CAPITOLO XII:
FUORI CONTROLLO

/L’amore ci farà a pezzi/


Si sollevò il vento ad accompagnarla gentile fino a terra, ove la polvere e il sangue si mescolarono sporcandola ancor di più. Per un attimo il tempo si cristallizzò sul suo corpo nudo, con l’esile collo madido di linfa vitale che fuoriusciva copioso dallo squarcio, vi erano presenti quattro persone ad assistere al raccapricciante spettacolo, uno di essi piangeva in ginocchio, un altro era impietrito, come stesse ricordando una vita vissuta e dimenticata perché dolorosa, una aveva una smorfia di dolore e rabbia dipinta sul volto e si fermò dall’andare su e giù urlando, infine l’ultimo smise di provare ad arrampicarsi sulla Quercia Sacra, contro la volontà di questa entità misteriosa che non glielo aveva permesso. Quest’ultimo andò di corsa sul corpo della donna ormai morta, tutti avevano udito quanto ella aveva mormorato prima di lasciar fuggire via la sua anima, lui compreso, strinse i pugni una volta a terra accanto a lei, li strinse prendendo manciate di erba e radici che si infilarono sotto le unghie. Le braccia tremavano tese nei muscoli, ma non solo quelle, anche le spalle, la schiena, le gambe…tutto il suo corpo era scosso da violente e sempre più irrefrenabili convulsioni di ira, il suo viso rivelava come uno specchio, il suo stato d’animo e in un istante gli occhi dorati dalle pupille serpentine, divennero rossi come se l’inferno si rispecchiasse in essi, i rossi capelli si mossero di vita propria e mentre l’alone di fuoco lo circondava, questi si coloravano del medesimo colore, aura, pelle, occhi, capelli…come se il fuoco dall’interno stesse uscendo, lento, inesorabile, sibillino e pericoloso. Nessuno si avvicinò, nessuno osò, benchè sarebbe stato il caso, benchè, forse, quel ragazzo era da fermare all’origine, prima dell’esplosione totale.
Nessuno provò a muovere un muscolo pur sapendo perfettamente cosa stava per accadere, lo guardarono di sfuggita indietreggiando, sentendo nonostante non fossero esperti, un potere furioso sprigionarsi da lui, se fossero stati in un altro stato d’animo, l’avrebbero ammirato affascinati, ma così non fu per nessuno, l’attenzione di ognuno si concentrò vivamente sulla donna morta, l’espressione lontanamente serena, nella sua pazzia totale non aveva sentito dolore, se non quello del cuore. Fu una magra consolazione per tutti, a quel punto in cui erano giunti, nel quale avevano imparato ad amarla e vederla come una madre fuori dal comune. Yan amava questo, trattarli come fossero figli suoi, ogni tanto la follia prendeva il sopravvento e qualche personalità pericolosa l’allontanava rendendola minacciosa, ma di fondo era sempre stata buona, nel suo autolesionarsi, punirsi, esorcizzarsi, aveva sempre dimostrato un amore grande per la vita, che nessuno fra essi aveva saputo dimostrare se non Stephan, il piccolo di corporatura, ma adulto di mentalità e infinito di cuore.
Si era impuntato, il moretto che ora si scioglieva in lacrime a qualche metro dai due a terra, ci aveva creduto, era stato sicuramente l’unico a credere realmente e fermamente che si sarebbe potuta salvare, fra lui e Yan si era creato un legame fuori dal normale, trasmesso poi anche agli altri della compagnia, erano quattro persone che non si definivano amici, eccezion fatta per Stephan con Kinkaid e Astrid con Zefiro, a tenerli uniti era Stephan che da subito, nonostante la paura, aveva creduto in loro così come aveva fatto per lei, per Yan. Era stato il piccolo a creare quella situazione di benessere in cui un po’ tutti trovavano rifugio e giorni di freschezza, lontani da problemi mai risolti, era successo così, grazie al ragazzino, ormai, tutti ci avevano creduto, in cosa? Forse un po’ nella vita, nel riscatto, nella possibilità di essere ad ogni modo felici.
Eppure con questo era finito.
Con questa morte perfino Stephan si sentiva in dovere di rinunciare e non crederci, per quanto? Finchè il suo cuore non avrebbe rimarginato la ferita e non sarebbe riuscito ad amare lo stesso chi ne aveva bisogno, con timore e paura.
Il biondo per conto suo, riviveva una scena già vista solo pochi anni prima, nel bagno di casa sua, quell’immensa casa vuota. In tutto quel sangue, in quella vasca, vi aveva perso un pezzetto di se stesso, disilludendosi verso le cose belle per cui valesse la pena vivere. Zefiro aveva assistito alla morte di suo fratello, in fondo così simile a quella, senza riuscire a trovare un motivo fondamentale per fargli cambiare idea, qualcosa poi si era squarciato in lui portandogli una maschera incrollabile. Dio solo sapeva quanto sarebbe resistita, perché lo faceva, in cosa credeva. Forse credeva che un motivo doveva esserci, anche se lui non lo trovava, nonostante la sua intelligenza sopra la norma. Forse credeva che bisognava sfidare per ottenere, meritarsi la vittoria, forse credeva ancora in qualcosa, altrimenti nessuno si sarebbe spiegato come avrebbe potuto andare avanti.
