Le nostre scelte…

 

 

Non avevo molta voglia di andare avanti. Avrei preferito fermarmi sul bordo della strada ad ascoltare cosa il mondo aveva messo da parte per me, ma fu proprio allora che cominciò a piovere e che la notte, come sempre quando si avrebbe bisogno di luce, si fece più scura.

 

È una notte come tante in un posto qualunque. Frase banale da pensare quando si è sul ciglio di una strada a trascinare il proprio borsone, quando si è stati appena scaricati dal proprio uomo, fisicamente, su una strada, anzi… sul ciglio di una strada lunga e tortuosa.

Eppure, nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di criticare chi ha avuto solo la forza di fare una scelta per se stesso e per la propria famiglia. Quando si diventa un peso per qualcuno, bisognerebbe riuscire a capirlo da soli.

Io ero un peso per lui, lo ero semplicemente perché ero un uomo e perché lui mi amava come non aveva mai amato nessuno…

Romanticamente, innocentemente, ero convinto che l’amore fosse ciò che rende tutto più puro, ma non è sempre così. Ci sono centinaia di altre necessità, per un uomo, necessità che non comprendono affatto l’amore, né la passione… né nulla di tutto quello che fa riferimento alle fantasticherie illusionistiche di una Madame Bovary moderna, come me.

La notte è così fitta. Domani mi aspetta il lavoro; avrò il coraggio di svegliarmi abbastanza presto da non farmi cacciare a calci dalla persona che, gentilmente, mi permette di sfamarmi?!

Non lo so…

A volte mi chiedo, però, se sia veramente il caso di continuare a restare sul bordo di questa via senza muovere un passo. Per ora penso di sì… tornare a casa, una casa vuota, non mi farebbe bene… voglio dormire su questa strada, mentre comincia a piovere, voglio riposare sul bordo di questa strada… dopo essere stato lasciato.

 

Non volevo pensare alle tue labbra come a secche bucce di vecchi frutti andati a male. Volevo continuare a pensare  a te come quello che eri in vita… uno stupendo cavaliere dagli occhi di ghiaccio che cavalcavi, freddo e spietato, nella notte e nella pioggia. Per fare questo, dovevo solo andarmene prima di te!

 

I fari delle auto sono orrendamente violenti.

Mi frustano gli occhi come, a volte, faceva lui, nel momento in cui voleva spiegarmi che qualcosa in me non andava, che mi comportavo male.

Era convinto che, per educarmi, avevo bisogno di qualcuno che mi allevasse come un cagnolino. Quanto tempo è riuscito a sprecare dietro di me, per darmi un minimo di “cultura del vivere”… e per cosa poi?!

Per essere lasciato…

“Ho bisogno di essere accettato dal mondo. Lo sai… è importante per me, per la mia famiglia…”

Un singhiozzo mi sale dal petto già sconvolto dal respiro accelerato per le troppe lacrime.

“… ho finito i miei studi. Devo pensare al mio futuro… voglio diventare un bravo avvocato e, sai, che per me sarebbe difficile continuare a mantenere aperta questa storia…”

Almeno è stato sincero… avrebbe potuto smettere di chiamarmi, non farsi più sentire e umiliarmi se mai avessi deciso di andare a  cercarlo a casa sua. Avrebbe potuto comportarsi molto peggio…

 

C’era una cosa che mi terrorizzava più della notte… il silenzio.

Nella notte potevo percepire il resto del mondo, ma nel silenzio no… ero tagliato fuori da quella vita che tutti dicevano piacevole. Mi sentivo chiuso in una teca di cristallo e avevo paura di muovermi…

Quando tu eri con me… intorno alla mia figura fluttuavano tanti piccoli rumori… sensuali, dolci… eleganti… il tuo mantello che sfiorava il terreno, lo zoccolo vuoto del cavallo che, nella scuderia, si muoveva irrequieto…

 

Mi alzo dalla strada, l’acqua ormai si riversa su di me come se volesse affogarmi… soffocarmi. Non importa… tornerò a casa a piedi. Non posso restare qui su questa strada… non posso.

Mi incammino pesantemente. Non posso affatto abbandonare il mio mondo, quell’universo tutto per me che mi rende felice quando torno a casa, quando mi perdo nelle mie fantasticherie…

Ora ho solo bisogno di sonno, perduto nel mio letto…

 

… c’erano poi i mille sussurri per spingermi ad aprire la porta. Le nostre parole in codice, le nostre convenzioni affettuose. Le conoscevo solo io, insieme a te…

Tu arrivavi, io aprivo… e poi cominciavamo ad amarci.

Ti rendevi conto di quello che mi costringevi a compiere in quelle notti segrete solo per noi?! Adulterio… sodomia… ed eri pur felice! Mi avevi sedotto e io… io avevo solo ceduto. Ero un martire? No … ero il tuo complice. Complice di quella strada così dritta e senza pieghe che ci stava trascinando all’inferno.

