Note: Questa fic stava diventando la mia ossessione. Volevo scrivere qualcosa di sensuale, erotico, ma non sapevo da che parte iniziare, in pratica sono andata avanti ad un rigo al giorno _ _’’’ Artù mi sembra un tipo molto sensuale che le inventa tutte per mettere le mani sull’oggetto dei suoi desideri. Il nostro asino reale ha iniziato a fare di testa sua, prendendo il controllo della fic, e... questo è il risultato! Mi sono vergognata tantissimo a scrivere questa fic… spero solo di non essere scaduta nel volgare!
Ringraziamenti: Ringrazio: Shannara_810: Un capolavoro? Addirittura? Così, però, mi fai arrossire! ^//^ Il mio ego, che sta saltellando per casa, ti ringrazia sentitamente. ^^ Harderbetterfasterstronger: Grazie mille! Spero che anche questa fic ti piaccia! ^o^ Sammy_Malfoy: Beh, mi trovo talmente bene nella testolina bionda di Artù che credo proprio che lo sfrutterò ancora a lungo, mi sono venute certe ideuzze su questi due… *.* Grinpow: Sono contentissima che l’altra fic ti sia piaciuta, spero che anche questa ti piaccia. Suicidal_Love: Io ed il mio ego ti ringraziamo di cuore. Ringrazio Chocolate_Starfish, Giulysan, GrEEn, Harderbetterfasterstornger (spero di averlo scritto bene! ^^''), Killuy93, Moon_sara89, Ransi e Shannara_810 che hanno inserito la fic tra i loro preferiti e tutti coloro che hanno anche solo letto (inchino!) e tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa.
Adesso vi lascio alla fic, alla prossima gente \^o^/

Cacciatore e preda


Artù sollevò lo sguardo verso il cielo e sorrise soddisfatto. Nuvole del colore dell’acciaio, gonfie di pioggia si stendevano da un orizzonte all’altro. Un vento gelido e tagliente spazzava il bosco, facendo frusciare l’erba e strappando piacevoli suoni vuoti ai rami spogli che cozzavano l’uno contro l’altro. Tuoni rombavano minacciosamente sulle cuspidi innevate delle montagne a settentrione. Si stava preparando un temporale in piena regola e loro si trovavano nel cuore della boscaglia: non sarebbero mai riusciti a tornare prima che si scatenasse. Il sorriso sul suo volto si ampliò: stava procedendo tutto secondo i suoi piani!
Scoccò un’occhiata a Merlino che arrancava faticosamente pochi passi dietro di lui, reggendo la sua attrezzatura da caccia e quattro lepri infilzate ad altrettanti uncini. Aveva il volto arrossato e gli occhi lucidi per la lunga marcia, ed il respiro affannoso tra le labbra rosse per la fatica. Artù avvertì il sangue ruggirgli nelle vene, implorarlo di fare suo quel corpo così sfacciatamente invitante.
- Non sarebbe meglio cercare di tornare indietro prima che scoppi il temporale?- chiese la voce impaziente di Merlino.
- Solo un servo idiota come te poteva fare una domanda simile!- borbottò il principe scrutandolo con i suoi occhi blu esasperati.
- E solo un asino del vostro stampo si ostinerebbe a cacciare con un tempo simile! – sbottò il mago lanciandogli un’occhiata malevola – Scommetto che gli animali, molto più intelligenti di voi, sono già tutti nelle loro tane!- .
- Merlino taci! Se con le tue ciance farai scappare anche una sola preda, giuro che ti userò come un cervo!- lo minacciò sollevando allusivamente la balestra che stringeva in pugno.
Il valletto lo fissò un istante, indeciso se il principe stesse dicendo la verità a no. Gli bastò scorgere il lampo che era sfrecciato in quelle iridi colore del mare per comprendere che si, il suo padrone faceva sul serio, e serrò immediatamente le labbra.
Artù, compiaciuto da quel silenzio, riprese ad avanzare prudentemente nel sottobosco, scrutando in ogni anfratto. Non aveva architettato tutta quella messinscena per niente! Erano giorni che aspettava, che progettava, che tesseva nell’ombra le sue trame per far cedere Merlino: non avrebbe mai desistito ad un passo dall’ottenere ciò che voleva.