Eppure nessuno si spiegava, ora, cosa gli si agitasse dentro, vedendo Yan ridotta in quello stato, Yan che a tratti le aveva ricordato il fratello maggiore, Yan così strana, così viva, così tutto, riassumeva in se le persone che tutti avevano sempre voluto avere accanto, una sorella, una madre, un’amica.
Un’amica per Astrid che non riusciva a capire più cosa volesse fare per prima, cosa provasse, che cercava di capire qualcosa, perché, come, quando…domande e domande le si muovevano, domande stupide senza risposta. Cominciò a tremare sentendo scatenarsi la furia in Kinkaid e pensò che lo invidiava, la forza ce l’aveva, la sicurezza per reagire e portare fino in fondo le sue idee…e poi? E poi ognuno aveva quella forza, e poi dopo aver sfogato i bassi istinti, come ci si sarebbe sentiti?
Non c'è controllo, lui lascia solo che le sue emozioni fluiscano…”
Non erano quelle le domande che le premevano, la sfiorarono, ma fu contagiata dall’ira del rosso fuoco lì davanti a loro, fu contagiata e capì una cosa, che non era giusto, che le persone morivano con troppa facilità, mentre lei voleva ancora capire che diavolo di motivo c’era di soffrire così, per vivere come? Ottenere solo una morte, idiozia!
Si sentì confusa, ma chiaro in se c’era solo una cosa, bruciava come stava bruciando il fuoco di Kinkaid, bruciava tutto, la vista di Yan, amica e madre in momenti di lucidità, esasperazione in altri, voglia di farla fuori lei stessa per l’esagerazione con cui impazziva, ma non era giusto, non così, non per quel motivo.
Solo uno stupido, idiota cacciatore. Solo lui. L’aveva violentata e lasciata incinta ed aveva continuato a vivere. Dannazione. Per colpa dell’ignoranza e della stupidità.
Si sentiva confusa, non abbastanza profonda per portare a termine i discorsi pesanti che avevano preso forma, li accantonò e si concentrò sul volto di quell’uomo che era scappato al loro arrivo, pochi minuti prima. Si concentrò portando su di lui tutti i sentimenti che le bruciavano, le negatività, le domande insolute, le colpe.
Gli sfoghi.
Strinse i pugni conficcando le unghie nei palmi, le nocche divennero bianche e mentre vide Kinkaid alzarsi in piedi reggendo, circondato dalle fiamme, il corpo inerme di Yan, decise che almeno quel cacciatore di prima, maledetto, non l’avrebbe passata liscia. Si rispecchiò nell’uomo di fuoco davanti a lei, sapeva e aveva paura, in fondo a se stessa.
Non avrebbe voluto essere in chi si sarebbe imbattuto in Kinkaid.
Ma una persona innocente era morta, una di una lunga serie.
Chi ne avrebbe pagato le conseguenze?
Quale persona vile era il colpevole?
Con risolutezza realizzò infine solo una cosa, non doveva essere invana, la morte di Yan, tuttavia non era la più adatta a capire certe cose.
- La stupidità, pagherà!-
Sibilò a denti stretti mentre l’occhio azzurro diventava quasi trasparente, una fessura carica di odio e risentimento, verso la morte e le persone, quello dorato sempre più simile a quello di un serpente diceva la stessa cosa, rivelandola più simile a Kinkaid di quanto sembrasse.
Qualcosa sancì l’inizio della perdita del controllo.
L’urlo sviscerale che uscì dalla gola del rosso infiammato, un urlo primordiale che chiudeva in se ogni singolo sentimento violento, forte, devastante, assassino, vendetta, vendetta e ancora vendetta.
Astrid corse verso la parte dei cacciatori alla ricerca del violentatore ancora vivo, seguita da Zefiro, Kinkaid scattò verso gli osservatori lasciando al suo passaggio la scia infuocata, seguito a sua volta da Stephan terrorizzato.

/IL RISVEGLIO DELLA BESTIA/

Sciacalli, questo che provo credo mi sia familiare, è dolore, l’ho sentito anni fa or sono, quando mi fu strappata dalle mani la vita che per me aveva più valore, quando smisi di credere nei buoni sentimenti e nelle persone, quando l’odio prese a divorarmi e la vendetta salì folle in me. Il ricordo di quei giorni risale in me ora e non riesco a fermare questa bestialità che esplode col fuoco, spinge e la rabbia ormai si è liberata.
