II
messaggero
L'immagine
della serenità
- Se le bambole
kokeshi sono state pensate per contenere lo spirito dei
defunti...
a maggior
ragione possono contenere una parte dello spirito dei viventi... -
Anonimo
Shun camminava
nella neve morbida, silenziosamente, uno strato di candidore
che affondava
ad ogni passo che faceva. La strada per il parco era
obligatoria per
il rientro a casa ed il freddo intenso lo spingeva ad
accelerare il
passo. Nuvolette di vapore si levavano dalle sue labbra,
appena piegate
in un delicato sorriso triste.
Non era gioia,
la sua, ma triste malinconia.
Era passato
tanto tempo dall'ultima volta che aveva visto una guerra, quasi
quindici anni,
il suo viso era maturato, pur rimandendo delicatamente fedele
ai suoi tratti
delicati. La sua vita era cambiata, molto, dall'ultima
battaglia.
Il rientro
dalle terre di Hades era stato traumatico, pieno di tormenti ed
ansie per i
compagni smarriti, per quelli che, alla ricerca di se stessi,
avevano deciso
di trovare soluzioni alternative.
Una cosa era
certa: niente per loro era più come prima, eppure c'erano stati
dei
miglioramenti.
Gli dei non
erano più una minaccia e questa era la vera, sana, grande novità
Aveva ancora i
suoi poteri di Saints e riusciva a respirare all'unisono con
la natura, le
forze magnetiche terrestri scorrevano dentro di lui, riusciva
a compiere
gesti infinitamente grandi, anche nel quotidiano, ma non avrebbe
mai più dovuto
usare quei poteri per la lotta.
Era giunto il
momento di aiutare il mondo... da uomo, nel suo piccolo
universo.
Aveva ripreso
gli studi, aveva terminato la scuola con successo, aveva
cominciato ad
insegnare in un piccolo istituto da solo un anno, ma era come
se si sentisse
parte di quella complessa società umana da sempre, come se
quello fosse il
suo autentico ed unico ruolo nel mondo.
"Vuoi fare
l'insegnante? Ma come fai a sopportare quei marmocchi urlanti?"
Il ricordo
delle parole di suo fratello lo fecero sorridere, mentre avanzava
lentamente, per
evitare di scivolare sul piccolo vialetto, tra gli alberi
piegati dal
peso dell'inverno bianco.
"Tu hai
sopportato un marmocchio urlante per così tanto tempo!"
Era stato Jabu
a rispondere, portandosi poi subito dopo le mani alle labbra,
temendo di
averlo offeso. Eppure avrebbero dovuto sapere che Shun non era
capace di
offendersi, quella sera, infatti, in quel piccolo locale di Tokyo,
il Saint di
Andromeda non apparve contrariato, ma si lasciò andare ad una
risata delicata
ed educata, inforcando con gli hashi un kappamaki.
"Proprio perché
sono stato un marmocchio urlante... chi più di me può
capirli ed
aiutarli?"
Così era
iniziata la sua avventura.
Saori Kido si
era riproposta di fare di loro dei pensionati a vita, ma tutti
persino i più
pigri tra i Bronze Saints, avevano rifiutato.
Avevano bisogno
di trovare la loro strada, affidarsi a qualcun altro per
vivere sarebbe
stato come condannarli a morte, loro che erano abituati a
sopportare
tante avversità con forza e determinazione... ed ognuno aveva
trovato la sua
strada e Shun aveva iniziato a studiare proprio dopo che il
Santuario era
stato sigillato.
Era stata una
decisione sofferta, ma alla fine era stata presa.
Athena, la Dea,
nella sua ultima apparizione sulla terra, dopo che suo padre
aveva giurato
di prendere a difendere in prima persona il pianeta, di ridare
un assetto al
mondo dei morti e di porre a capo dello stesso qualcuno che
fosse in grado
di gestirlo, senza poter nutrire invidie o desideri di
vendetta, la
stessa Athena aveva posto una serie di sigilli sulle case dello
zodiaco ed il
Santuario era diventato quello che era logico che fosse da
sempre: un
nuovo paradiso archeologico affidato agli uomini per lo studio e
per il turismo.
