CAPITOLO
XX:
DOLCEZZA
SELVAGGIA
/tu
mi fai sentire bene, tu mi fai sorridere/
Non
erano molte le volte in cui si trovavano davanti alla televisione a
seguire un programma tutti insieme… del resto
c’era sempre qualcosa di meglio da fare, come ad esempio
cacciarsi nei guai!
Era
un programma di discussione fra giovani che affrontavano fra i
più svariati temi mettendo sotto accusa i mali che a turno
interessavano la loro società. Stephan non se ne perdeva una
puntata, come se quello potesse colmare tutte le altre carenze
intellettive ed avvicinarsi di più al mostruoso cervello di
Zefiro!
Spesso
lo guardava da solo ma siccome quel pomeriggio era così
afoso, la sola idea di stare fuori senza aria condizionata creava il
panico. Ovviamente questo discorso valeva per tutti tranne che per il
solito Kinkaid il quale sotto quel sole cocente estivo ci stava alla
grande… e non sudava nemmeno!
Astrid
e Zefiro erano gli abusivi che ormai si erano praticamente trasferiti
lì… Zefiro per Cloe mentre Astrid per
l’aria condizionata e perché erano tutti
lì comunque.
Quel
pomeriggio Kinkaid aveva ugualmente deciso di stare dentro con gli
altri sorprendendoli non poco, visto che di solito stava al sole ad
allenarsi mentre di sera era nella cella frigorifera a fare altrettanto
ma con Astrid.
Ovviamente
aveva deciso di fare qualcosa di diverso per il puro spirito di
contraddizione visto che l’avevano provocato dicendo che
tanto, come era prevedibile, sicurante sarebbe stato come sempre fuori
a crogiolarsi al suo adorato sole afoso. Come un pesce c’era
cascato e dicendo che nessuno poteva dirgli di essere banale, era
rimasto dentro ad annoiarsi davanti alla televisione senza riuscire a
seguire nemmeno una parola di quel programma a detta di Stephan molto
istruttivo ed interessante.
Sembrava
la calma prima della tempesta, ma per quel giorno nessun cataclisma si
sarebbe abbattuto su quei ragazzi, ancora intenzionati a riprendersi
dalle molte ‘botte’ prese in quell’ultimo
periodo.
Kinkaid
soprattutto dopo aver saputo da Jago la verità, tutta e
completa, stava decisamente rivalutando le sue priorità ed i
suoi piani.
Era
convinto di dover diventare ancora più forte prima di fare
qualunque altra cosa. Così forte che solo un suo colpo
sarebbe dovuto bastare a sterminare tutto quell’ammasso di
ipocriti falsi ed assassini.
Ma
soprattutto i due capi tribù che avevano permesso tanti
scempi in nome di un ideale fasullo.
Continuava
a pensare molto, il rosso, a scapito del suo umore o dei suoi mal di
testa!
Così
Stephan, seduto tutto rannicchiato sul divano ampio ad angolo, con
Astrid spaparanzata da una parte, Zefiro anch’esso
comodamente seduto ma con più stile dall’altra e
Kinkaid malmesso su una poltrona a dormicchiare, chiese interessato ed
interrogativo:
-
Ehi, lì parlano di società e dicono che ce ne
sono di diversi tipi, ma noi in che società ci troviamo? -
Con l’ingenuità di chi pensa di aver fatto la
domanda del secolo. Zefiro avrebbe tranquillamente potuto rispondere
subito ma Astrid, pensando che fosse una domanda sciocca a cui potesse
rispondere perfino lei, lo precedette con tono da presa in giro:
-
Come fai a non saperlo? E’ ovvio che è
il… - Ma con suo grande stupore dovette fermarsi e mordersi
la lingua constatando che non aveva idea di quale fosse.
Così ci provò: - primo settore? O forse
è il secondo? Mi confondo coi settori... –
Tuttavia dovette ammettere di non ricordarlo nemmeno lei, visto che in
classe l’attività che compiva maggiormente era
quella del riposino!
-
Tu fai parte del quinto settore, quello degli schiavi! – La
voce cavernosa e quasi addormentata di Kinkaid arrivò
indicando non solo che in realtà non dormiva ma che aveva
addirittura ascoltato i discorsi e, cosa più unica che rara,
sapeva che il quinto settore era quello degli schiavi.
Qualcosa
di incredibile effettivamente!
-
Vermoide rampante! – Fu la sola risposta di Astrid
accompagnata dal dito medio ed una smorfia. Non ci fu seguito
poiché Kinkaid si sentì più che
soddisfatto così mentre Zefiro scosse il capo nel constatare
l’ignoranza generale. Certo, gli insulti li sapeva tutti
però, Astrid!
Stephan
non ricevette la sua risposta ma non osò mai porre di nuovo
la stessa domanda, conosceva i caratteri di tutti e magari rompere a
Zefiro era un modo per allontanarlo invece che avvicinarlo. Quindi si
rassegnò a non sapere a quale società
appartenesse per poi tornare a seguire la discussione in
televisione. Nella sua testa era la cosa migliore che potesse fare.
Arrivò
così l'esperienza di un uomo finito in ospedale in
condizioni critiche con l’ordine, però, di non
essere rianimato per evitare i trattamenti medici. Ognuno, nel
programma, disse la sua ed anche il piccolo moretto seduto in punta sul
comodo divano non riuscì a trattenere un esclamazione
effettivamente molto ovvia:
-
Se non voleva essere salvato perchè si è fatto
portare in ospedale? – La domanda effettivamente era alquanto
sensata, tanto che Zefiro non ritenne opportuno rispondere…
non c’era certo bisogno di dire ovvietà ad una
domanda retorica… ma così non la pensò
Astrid che invece col suo tono schietto ma al contempo molto calmo e
pacato, quello di chi sta dicendo la cosa più logica ed
evidente sulla faccia della Terra, rispose:
-
Perchè invece voleva essere salvato! - Anche con una nota di
soddisfazione per aver detto la cosa più intelligente che
mai sarebbe potuta essere detta in quella casa.