Lui ed il suo autocontrollo erano arrivati al limite, se avesse cercato di resistere ancora sarebbe di sicuro impazzito. Non poteva averlo al suo fianco e fare finta di niente, continuare ad ignorare la voglia che aveva di lui. Era stanco di doverlo solo sognare, di desiderarlo, di guardare il suo corpo senza poter fare altro che baciarlo. Se si concentrava sentiva ancora contro i polpastrelli la consistenza serica di quella pelle lattea, il morbido tepore che irradiava e quell’intenso profumo che ogni volta gli bruciava la gola. Non passava minuto che non lo immaginasse disteso sul suo letto, il candore della sua pelle che si confondeva con quello delle lenzuola sfatte; che non provasse ad immaginare come sarebbe avere quel corpo sottile aggrappato al suo, sentire la sua pelle arroventarsi contro la propria, vederlo inarcarsi sotto le sue carezze, avere i fianchi circondati da quelle belle gambe lunghe ed affusolate. Non passava istante che non immaginasse quel volto gentile arrossato ed alterato dal piacere, che non immaginasse quali toni potesse assumere la sua voce in quei momenti, la consistenza dei sospiri che sarebbe riuscito a strappare a quelle labbra.
Aveva garantito a Merlino che lo avrebbe reso dipendente da lui, che lo avrebbe costretto ad arrendersi. Era tempo di iniziare a mantenere quelle promesse. Era il migliore cacciatore del regno e non si sarebbe mai fatto sfuggire una simile preda. Quel giorno aveva predisposto la sua trappola e Merlino si era lasciato impigliare senza nemmeno rendersi conto di quanto stesse accadendo. Non aveva ancora in mente di andare fino in fondo, l’altro non era ancora pronto, ma era deciso ad intrappolarlo in una rete di piacere che avrebbe portato il suo servitore a desiderarlo ed a cercarlo.
Gemette di anticipazione: non si era mai trovato in una situazione simile ed era esaltante e frustrante insieme! Si era sempre preso quello che aveva voluto, senza aspettare e senza curarsi degli altri; quella era la prima volta che metteva qualcuno davanti ai suoi capricci, per questo non sapeva bene come comportarsi.
Era come una sottile sensazione che gli premeva sull’anima e lo faceva sentire a disagio, che lo spingeva ad agire per gradi, un passo alla volta. Era strano pensare che al mondo esistesse una persona che reputava più importante di se stesso; era una sensazione nuova e complicata, che ancora non era riuscito a comprendere fino in fondo. In modo confuso intuiva che Merlino, senza nemmeno saperlo, stava riesumando l’Artù che aveva dovuto seppellire sotto la facciata del principe arrogante e prepotente, costruita ad arte per non farsi divorare dai giochi di potere della corte, per essere sempre all’altezza delle aspettative di quel padre troppo severo, sempre concentrato su se stesso e sul suo ruolo di re, che non dava mai spazio ai sentimenti, che sapeva solo chiedere senza mai concedere; un Artù che aveva dovuto imparare a relegare nelle profondità più buie della sua anima per resistere a quel dolore sordo che lo stava rodendo lentamente e costantemente da dentro, il dolore di un bambino sempre solo, cresciuto nell’indifferenza più assoluta, che aveva imparato troppo presto a camminare sulle proprie gambe, ad andare avanti a muso duro, a pensare solo a se stesso, che solo la forza portava il rispetto, chiuso in quella stanza che sapeva sarebbe stata per sempre troppo vuota, ampia e fredda per lui. Un Artù che aveva dimenticato da tempo, che non conosceva più, così diverso da quello che era ora, e che un po’ lo spaventava.
Un lampo squarciò il cielo illuminando a giorno per un istante tutto il bosco circostante, seguito subito dopo da un tuono così vicino e forte da far tremare la terra sotto i loro piedi. Le prime gocce di pioggia caddero rade e pesanti, con morbidi tonfi sul terreno, diffondendo ovunque un leggero sentore di polvere spenta. Alcune gocce scivolarono sulla pelle arroventata del collo e della schiena di Artù come lame di ghiaccio.
Improvvisamente la pioggia iniziò ad aumentare d’intensità ed il temporale si scatenò con tutta la sua furia, sorprendendoli mentre cercavano un riparo: acqua e vento si mescolarono, frustandoli impietosamente mentre correvano.
- L’avevo detto io che dovevamo tornare indietro!- protestò Merlino.
Artù sollevò gli occhi al cielo esasperato.
- ‘Sta zitto e risparmia il fiato per correre!- lo rimbeccò aspro precedendolo.
Quando però il principe riconobbe due tronchi affiancati con i rami intrecciati tra loro, un sorriso gli sfiorò le labbra. Si fermò all’improvviso, rischiando che l’altro gli finisse addosso, e lo agguantò per l’avambraccio.