I Gold Cloth,
dopo il sacrificio degli ultimi dodici Gold Saints, erano
stati portati
sul Jamir, dove Kiki, come ultimo atto, aveva rinchiuso, nell
ultimo baluardo
della mitica popolazione di Muu, la torre della Luna e del
Sole, le sacre
vesti, anch'esse sigillate in una stanza segreta, insieme a
tutti gli altri
cloth minori.
Le God Cloth
dei cinque cavalieri della speranza, invece, erano state
comunque
lasciate ai loro signori, che le custodivano.
Era stata la
sola richiesta di Athena: "Vorrei che almeno in cinque possano,
in caso di
problemi e di rottura di qualsiasi patto, comprendere i miei
voleri in un
repentino ritorno sulla terra"
Eppure la
signora della Guerra sapeva che il suo poteva essere solo
considerato
come un eccesso di zelo, perché suo padre aveva dato la propria
parola e, se
non era possibile difendere gli uomini da se stessi, non ci
sarebbe stato
comunque più bisogno di difenderli dalle teste calde di altre
divinità.
La cerimonia
dell'apposizione dei sigilli era stata molto solonne e dolorosa
Mentre le
stanze ai piedi del Santuario si svuotavano e la gente rientrava
alle proprie
famiglie di origine, mentre le scuole segrete venivano
abbandonate ed
i bambini superstiti presi in consegna dalla stessa Saori che
aveva
provveduto subito dopo a distribuirli nei vari orfanotrofi aperti in
un ogni parte
del mondo dalla sua società, mentre tutto perdeva il fascino
antico e le
strisce magnetiche cadevano, riorganizzandosi, rendendo evidente
quella rarità
storica a tutto il mondo, Shun aveva pianto.
Era come se
quell'angolo di mondo così sacro venisse spogliato della santità
e si
trasformasse in un luogo qualsiasi.
Seiya, a quel
tempo ancora debilitato dalla terribile ferita al petto, con
il viso bagnato
di lacrime, aveva avuto però il coraggio di stringergli una
mano sulla
spalla, con quel sorriso intriso di sale che riusciva, comunque,
a dare forza e
speranza.
"Ricominceremo...
e se dovesse, per sbaglio, andare qualcosa storto, ci
saremo comunque
noi..."
Ma nulla di
sconvolgente era accaduto in quei quindici anni e così tutti
loro avevano
cominciato a credere di essere finalmente in pensione come
Saints: a tutti
loro mancava la loro vita precedente, ma avevano deciso,
comunque di
mantenere la mente occupata, di assegnarsi mentalmente una
missione
diversa, più lenta, ma comunque grande.
"Voglio
insegnare perché l'insegnamento è la sola ed unica arma che hanno
gli esseri
umani per migliorare se stessi! Lascio la mia battaglia da Saints
in Cloth e
ricomincio la mia battaglia da Saint senza armatura, lancio il
sassolino nello
stagno per creare quella giusta onda che possa, in un futuro
permettere di
rendere migliore questa società così confusa!"
Suo fratello
aveva semplicemente risposto: "Hai proprio una grande pazienza.
. e come sempre
ti sobbarchi in viaggi infiniti... ma sono fiero di te!"
... ed un
sorriso di Ikki, una parola di conforto e positività da parte sua,
per Shun
valevano più di mille approvazioni.
Nessuno di loro
viveva più a villa Kido, erano tutti sparsi per le città del
Giappone,
seguendo le loro scelte, solo Ichii aveva deciso di lasciare la
sua terra natia
per andare in America a cercare fortuna, aveva avuto un
offerta, si era
ritrovato artista senza rendersene conto e le sue opere
venivano
esposte in mostre ben pubblicizzate. Disegnava la guerra e la
difficoltà del
mondo, erano semplicemente stralci della sua vita passata, ma
le persone
amavano le sue rappresentazioni forti.
