CORRETTEZZA:
10. Completamente corretta, ottimo lavoro in questo senso. Molto
curata.
TRAMA:
9. Tecnicamente non c’è una vera trama, nel senso che sono riflessioni
e oltretutto si sviluppa tutto su un’unica scena, ma tramite i suoi
pensieri si capisce piuttosto bene la storia che c’è dietro al momento
che stanno vivendo, come si sono messi insieme, lo sviluppo della loro
relazione e come ora sono arrivati a quel punto, quindi comunque va
abbastanza bene ugualmente.
STILE:
10. Hai un buonissimo stile, molto scorrevole e piacevole, si legge
velocemente e volentieri, non è troppo caotico o complesso e facilita
estremamente l’immedesimazione nel personaggio, cioè rendi molto bene
il fatto che sono dei POV, per questo è scritta in modo perfetto e
giusto. Stilisticamente mi è piaciuta anche la cura dei dettagli come
ad esempio dei movimenti che lui compie, non è solo una sequenza di
pensieri e dialoghi ma integri anche con descrizioni effettiva di ciò
che fa.
CARATTERIZZAZIONE:
9. Allora, ad essere onesta non sono riuscita ad inquadrare bene
Kazunari, naturalmente è dovuto al fatto che sia un POV di Satoshi e
quindi si evidenzia meglio quest’ultimo, però dovendo dare un giudizio
sul modo in cui hai caratterizzato i personaggi, ti tolgo un punto
perché non è molto inquadrabile e comprensibile Kazunari. Cioè si
capisce che sia un tipo molto geloso, possessivo e pesante ma al di là
di questo non c’è altro di suo. Mentre Satoshi ti è venuto alquanto
bene, vuoi perché è in perfetta simbiosi con la canzone e il testo
parla di un carattere abbastanza specifico già di suo, ma ad ogni modo
lode a te per come l’hai fatto e per i suoi POV.
IN
TEMA: 10. Hai usato la citazione amalgamandola molto bene nella fic,
nei loro dialoghi e nei suoi pensieri, un uso davvero lodevole dei
versi che mi è piaciuto enormemente perché sono fluidi e sembrano parte
integrante del testo. Ben fatta.
ORIGINALITA’:
10. Bè, direi che è parecchio originale il fatto che due che in
pubblico sembrano tanto affiatati ed innamorati, nella vita reale siano
invece alla frutta e che si lasciano in questo modo addirittura freddo,
che è tutto l’opposto di quello in cui sembrano vivere pubblicamente la
loro vita sentimentale, il loro rapporto insomma. Ed è una cosa che
rappresenta un punto molto importante della fic. Oltre a questo, trovo
originale l’uso della canzone, come se fosse parte integrante della
storia stessa, se non conoscessi a memoria i versi e non mi avessi
evidenziato alcuni non mi sarei accorta della differenza e te lo
segnalo anche in questo posto.
COINVOLGIMENTO
PERSONALE: 10. Mi è piaciuta molto perché si coglie tutta l’amarezza
del protagonista, il suo processo mentale diventa il tuo, lo capisci,
lo condividi e ti dispiace, senti anche il suo dolore nel lasciarsi con
l’altro, ma allo stesso tempo ti senti esasperato ed al limite come
lui. È molto coinvolgente sebbene il suo dolore sia anche contenuto
poiché si capisce fa parte proprio del personaggio, che è evidente non
è uno passionale che fa piazzate od esagera, anzi. Quindi nel complesso
mi è piaciuta molto e l’ho davvero apprezzata. Complimenti.
PUNTI
BONUS: 1. Hai usato tutta la canzone quindi eccoti il punto in più!