Perché non credo di riuscire a provare di nuovo dolore più grande di questo, vite innocenti strappate per l’ottusità e la cecità di idioti. Non c’è guadagno in quel che faccio, solo furia desolata già dall’origine, una furia tormentata, urlante dalla ferita aperta e mai rimarginata. Thomas, fratello mio, se ci sei non biasimarmi, ma non so come farlo capire eppure loro devono capire, vedere, sapere cosa hanno fatto, sono passati anni e la storia si ripete, dimmi perché, che senso ha? Come se vogliono nutrire questo mio odio nei loro confronti, l’odio che mi da la forza che loro temono e amano, in una sorta di malinconica magnificenza. Yan, tu, Oscar e chissà quante altre che io non conosco…persone fragili poiché vittime delle razze e della vita, non hanno mai potuto difendersi, il loro appellativo era debolezza è questa l’unica loro colpa, il mio invece è vendetta, generata dal dolore, vendetta che infuria verso la notte ancora luminosa che sta arrivando. Ho promesso che ti avrei vendicato ed è come se io fossi il chiodo, l’ingranaggio decisivo in questa folle storia scritta da psicopatici, un maledetto, mi sento, senza la grazia di avere amore intorno a se, tutte le persone che ritengo degne di vivere, piene di quello che io non so provare, amore, poi muoiono, davanti a me ed io ormai arrivo solo a sputare fuori la rabbia, faccio emergere la mia ira e tolgo la sicura alla mia follia.
Guardiamoci a vicenda, via, reciprocamente, molestati figli di una Madre e del Peccato, voi professate una religione che ammazza le persone rovinandole, piene di colpa. L’odio ora divora me inesorabile, odio per la mia discendenza, per questo destino che si beffa di me.
Le persone hanno bisogno di chi amano e di amare chi ha bisogno, è quello che mi dice sempre Stephan ma i liberi pensatori sono pericolosi, queste cose me le dicevano anche mio fratello e poi Yan e sono morti tutti e due, se questo è il fato dei liberi pensatori dovrò prepararmi ad un’altra morte.
Il villaggio degli osservatori si staglia davanti a me, tutti sono fuori, mi guardano terrorizzati e compassionevoli, pieni di pena e paura, schifo e ipocrisia.
Vi lascerò morire figli di puttana!”


Il ragazzo muscoloso dal corpo fasciato in abiti neri e stretti, che non bruciavano nonostante le fiamme che uscivano da lui, buttò violento a terra Yan, non capiva esattamente quel che faceva, aveva in testa solo una cosa, lasciò che la donna nuda e insanguinata, si sporcasse ancora di più, contorta davanti agli occhi esterrefatti di tutto il popolo.
Ardeva, Kinkaid, senza mai esaurire la sua energia. Era diventato molto più forte rispetto all’ultima volta, cercò con lo sguardo Gabriel che si fece avanti, non appena vide chi era morta si bloccò e i suoi capelli lunghi e biondi gli coprirono il volto indecifrabile.
- Guarda Gabriel!- Gridò ancora il ragazzo: - Guarda la tua legge cosa ha fatto! Non ti ricorda nulla questa scena? Certo Thomas non si è ucciso, ma ci troviamo di nuovo di fronte a due innocenti morti per stupidi motivi legati a questo dannato popolo e all’altro!-
Continuava a gran voce a rinfacciare al capo degli osservatori, cosa aveva portato il suo voler il bene del popolo.
Era furibondo e questo tutti lo notarono, le persone si strinsero alle altre cercando protezione, i bambini sparirono per proteggersi, pensavano fosse arrivata la fine, nella loro ingenuità. In effetti era così nelle intenzioni di Kinkaid. Gabriel fu come assente per un attimo, gli occhi ancor puntati sulla donna morta davanti a loro, la blasfema e pazza Yan, molti pensarono che era quello che si meritava, aveva compiuto gli atti meno puri per la loro razza e questo fu deleterio per il giovane che li fissò furente, brividi di terrore attraversarono tutti, la loro era ignoranza, ma questo al protagonista della scenata, non importava.
- Gabriel, figlio di puttana, dì qualcosa! Tu che hai sempre parole da dire in ogni momento! Che sai sempre tutto! Dimmi, perché è morta?-
Ormai insultava apertamente e nessuno sarebbe riuscito a calmarlo, farlo smettere di urlare come un folle, veramente lui non si sarebbe mai capacitato di come le persone potessero essere così meschine e subdole.
- Io sono una merda e lo so, ma voi siete peggio di me!-
Continuò sapendo che non avrebbe mai ottenuto una risposta, si avvicinò veloce nei movimenti, a Gabriel che ancora di pietra guardava il corpo della donna che aveva amato, l’aveva amata veramente e quanto gridava Kinkaid gli si insinuò nella mente, nelle sue radicali convinzioni.
Era a quello che aveva portato il suo operato per la bontà e la giustizia. La morte di una nuova innocente. Ma era per il bene supremo.
- C’è qualcosa di più grande e giusto di tutto questo.-
Mormorò gelido ed incisivo, si sforzava di mantenere la sua aria sicura e decisa, la calma, tuttavia, stava scemando e dire queste parole, forse non fu una decisione saggia.
- Quale?-
- Noi persone comuni non potremmo mai capirlo. Questo deve essere…-
Ringraziò l’interruzione di Kinkaid, Gabriel credeva in queste cose perché era stato cresciuto così, ma citare il Dio Sole, improvvisamente, gli era sembrata la cosa più stupida da fare. L’altro alzò il braccio e con esso la voce, ancor di più se possibile.