- Vieni!- ordinò al suo valletto iniziandolo a trascinare.
Artù si era infilato in una parte del bosco poco battuta e per questo più selvaggia e lugubre. Gli alberi crescevano annegati in un fitto sottobosco, liane pendevano umide e spettrali dai rami contorti, mentre i tronchi erano ricoperti di muschio, banchi di nebbia salivano dal terreno, sfilacciandosi in veli opachi; i rami chiusi a cupola sulle loro teste lasciavano filtrare solo una leggera pioggerella. Arrancavano a fatica nell’erba alta fino alle anche, ignorando la stoffa umida che diventava sempre più gelida e le felci che gli frustavano i volti. Merlino lo seguiva a fatica, tenendo la testa bassa per riparare il volto dalla pioggia battente, cercando di non inciampare. Si sentì strattonare sgraziatamente un’ultima volta prima che l’acqua gelida smettesse improvvisamente di scorrere su di lui. Meravigliato sollevò lo sguardo incontrando pareti di roccia scura e venata di muffa che si chiudevano a cupola sulla sua testa. Fece alcuni passi verso l’interno guardandosi intorno: era un antro piccolo, freddo ed umido, ma almeno erano al riparo dalla pioggia. Sul fondo vide steso uno strato di paglia pulita, troppo secca per essere stata a lungo li dentro, e più in la erano state accatastate accuratamente alcune fascine di frasche. Era tutto troppo asciutto per essere stato a lungo in quel luogo umido. Improvvisamente avvertì la sensazione che fosse tutto già preparato. Si volse verso Artù e quando incrociò la sua espressione sospettosamente innocente, i dubbi presero consistenza.
- Avevate organizzato tutto!- lo accusò.
Il principe sorrise, lo stesso sorriso di un predatore che ha appena messo in trappola la sua preda, ed iniziò ad avanzare verso di lui, lento e sicuro. Ad ogni passo Merlino indietreggiava inconsciamente, fino a che non si ritrovò con le spalle contro la parete di roccia, Artù fermo ad un passo da lui lo fissava come qualcosa da mangiare. Il mago si sentì miseramente in trappola.
Il ghigno ferino sul volto si ampliò, prima che annullasse la distanza tra loro e premesse il suo corpo contro quello del suo valletto, chiudendogli ogni via di fuga. Gli strinse la vita tra le braccia mentre poggiava il volto contro il suo collo, era il suo posto preferito quello: la pelle era bianca e liscia, come un velo del raso più pregiato, dove quell’odore d’erbe era così intenso da fargli girare la testa. Schiuse le labbra e lo respirò a fondo, sembrava non averne mai abbastanza: per quanto ne gustasse, aveva sempre il bisogno di riempirsene i polmoni. Spinse ancora di più il proprio corpo contro quello di Merlino, cercando di annullare ogni spazio possibile tra loro. Sorpreso da quel contatto il mago inarcò la schiena, trattenendo a stento tra i denti un mugolio compiaciuto, e strinse la stoffa fradicia della casacca del principe tra le dita. Il calore che sentiva provenire da quel corpo forte sul proprio lo stava stordendo, avvertiva i muscoli e le ossa sciogliersi, e la ragione evaporare. Doveva allontanarsi all’istante, altrimenti sarebbe stato lui stesso ad implorare Artù di prenderlo. Ma ogni pensiero coerente svaporò quando le labbra del principe risalirono verso il suo orecchio tracciando una linea perfetta dal collo con una serie di baci.
- Sono un abile cacciatore Merlino! – gli ricordò con un sorriso pacato – Qui ho tutto il tempo che mi serve per addestrarti.- .
- Artù!- miagolò Merlino strizzando gli occhi in un’ultima, disperata resistenza.
Quel respiro umido e tiepido dopo avergli attraversato l’orecchio aveva raggiunto il cervello, e l’aveva fatto vibrare deliziato. Il sorriso del principe si ampliò alla vista di quel volto arrossato, sentendo quel corpo fragile tremare contro il proprio. Gli baciò la guancia scarna per poi scivolare con le labbra fino a quelle del suo valletto. Il sapore di Merlino lo faceva impazzire, come anche quella morbida arrendevolezza con cui lo baciava e lasciava la presa sulla stoffa della sua casacca portando le braccia attorno al suo collo, spingendolo contro di sé. Sorrise allontanandosi da lui, scorgendo un’espressione imbarazzata in quegli occhi color cielo. Sempre così Merlino: era così ingenuo da imbarazzarsi per le reazioni naturali del suo stesso corpo, a volte si rifiutava persino di guardarlo. Era semplicemente adorabile in quei momenti!