“Forse
le devo spiegare il senso delle domande retoriche…”
Si
disse infatti Zefiro mentre Kinkaid semplicemente scoteva la testa
lasciando aperto il quesito sulla sua, di istruzione!
Ma
a far cadere le braccia arrivò ancora una volta
l’innocente ed ingenuo Stephan che sinceramente ammirato,
fece puntando i suoi occhioni verdi in quelli di diverso colore di
Astrid:
-
Oh, dici che è per questo? Effettivamente
potrebbe… -
“Forse
sono loro che devono spiegare qualcosa a me!”
La
conclusione mentale del biondo, dunque, non potè che essere
questa. Sconsolato ed interdetto… e sinceramente
disorientato!
L’uscita
successiva, a cambio discussione in televisione, una discussione a
proposito della donazione degli organi, fu felice e candida
sempre da parte del moretto:
-
Io donerò i miei organi! -
Zefiro,
che aveva capito che era meglio rispondere lui alle uscite del
piccoletto e non lasciarle ad Astrid, altrettanto candido come se
stesse raccontando una barzelletta, fece:
-
Ma sai che ho sentito di uno che era clinicamente morto e stava per
donare i suoi organi ma poi al momento dell'operazione si è
risvegliato e stava bene? - E meno male che era meglio che rispondesse
lui!
Lo
sguardo felice e soddisfatto del ragazzino cominciò a mutare
drasticamente diventando lentamente sempre più terrorizzato,
e con una nube negli occhi grandi ed espressivi e voce tremante,
rispose:
-
Oh... ma io non voglio svegliarmi dopo che sono morto... -
Tuttavia
Astrid non vide perché non intromettersi anche lì
visto che era di buona vena e non di arteria, per cui parlando schietta
come sempre disse la sua:
-
Se ti fai togliere gli organi non ti risvegli mica! E poi non sono
d'accordo... io voglio andare nell'aldilà con tutti i miei
organi al loro posto! -
Però
il tono sadico e la voce sempre oltretombale di Kinkaid intervenne
nuovamente, ancora non si mosse mantenendo gli occhi chiusi:
-
Io invece quando morirò se non succede perchè
rimango bruciato voglio che mi brucino dopo e che disperdano le mie
ceneri sulle vostre teste per rompervi le palle anche dopo! -
Al
che la rossa non si trattenne e sgarbatamente sbottò:
-
Nessuno te l'ha chiesto! E poi come pensi di riuscire a morire bruciato
proprio tu che ti fai il bagno nella lava? – Quesito
intelligente, finalmente!
L’altro
però non si fece surclassare dalla sua logica inoppugnabile
e soprattutto non si fece scoraggiare dai suoi modi, visto che i suoi
furono altrettanto sgarbati:
-
Nemmeno a te nessuno ha mai chiesto di esistere, però esisti
lostesso... lasciando perdere il come! -
Ma
Stephan non era certamente rincuorato, anzi… il suo tasso di
spavento all’idea di svegliarsi dopo morto, lo
tormentò finchè non tornò ad esprimere
il suo dubbio con voce lamentosa e faccia da cucciolo preoccupato:
-
Ma veramente uno dopo morto può tornare a vivere? E se
quando mi stanno togliendo gli organi apro gli occhi e vedo il mio
cuore volare via nelle mani di qualcun altro? O peggio se mi sveglio
nella tomba? Che faccio? -
Il
rosso, manco a dirlo, colse la palla al balzo e con gran maestria
aprì gli occhi dorati e si drizzò a sedere come
se non avesse mai dormicchiato per tutto quel tempo, poi con aria
solita, ovvero stronza, cominciò a dire:
-
Si, ma a te non succederà perchè sarò
io ad ucciderti e ti assicuro che quando uccido lo faccio fino in fondo
e bene... non lascio mai lavori a metà! E poi sai...
è difficile tornare in vita con la testa staccata dal corpo!
– Risposta esauriente, tutto sommato… tanto che
l’amico tornò a sorridere pensando a sua volta a
qualcos’altro, distogliendosi momentaneamente
l’idea della morte:
-
Tu non potrai mai uccidermi! Senza di me saresti perso! - Sicuro e
deciso come su poche cose lo era.
-
Noi invece è proprio con lui che siamo persi! –
Non si fece sfuggire l’occasione nemmeno Zefiro. Eppure il
sorriso di Kinkaid con il luccichio negli occhi di corvo fu
preoccupante. Un sorriso sicuro. Molto sicuro. Sicuro di sé
e soddisfatto:
-
Eh si... sono proprio in gamba! -
-
Zefiro, hai un microscopio? Ho un esperimento da proporti...
– Sbottò quindi Astrid alzandosi a sedere dritta
anche lei dalla posizione sgambata in cui era.
-
Vuoi vedere se riusciamo a trovare il suo cervello? È un
esperimento fallito in partenza! Non è possibile trovare e
analizzare qualcosa che non esiste! -
-
E' vero e onde evitare problemi diamogli sempre ragione... è
meglio dare sempre ragione agli stupidi! -
-
Hai proprio ragione! – La risposta di Kinkaid era arrivata al
volo, era cristallino che non si sarebbe fatto mettere sotto
così facilmente. Mai e poi mai!
Tuttavia
Zefiro non si fece cogliere impreparato e senza fare una piega disse
serio:
-
Sai Kinkaid... sei un esemplare unico e raro: l'unico essere che vive
senza cervello! -
Ma
era anche ovvio che il ragazzo col fuoco nelle vene non avrebbe mollato
tanto facilmente il battibecco:
-
Bè, è sempre meglio non averlo piuttosto che
averlo come il vostro! -
-
Comunque rimani un fenomeno da studiare... non capisco come fai a
vivere e parlare senza cervello! – Zefiro insisteva.