- Aaaaahhh! Zitto! Zitto! Zitto! Deve essere per chi? Per un idiota che nessuno ha visto? Per la legge che un capo ha deciso? Per l’ignoranza di queste persone comuni? Ma taci!-
Dalla sua mano aperta si sprigionò un’onda circolare di fuoco che andò a scontrarsi con la cupola di protezione innalzata velocemente dal capo degli osservatori, Gabriel teneva l’arto a sua volta innanzi a se, il palmo aperto e uno sguardo molto serio, stava riflettendo e aveva bisogno di dare sicurezza a chi lo circondava. Il capo, lui in questo caso, aveva la capacità di ergere barriere protettive per il proprio popolo, ma fra queste e il fuoco di un folle, nessuno avrebbe potuto decretare con sicurezza il vincitore.
Kinkaid abbassò il braccio e fece altri passi in avanti, rise sadicamente, mentre sembrava che la luce della ragione l’abbandonasse di nuovo:
- Bene, se la metti così allora possiamo vedere chi resiste di più…Mi prenderò la libertà di togliere la sicura alla mia pazzia!-
Gabriel avrebbe fatto di tutto purchè un osservatore non venisse colpito da lui, ma per quanto forte fosse in quanto capo, Kinkaid era un guerriero di altri livelli, lo sapeva bene. Doveva farlo ragionare o sarebbe stato tutto perduto:
- Niente ti ferma veramente. Niente ti trattiene davvero. Perché la tua volontà é sempre sotto il tuo controllo. -
- No, io ora l’ho perso il mio controllo, te lo dimostro!-
Così dicendo fu solo un lampo, non alzò nemmeno un braccio o un dito, guardò in direzione di un uomo lì accanto e gli lanciò una minima fiammata con quei suoi occhi dai quali partivano i suoi poteri, nemmeno Gabriel, come aveva immaginato lui stesso, riuscì a fare qualcosa, l’uomo fu colpito ma solo alla gamba, cadde a terra e le sue urla si confusero con quelle degli altri lì intorno, mentre il panico dilagava, alcuni scappavano, altri si preparavano ad una lotta ad armi impari, nessuno poteva competere con Kinkaid, sarebbe bastata solo un esplosione del suo potere ad ucciderli tutti. Eppure perché non lo faceva? Era furibondo, aveva tutti i motivi per farlo ed anche la possibilità, il suo stato d’animo bastava a terrorizzare chi lo circondava, eppure questo ‘fuori controllo’ sembrava ugualmente moderato.
Solo fino a pochi giorni prima non avrebbe avuto scrupoli.
L’osservatore se ne rese conto in quel momento.
Kinkaid era cambiato, stava maturando, in un certo senso.
Era un cambiamento minimo ma visibile.
- Smettila!-
Mormorò senza scomporsi, sembrava che nulla riuscisse veramente a turbarlo, eppure dentro aveva la sottile e fine, candida e cristallina paura di non riuscire a sistemare le cose.
L’ardente ragazzo lo fissò iroso mollando ogni freno su se stesso, lasciandosi fare del tutto:
- Io andrò all’inferno, ma voi verrete con me, è il momento! Addio bastardi!-
In quel nano secondo, Gabriel ricapitolò su quel suo pensiero precedente, quel pazzo non era cambiato, erse la barriera sapendo che non sarebbe servita a nulla.
La vampata di fuoco potente ci fu, e la luce si spanse accecandoli, tutti gridavano e si erano accucciati coprendosi i volti, altri invocavano il Dio Sole che li aiutasse, nessuno capiva perché ce l’avesse così tanto con loro, quale fosse il problema, lei era pazza e si era suicidata, ma persone come quelle, ipocrite e false, non avrebbero mai capito qual’era la vera follia e il vero errore, chi in realtà aveva ucciso Yan. Chi.
Una potenza notevole ed una scarica d’energia esagerate ma non totali, deviate verso l’alto da qualcosa o qualcuno.
Era arrivato Stephan che con tutte le sue forze e audacia si disse che lui aveva gli ingredienti adatti ma non il coraggio…pregò affinchè gliene uscisse abbastanza, almeno quella volta e fu possibile perché dopo aver pregato così non pensò affatto a come riuscirci o se ce l’avrebbe fatta. Agì e basta, pensando ancora una volta non a se stesso ma a chi forse si sarebbe salvato.
Se non fosse stato per Stephan, il piccolo e fragile Stephan, Kinkaid li avrebbe uccisi veramente tutti.
Gli occhi osservatori di tutti i presenti si posarono sul piccolo mezzosangue aggrappato con tutte le sue forze alle braccia tese dell’amico, le aveva sospinte verso l’alto e nemmeno il moretto sapeva come ci era riuscito, ora sapeva che non si sarebbe fermato ugualmente, doveva cercare di farlo ragionare in qualche modo…assolutamente.