- Sarà… sarà meglio che accenda un fuoco…- deglutì a fatica il mago cercando di liberarsi dalla sua presa.
Artù ridacchiò divertito lasciandolo andare. Spostò uno sguardo sull’ingresso della grotta, battuto da una pioggia insistente: aveva tutto il giorno a disposizione e se fosse stato fortunato anche la notte. Si liberò della giacca di pelle abbandonandola a casaccio sul pavimento polveroso e si spostò verso la lettiera di paglia dove sedette a terra a gambe incrociate, un gomito puntato sul ginocchio ed il mento poggiato sul palmo. Osservò attentamente ogni movimento del suo valletto inginocchiato poco distante da lui, sorridendo quando, per il tremore alle mani, vide l’acciarino scivolargli dalle mani.
In poco tempo il fuoco avvampò scoppiettando allegro. Subito una sensazione di umido calore si diffuse sui loro abiti, rendendoli fastidiosi sulla pelle. Artù con un gesto fintamente seccato si liberò anche della maglia restando a torso nudo, inchiodando lo sguardo del servo su di sé.
Merlino, che si era appena seduto sulla paglia poco distante da lui, non riusciva a credere ai suoi occhi: Artù era di una bellezza indescrivibile in quel momento! I capelli, che la pioggia gli aveva sciolto sul viso, risplendevano come oro liquido sotto la luce del fuoco; a causa della penombra di quella grotta, i suoi occhi cobalto si erano scuriti fino ad assumere tutte le sfumature delle profondità marine; il fisico perfettamente scolpito da lunghi anni di addestramento, era ricoperto da un drappo di morbida pelle brunita, percorsa dai riflessi dorati delle fiamme. Il giovane mago si sentì improvvisamente inadeguato, quasi insignificante, davanti tutta quella perfezione. Il principe gli aveva detto che era diventato la persona più importante della sua vita… ma ancora non riusciva a comprendere come fosse stato possibile. Lui, tolti i suoi poteri magici, non aveva nulla di speciale, era solo un ragazzo come tanti, con il fisico ossuto di chi ha conosciuto la fame e le carestie, le orecchie troppo grandi che i corti capelli non riuscivano a coprire, gli abiti ormai logori, goffo ed imbranato come pochi. Artù invece era sempre perfetto, elegante e deciso nei gesti, desiderato da tutte le dame del castello; era il più grande tra i principi, il suo futuro era sfolgorante ed il suo nome sarebbe stato ripetuto all’infinito e con rispetto dalle generazioni future. Lui invece cos’era? Un figlio di poveri contadini, senza niente da offrire, condannato a strisciare nell’ombra di quella luce accecante. Era un mago, la razza più temuta dagli uomini, e se Artù avesse anche solo sospettato il suo segreto, la sua vita non sarebbe valsa nulla.
Come poteva credere che un uomo simile volesse proprio uno come lui?
- A cosa stai pensando così intensamente?- la voce del principe, soffiata direttamente nel suo orecchio, lo strappò dai suoi pensieri.
Merlino sobbalzò voltandosi di scatto, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto dell’altro, illuminato da un sorrisetto divertito e malizioso insieme. Per la prima volta comprese il significato più profondo della parola “bellezza”. Il profumo dell’erede al trono lo colpì come un pugno allo stomaco, strappandogli il respiro dai polmoni. Era lo stesso odore che emanava il bosco di Eldor in una giornata di pieno agosto, quando il sole è al culmine della sua corsa ed infiamma la terra con il suo calore. Era un odore prepotente, perfettamente adatto al suo possessore. Merlino schiuse le labbra per cercare di rispondere, ma perse ogni capacità logica quando avvertì le mani dell’altro infilarsi sotto la stoffa umida della sua casacca. Un brivido lo scosse per il contrasto tra la pelle calda di quelle mani e la sua ancora gelida di pioggia.
- È meglio che te la togli… potresti ammalarti!- il tono preoccupato nella voce di Artù era smentito dal sorriso vittorioso che gli stirava le labbra.
Il mago avrebbe voluto protestare, rifiutarsi, scacciare quelle mani che stavano risalendo lungo il suo torace, sollevando contemporaneamente la maglia; ma sembrava che il suo corpo si fosse arreso a quel tocco carezzevole che stava increspandogli la pelle di mille fremiti, che potesse solo assecondarlo. Un lampo sfrecciò nelle iridi blu del principe quando ebbe Merlino seminudo davanti a lui: si chiese se mai un giorno si sarebbe abituato ad una simile eterea visione.
