisamente, ripentendo lo stesso gesto e
poggiando la mia
mano destra aperta sul suo sterno, senza premere poi così
tanto.
“Sono
innamorato, lo sai!” sorrise, accompagnando la mano sul mio viso con
un gesto
teatrale, i suoi occhi erano simili a due piccolissime schegge di
ossidiana
incastrate in un viso che sapeva essere avvenente ed io,
nonostante tutto
e tutti, nonostante i dubbi di Niki, nonostante i suoi
timori, mi
lasciai abbindolare ed avvolgere.
La sua aura, in
quei giorni, profumava di alloro.
L’alloro era un
simbolo che mi aveva obnubilato la mente, i suoi occhi di
ebano, invece,
avevano stregato il mio cuore. Finivo quindi con il non
sentire la
mancanza dei miei studi che cominciai a trascurare. In realtà,
nel profondo, mi
mancava molto Nikolaj e l’apporto brillante che riusciva a
dare ad ogni mia
ricerca, dall’altra parte, passavo molto tempo ad allenare
il fisico,
perché in questo modo riuscivo a stroncare Agatha ed a tenerlo
sotto controllo,
in questo modo non passava le sue serate a bere ed a
divertirsi.
In un certo
senso, mi sembrava di volare, di vivere un sogno al di sopra
delle nuvole.
Era
un’inclinazione debolmente irrazionale, quella che stava prendendo la
mia vita, ma non
potevo farne a meno. Per quanto mi dedicassi meno ai miei
progetti, nel
profondo di me stesso quei progetti restavano forti e non
latenti. Volevo
ancora raccogliere ogni informazione per poter insegnare ai
miei futuri
allievi, se ne avessi mai avuti, la vera storia del Santuario,
volevo
apprendere tutte le tradizioni più antiche ed autentiche, volevo fare
di tutto perché
le future generazioni venissero a conoscenza di quello che
era il vero
culto di Athena!
Però mi dedicavo
anche a me stesso, volando leggero in quella storia che
definire d’amore
risultava quasi fastidioso per me, ma che non poteva essere
altro che
quello.
Agathangelos, da
parte sua, evitava di darsi alla vita dissoluta che aveva
condotto fino a
quel momento e questo lo rendeva diverso ai miei occhi. Lo
rendeva un uomo
nuovo.
Gli anni
passavano ed il Santuario proliferava, apparentemente sarebbero
stati ancora per
molto tempi tranquilli. Il Grande Sacerdote, dall’alto
della sua
serenità, non lasciava quasi mai il suo seggio e, se lo faceva,
affidava sempre
a noi più validi rappresentanti della casta sacerdotale il
compito di
controllare che tutti i doveri venissero svolti correttamente.
Eppure, io
nell’aria sentivo che quella stasi non sarebbe stata eterna, da
parte sua Agatha
era ottimista (quando non lo era, dopotutto?!).
Una mattina di
primavera mi ritrovai con lui, sotto un prugnolo, ad
osservare la
fioritura dell’albero, i petali delicati cominciavano già a
cadere, sotto le
mani sapienti del vento che indicavano quanto poco mancasse
alla nascita dei
tondi frutti della pianta.
Era un albero
molto vecchio, lo ricordavo sin da quando ero un ragazzino.
Agathangelos
aveva la schiena premuta contro la corteccia, io il capo posato
sulle sue cosce
ed osservavo il cielo, attraverso i rami spinosi, i fiori
delicati che
fremevano, da Saint, io riuscivo a sentire le piccole
vibrazioni che
emetteva il vento su quei minuscoli petali chiari.
Da Saint, potevo
percepire persino gli odori leggeri del sottobosco che si
risvegliava, a
primavera, il rumore dei piccoli insetti che brulicavano
sotto le foglie
morte dell’autunnale tappeto naturale del bosco. Eravamo
immersi in uno
dei tanti angoli persi della Terra Santa ed io osservavo
l’azzurro,
mentre lo scuro dei rami tagliava quel colore pastello in tante
fette di cielo.
“Non sembri più
tu, Agatha… o è una mia illusione personale il vederti
diverso?”
Rise,
guardandomi con quello sguardo che mi stregava nel profondo: “Mi hai
cambiato … mi
hai reso un vero Saint … ora comprendo delle sfumature di
questa realtà
che non mi si addicono..”
Il frullare
leggero delle ali di una tortora sembravano quasi volermi
mettere in
guarda da quelle parole, ma a quel tempo non sapevo nulla della
sacra arte
divinatoria della οἰωνίζομαι**
Io ed
Agathangelos passavamo moltissimo tempo insieme, tranne quando io,
preso dal
vecchio desiderio di trasmettere ai posteri qualcosa di me, mi
rintanavo nei
miei studi e sparivo per il mondo.