- Kinkaid basta!-
Mormorò tremante il ragazzo, inudibile agli orecchi di tutti. La gente fissava stupita e piena di paura sempre crescente, qualcuno circondava il corpo a terra ferito dell’osservatore colpito poco prima e sempre più sparivano diventando trasparenti, sperando così di fuggire alla furia ceca di quel pazzo.
Kinkaid abbassò lo sguardo di fuoco sull’amico e disse senza vederlo veramente:
- Perché?-
Stephan sudava ed era sempre più pallido, accanto a lui era troppo caldo, le fiamme uscivano ancora da lui.
- Non si può andare ad ammazzare la gente…-
Parlava con voce incerta ma le lacrime ancora non gli scendevano.
- Dimmi perché? È quello che fanno loro indirettamente!-
Stephan non lo mollò ancora ma le mani gli bruciavano e i capelli presto avrebbero preso fuoco, se non accadeva già subito era per volere delle fiamme stesse che decidevano chi avvolgere e uccidere e chi invece no, dotate di volontà propria riconoscevano Stephan.
- Ma non puoi fare quello che fanno loro, così sei uguale…-
Il volto contratto dalla sofferenza e dal dolore. Anche lui stava male per la morte di Yan, lui forse più di tutti, ma non andava in giro ad ammazzare, perché? Come si poteva capirlo questo ragazzino così semplice eppure con dentro l’infinito?
Kinkaid non comprendeva…non era lui quello in torto, da fermare.
- Quando divento morte come ora, è da lei il seme dove io cresco…sono stato forgiato dal sangue e dall’odio, non puoi pretendere che non reagisca!-
Nel mentre la cosa peggiore, captò i pensieri di alcuni osservatori lì vicino, che disprezzavano lui, Yan e tutti coloro che erano usciti dal villaggio della loro razza per vivere diversamente.
Disprezzavano e chiamavano pazza peccatrice Yan, sporco mezzosangue Stephan, blasfemo ed osceno rifiuto Kinkaid. Odio ed odio, giudizi e discriminazione dalla mente di chi doveva essere puro e nel giusto…ma perché? Perché doverli giustificare, difendere, capire, lasciarli in vita?
La luce svanì nuovamente in Kinkaid che divampò ancora di più e riprese ad urlare, si divincolò dalla stretta di Stephan e corse incontro a tutte quelle persone che continuavano a pensare in quel modo ipocrita, colpì con un pugno furioso un uomo lì vicino, cadde a terra svenuto, diede un calcio ad un altro in pieno volto, questo prese a sanguinare copiosamente mentre veloce come un lampo, l’aggressore continuava a punire e sfogarsi a modo suo, ne atterrò molti nel giro di pochissimi attimi, con le sue sole mani, senza scomodare il suo potere, Stephan urlava e si aggrappava alla sua schiena per tirarlo via, le lacrime che ancora shockate per prima, non uscivano, disperato si chiedeva cosa veramente avesse dovuto fare. Lui non aveva mai avuto dubbi su quel che credeva.
Credeva che le persone erano state dotate di cervello per pensare , di cuore per provare sentimenti, di forza per agire ma soprattutto di bocca per parlare. Credeva che non bisognava reagire alla stessa maniera di chi sbagliava, non si doveva nemmeno badare ai giudizi di chi non si conosceva e non riteneva importante, cerano molti principi forti su cui si basava la sua fede e il suo essere, eppure ora si domandava come fermare Kinkaid che non credeva a quello che credeva lui, che aveva subito una perdita evitabile se solo la radice fosse stata diversa, se solo ci fosse stato il perdono per una creatura come Yan che si auto accusava di peccare, Kinkaid che non ascoltava più e continuava a far del male a quante più persone poteva.
Intervenne anche Gabriel e qualche uomo ma una fiammata emessa dal corpo del ragazzo li bruciò superficialmente sbalzandoli a terra a metri di distanza.
- Sei mai stato odiato o discriminato come me, come Stephan, come Yan…come forse anche Astrid e Zefiro? Cazzo! Gabriel, cosa vuoi da me? Ti rendi conto che non vali nemmeno un unghia di questa donna che ora è lì morta dissanguata per colpa tua e delle tue leggi di merda?-
Urlò Kinkaid improvvisamente rivolto verso il capo villaggio, egli si stava rialzando ma si fermò, rimase in silenzio e abbassò lo sguardo su Yan. Per lui quella perdita era stata troppo improvvisa e dura e non aveva neppure il tempo di incassare la notizia e il dolore come avrebbe voluto. Lui era il capo degli osservatori e doveva delle spiegazioni, doveva sistemare la situazione, placare…e non pensare a se stesso. Ma aveva scelto lui stesso tutto quello. Gli occhi dorati erano come spenti e parlò quasi fra se e se:
- Non possiamo fermare l'urlo di Kinkaid che non è un santo ma soltanto un uomo, noi invece proviamo solo a vivere la nostra vita con il potere della magia. Improvvisamente me ne rendo conto. Agisci come credi, nessuno ti fermerà. Vuoi uccidermi? Sono tuo!-
Lo disse come se sapesse che sarebbe morto fra poco, non come uno che provocava nella speranza di vincere, non come una persona saggia che sa quel che fa e nemmeno come uno arrabbiato o supponente. Lo disse come una persona rassegnata alla morte, come uno che la bramasse e la desiderasse per poter raggiungere la persona amata. Come uno stanco di difendere in continuazione il bene deciso dagli antichi capi della sua razza.