Avvolse Merlino tra le sue braccia, stringendoselo contro, e riportò le labbra sulla sua gola, strappandogli un sospiro più forte ad ogni bacio. Lentamente scese lungo il suo petto, premendo con le mani su quella pelle fin quasi a fargli male, sentendo quella pelle nivea incendiarsi e sciogliersi sotto le sue labbra e la sua lingua, grattando appena con i denti e lasciando lunghe strisce rosse. Il suo valletto aveva iniziato a contorcersi ed a gemere sempre più pesantemente, aumentando inconsapevolmente l’eccitazione dell’altro. Avvertendo quelle labbra vicine al bordo dei pantaloni che ancora indossava, Merlino fu preso da un leggero timore e fermò le mani del principe che stavano insinuandosi all’interno. Artù sollevò la testa piantando i suoi occhi in quelli azzurri del ragazzo tra le sue braccia. Sorrise quando comprese la natura del timore che leggeva in quegli occhi.
- Rilassati: non farò nulla che tu non voglia! – soffiò sulle sue labbra – Non pensare a niente, concentrati solo su di me: tutto il resto verrà da sé!- .
Il mago annuì, allentando la presa sulle mani del principe. Artù spinse il volto contro quello dell’altro, trascinandolo in un bacio denso che spezzò le sue ultime resistenze. Spinse le dita sotto la stoffa, abbassandola lentamente, accarezzando ogni centimetro di quella pelle rovente che riusciva a raggiungere.
Lasciò scorrere uno sguardo su quel corpo ora nudo, soggiogato dall’alone di fragilità che emanava, dalle sue linee morbide ed armoniose, dai riflessi ambrati che il fuoco disegnava sulla sua pelle. Si sentì come se fosse al cospetto di un essere magico, una creatura effimera che sarebbe potuta sparire da un istante all’altro.
Artù provò l’impellente desiderio di un contatto fisico tra loro, di sentirselo addosso in qualsiasi modo. Continuando a baciargli la mascella, lo afferrò per i fianchi e lo portò a sedere a cavalcioni sulle sue gambe, gioendo dei brividi che sfrigolavano sulla sua pelle grazie allo sfregamento fra le loro epidermidi. Merlino istintivamente intrecciò le braccia attorno al collo e le gambe attorno ai fianchi del principe.
Il giovane Pendragon, compiaciuto dall’iniziativa dell’altro, aveva ripreso a baciargli il torace, lasciando su quella delicata pelle bianca numerosi segni rossi. Merlino, dimentico di ogni pudore, intrecciò le mani alle ciocche bionde dell’altro per impedirgli di allontanarsi dalla sua pelle. Il principe era abile, molto abile, e quel pensiero gli colmò il petto di una pesante e dolorosa malinconia: il pensiero di essere una delle sue tante conquiste, che sarebbe stato accantonato in un angolo quando gli sarebbe venuto a noia, lo trapassò da parte a parte. Solo la dolcezza che avvertiva in quei gesti ed il ricordo di quanto aveva fatto per lui, di quella confessione, sembravano mantenerlo a galla. Un’ondata di piacere lo sommerse quando avvertì la lingua dell’altro penetrare nel suo ombelico in un gesto allusivo, portandosi via qualsiasi altro pensiero che conteneva la sua mente. Quando giunse al ventre, per avere maggiore spazio di manovra, Artù gli sollevò la gamba destra poggiandola sulla sua spalla, sorreggendolo con un braccio che gli attraversava la schiena fino a stringergli la spalla destra con la mano; la destra gli accarezzava il fianco e la coscia, grattando appena la pelle con le unghie, costringendolo in una posizione scomoda e soffocante, ma che aveva il merito di mantenere quel corpo contro il suo. Quando la testa di Artù scese ancora di più su quel corpo, Merlino si inarcò violentemente, gridando di piacere e stupore, strattonando i capelli del principe. Tutto attorno a lui si fuse in colori iridescenti, mentre calore e piacere lo sommergevano, strappandogli aria dai polmoni. Per un istante gli sembrò di esplodere, per poi ritrovarsi ansimante e sconvolto contro il corpo di Artù.
Delicatamente il principe si spostò fino a distenderlo sulla paglia accanto a sé, la gamba del mago gli scivolò dalla spalla, lungo il corpo, in una languida carezza. Scrutò attentamente il volto del suo valletto sudato ed arrossato, gli occhi chiusi e la bocca spalancata a rincorrere quel respiro sfuggente.