-
E voi siete il risultato di un esperimento genetico riuscito male, per
questo poi vi hanno trasformato in cavie da laboratorio... col cervello
piccolo e inutile che avete quella era l'unica utilità: di
poco conto e sacrificabili! -
-
Certo che per essere uno senza cervello pensi molto! -
-
Ti dirò... la cosa più curiosa non è
uno senza cervello che pensa, ma uno col cervello (anche se moscio e
flaccido) che non pensa per nulla! -
-
Ma che bravo... quando ti metti d'impegno riesci quasi a sembrare un
essere normale senza cervello! –
Il
veloce e serrato botta e risposta fra i due ragazzi, poiché
Stephan non poteva certo definirsi tale senza una nota accanto, sarebbe
stato certamente più interessante del programma televisivo
se il piccoletto non fosse rimasto perso nei meandri delle sue paure al
quesito iniziale…
-
Ma io non voglio risvegliarmi quando sono morto... -
A
quel punto Astrid si alzò stufa di sentire quelle
stupidaggini che gira e rigira erano sempre quelle e dicendo scazzata:
-
Io mi faccio un'altra birra! - si trovò a fare delle
acrobazie non indifferenti per la strada che le tagliarono i due gatti
di Stephan, Yuki e Kyo. Non le piacque dover rimanere in bilico su un
piede e agitare le braccia come un uccellino per non cadere faccia a
terra, quindi appena poté rimettere anche l'altro piede
giù e ritrovare l'equilibrio, cominciò a
sbraitare una serie di imprecazioni verso gli animaletti fastidiosi a
quattro zampe notando come continuavano a correre come avessero il
diavolo alle costole. Erano spaventati e come dei piccoli fulmini
pelosi, schizzavano fra i loro piedi rischiando di far cadere anche gli
altri se non fossero stati seduti.
-
Ma cos'hanno quelle bestiacce? Sono spaventatissimi! Se non la smettono
di correre su e giù per la casa col pelo dritto a porcospino
li fermo io ficcandoli sottoterra con una pestata! - Sbottò
quindi la rossa estremamente seccata ed infastidita sembrando lei
stessa un gatto dal pelo dritto. Stephan cercò di fermare e
calmare i due piccoli amici mentre Zefiro non si degnò
nemmeno di rispondere ad un affermazione simile, solo Kinkaid
reagì nei suoi confronti dicendo con uno dei suoi soliti
sorrisetti stronzi:
-
Hanno visto te! - L'altra non poté non ribattere con un
ringhio:
-
Stronzo bastardo! - Al che il ragazzo incrociando le braccia sul petto
e rimanendo dritto sulla sua poltrona disse sadicamente convinto:
-
Su questo non ho che da darti ragione! Sono sia stronzo che bastardo! -
-
E a fanculo ci vai? -
-
Se vuoi favorire, tesoro, sono tutto tuo! - Fece a sua volta
l'Osservatore scimmiottando un gay che comunque risultava
più maschio di Stephan!
Risultato?
Astrid
colpì Kinkaid con un pugno!
-
Però, non avrei mai immaginato una cosa simile... -
Asserì Zefiro in tutta calma e pacatezza ed un certo tono di
saccenza. Il moro che si era tenuto in disparte da quel botta e
risposta, chiese speranzoso di poter chiacchierare finalmente da solo
con il bel biondo:
-
Cosa? -
Zefiro
quindi continuò con lo stesso tono di prima:
-
Di conoscere persone come lo struzzo. - Qui all'interlocutore
spuntarono una serie di punti di domanda quindi l'altro
proseguì senza smentirsi minimamente: - L'occhio dello
struzzo è più grande del suo cervello. -
L'allusione non fu capita dall'innocente ragazzino, mentre fu compresa
fin troppo bene da colui a cui era diretta la frecciata, che non
raccolse se non con un dito medio.
Ci
fu un altro momento di televisione in cui Stephan fu catturato dalla
storia di un altro ragazzo, un ex tossicodipendente che era riuscito a
ripulirsi ma che aveva una serie di problemi con la società
nonostante ormai si fosse messo a posto. Il moro non riuscì
a trattenere la domanda che lo turbava molto, una domanda che in
realtà sarebbe dovuta essere molto seria:
-
Scusate, ma i drogati sono fatti come noi, vero? - Ma Astrid, dicendosi
grande esperta per il quartiere in cui viveva alquanto malfamato,
rispose sorseggiando la sua lattina di birra fresca:
-
Di più. Molto di più... anche se non sembra! -
Stephan
non capì la frase e trattandosi di lei decise saggiamente,
per l'ennesima volta, di lasciar perdere e mentre Zefiro ridacchiava
divertito della sua risposta capendo che l'aveva presa sul serio,
Kinkaid scosse il capo pensando che non avesse più speranza
e che ci fosse ormai poco da dire in commento alle sue trovate:
-
Sei così penetrante che mi commuovi! - Ma la rossa senza
arrabbiarsi, miracolosamente, e seguendo un suo filo di pensiero un po'
strano, si espresse ancora con una certa serietà
sconcertante:
-
Ma penetrante deriva da pene? - Kinkaid aprì la bocca per
rispondere una delle sue acide e cattive battutacce ma fu preceduto dal
biondo dai capelli casualmente sistemati intorno al viso e dietro agli
orecchi, con quel caldo forse avrebbe dovuto tagliarli ma non riteneva
ancora il momento adatto.
-
Non lo so… ma l’importante è penetrare.
- E mentre tutti rimasero magistralmente senza parole, Stephan
arrossì come un matto imbarazzato fino al midollo.
Bè, l'idea di penetrare o farsi penetrare era qualcosa che
ancora la sua innocenza non reggeva così alla leggera e per
cambiare drasticamente discorso sparò la prima frase che gli
venne in mente, una cosa che non aveva né capo né
coda o che probabilmente detta in quel momento non aveva proprio senso.
La prima che la sua testolina gli concesse in quel caos che era
diventata grazie alla battuta di Zefiro.
-
Se una mattina ti svegli e non vedi il sole, o sei morto, o sei il
sole! -
-
Cos'è, il gioco delle associazioni? - Chiese Astrid
interdetta cercando di capire se era veramente così visto
che da penetrante si era arrivato a pene, poi a penetrare ed infine a
quella frase apparentemente scollegata. Ma Kinkaid infastidito da
quella sottospecie di perla di saggezza ignorò la ragazza
che finiva in un fiato il resto della sua adorata medicina e con
acidità rispose rivolto all'amico:
-
Io invece sarò sprofondato nella merda che è la
mia vita e tu sarai morto perchè sarò io ad
ucciderti se non la finisci di dire cazzate come queste, brutta
scemmia! -
-
Scemmia? - Chiese Zefiro incuriosito:
-
Scimmia scema! - Fece svelto con lo stesso tono l'altro.