Kinkaid spalancò gli occhi e smise di emettere fiammate che colpivano chiunque, non calcolò più gli altri osservatori, puntò la sua più completa attenzione su Gabriel a terra che diceva quelle parole guardando perso e tristemente Yan. Nessuno aveva mai capito i sentimenti che l’avevano legati tutti quegli anni alla sua promessa sposa, ora priva di vita, preda di un fato beffardo e sadico.
Kinkaid così confuso si inginocchiò davanti a Gabriel e con movimenti decisi e sicuri bruschi eppure lontanamente incerti, lo prese per il collo con una mano, stringendo i lati ad occludere le vene grosse(perdono, non sono sicura sul vero nome…)che pompavano sangue per il cervello. Quelle stesse che Yan si era tagliata. Il colorito del biondo uomo divenne improvvisamente rosso vivo e molte persone arrivarono per aiutarlo, ma furono fermate da una barriera che erse lo stesso Gabriel. Gli occhi aperti e freddi puntati insolenti in quelli furenti ma sempre più insicuri, per la prima volta quel giorno e su quell’istante cristallizzato si udì la voce mentale dell’uomo che veniva lentamente soffocato da braccia sempre tremanti di rabbia:
C’è una certa sensazione quando provi ad essere sincero, la gente lo sente perché esce da te questa sensazione e quello è il tuo momento, ogni singolo minuto da quel momento lo spendi a cercare di rimanerci aggrappato, perché ti senti bene solo sentendola e potresti non riaverla più. Finchè ci sei dentro tenta di prendere quanto più possibile dagli altri, qualunque cosa essi ti diano, odio, disprezzo, amore, compatimento, felicità, amicizia, comprensione…e quando la tua corsa è finita ammetti semplicemente che è la fine, non avrai rimpianti.”
- Belle parole, peccato che tu non sei MAI stato sincero! Di te rimarrà solo la paura della vita e del peccato…e una sana dose di ipocrisia…bugie su bugie…mi fai schifo…-

/CERCA E DISTRUGGI/

I nostri cervelli sono in fiamme con la sensazione di uccidere e non andrà via fino a che I nostri sogni non si saranno realizzati. C’è una sola cosa nelle nostre menti. Non cercare di scappare via perché sai bene che sei quello che troveremo, cacciatore di merda! Non violenterai più nessuno, bastardo, figlio di puttana! Correre per la foresta che mi sembra sconosciuta, al momento, non mi dà alcuna sensazione se non quella del sangue che devo far scorrere, è un richiamo lontano che viene dalle mie origini, mi gira la testa e se mi fermo crollo, continuo ad andare velocissima, come se volassi e seguo quella scia del violentatore di Yan, prima l’abbiamo visto tutti, è stato lui a causare tutto. Kinkaid ha la sua giustizia, io ho la mia. Non permetterò ad un assassino di rimanere in vita. Ha distrutto una persona che non lo meritava, deve morire, deve.
Evito alberi e cespugli, i rami bassi e l’erba alta mi colpisce i polpacci che se non fossero coperti da anfibi e pantaloni, mi ferirebbero. Eppure di tutto questo capisco solo che il richiamo delle mie origini è forte, la voglia e il dovere di spezzare una vita perché così deve essere, così è giusto, così tutti staremo meglio. Sono nel territorio di una di quelle due razze, come l’aveva chiamata il moccioso? Cacciatori…Corro. Sarà mio. Non so quale sangue scorre in me, non mi interessa, sono esseri viventi che devono provare sulla loro pelle quello che fanno provare agli altri! Lo cercherò e lo troverò, poi lo distruggerò così come lui ha fatto con Yan!”

Sono qua a correre dietro ad un’Astrid senza ragione e sentimento, non vuole sentirmi, non vuole capire, non vuole vedere dove sta’ l’errore, che loro hanno sbagliato ma il percorso che stanno percorrendo questi due è identico a quello che loro biasimano! Ed io in tutto questo casino so solo seguirla e una volta che la raggiungo cercherò come sempre parole adatte per calmarla e risolvere la situazione, del resto è quello che so fare meglio, andiamo, no? Arriverò e farò l’unica cosa che mi riesce bene. Farò l’eroe. Per chi? Come se non ci fosse gente che ne ha bisogno…merda…fortunati coloro che non hanno bisogno di eroi. Sono stanco. Sono solo stanco di star dietro a tutti questi folli, quello che vorrei è occuparmi del corpo di Yan e fare quello che avrei voluto fare per mio fratello, una volta che mi aveva lasciato. Ma c’è sempre qualcosa che non va, porco mondo, sempre…sempre qualcuno che è più egoista di quanto non si dovrebbe essere. Tutti pensano a vendicarsi e alla vera vittima non si pensa mai veramente. Quanto sono uguali. Vomiterei se ne avessi il tempo. Come si dice in questi casi? Che la luce illumini le tenebre delle loro menti perché l’unica sana di mente, mi sa, se ne è andata oggi e vorrei raggiungerla per potermene stare in pace per quelli che io amo farmi ma non posso…i cazzi miei!