Poi te ne andasti …

 

Mi chiedo perché non posso essere una persona normale. Una di quelle che si diverte con una semplice serata tra amici. Perché devo essere così complicato?! Eppure se non fossi stato così complicato, non avrei trovato la forza di alzarmi.

Ho investito tutto nel nostro rapporto, fino a che tu non te ne sei andato…

 

… e io rimasi solo.

 

… e ora solo rimasto veramente solo.

 

Così sorrisi al mondo e feci ciao con una mano…

 

Così sorrido al mondo e faccio ciao con la mano. Devo crescere e cercare di togliermi la scorza dell’infanzia di dosso. Questa fanciullezza che mi ha fatto credere alle favole fino a ieri. Questo non vuol dire che devo smettere di fantasticare… ma solo che devo imparare a non lasciarmi toccare dalla gente. Dentro di me ho ciò che mi serve per essere felice…

 

… e mentre facevo ciao con la mano, immaginavo che dall’altra parte ci fossi tu a sorridermi ancora una volta, almeno per un saluto fugace.

 

… devo crescere e stavolta nessuno mi fermerà. Dopotutto … questa vita è solo mia.

 

Ma tu non c’eri e io andai nel bosco dove, da piccolo, giocavo insieme a te sulla vecchia altalena fatta da mio nonno. C’erano solo le funi, in parte consumate dal tempo.. non ci volle poi molto ad imbastire un cappio.

Ero molto bravo con le funi, ricordi?!

 

Non mi lascio certo abbattere perché mi ha lasciato. La sofferenza rafforza il cuore e lo spirito. La sofferenza non mi ha mai preso in contropiede.

 

La sofferenza ti scava la tomba prima del tempo, lo dicevano tutti gli scrittori!

 

Una decina di chilometri mi separano da casa. Ho deciso di coprirli con queste gambe forti. Queste gambe che sanno essere forti se io lo voglio. Le mie lacrime ancora si confondono con la pioggia, ma dentro di me non piango più… i singhiozzi si affievoliscono un po’ alla volta… vanno morendo.

Tanti mezzi pesanti e leggeri continuano a passare veloci su questa strada, questa strada anonima che sa essere anche troppo lunga.

Dopo molti passi, mi fermo sul ciglio, osservando il bosco di fronte a me. Potrei attraversarlo… arriverei prima a casa.

 

La quercia era alta… i miei piedi non toccavano terra e la mia vista si appannava. Ma non c’era silenzio intorno a me… le mie orecchie erano piene dei canti degli uccelli notturni, delle loro macabre melodie.

Cominciavo a sentirmi uno stupido, lì, a dondolare nel vuoto.

Era notte… non l’avevo ancora notato. Pioveva…

 

Conosco il sentiero che attraversa il bosco. Ci siamo venuti tante volte io e lui; arrivavamo fino alla vecchia quercia, dove, si dice, si sia suicidato qualcuno secoli fa e un fantasma infesta questi luoghi. Poco distante dalla quercia c’è una vecchia villa in rovina, appartenuta a qualche nobile.

Ricordo che andavamo sempre lì a cercare il fantasma di notte… ma non abbiamo visto mai nulla, mai un suono che ci suggerisse la presenza di altri a parte noi. Nella notte percepivamo solo i nostri respiri, abbracciati per difenderci dal freddo, lo stesso freddo che mi sferza il viso ora e che fa condensare il calore del mio corpo in mille nuvolette.

Il rumore delle mie scarpe che, bagnate, affondano nell’erba molle di pioggia, è l’unico rumore che odo a parte il verso di un gufo e il battito delle ali di una vecchia civetta che attraversa la mia strada con un volo silenzioso.

Non ho mai avuto paura, io… era lui il fifone della coppia.

 

Quante storielle circolarono sul mio conto… quante…

 

Si dice che a morire appeso a questo albero fosse stato un ragazzo della mia età. Ironico…

 

Quanto mi è triste essere consapevole di queste storielle…

 

Mi avvicino al grandissimo fusto. La pioggia sta battendo molto forte… in lontananza posso percepire i lampi minacciosi.

 

Sono stato uno stupido…

 

Che stupido quel ragazzo. Chissà se se ne rende conto adesso…

 

Potevo ricominciare e invece…

 

Potevo farla finita e invece..

 

... mi fermai, troppo stanco.

 

... ho deciso di ripartire. Avrò agito bene?!

 

Non agii bene?!

 

Forse sto sbagliando e per me non c’è un futuro, ma voglio tentare lo stesso.

 

… feci la sola cosa sensata della mia vita. Uccidermi…

 

Questa è la prima volta che prendo una decisione che ha senso. Mi sento onnipotente… non ho rimpianti.

 

… e non ho rimpianti.

 

Il ragazzo continuò ad avanzare nella notte umida e fredda; la pioggia aumentava, ma presto avrebbe smesso di cadere e il cielo pieno di stelle avrebbe potuto osservare il suo avanzare incessante fino a casa.  Dietro di lui, invece, un fuoco fatuo si perdeva dietro l’ultima goccia fredda.

Due anime erano tornate a casa.