Seiya per un
po' di tempo era andato a vivere con sua sorella in Grecia, per
darle il tempo
di adeguarsi alla sua presenza, poi erano entrambi tornati in
Giappone, ad
occuparsi di animali, aiutati da Shiryu che, nel frattempo,
proprio in
attesa del suo ritorno, aveva preso a studiare, laureandosi con
successo, ed
aveva aperto uno studio veterinario.
Seiya e Seika
erano suoi assistenti... anzi si può dire che Seiya era quello
che
maggiormente preoccupava a volte Shiryu visto che continuava a trovare
in giro per
strada pazienti incapaci di pagare le visite, ma era meglio così
Avevano aperto
una sorta di ricovero per qualsiasi tipo di animale, Miho li
aiutava molto
nel trovare una casa ad ognuno dei loro piccoli ospiti.
Shiryu sembrava
essere nato per quel lavoro, la vista si era indebolita
molto da quando
aveva preso a non curare più la sua forza interiore, ma
tentava di non
dare molto peso a quel particolare, gli occhiali riuscivano a
dargli un'aria
molto seria e professionale. Seiya spesso lo prendeva in giro
per questo,
alla sera, quando tornavano a casa, stanchi e felici.
Abitavano in un
appartamento poco distante da quel parco che Shun
attraversava in
quel momento, a quell'ora del pomeriggio nessuno era in casa
perché erano
allo studio, ma ciò non impedì al ragazzo di sollevare lo
sguardo verso
il picclo balconcino ricolmo di piantine di ogni tipo. Seiya
aveva il
pollice verde e sapeva farlo fruttare.
Ikki aveva una
strana relazione con il mondo del lavoro: non riusciva a
tenerne uno per
più di tre o quattro mesi. Si dedicava anima e corpo a
quello che
faceva, ma lo annoiava rimanere fermo troppo a lungo.
Diceva spesso:
"Se mi fermo comincio a pensare... ed i pensieri che faccio
non mi
piacciono!!"
In quel momento
era impegnato con una compagnia che si occupava della
lavorazione del
legno nella prefettura di Iwate, era stato lontano da casa
per tanti mesi
e quel lavoro stava durando più del solito.
Shun avrebbe
voluto che tornasse a casa almeno per le feste natalizie, ma in
quel momento
muoversi era complicato, i trasporti, per quanto efficienti,
risultavano di
molto rallentati ed era anche rischioso muoversi da quelle
zone
montagnose.
Se la neve era
così alta a Tokyo, Shun non osava immaginare cosa dovesse
essere abitare
sulle montagne di Iwate.
Il ragazzo
riprese a camminare, affondando sempre un po' meno nel manto
candido, mano a
mano che si abituava a quel terreno pericoloso. Stringeva
nella mano
guantata la spesa, Hyoga, in quel momento, doveva essere a casa.
Riscaldarsi
sotto il kotatsu insieme era il suo solo desiderio.
Poco distante
un ramo si piegò, facendo scivolare un mucchietto bianco e
luminoso di
arcobaleni celati nei suoi minuscoli cristalli. Nel toccare
terra, la neve
emise un piccolo tonfo sordo, tra i respiri di sollievo del
ramo che,
finalmente, poteva sentirsi sollevato: era sopravvisuto a quell
attacco
innocente.
Hyoga aveva
rinunicato alla Siberia, aveva rinunciato ad un lavoro normale,
da casa ed
ufficio, aveva rinunciato a circondarsi di persone, anche perché
non aveva mai
sopportato nessuna di queste cose.
Non era
abituato ai rumori, quindi si sentiva fortunato ad essere lì, in
quelle quattro
mura dell'appartamento che divideva con Shun e con suo
fratello,
quando si decideva a tornare dai propri viaggi.