- Tutto bene?- gli chiese divertito dopo avergli baciato la guancia.
Merlino socchiuse gli occhi e gli sorrise. Rassicurato il principe stese il proprio corpo su quello dell’altro, lasciando che le braccia e le gambe del suo valletto lo avvolgessero ancora, e scivolò sulle sue labbra, in un bacio così denso che gli infranse gli ultimi frammenti di lucidità. Artù si allontanò e lo fissò con i suoi occhi cobalto, agiati da venti che spiravano furiosi. A Merlino sembrò che contenessero un riflesso inusuale per quelle profondità marine, nemmeno con tutta la sua magia sarebbe mai riuscito a resistere alla malia di quello sguardo. Il mago inspirò forte e, cercando di non pensare a quanto stava facendo, ribaltò le posizioni ed iniziò a baciargli il collo, le spalle ed il petto, strappandogli sospiri sempre più pesanti, fermandosi, improvvisamente insicuro, solo sul bordo dei pantaloni. Artù fraintese la sua esitazione e lo costrinse a risalire con il volto fino al suo.
- Non… non devi farlo per forza. Va bene così!- disse cercando di respingere l’eccitazione che gli stava scorrendo nel corpo.
- Ma io voglio farlo! – rispose troppo velocemente, arrossendo e distogliendo lo sguardo per fuggire a quelle iridi blu troppo liquide ed intense, che sembravano volergli incendiare la pelle – E’ solo che… non ho mai toccato un altro uomo…- confessò con un filo di voce, il volto sempre più arrossato, mentre gli abbassava velocemente i pantaloni.
Artù sorrise davanti l’innocenza che stava mostrando in quel momento, gli prese la mano nella sua e, dopo un bacetto d’incoraggiamento sul palmo, la guidò verso il basso. Merlino vide l’altro abbandonarsi completamente alle sue carezze, la linea delle spalle rilassarsi, gli occhi chiusi e le labbra schiudersi, il petto alzarsi ed abbassarsi contro il respiro sempre più pesante. Improvvisamente ispirato da quella visione devastante, il mago si chinò su di lui cercando di imitare quanto gli aveva fatto poco prima. Ascoltò il respiro dell’altro accelerare fino a trasformarsi in un grido che risuonò contro tutte le pareti della piccola grotta.
Merlino quindi gli si stese accanto aspettando che si riprendesse. Il principe riaprì su di lui gli occhi di un blu liquido e denso, e se lo attirò contro.
- Prima o poi mi farai diventare pazzo!- gli sussurrò appena ebbe riacquistato un po’ di fiato.
Il mago ridacchiò morbidamente, strofinando la guancia sulla spalla del principe stringendosi maggiormente a lui, avvertendo indistintamente la sua mente stanca trascinare le sue membra insolitamente rilassate nell’oblio del sonno.
Nemmeno si era reso conto che la pioggia era diminuita d’intensità ed ora era ridotta ad un morbido picchiettio contro il terreno fangoso.

Un lampo fiammeggiò nel cielo nero e subito dopo la pioggia ritrovò vigore, sferzando violentemente il bosco. Merlino nell’incoscienza del sonno mugolò infastidito, mentre ricercava maggior calore dal corpo disteso accanto al suo. Artù sorrise dolcemente, sollevò la mano libera e lo accarezzò delicatamente sulla guancia con il dorso delle dita. Osservò quel corpo bianco e flessuoso fiduciosamente addormentato contro il suo fianco, segnato da numerose macchie rosse dove i suoi denti e le sue labbra avevano indugiato maggiormente, e dovette reprimere a fatica l’istinto di svegliarlo e prenderlo. Era come resistere al richiamo di una sirena. Il cuore gli batteva placidamente del petto, mentre il corpo sulla paglia era percorso da un dolce languore. I suoi sensi fremevano ancora leggermente. Non si era mai sentito più appagato e felice come in quel momento. Era una sensazione inebriante mai sperimentata prima, che lo faceva sentire libero, per la prima un uomo nel senso più vero e profondo del termine. Per la prima volta in tutta la sua vita si era sentito veramente amato, per se stesso e non per quello che rappresentava. Per la prima volta provava la sensazione di non sentirsi solo e tutto per merito di quella misteriosa creatura che stringeva tra le braccia, che lentamente ed inesorabilmente stava diventando il centro della sua esistenza.