-
Oppure è inverno e nevica! - Riprese il discorso interrotto
Astrid chiudendolo con un rutto e mettendoci la sua firma: unica ed
inimitabile!
In
quegli ultimi tempi si poteva dire che erano arrivati ad una sorta di
patto muto in cui stavano insieme e si sopportavano a patto di poter
scherzare insieme e non arrivare ad un rapporto troppo pesante.
Sembrava funzionare, non litigavano seriamente anche se si pizzicavano
in continuazione e non facevano discorsi veramente troppo seri che
implicavano una certa apertura interiore. Kinkaid non sarebbe mai stato
disponibile a quel genere di cose e come lui anche Astrid e Zefiro.
L'unico che avrebbe voluto stringere ulteriormente e rendere la cosa
più profonda era Stephan ma non li avrebbe mai forzati. Lui
sentiva, ne era proprio convinto, che tanto le cose sarebbero andate in
quella direzione da sole.
Quindi
avrebbe aspettato.
Ma
non erano certe anormali le volte in cui Astrid e Kinkaid, entrambi
attratti fra di loro, battibeccavano e si sfidavano con l'inconscia
intenzione di avvicinarsi ulteriormente. Era un compromesso per star
vicino all'altro senza mostrarsi apertamente e coprirsi di ridicolo
oppure essere rifiutati.
Da
che mondo era mondo, fra due con caratteracci simili, l'unico modo per
rapportarsi era quello.
Quindi
anche provocare il rosso era un compito a cui la ragazza non avrebbe
mai rinunciato.
Mai.
E
a cui mai Zefiro si sarebbe abituato.
Uno
di quei momenti fu quello in cui lei partì senza saper
davvero dove sarebbe giunta. Certo, se l'avesse immaginato forse
l'avrebbe fatto anche prima.
Provocare
Kinkaid era così facile...
-
Kinkaid, sai andare in bici? - Non seppe come le venne in mente quella
domanda, per lei, semplicemente, lui era capace di fare cose assurde
per la loro difficoltà e di non farne altre altrettanto
assurde per la loro facilità. Uno grande e grosso e
spaventoso come lui che non sapeva fare una cosa semplice come andare
in bicicletta sarebbe stato uno spettacolo unico e raro. A parte questo
non lo disse con altri fini se non quello di ridere un po' su di lui.
-
Quando la gente inizierà a farsi i cazzi suoi
sarà sempre troppo tardi! - Fu la risposta brusca e seccata
del riccio ragazzo che piantò al volo un espressione truce
fin troppo eloquente. Astrid colse la palla al balzo e mentre Stephan
ridacchiava conoscendo la risposta, lei proseguì come un
mastino captando di aver colto nel segno.
Non
lo faceva perché pensava di aver trovato una specie di punto
debole, lo faceva per scoprirlo più che poteva, per vederlo
in ogni sua parte. E per ridere, certo.
-
Quindi non ne sei capace? - Continuò con un ghigno sulle
labbra mentre si sistemava meglio nel divano per guardarlo
attentamente? Lui facendo finta di dormicchiare e nascondendo il viso,
rispose sempre bruscamente:
-
Certo che sono capace, figurati... cosa ci vuole per andare in bici?
Non sono mica così imbecille da non saper andarci! -
Astrid
scattò in piedi mettendo una mano al fianco e puntando il
dito dell'altra contro di lui, poi asserì in stile 'regina
delle tenebre':
-
Io scommetto che non ne sei capace! - Seguendo con una risata sadica e
fastidiosa che non stupì poi molto gli altri!
Kinkaid
sentitosi pungere sul vivo scattò in piedi e piazzandosi
davanti a lei, premendo il petto contro il suo dito ancora teso. La
guardò iroso cercando di non infuocarla con lo sguardo e
notando come lei, smettendo di ridere, si era messa a fissarlo sempre
con quell'aria di sfida e strafottenza, gli prese la mano puntata su di
lui, la spostò da lì e stringendola per toglierle
quel sorriso animalesco dalla faccia rispose precipitoso come era
facile immaginare facesse:
-
Ed io scommetto che invece sono capace di andarci! - Siccome le
stringeva ancora il dito e la mano, presero per buona quella stretta
come accordo e con un: - Ci sto! - di lei, la scommessa fu sancita.
Si
scambiarono degli sguardi molto guerriglieri e penetranti allo stesso
tempo con uno le labbra piegate in un broncio e l'altra in un sorriso
maligno, a porre termine a quel momento fu la mano di Stephan che
‘tagliò’ le loro ancora allacciate, se
così si potevano definire, come si usava nelle scommesse.
Una
lontana nota di fastidio si levò in loro in quell'istante
mentre Zefiro provò una profonda gratitudine per quel gesto.
Poi il piccoletto sorridendo felice prese in mano la situazione come se
avesse in mente chissà cosa.
-
Allora qual è la posta in ballo? Direi niente soldi o altre
meschinità... chi perde paga una cena all'altro. Mi sembra
ragionevole, no? -
“Altro
che grazie... così li hai condannati a cenare comunque
insieme! Ma da che parte sta, sto qua?”
Si
chiese Zefiro senza lasciar trapelare nemmeno un attimo il suo stato
d'animo. Rimase fermo a guardare i due che annuendo menefreghisti
riguardo alla posta in gioco, assunsero un altro tipo di espressione.
L'espressione di chi è piacevolmente deliziato dalla trovata
appena avuta.
-
Tanto vinco io. - Dissero insieme uscendo convinti davvero di
spuntarla, senza capire che comunque quella sera sarebbero dovuti
uscire insieme.
A
volte veniva da pensare che il reale burattinaio era proprio Stephan!