I suoi colleghi
lo andavano a cercare, perché il suo lavoro implicava un
minimo di
contatto fisico con il mondo, per tutto il resto... aveva qualcuno
che si occupava
di questo per lui.
Manabou-san era
un assistente stupendo, recuperava i manoscritti e li
consegnava alla
casa editrice, spronava il ragazzo quando gli dava da
pensare che si
stesse cullando troppo e che non rispettasse le scadenze, era
anche capace di
donargli consigli ed indicazioni sul suo lavoro.
Hyoga si
sentiva veramente fortunato, ma non solo per quello, anche per la
storia serena
che riusciva ad avere con Shun. Per quanto diversi, era
normale e
logico che fossero riusciti a trovarsi.
Dopo un anno
dalla fine delle guerre aveva appeso al chiodo la sua
disperazione ed
era ripartito, Saori aveva letto un suo manoscritto e gli
era talmente
piaciuto da averlo presentato ad una casa editrice, in poco
tempo aveva
potuto stringere tra le mani il primo volume di un suo romanzo.
Sulla copertina
di cartone ricoperto di stoffa nera, si poteva leggere
inciso, in
argento: "Cygnus"
Era stato solo
l'inizio di una grande nuova avventura, aveva molti fan che
lo apprezzavano
ed amavano, ma a lui sarebbe bastato anche solo una persona
a seguirlo, il
solo che era stato capace di sollevarlo dallo stato di
depressione in
cui era caduto nel primo anno della sua nuova vita.
Quella persona
era proprio Shun, che aveva versato una lacrimuccia quando
aveva letto,
sulla quarta pagina, prima dell'inizio della storia scritta da
Hyoga:
- Ad Andromeda,
per tutto
quello che ho capito solo grazie a lui...
per tutto
quello che capirò solo grazie a lui... -
Così Hyoga
aveva iniziato la sua carriera di scrittore, usando lo pseudonimo
"Eiji
Yoshinaka".
Scriveva dei
Saints e delle loro avventure, cercava di far conoscere al
mondo una
storia reale sottoforma di romanzo. Naturalmente.. gli uomini
coglievano solo
la bellezza di quel mondo fantastico, senza credere che
potessero
essere veramente esistiti dei guerrieri che avevano difeso il
mondo dagli
dei, ma a lui non importava, a Hyoga importava trasmettere un
messaggio, così
come Shun aveva il romantico intento di migliorare il mondo
insegnando ai
bambini una vita migliore.
Quel giorno,
seduto a terra, con i piedi riscaldati dal kotatsu, i capelli
biondissimi
legati in una coda, spense il portatile sul quasi scriveva il
suo nuovo
lavoro e rimase nella penonbra della sera.
Si tolse gli
occhiali, massaggiandosi piano gli occhi affaticati ed osservò
l'orologio.
Shun doveva
essere di ritorno dalla riunione dei docenti, poteva sentire con
i suoi sensi
acuti che l'altro stava per arrivare. Quella mattina il
corriere aveva
consegnato un pacco proprio per lui, Hyoga lo aveva tenuto da
parte, perché
non era abituato ad aprire la posta del suo compagno, ma
doveva
ammettere che era curioso.
Ikki non aveva
ancora fatto sapere quando sarebbe tornato dal suo esilio
volontario sui
monti e questo rendeva un po' nervoso Hyoga, perché sapeva
bene quanto
Shun tenesse a passare le feste con suo fratello.
Uno scatto
nella serratura della porta di casa lo fece voltare, ma senza
paura, sentì i
rumori del rientro di Shun: lo scalpiccio delle scarpe umide,
lasciate in un
angolo, il rumore della busta che veniva posata a terra e che
si lasciava dei
piccoli lamenti alle spalle, il rumore del cappotto che
finiva
sull'attaccapanni in maniera ordinata, di nuovo la busta che veniva
portata in
cucina, dopo il click gentile dell'interruttore della luce che
inondava il
corridoio, pur non raggiungendo l'angolo del piccolo soggiorno
in cui Hyoga
era rintanato...