TOTALE:
69
Better
without you
Mi
sono stancato di essere ciò che desideri io sia
Sentendomi
così sleale, perso sotto la superficie
Non
so cosa ti aspetti da me
mi
tieni sotto pressione per assomigliarti
(Intrappolato
nella risacca, esattamente intrappolato nella risacca)
ogni
passo che faccio è un altro errore per te
(Intrappolati
nella risacca, noi siamo esattamente intrappolati nella risacca)
Sono
Diventato
così insensibile
Non
riesco a sentire che ci sei
Diventato
così stanco
Molto
più consapevole
Sto
diventando questo
Tutto
ciò che voglio fare
È
essere più come me
E
meno come te
Non
vedi che mi stai soffocando
Tenendomi
troppo stretto, per la paura di perdere il controllo
Perché
quello che hai pensato io potessi essere
E'
crollato esattamente di fronte a te
(Intrappolati
nella risacca, noi siamo esattamente intrappolati nella risacca)
ogni
passo che faccio è un altro errore per te
(Intrappolati
nella risacca, noi siamo esattamente intrappolati nella risacca)
E
ogni secondo che spreco è più di quelli che mi posso permettere
Sono
Diventato
così insensibile
Non
riesco a sentire che ci sei
Diventato
così stanco
Molto
più consapevole
Sto
diventando questo
Tutto
ciò che voglio fare
È
essere più come me
E
meno come te
E
so che potrebbe darsi che anche io fallisca
ma
so che tu eri esattamente come me
Con
qualcuno deluso da te
Sono
Diventato
così insensibile
Non
riesco a sentire che ci sei
Diventato
così stanco
Molto
più consapevole
Sto
diventando questo
Tutto
ciò che voglio fare
È
essere più come me
E meno come te
/ Numb - Linkin Park /
Quando
rientro a casa è ormai buio: anche oggi le riprese del drama si sono
protratte più a lungo del previsto, ma questi sono gli inconvenienti
del mestiere quando si ha a che fare con registi un po’ particolari.
Dalla strada vedo che le luci dell’appartamento sono tutte spente,
molto probabilmente Kazunari è già andato a dormire, stanco di
aspettarmi e, a essere onesto, è meglio che sia così.
D’altronde,
non gli ho neanche telefonato per avvisarlo.
Sono
stufo, non ho voglia di discutere ancora con lui; ormai accade da così
tanto tempo che non ricordo né quando tutto questo è iniziato, né
perché. Sono stanco di quell’atmosfera fredda e tesa che cala tra noi
quando siamo da soli in casa; la situazione si è ormai fatta
insostenibile e non so quanto la decisione di andare a convivere si sia
rivelata esatta.
Eppure
è stato lui a chiedermi di affrontare insieme questo passo, questo
salto nel vuoto, non me lo sarei mai aspettato da un tipo come lui.
Kazunari non si è mai dimostrato troppo espansivo nei miei confronti,
al di là degli spettacolini per i programmi in cui diamo l’impressione
di non poter fare a meno l’uno dell’altro, è raro quando ci lasciamo
andare entrambi a dei reali e romantici atteggiamenti affettuosi, come
fanno tutte le coppie.
Non
posso dire di non sapere che mi voglia bene, che mi ami, ma quando
stiamo insieme, a volte mi sento enormemente limitato. È come se
sapessi che se mi lasciassi andare come vorrei, lui fraintenderebbe
tutto e così ho imparato a trattenermi e ad assecondare la sua indole.
Per
questo, quando mi ha chiesto di andare a vivere insieme ne sono stato
felice, perché con quella proposta ha dimostrato di tenere a me, mi ha
fatto capire quanto anche per lui la nostra fosse una storia seria,
nata, è vero, così per gioco, seguendo un copione imposto che, però, si
è piano piano evoluto in qualcosa di più profondo e radicato nel cuore
di entrambi.
Eppure,
nonostante questo, ci stiamo allontanando, giorno dopo giorno, sempre
di più e non so cosa devo fare ancora per tenere in piedi questo
rapporto. Da solo non ci posso riuscire, non posso addossarmi tutta la
colpa di questo fallimento.
Giro
la chiave nella serratura, cercando di non fare molto rumore, ed entro
in casa, ma nel momento in cui mi chiudo la porta alle spalle,
d’improvviso il corridoio si illumina. Sobbalzo preso alla sprovvista,
vedendo il mio coinquilino con una mano ancora sull’interruttore che mi
scruta attento.
Non
riesco a decifrare il suo sguardo e sospiro stanco.
“Nino…”
Lo saluto. “Mi hai spaventato” Cerco di sorridere per mascherare il
nervosismo. Non ho fatto nulla di male, eppure sento un profondo senso
di disagio sottopelle, come se l’avessi deluso, come se avessi mancato
qualcosa nei suoi confronti.
“Hai
fatto tardi anche stasera” Mi dice in tono piatto e quella sensazione
di smarrimento torna ad attanagliarmi lo stomaco, stringe, mozzandomi
quasi il respiro. Cosa dovrei fare? Qual è la risposta giusta, ammesso
che, arrivati a questo punto, ce ne sia una.