Quest'ultimo,
osservandoli uscire contento, si sedette accanto a Zefiro e senza
distogliere lo sguardo dai suoi due amici, disse:
–
Le cose in generale sono cambiate, non trovi? - E lo disse con una tale
serenità che per un momento coinvolse il ragazzo accanto a
lui che, con una malinconia nascosta, guardava nella sua stessa
direzione. Suo malgrado rispose cercando di non fargli capire come si
sentiva:
-
Le cose non cambiano, siamo noi che cambiamo. - Zefiro era consapevole
del fatto che Stephan fosse fortemente empatico e concentrandosi senza
comprendere lui stesso come, cercò di non fargli passare
nessuno dei propri sentimenti. Zefiro era un essere umano, non un
ibrido come l'altro, eppure riuscì in quel suo intento,
Stephan non sentì nulla quindi non cambiò
assolutamente niente di ciò che si era creato anche grazie a
lui.
-
La nostra amicizia sarà materia di leggenda! - Fece quindi
sognante congiungendo le mani sotto il mento. Un pensiero che gli venne
senza un motivo particolare se non che si sentiva inspiegabilmente
felice.
“Tanto
perde Kin, lui non sa andare in bici!”
Pensò
infine il moretto dai capelli spettinati saltellando fuori come un
folletto pieno di buon umore.
“Porca
merda, ed ora come faccio? Mica ci so andare su sto trabiccolo del
cavolo!
Mah,
che vuoi che sia... uccido l'immondizia, andare su una stupida bici
sarà sicuramente più facile. Combatto col fuoco
contro il ghiaccio, quelle sono cose toste, altro che... che questa
robaccia... sicuramente basta salirci così e... vediamo,
com'è che fa quella checca? Cazzo, l'avessi mai osservato
una volta nella vita. Macché!
Alzo
le spalle, inutile pensarci troppo. Quella strega mi sta guardando
quindi non posso far altro che mettermi in movimento. Si gireranno
questi pedali e poi... SBAM! Cado. No, non credo proprio che sia questo
il modo!
Merda,
sono davvero caduto?
Ma
che avrò mai fatto che non va?
È
una stupida bici, abbatto Cacciatori come fossero mosche, ho il fuoco
dalla mia parte, sono fortissimo e non riesco a stare in bilico su due
cazzosissime ruote!
La
risata sadica e sguainata della stronza qua a lato mi investe
provocandomi uno dei miei istinti omicidi, quindi prima che il fuoco mi
avvolga del tutto l'afferro per le caviglie tirandola giù
con forza, non si aspettava che dopo questa figuraccia avessi il
coraggio di non nascondermi, vero?
No,
io non mi nasconderò mai, nemmeno se dovessero mettermi in
mutande. Nessuno è migliore di me... figurati se lo
è questa carota!
-
Razza di emorroide masochista! -
La
culata che gli faccio fare è grandiosa e le sue urla mi
calmano notevolmente prima che a sua volta reagisca insultandomi e
mordendomi una coscia. Ho dei muscoli duri e li tiro per evitare il
dolore ma lei che denti c'ha?
Dannazione,
l'ho sempre detto io, non è umana... certo, è un
ibrida!
-
Brutta strega, mollami, dannata! - Sembra incollata alla mia carne
quindi tento di staccarla ma il risultato è peggio
perciò proprio quando sto per usare l'unico mezzo rimanente
abbastanza efficace, una secchiata d'acqua fresca ci arriva addosso
improvvisamente.
Due
risultati buoni ed uno cattivo: lei si è staccata, io sono
più fresco e fradicio ma sono anche alquanto incazzato!
Chi
ha osato interromp... ehm, volevo dire, rompermi le palle?
Quando
ci giriamo entrambi furenti per il trattamento ricevuto, vediamo Zefiro
lasciare il secchio a terra, passarci accanto indisturbato con il suo
solito stile e andarsene salutandoci:
-
Io devo andare, buona serata! - Serata?! Siamo ancora nel pomeriggio,
mica è già sera... che c'entra 'buona serata'?
Lui non ce lo direbbe mai. Andandosene così poi... mah, alzo
le spalle e gli ringhio:
-
Crepa! - Mentre Astrid l'osserva un po' stordita senza dire nulla,
capisce forse che c'è qualcosa che non va e prima che
sparisca dietro al cancello, si alza e con uno scatto che ammetto ha
del felino gli grida:
-
Aspetta, vengo anche io! - E poi rivolta a me ghignante: - Ci vediamo
stasera, perdente, mi passi a prendere alle 19.30 che mi devi la cena!
- Non mi da tempo di rispondere che mi molla qua bagnato con un dolore
non indifferente grazie al morso. Mi sento un po' scemo; questa poi non
me l'aspettavo: perché doveva per forza seguirlo?
-
Cazzo! - Dicendo ciò do un calcio alla bicicletta che mi ha
fatto cadere poco fa. Fra la figura di merda, la scommessa persa e il
fatto che sono stato bagnato e piantato in asso non so più
chi insultare per primo; sono ancora incerto nella mia arrabbiatura
quando un piccolo fagotto familiare mi si fionda addosso ignorando i
miei vestiti fradici.
-
Kin! Sei stato grande! Ora esci con Astrid... ti devo fare bello,
vedrai che sarà una bella serata. Sarà anche il
caso di istruirti su come si trattano le ragazze quando ci esci! - Ma
che diavolo dice?
-
Io sono sempre grande... - Poi ci penso un istante. Cazzo, ho perso,
grande in cosa!? Quindi ribatto cercando di scollarmelo con una certa
cattiveria: - Grande a perdere vuoi dire? Vaffanculo! E poi tu che vuoi
saperne di come si trattano le ragazze? Sei gay! Che vuoi che sia,
è solo una stupida cena umiliante. Prima finisce e meglio
è. Merda! - Conclusione che non mi rincuora molto. Poi
realizzo il resto e aggiungo decisamente più preoccupato che
altro: - Cosa devi farmi tu? – è qua che con un
sorriso da un orecchio all'altro, risponde rimanendo appeso al mio
collo anche se cerco di staccarmelo:
-
Farti bello! -
-
Tu non mi metti le mani addosso! Va a cagare! - Quindi lo faccio
letteralmente volare e diventando invisibile mi metto a correre per la
casa nascondendomi. Non esiste proprio che lui mi conci... se lo
scorda!