Sentì Shun
lavarsi le mani ed il viso, lo scroscio dell'acqua del bagno,
dopo che era
stato in cucina, lo sentì indossare vestiti più comodi ed
acclimatarsi,
percepì persino il profondo sospiro di piacere che Shun emise
nel momento in
cui si sedette sul bordo del letto, per riposarsi un attimo,
prima di
decidere di andare a recuperare un po' di calore dal suo kotatsu.
Quando il volto
rilassato del suo compagno fece capolino dalla porta del
soggiorno, il
giovane esclamò:
"Ah, sei qui?
Pensavo fossi uscito a giocare nella neve!"
E sorrise,
quelle labbra si piegarono, quel viso si rilassò dolcemente e
Hyoga rispose a
quel sorriso, mentre Shun si avvicinava ed accendeva la
lampada fioca,
per non rompere il bellissimo quadro che si era venuto a
creare, in
quella penombra romantica di un inverno baciato dalla neve.
"Ti
attendevo..."
Shun andò a
sedersi al suo fianco, appoggiandosi un po' a lui, il braccio di
Hyoga circondò
le spalle dell'altro, con affetto.
"Bentornato a
casa"
"Grazie..."
La mano di
Hyoga scivolò teneramente lungo il suo braccio per una carezza
gentile.
"E' arrivato un
pacco per te... da Iwate..."
Shun si voltò
verso di lui, sciogliendo l'abbraccio dell'altro, tutto
eccitato:
"Ikki torna da
noi?"
"Non ho osato
aprirlo..."
Hyoga si sporse
verso il lato del tavolo, dove aveva poggiato, a terra, il
pacco. Non era
molto pesante, tuttavia non era neanche leggero. Sollevò
facilmente
l'involto e lo porse a Shun, preoccupandosi poi di posare a terra
il calcolatore.
"E' proprio di
Ikki..." osservò Shun, dopo aver ordinato meglio il pacchetto
sul tavolo ed
aver afferrato il tagliacarte che Hyoga aveva preventivamente
portato con sé
"Hai previsto tutto..." osservò, cercando il punto debole del
pacchetto e
ritagliando il lato.
"Qualsiasi cosa
ci sia dentro, ti prego di non prendertela troppo, Shun...
ormai sappiamo
che Ikki tende a comportarsi un po' come gli pare..."
Shun posò il
tagliacarte, dopo aver inciso il nastro adesivo che circondava
le giunture del
pacchetto:
"Hyoga... non
ti preoccupare..." si era voltato verso di lui e gli aveva
preso una mano
"... ormai lo so che questo Natale faremo a meno di lui,
altrimenti
avrebbe portato il regalo tra le sue mani, con quell'aria da duro
senza portare i
guanti sulle mani congelate! Vuol dire che lo aspetteremo
sotto i ciliegi
in fiore!"
Hyoga aveva
sempre apprezzato l'ottimismo del suo compagno, quel mettere da
parte la
tristezza e guardare oltre.
"Shun, ti
amo..." osservò, semplicemente, tornando a circondare con il suo
braccio le
spalle del piccolo giapponese.
"Anche io..."
una mano di Shun scivolò all'apertura creata nello scatolo,
quindi affondò
in un mare di fiocchi di polistirolo e ritagli di giornale.
Sorpreso, si
allontanò da Hyoga per affacciarsi nel pacchetto, sorpreso "...
ah ..."
esclamò, tirando via dal mare di imballaggi dei parallelepipedi di
cartone,
piccole scatole colorate.
Shun le
estrasse dalla scatola grande e le posizionò in fila sul tavolo,
sorpreso. Ce
n'era una rossa, una bianca, una rosa, una verde ed una
azzurra! Su
ogni scatola un foglio di carta di riso inchiostrata portava
cinque piccole
frasi.