Che
cosa ti aspetti che faccia?
“Le
registrazioni sono andate per le lunghe. Se eri stanco saresti potuto
andare a letto, non dovevi aspettarmi” Gli dico, cercando di scusarmi,
oltrepassandolo.
Raggiungo
la cucina, a dire il vero non ho neanche fame, mi è passato l’appetito:
sento i suoi occhi fissi sulla schiena e non riesco a rimanere con le
mani in mano, sapendo che lui segue ogni mio movimento.
Rabbrividisco
inconsciamente, mentre osservo l’acqua scorrere, sentendomi come preda
di un vortice in cui la corrente contraria mi spinge via, lontano, e
annaspo e annaspo, sforzandomi di rimanere a galla.
Metto
la pentola sul fuoco e finalmente mi decido a voltarmi, consapevole che
il suo sguardo non vacillerà ora che si incontra con il mio e adesso
siamo insieme in questa risacca, ma neanche in due riusciremo a
risalire. Non più.
Appoggio
le mani al piano della cucina e mi stringo nelle spalle, mentre il peso
della sua accusa mi schiaccia: come siamo arrivati a questo punto
ancora me lo domando.
“Per
fortuna che hai trovato qualcuno che ti ha riaccompagnato” Afferma
sarcastico e lo guardo inclinando il capo. È vero, un collega mi ha
dato un passaggio, ma gli ho anche chiesto di lasciarmi all’incrocio
per evitare l’ennesima discussione senza senso.
Perché
la gelosia di Nino è diventata incontrollabile, il suo possesso nei
miei confronti -che prima mi faceva piacere, perché era il suo modo di
dimostrarmi quanto tenesse a me, quanto fossi importante per
lui-, è sconfinato in qualcosa di esagerato e… malato.
“Eri
appostato alla finestra? Al buio?” Gli domando, incredulo.
Lui
non mi risponde.
“Non
mi va che mi si prenda in giro. Se me l’avessi chiesto ti avrei
aspettato, sapevi che non avevo altri impegni. Mi sarei trovato
qualcosa da fare nel frattempo e saremo rincasati insieme” Elabora
spiccio in modo piatto come se fosse una mia mancanza, come se fosse
stato un mio errore. L’ennesimo.
“Avresti
potuto aspettarmi, se ti faceva piacere” Gli rispondo, usando lo stesso
tono neutro. Mani invisibili mi stringono, siamo uno di fronte
all’altro, a debita distanza, eppure mi sento soffocare, mentre un
senso di nausea cresce e la stretta allo stomaco si accentua.
Lui
non accenna ad abbassare lo sguardo, io chino appena il capo e sospiro:
non ce la faccio più. Sollevo lentamente le palpebre e la mia voce è
irriconoscibile alle mie stesse orecchie: “Qual è il tuo problema,
Nino? Cosa ho fatto di sbagliato stavolta?”
Lui
mi guarda come se non capisse dove voglio arrivare; sbuffo di una
risata nervosa e un sorriso altrettanto forzato: “Andiamo, sappiamo
benissimo entrambi che stiamo solo cercando una scusa. Non facciamo che
litigare, ci aggrappiamo a ogni minima sciocchezza ed è una discussione
continua. Non sono perfetto, lo sapevi fin dall’inizio, ho mille
difetti, non è la prima volta che mi riprendi per il mio carattere
particolare, allora perché hai scelto me?” Gli chiedo.
E
questa è una cosa che mi sono sempre domandato: perché? Perché un
ragazzo bello, giovane e talentuoso, ammiratissimo e, diciamocelo,
anche piuttosto popolare tra le idol, ha scelto me. Avrei voluto
chiederglielo da tanto perché è un quesito che mi ha sempre tormentato:
perché me?
“Che
domanda cretina, Riida!” Sbotta, muovendo una mano per aria, come se
avessi posto un questo stupido e inutile. Io mi ritrovo a scuotere la
testa perché, in fondo, me l’aspettavo questa reazione.