Non le so fare le previsioni ma so che finchè il colore della pelle di un uomo avrà più importanza di quello dei suoi occhi e della sua anima, ci saranno per sempre le guerre.”


Ma ne Astrid ne Zefiro trovarono quel cacciatore sconvolto per quanto provato a causa di Yan. Fu Jago a trovarlo per primo e portarlo nel suo angolo ove nessuno veniva.
Un bambino cresciuto in maniera esagerata in quell’ultimo periodo, pelle neutra, un occhio dorato dalla pupilla di corvo, un altro azzurro dalla pupilla quasi sparita. Capelli neri.
- Alex. Questo è tuo padre, l’uomo che ha violentato tua madre ed ora l’ha indirettamente uccisa.-
Jago aveva parlato freddamente, con voce bassa e incolore.
Il bambino dall’aspetto di 5 anni, si avvicinò al cacciatore inginocchiato, lo fissò brutalmente negli occhi, poi fu solo uno scatto velocissimo e la testa si voltò dall’altra parte in un rumore osceno e innaturale.
L’assassino era morto.

/SOFFIA NEL VENTO/

Stephan smise di tremare e di provare paura, quelle parole lo scossero, non capì per quale motivo le disse, forse sperava di placare la furia di Kinkaid o di confonderlo ulteriormente…oppure era veramente rassegnato alla propria fine. Gabriel non era una cattiva persona, era un buon capo e sapeva essere profondo, dire belle cose, ma aveva perso, ormai, di vista troppe cose importanti. Si era lasciato prendere dal suo ruolo e dalle sue leggi, dalle sue credenze e dai suoi principi. Dimenticando qualcosa di importante.
- La vita non vale nulla senza perdono…-
Lo realizzò e lo disse nello stesso istante, non urlò eppure Kinkaid allentò la presa e spostò lo sguardo verso l’amico fuori dalla barriera accanto a tutti gli altri.
Erano come la luce e l’ombra, non pensava quello che pensava Stephan ma lo ascoltò, non lo faceva mai, ma lo ascoltò, quella volta, capendo in fondo che era importante.
- Non so esprimere, se non con umili parole, ciò che sentii, che sento, che sentirò...spero possiate capirmi, ho bisogno di parlarne.-
Alzò poi i grandi occhi verdi ed espressivi in quelli di fuoco di Kinkaid, si guardarono, la furia era ancora viva nell’altro ma un nuovo senso gli cresceva dentro.
Smarrimento.
- Kinkaid, sai dirmi il perché del dolore innocente?-
Silenzio, un silenzio quasi mortale, come se stesse accusando qualcuno di in accusabile.
- E tu Gabriel? E voi? Io non lo capisco. Yan era una vittima e una persona fantastica e guardate come è ridotta.-
Si inginocchiò accanto al corpo privo di vita della donna mora, i capelli le erano cresciuti lunghissimi senza che nessuno se ne accorgesse, ricci e morbidi ingarbugliati attorno al corpo nudo, messo in una posa scomposta ed innaturale, il sangue raffermo la copriva impiastricciandola di terra. Era tornata d’aspetto come prima che impazzisse, come se il suo corpo fosse tornato indietro nel tempo, come se ora fosse nuovamente nella pace. Eppure era stata già dimenticata.
- Tutti bravi ad arrabbiarsi e a colpevolizzare, basta dimenticarsi di lei che ormai è solo una scusa per accusarsi e far del male vicendevole. Quello che fa veramente piangere è questo.-
Il moro voltò Yan mostrando il suo volto rovinato e tumefatto, le tolse i capelli di dosso e glieli sistemò intorno sul terreno, con la manica della sua maglia la ripulì un po’ dello sporco e del sangue, aveva uno sguardo solenne e triste allo stesso tempo, eppure quel che impressionava maggiormente erano le lacrime che non uscivano più.
- Allora, quante strade deve percorrere un uomo prima che tu possa chiamarlo uomo? Quante questo deve guardare in alto prima di poter vedere il cielo? Quante uno può voltarsi fingendo semplicemente di non vedere? Questa storia va avanti da troppo.-
Kinkaid mollò la presa e Gabriel tolse la barriera intorno a loro. La serietà era quasi palpabile. Fu come ricevere un pugno allo stomaco, sentire Stephan rimproverarlo in quel suo modo personale:
- Dimmi Kinkaid, ti rendi conto che ci sono troppe anime che piangono dall'alto per quelle tue mani rosse macchiate di colpa? Tante lavagne graffiate di odio…-
Lasciò un attimo di silenzio per incassare il colpo, il ragazzo infatti indietreggiò mentre il fuoco intorno a lui si spegneva, tornava normale con semplici occhi dorati ed una colpa crescente. Lui che si sentiva in colpa, chi l’avrebbe mai visto? Non proferì parola.