Shun frugò
ancora una volta nella scatola grande e ne estrasse una lettera,
era il solo
altro elemento nascosto in quel complesso imballaggio. Il
giovane
Andromeda si lasciò andare contro il proprio compagno, che lo
strinse contro
di sé, rimasero così, nella luce fioca della lampada, ad
osservare le
cinque splendide scatolette.
"Che ci sarà
dentro?" Hyoga era curioso, ma Shun non osava aprire la lettera
ne i pacchetti.
"... non lo
so... penso che... aprirò la lettera..."
La tenne
stretta contro il petto per un po', poi prese ad aprire la busta,
facendo
attenzione a non rovinarla troppo. Si ritrovò, così, la lettera tra
le mani, la
grafia di Ikki, poco elegante, si faceva ambasciatrice degli
auguri di suo
fratello, usando parole semplici e sbrigative, ma non senza
affetto per i
suoi compagni.
- Buon Natale,
otooto... a te e ai ragazzi.
Spero che ci
sia un posto per me alla vostra tavola, ho mandato un
messaggero ad
occuparlo.
Un pensiero per
ognuno di voi.
Ci vedremo alla
fioritura dei ciliegi. -
"Un
messaggero?!" Hyoga ridacchiò "che si sarà inventato, ancora?"
Shun guardò le
piccole scatole, immaginandone il contenuto, ne osservò i
colori, quindi
recuperò quella rossa che sembrava essere nata dalle braci di
un caldo fuoco
mai capace di spegnersi:
"... un
messaggero alla nostra tavola ..."
Prima di
rimuovere il piccolo coperchio, già sapeva cosa quella scatoletta
contenesse: una
piccola, tonda, bambola kokeshi, che aveva i capelli mori e
corti, oltre
che due occhi ed uno sguardo molto serio, con una cicatrice
rossiccia sulla
fronte ed aveva anche un corpo cilindrico perfetto, con un
kimono a
righine grigie e verdi, il preferito di Ikki.
"Hai mandato un
pezzetto del tuo spirito tra noi, niichan... per tutto il
resto, saprò
aspettare all'ombra dei ciliegi"
Shun aprì anche
le altre scatoline, dentro c'erano altre bambole, ognuna
riconoscibilissima.
C'erano Hyoga, Shiryu, Seiya e lo stesso Shun, tutti con
l'espressione
che meglio poteva caratterizzare delle bambole kokeshi di loro
stessi.
Entrambi i
ragazzi, osservando la fila di bamboline, alcune sorridenti,
altre seriose,
scoppiarono in una sonora risata.
"E' così
difficile stare insieme quando ognuno segue la propria strada, ma è
bello pensare
che ci sia sempre una parte di noi che rimane indietro, ad
osservare i
propri cari..."
"Con questi
messaggeri di legno, la nostra tavola sarà sempre al completo!"
Shun carezzò
appena la bamboletta che rappresentava Hyoga, con i suoi
capelli
biondissimi ed il kimono bianco come la neve "Hai un cipiglio
adorabile.."
".. tu invece
sei la dolcezza fatta kokeshi!" rispose l'altro, coccolandolo
teneramente
"vorrei tanto che tu la smetta di tormentarti se non siamo tutti
insieme...
vorrei che il tuo volto sia l'immagine della serenità, come
quello di
questa bambola che Ikki ci ha inviato per suggerirci di stare
tranquilli ed
attenderlo..."
Shun osservò
fuori, la neve aveva ripreso a fioccare, immaginò Ikki solo su
quei monti, per
scelta, felice a modo suo, pensò a loro due, abbracciati in
quella stanza,
a Seiya e Shiryu, in mezzo ai loro piccoli pazienti bisognosi
"Hai
ragione..."
"... e poi
chissà... magari ci verrà voglia, tra qualche giorno, di andare
alle onsen...
dicono che le onsen della prefettura di Iwate siano splendide.
."
Shun abbracciò
Hyoga, con trasporto, nascondendo il viso pieno di lacrime
contro il suo
petto.
Fuori la neve
continuava a scendere, silenziosa e dolce.