“Sai…”
Esordisco, “Non siamo poi così diversi io e te. Non hai più alcuna
fiducia in me e, forse, fai bene perché potrebbe darsi che anche io
fallisca. Non posso sapere cosa passa per la tua testa, Nino, per
sapere cosa fare per non creare disagio a entrambi. Non posso
assicurarti che sarò sempre nel giusto e potrei deluderti ancora, ma tu
eri esattamente come me. Chissà quante volte anche tu hai deluso
qualcuno, pensa alle tue ex, ai tradimenti.”
“Ehi,
vecchio!” Mi interrompe, ma sollevo una mano tacitandolo. “Non sto
dicendo che ti sia comportato male di proposito…” Cerco di spiegare, ma
lui sembra non volermi ascoltare.
“Sono
sempre stato onesto con te, se è qui che vuoi arrivare e poi non
stavamo parlando di me, cosa c’entra?” Si altera e mi viene da ridere,
perché non ha davvero capito. Ormai non ci capiamo più, entrambi sempre
sulla difensiva, per proteggerci da cosa?
“Lo
so, Kazu. Infatti è di questo atteggiamento che sto parlando. Se vuoi
sapere la verità, io non mi riconosco più. Sono diventato così
insensibile. Ogni cosa che faccio, per te è un passo falso, non riesco
a sentire che ci sei. Non più.”
Faccio
una pausa, poi decido che devo essere chiaro, devo riuscire a liberarmi
dal peso che porto nel cuore, e continuo: “Sono diventato così stanco,
molto più consapevole, perché è questo che sto diventando, conscio
delle mie debolezze e dei miei limiti.”
Lo
guardo e lui non parla, non riesco a leggere in quegli occhi alcuna
emozione, niente. “Cosa provi per me? Il motivo per cui
stiamo insieme, non so più nulla. Sembra che non riusciamo a capirci
come una volta. E non so cosa è cambiato, non so di chi sia la colpa”
Sospiro abbattuto. Sento l’acqua nella pentola bollire, agitarsi e
smuovere il coperchio, come un richiamo lontano che presagisce che
presto tutto esploderà, è come un conto alla rovescia, in un crescendo
di ansia e panico, turbamento.
“Bene,
io invece capisco tutto chiaramente!” Usa un tono sarcastico e mi
ritrovo ad abbassare il capo mesto, il peso di questa situazione mi
schiaccia, mentre ogni parola che pronuncia grava su di noi sempre più
pressante. “La risposta la conosciamo entrambi, no? Dici che non ti
riconosci più, è perché sei cambiato a causa mia, no? Allora direi che
possiamo anche lasciarci, la soluzione è semplice!” Sbotta senza
prendere fiato e lui per primo non si aspettava che una simile frase
potesse uscire dalla propria bocca, perché lo vedo che sbarra un
istante gli occhi, colto dalla consapevolezza che ormai è veramente
arrivata la fine.
Alle
mie spalle il calore della fiamma del fornello brucia la pelle
attraverso la maglia; mi sento come catapultato in un’altra dimensione,
mentre nelle orecchie rimbomba il gorgogliare imprigionato dell’acqua.
Il mio cuore cessa di battere in quell’esatto momento e fa male perché
nonostante tutto quello che ci siamo trascinati dietro in questi mesi,
nonostante tutto non riesco a immaginare un futuro senza di lui, senza
Kazunari al mio fianco, non come componente dello stesso gruppo, ma
come compagno.
“Lasciamoci…”
Pronuncio queste parole con una calma e spaventosa consapevolezza
continuando a fissare il pavimento, le mani si stringono al bordo del
lavello perché ho bisogno di un appiglio, di qualcosa di solido a cui
fare riferimento, adesso che tutto il mio mondo è definitivamente
imploso su se stesso.
Sollevo
la testa e Nino è ancora lì davanti a me, stringe i pugni lungo i
fianchi, trema, lo vedo, anche se si sta sforzando con tutto se stesso
di non cedere, di non farlo davanti a me. Ha gli occhi lucidi, grandi,
scuri come non mai: potrei annegare in quei pozzi profondi, così come
tante volte mi è successo, ma la verità adesso è che sono davvero
stanco, ho bisogno di staccare da tutto questo, allontanarmi da questa
relazione e da quel noi.
Vorrei
aggiungere ancora qualcosa, ma so che non servirebbe a niente, sarebbe
solo un atto egoistico: perdonami Kazu se ci riesci, se riuscirò mai io
per primo a perdonare me stesso, ma tutto ciò che voglio fare adesso è
tornare a essere più come me e meno come te.