E
poi perché diavolo dovrebbe essere così contento
per una cena del cavolo?
Oh
merda... è vero... esco con Astrid, stasera.
STOCK!
Accidenti,
che male... mi sono preso una capocciata bestiale!
A
fanculo, è tutta colpa di quella, io la strozzo quando la
vedo.
Porca
merda, forse l'aiuto di quella scemmia mi serve!”
Le
raccomandazioni di Stephan, dopo aver sistemato a dovere Kinkaid, erano
state tante e mentre gliele aveva date era anche stato sicuro che le
avrebbe scordate nel giro di un istante.
Gli
aveva detto di non usare i poteri in nessun caso, di non essere
rissoso, di farla andare avanti e di farle scegliere le cose per prima,
di non essere maleducato, cattivo e stronzo, di parlare di cose su cui
non finivano per litigare (e su questo punto gli aveva detto che si
sarebbe stupito di quante cose in comune che avrebbero scoperto di
avere) e soprattutto di farle almeno un complimento.
-
Miraccomando, nota com’è vestita. Di sicuro si
è fatta carina per te! –
Queste
le sue ultime parole prima di mandarlo dalla ragazza. Ovviamente non
era mai stato da lei ma sapeva dove abitava, quindi dirigendosi a piedi
poiché qualsiasi mezzo di trasporto per lui era
tabù, si mise a pensare al fatto che magari conciarsi in
quel modo per una serata simile era un’esagerazione.
Cominciò a convincersi che lei sicuramente sarebbe stata
conciata come al solito e che nel giro di un minuto si sarebbero
trovati a litigare. Arrivato all’ennesimo punto negativo, dal
suo punto di vista, giunse a casa sua.
Il
quartiere era malfamato ma non si sentì certamente in
soggezione e con un certo nervosismo per doverla incontrare in quel
modo tanto stupido, per lui, suonò il campanello. La sua
voce arrivò subito dal citofono a dirgli che scendeva
subito, quindi senza avere idea dell’ora che fosse, ovvero se
fosse puntuale o meno, decise di non pensare a tutte quelle cose
inutili.
Tanto
dovevano solo mangiare!
Ovviamente
i soldi glieli aveva dati Stephan, visto che lui viveva a scrocco
dall’amico.
Quando
lei scese ed uscì dal cancello, la luce dei lampioni che la
illuminò diede un tocco molto suggestivo anche se non
sarebbe servito.
Entrambi
rimasero immobili a guardarsi colpiti dal cambiamento innegabile che
avevano avuto entrambi rispetto al solito.
Il
lavoro di Stephan era stato decisivo: Kinkaid aveva i capelli ricci
sistemati e domati all’indietro con del gel e qualche boccolo
ribelle gli ricadeva ai lati del viso dai lineamenti decisi ed
aggressivi di natura, l’abbronzatura e la sua carnagione gli
donavano nell’insieme mentre i vestiti erano naturalmente
neri, dei pantaloni di una leggera stoffa che ricadeva morbidamente
sulle gambe muscolose fasciandogli cosce e fondoschiena nel modo
perfetto e una maglietta senza maniche attillata al punto giusto che
risaltava il suo fisico e le sue spalle possenti. Un abbigliamento
semplice, tutto sommato, ma che guardato insieme alla capigliatura
finalmente decente e a quell’aria apparentemente seria,
mostrava quanto effettivamente fosse un bel tipo anche lui. Una
bellezza diversa da Zefiro, la classica, oppure da Jago, la
deleteria… o ancora da Stephan, la delicata. Lui aveva una
bellezza grezza ma quella sera sembrava unicamente un tipo
incredibilmente affascinante.
Astrid
apprezzò molto la visione ma in special modo
ringraziò Stephan (era consapevole che era stato lui) per
quei pantaloni così stretti sul dietro. Sorrise compiaciuta
ma non volgare, sfoderando quell’espressione così
enigmatica ma calma al momento stesso, un’espressione
tipicamente da ragazza rilassata, anche Kinkaid ebbe un momento di
stordimento.
Forse
lui l’ebbe ancor di più rispetto
all’altra.
Astrid
era semplicemente meravigliosa.
Gli
occhi di lava, quasi, del ragazzo partirono dai piedi che indossavano
degli stivali neri ricoperti di lacci proseguendo su, nelle gambe
snelle e ben modellate come il resto del suo corpo generoso. Degli
stretti pantaloncini corti in raso nero lucido facevano sfoggio di
sé evidenziando i fianchi morbidi ed il fondoschiena che
qualunque ragazzo avrebbe preferito piuttosto che le scheletriche su
cui non c’era nulla da toccare. Erano un tocco di classe e di
erotico insieme. Il top era esageratamente scollato ed aperto,
allacciato solo all’altezza del seno, le spalline sottili e
più corto rispetto alla cintola dei pantaloncini, lasciava
visibile il tatuaggio sull’anca. Inghiottì a vuoto
arrivando al seno prosperoso che messo in evidenza a quel modo lo era
ancor di più, poi decise di guardarla anche in viso e
capì veramente cosa significava essere un uomo
I
capelli erano sciolti e liberi sulla schiena dove le lunghezze rosse si
inanellavano in maniera molto affascinante, le incorniciavano il bel
viso dai lineamenti più femminili di sempre grazie al
leggero trucco che si era concessa. Non un trucco esagerato ma che si
notava, il giusto, composto solo da matita nera sugli occhi, mascara e
lucidalabbra trasparente.
Una
bellezza femminile ed eccitante al tempo stesso nonostante non avesse
esagerato davvero indossando qualche abitino sexy succinto o
acconciandosi i capelli in qualche modo elaborato.
Era
sempre lei ma per un attimo credette di essere davanti ad una sorella
nascosta.
Furono
i suoi occhi a fargli capire che era lei, uno dorato da corvo e
l’altro azzurro quasi senza pupilla.
E
si riprese a respirare per poi trattenerlo di nuovo al momento di dirle
qualcosa.