In quei momenti,
non sapevo come Agatha passasse il suo tempo, ma per me non
aveva neanche
importanza ed gli anni passarono, convincendomi che quel mondo
non sarebbe mai
cambiato.
In un lontano
giorno di inverno, avevamo ormai compiuto diciotto anni,
venimmo a
conoscenza della grande novità che si sussurrava ormai in ogni
angolo del
Santuario. Due bambini, per primi, erano stati insigniti del
titolo di Gold
Saints! I primi Saints che indossavano il Cloth dopo duecento
anni! Fatta
eccezione per i superstiti della precedente guerra sacra,
naturalmente.
Erano due greci,
allievi di noti Saint senza armatura, Nikandros e Theodoros
I bambini erano
stati riconosciuti come Gold Saint di Sagittario e dei
Gemelli ed erano
pronti ad ereditare, una volta cresciuti, le redini di un
Santuario ormai
invecchiato. Si chiamavano Aiolos il primo e Saga il secondo
Non li avevo
ancora mai visti perché non avevo preso parte alla cerimonia
ufficiale, ma
Agathangelos me ne aveva parlato a lungo.
Aveva descritto
il piccolo Saga come un dolcissimo fanciullo dagli occhi
azzurro-verdi,
un bambino che prometteva bene! A quel tempo, data l’evidente
cecità di cui
ero affetto, non riuscivo ad
rmai
invecchiato. i riconosciuti come Gold Saint di Sagittario e dei
Gemelli ed erano
pronti a prendere, una A qwuelA non non immaginare le
implicazioni
impure di quelle parole... Aiolos, invece, era un bimbo comune,
non aveva nulla
di eccezionale, sempre a detta del mio compagno.
Quando potetti
incrociare per la prima volta gli sguardi dei due Gold Saints
che si
allenavano nell'arena insieme a tutti gli altri, non potei non notare
i loro occhi.
Erano così profondi e così fieri, così sicuri del loro posto,
che quasi rimasi
abbagliato dalla luce profonda che emanavano.
Erano gli occhi
di eroi del mito, di semidei... e la nuvola che
l’adolescenza
aveva addensato davanti al mio sguardo, cominciò a dileguarsi.
In quel periodo
tornò anche Nikolaj, più luminoso e freddo di quanto non
fosse mai stato,
mi venne a salutare, senza nascondere quella tenerezza che
solo a me era
rivolta.
Ci incrociammo
proprio sulla porta della mia abitazione, avevo le braccia
occupate da una
busta di carta dove dentro erano raccolte le razioni di cibo
di una settimana
che spettavano a tutti noi Saint che vivevamo del lavoro
del Santuario.
C’era anche la parte di Agathangelos. Mi aveva pregato di
prenderla per
lui, dato che era in missione per due giorni con altri due
nostri compagni.
La natura della missione era talmente segreta che non mi
era stato
permesso sapere nulla.
Quando incrociai
lo sguardo con Niki, mi sembrò come affondare nel passato.
Era cresciuto,
sia in altezza (come se già non fosse troppo alto!), sia in
muscolatura, pur
rimanendo molto snello ed elegante, la sua figura
longilinea
spiccava contro il pannello scuro della porta. Lo sguardo serio
era rimasto
quasi identico, ma ormai il suo volto era quello di un adulto,
come doveva
essere il mio. Il suo viso perfettamente rasato, però, aveva
conservato i
lineamenti di quello del ragazzo che conoscevo ed ammiravo.
“Aspetta che ti
aiuto!” la sua voce era cambiata, più profonda, ma manteneva
quel timbro che
ancora ronzava nelle mie orecchie, quando ascoltavo le sue
teorie su questa
o quella interpretazione storica.
“Come sei
cambiato!” esclamò, subito dopo avermi tolto la busta dalle mani,
senza darmi il
tempo di controbattere “Ti sei fatto crescere la barba!”
Il tono, con cui
aveva pronunciato l’ultima osservazione, non celava affatto
l’ilarità che
doveva aver provato nell’avermi visto con quella diffusa
lanucola che
ancora non si poteva definire “barba”.
Mi grattai
distrattamente la nuca, mormorando appena: “Sto facendo il
possibile per
farmela crescere, ma ammetto che il mio corpo lavora contro di
me! In più, come
vedi, mi sono fermato ad un’altezza misera…”
Niki sorrise: “…
andiamo, non sei così basso! Sono io che purtroppo son
fuori misura …”
Risposi anche io
con un ghignetto divertito: “Con questo viso da angelo,
devi aver
bruciato molti cuori!”
“Sei diventato
malizioso!” osservò, attendendo un mio invito per entrare.