- Finché vivremo secondo la razza, il colore o il credo, finché governeremo con follia cieca e pura avidità con le nostre vite dominate dalla tradizione, dalla superstizione, dalla falsa religione…fino alla fine dei tempi…per il dolore che sottende la nostra grandezza, non prendetevela per queste mie dure insinuazioni. Si può essere tutto ciò che si vuol essere, basta trasformarsi in tutto ciò che si pensa di poter essere-
Stephan poi guardò uno ad uno i presenti, tutti dorati, tutti di corvo, i loro occhi. Ammutoliti e shockati. Stavano venendo sgridati da un ragazzino mezzo umano e mezzo osservatore, famoso per le sue lacrime e le sue fobie. E il punto era che tutte quelle parole bruciavano vive nei cuori di ognuno, cuori fino a quel momento chiusi in una morsa, prigionieri di credere e pensare liberamente, realizzare secondo propria coscienza cosa fosse giusto e cosa sbagliato.
- Siate liberi nei movimenti, siate liberi. Arrendetevi al vostro vero io, siate liberi per voi stessi.-
Il tono di rimprovero, un po’ freddo e duro, a seconda dei canoni del ragazzo, si era addolcito improvvisamente, come il suo sguardo che era tornato sull’amica fra le braccia. Il resto lo pensò per se stesso, come una preghiera sincera:
Se esiste un Dio o un qualsiasi tipo di giustizia sotto questo cielo, se esiste uno scopo, se esiste una ragione per vivere o morire, se esiste una risposta alle domande che siamo obbligati a porci: mostratevi per quello che siete, distruggete le nostre e le vostre paure, toglietevi la maschera d’ipocrisia. Noi continueremo per questa via sottile e pericolosa, perché ci crediamo. Camminando cresceremo e ce la faremo a modo nostro…e quel che sarà sarà. Continueremo a provarci. A vivere, ad amare, a credere, a sognare. Qualunque Dio sia lassù, Dio Sole o Dio di tutti gli uomini…aiutaci a riempirci di qualcosa che poi un domani potrà renderci felici. “
- Alla fine dei nostri giorni ci guarderemo indietro e capiremo che quello che importava veramente non era cosa e come facevamo, ma solo se quando lo facevamo noi eravamo felici. Tornando indietro vivremo per questo.-
Terminò così il suo discorso che fu assorbito incredibilmente da tutti mentre solo i rumori della natura facevano da sottofondo.
Gabriel si era rialzato e nessuno si muoveva guardando in basso imbarazzati, cominciado forse ad intuire e porsi delle domande. Per cosa avevano vissuto fino a quel momento?
Nathan, il medico degli osservatori e padre di Stephan, si avvicinò al figlio e alla donna morta, che nonostante tutto si vedeva la bellezza di cui era sempre stata padrona. Si tolse la maglia e gliela adagiò addosso, lasciò una carezza paterna al figlio e una specie di sorriso d’incoraggiamento. In quel popolo, l’unico a salvarsi persino secondo Kinkaid, sarebbe stato Nathan, diverso dagli altri.
Poi prese in braccio Yan e indicando a Stephan di seguirlo la portò in casa sua per ripulirla, lavarla e vestirla.
Alla fine l’avrebbero seppellita accanto a Thomas e Oskar, il gemello e l’amico di Kinkaid, lontano dai due villaggi, nel rifugio simbolico del ragazzo dalle fiamme nel sangue.
Questo li guardò poi si voltò abbassando il capo, aveva le larghe spalle curve, un aria indecifrabile, tetra e inavvicinabile.
Ma non voglio andare avanti e indietro in continue battaglie…”
- Il cuore, che cosa inutile…-
Mormorò con voce cupa e cavernosa, roca per tutte le urla lanciate. Era stanco e vuoto, stanco nell’animo. Profondamente.
Pochi lì intorno lo udirono, i genitori di Kinkaid non si erano nemmeno fatti vivi, come al solito, nemmeno per quella occasione. Con grande amarezza e tristezza dentro, il giovane se ne andò.
Gabriel si voltò verso la sua gente guardandola senza vederla veramente. Sospirò. Quel ragazzino aveva ragione e realizzandolo si era sentito solo un buono a nulla. Per un istante desiderò non essere più il Capo degli Osservatori.
- Siete qui per ascoltarmi, ma di colpo mi rendo conto di non avere più niente da dirvi. Occorre tutta una vita per imparare a tacere.-
Detto questo si ritirò anche lui nella sua abitazione, non uscendovi per giorni.
Quel desiderio, tuttavia, lo divorò sparì presto rendendosi conto che ormai non si tornava indietro e le carte giocate rimanevano in ballo. Doveva difendere le scelte prese in passato e portarle avanti.
Era tutto più grande di lui, ripensando al suo unico amore Yan e a Kinkaid, quel finto folle diamante grezzo, lo capì. Non era più sicuro di controllare tutto e farcela a portare a termine quanto iniziato anni fa or erano.