“Cosa
diceva quello? Merda, perché diavolo non l’ho
ascoltato come si deve? Falle i complimenti se si è fatta
carina per me? Se non sbaglio diceva questo... e se è
magnifica cosa devo fare? Saltarle addosso?”
-
Ciao caprone! – Lo salutò lei per togliersi da
quel momento di imbarazzo e ricordarsi che rapporto avessero.
“Ah
ecco, ora mi sento meglio!”
Si
riprese lui sentendola:
-
Ciao strega! – Poi la sicurezza tornò a lui come
un fiume in piena al punto da fargli aggiungere una cosa che gli venne
naturale: - Stai bene vestita da donna! –
Lei,
nN'ostante tutto, gradì il complimento che capì
essere tale per il semplice fatto che ormai conosceva Kinkaid. Per lui
fare complimenti era come spararsi sui gioielli di famiglia, se sentiva
il bisogno di farne certamente li diceva a modo suo.
Se
si fosse trasformato in un totale gentiluomo lei stessa si sarebbe
sentita a disagio, probabilmente. Quindi trasformando il sorriso
indecifrabile di prima in un ghigno divertito, rispose:
-
Anche tu conciato da uomo. Ste ha fatto un ottimo lavoro, non avrei mai
pensato! – Kinkaid, non abituato a sentirsi fare a sua volta
certi complimenti, che lui capì erano tali poiché
era identico al suo, si sentì compiaciuto e si chiese se non
fosse perché era stata lei a farglielo.
Scacciò
il pensiero decidendo di fare quello di sempre, quindi riprendendosi
l’espressione da perfetto stronzo le chiese:
-
Bè, dove si va per la tortura? – Non si poteva
mica dire sempre quello che si pensava davvero, del resto…
-
Conosco io un bel posto, se non ti dispiace. Immagino che tu non hai
alba di luoghi dove si mangia fuori! – Fece lei. Anche Astrid
era dello stesso avviso del rossiccio.
-
Per me è uguale, basta mangiare. –
Semplificò lui.
-
Bene. – Quindi infilò la mano sottile sotto il
braccio forte di lui, un biancore che spiccava molto nella sua
abbronzatura, aggiungendo con un espressione nuovamente indecifrabile:
- Allora andiamo, non è lontano! –
“E questa?”
Ebbe la forza di pensare Kinkaid spiazzato, prima di poter proseguire
per quel pensiero, si trovò a camminare per le vie della
città con lei e a chiacchierare miracolosamente del
più e del meno senza litigare o punzecchiarsi troppo.
Rimanevano nei limiti e spesso lui le lanciava degli sguardi obliqui
che erano come lava incandescente, sguardi che
l’accarezzavano al volo e si imprimevano a fuoco dei dettagli
di lei che gli piacevano senza vergognarsene.
Quel
sentimento di imbarazzo verso i propri sentimenti, era passato da un
pezzo… ormai aveva imparato ad accettare il fatto che lei
gli piacesse. Da lì a fare un altro passo ce ne sarebbe
passato molto.
“Non
guardarmi così. Sembra strano, è un periodo di
grazia dove finalmente le disgrazie della natura sembrano averci
lasciato in pace, ogni giorno sembra addirittura bello per qualche
motivo ed io non mi capacito di come possa essere possibile. La mia
vita è cambiata così tanto solo stando con lui?
O
è perché ormai mi interessa da tempo e non sono
un ipocrita da impormi il contrario?
Kinkaid
sarà odioso ma a volte mi sembra come se l’odio
sia davvero sinonimo di amore… non so.
Vedo
ora come mi fissa di tanto in tanto mentre parliamo tranquillamente e
improvvisamente è difficile respirare, anche se sono stata
io con naturalezza a prenderlo a braccetto, quando mi lascia i suoi
occhi divento insicura proprio come una semplice ragazza insieme al
ragazzo che le piace.
È
diverso dal sentimento che ho provato per chiunque, non
c’è nessuno che mi abbia mai fatto sentire in
questo modo.
È
stata una cosa lenta e graduale ma il cambiamento,
l’avvicinamento, l’interessamento
c’è stato.
Quando
mi guarda così mi sento magnifica e non importa quello che
dicono o che pensano di me gli altri, le parole non possono abbattermi.
È sempre stato così, più o meno, ma mi
sono sempre sentita sola e divorata da una disperazione
atroce… ora che ho conosciuto lui che ha una disperazione
così simile alla mia, mi rendo conto che non sono sola e
sono sempre di meno giù di morale.
Per
tutti quelli che non mi conoscono davvero, e sono molti, sono solo
delirante, cercano di consumarmi e rovinarmi per il gusto di farlo, ma
io ormai non arrivo più a voi.
Ho
riempito il mio vuoto, in qualche modo, i pezzi sono arrivati tutti ed
il puzzle è completo… o quasi… ed io
provo una prfonda contraddizione mentre lui mi fissa in questo modo che
mai ha fatto.
Incerta
e sicura al tempo stesso.
Mi
fai sentire magnifica, stasera, Kinkaid, e non importa quello che
facciamo, noi non siamo la merda che tutti hanno sempre voluto farci
credere. Noi siamo pieni di meravigliosi sbagli e in qualsiasi posto
andiamo se riusciremo a stare come oggi, come stasera, penso proprio
che il sole potrebbe splendere ancora a lungo. Perché prima
stavo male ed ora sto sempre meglio.
Quindi
non lasciarmi mai.”
Il
locale era un pub dove la cucina era semplicemente divina e servivano
carne grigliata molto buona, era in stile selvaggio west, intorno al
bancone del bar c’erano le selle al posto degli sgabelli e
tutto il resto era in legno, a terra si potevano buttare le bucce degli
arachidi che si mangiavano nell’attesa di mangiare, alcuni
tavoli erano sotto una specie di carovana e la musica era rock. Era un
bell’ambiente molto alla mano e semplice ed i prezzi stessi
erano abbordabili.
Kinkaid
si sentì a suo agio in un posto simile e si stupì
che non avesse scelto un ristorante costosissimo per sbancarlo.