Aprii l’uscio e
gli indicai come sempre di fare come se fosse a casa sua.
“La malizia è un
dono degli dei!” conclusi, ridacchiando.
“Questo detto
non esiste…” sentenziò “… non mi imbrogli! Come stai?”
Ero felice, non
potevo negarlo.
Nonostante la
consapevolezza che presto il Santuario sarebbe stato teatro di
combattimento,
la mia vita privata, le mie ricerche, il fatto che l’avessi
rivisto, tutto
sembrava ruotare per il verso giusto. Recuperai una bottiglia
di Uzo ed
andammo a sederci sotto la veranda. Avevamo tanti anni da narrarci
tanti eventi si
erano susseguiti e nessuno di noi aveva assistito
all’evoluzione
dell’altro.
Gli raccontai
delle novità al Santuario per primo, dell’avanzamento
lentissimo delle
mie ricerche, dei nuovi Gold Saints.
Egli mi parlò
della Russia e della Scandinavia che aveva visitato in lungo
ed in largo,
quindi mi confidò che aveva intenzione di tornare molto presto
in Svezia, dove
lo avrebbe atteso qualcosa, era una sua sensazione profonda,
aveva avuto una
sorta di visione alla quale si era legato con convinzione,
si era sentito
attratto da quella terra:
“E’ come se
avessi percepito dentro di me un legame karmico indissolubile
con quel luogo
così distante e sperduto, è come se qualcuno mi avesse
chiamato … ed io
fossi tenuto, per il bene dell’umanità, a rispondere a
quella chiamata!
Io credo che… anche tu un giorno sentirai la stessa
attrazione verso
un luogo … ci sarà qualcuno che ti spingerà a cercarlo, ne
sono convinto!
Una persona immensa come te avrà un ruolo fondamentale in
questo universo
… è scritto chiaramente nella tua aura!”
Lo lasciai
parlare, mi mancava la sua voce che tanto poco avevo sentito
quando eravamo
ragazzi. L’età gli aveva donato una saggezza, una fermezza di
convinzioni ed
uno sguardo più gentile che erano sopiti nel fanciullo freddo
e distaccato.
Non potevo comunque credere che quelle occhiate calde fossero
per tutti ed
ebbi la prova che quel Niki esistesse solo per me quando tornò
Agatha.
Ci vide sulla
veranda e ci raggiunse subito, avevo notato la sua figura
massiccia già
quando si era affacciata in lontananza, sulla strada
principale che
conduceva a casa, ma ero rimasto a guardarla con la coda
dell’occhio.
Probabilmente era lì che si chiedeva, avvicinandosi, con chi
stessi
discutendo amabilmente seduto in veranda, ma non si lasciò stupire,
come sempre, o
non lo diede a vedere.
“Nikolaos! Non
ci posso credere, sei ancora vivo!”
Niki scosse il
capo, voltandosi verso Agatha: “… mi avresti preferito morto?
E comunque ti
ricordo che mi chiamo Nikolaj…”
Salendo le scale
che portavano a casa nostra, il mio compagno si mise subito
sulla difensiva:
“.. comunque era un modo di dire… non c’era nessun
desiderio
celato..”
L’occhiata che
Niki gli lanciò era carica di risentimento, tuttavia rimase
ancora un po’
con noi, a cena ci ritrovammo seduti intorno alla stessa
tavola e
consumammo il magro pasto che ci spettava.
Non avevo mai
visto noi tre così uniti come in quel momento.
Nikolaj rimase
al Santuario soltanto un mese, riuscimmo a scambiarci ancora
pareri e studi
sulle cronache, egli aveva portato con sé una delle pergamene
scomparse.
L’aveva rinvenuta ancora intatta e ben conservata nelle scuola
segreta russa,
per i Saint che l’avevano custodita, era un tesoro dal valore
inestimabile.
Fu in
quell’istante che mi chiesi se la mia ricerca, che aveva visto un
lungo periodo di
stallo, non fosse destinata a seguire una nuova strada, se
in realtà era
proprio quel piccolo suggerimento poco chiaro che stessi
aspettando con
tanta passione: un nuovo scopo, una nuova scia da seguire …
Niki, come
sempre, era giunto nel momento giusto, positivo per me e per la
mia vita, ero
persino pronto a chiedere ad Agatha se volesse seguirmi nelle
mie ricerche per
non separarmi da lui.
Eppure, ad un
tratto, senza che uno se ne rendesse veramente conto, le ali
cominciarono ad
incrinarsi, il volo stava per giungere tristemente al
termine.
*Lontano dagli
occhi, lontano dal cuore, in russo…
**Ornitomanzia,
l’arte di divinazione che si basa sull’osservazione del comportamento
degli uccelli.