Con
lui sorpreso mentre lei compiaciuta di aver azzeccato il luogo, la cena
ebbe inizio.
Gli
sembrava molto strano stare soli senza allenarsi nella cella
frigorifera, in un primo momento dovettero abituarsi a non usare la
forza ma la testa per conversare, ma poi si sentirono così
bene da sorprendersi nell’essere naturali.
Non
era un inizio, era un seguito e forse l’esito non sarebbe
stato quello sperato ma nemmeno quello più disastroso.
L’argomento
attuale era come le esperienze della propria vita passata potessero
influire così drasticamente sulle persone.
Astrid
conosceva il passato di Kinkaid ma lui non lo sapeva, quindi evitando
di mettere chiaramente in ballo certi discorsi facendogli capire che
sapeva tutto perché Stephan glielo aveva spifferato,
l’aveva presa alla larga dicendo che nel corso dei mesi in
cui si erano conosciuti, lui era cambiato molto.
-
Io sono una persona da odiare, non da amare... quell'esibizionista di
Zefiro è da amare, anche se non me ne capacito ancora, e
perfino Stephan… ma non io. – Questa era stata una
delle risposte del castano rosso, quindi lei riflettendoci con
attenzione aveva voluto puntualizzare una cosa.
-
All’inizio eri più estremo, esagerato, irascibile,
prepotente, odioso… anzi, penso che tu fossi odioso, e
tutt’ora non scherzi molto su questo aspetto,
perché dipende da quello che provavi, dai tuoi sentimenti.
Se uno prova amore dà amore, se invece prova odio,
dà odio. – Un ragionamento lineare e non troppo
complicato o sentimentale. Lui aveva ascoltato attento e poi senza
rovinare quell’atmosfera seria e confidenziale, disse a sua
volta guardandola negli occhi:
-
Io sono fatto di odio. Io non so cosa voglia dire amare. Io so
cos'è la cattiveria perché ci sono cresciuto in
mezzo. Come posso essere amato e provare amore per qualcuno? Non
conosco questo sentimento. – Il suo discorso avrebbe potuto
ferirla se non fosse stata pronta a sentirsi dire una cosa simile. In
fondo anche lei l’aveva sempre pensata così,
eppure vedendo i passi in avanti che stava facendo
quell’estremista rumoroso, si stava anche ricredendo.
E
disse qualcosa che non avrebbe mai creduto di dire in vita sua:
-
L'amore può salvarci l'anima o dannarla per sempre.
– Quando il silenzio calò lui riprese preferendo
non soffermarsi sulla verità appena udita:
-
Ed ora? – Chiese a bruciapelo con un certo interesse. Astrid
inarcò le sopracciglia sottili.
-
Ora che? –
-
Hai detto che prima ero uno stronzo odioso eccetera… ora
come sono? – Non lo chiese per narcisismo ma per conoscere
quel che pensava al momento di lui e siccome era diretto non avrebbe
potuto farlo che così:
-
Ora sei… - Cercò le parole adatte per non mettere
sé stessa in imbarazzo ma essere sincera nel modo giusto,
poi riprese con un lieve rossore nelle guance: - … degno
d’attenzione. – Quindi si affrettò a
correggere il tiro: - Sei più calmo anche se non sembra, non
ti scateni per ogni cagata, per ottenere quello che vuoi non vai come
un treno usando la forza, cerchi le armi giuste. Prima eri un
esplosione ora sei più un fuoco che si controlla. Se vuoi
scoppiare scoppi se vuoi star fermo stai fermo. Non hai solo una scelta
come sembrava pensassi prima, ora nei hai molte e le vagli tutte prima
di agire. –
Era
rimasto colpito da questo discorso e perdendosi un attimo nel suo viso
riascoltandosi le parole sentite, si rivide sé stesso mesi
prima, quando ancora non li aveva conosciuti. Era vero, ora era
esattamente come diceva lei e quel cambiamento lui non si era nemmeno
reso conto di averlo compiuto. Non era ancora arrivato ad accettare
cose come la forza altrui ma accettava il fatto che doveva migliorare
per ottenere quel che voleva. Prima non sarebbe mai arrivato a questo.
Sospirò
distogliendo lo sguardo sentendo un lento crescente calore, quindi
disse stringendosi nelle spalle con una certa noncuranza:
-
Che vuoi, penso che sia meglio bruciare che spegnersi lentamente. -
–
Bè, detta da te non fa testo! E comunque non era tua,
questa! – Rispose Astrid con una strana luce negli occhi, la
parte seria poteva essere conclusa, in fondo… o sarebbero
finiti a dirsi chissà cosa. In certi casi è
meglio andarci piano.
–
Che ne so io di chi sia! – Fece sgarbato il rosso capendo che
la parte seria era conclusa.
–
Ma come! È del cantante migliore di tutti i tempi!
– Ribatté scandalizzata.
–
Una mosca? – La prese in giro lui di proposito rimanendo con
un aria scorbutica.
–
Io con te non ci parlo più! – Asserì a
quel punto la ragazza sentitasi offesa profondamente. Come poteva non
conoscere il suo idolo e offenderlo a quel modo?
–
Che ho detto questa volta? -
–
Hai paragonato Kurt Cobain ad una mosca! –
–
Chi? -
–
Te l’ho detto, non ti parlo più! -
–
Che aspetti? -
–
A che? -
–
A smettere di parlarmi! -
–
Stronzo! – Concluse con un grugnito Astrid ancor
più imbronciata e sul piede di guerra. Era sempre il solito,
sperare che potesse essere carino, a modo suo, più a lungo
di qualche minuto, era chiedere troppo. Kinkaid dal canto suo
l’aveva fatto per sdrammatizzare una scena che per lui era
giù troppo pesante, anche se gli era piaciuto parlare
così con lei.
La
sua risatina ghignante decise che non sarebbero stati più
gentili e seri per un po’… nulla di anormale
insomma.
-
Piattola! – Disse quindi il ragazzo rispondendo al suo
complimento. Lei non se lo fece ripetere:
-
Sgatarro di gallo asmatico. –
-
Muffa di merda di vacca che ha mangiato lenticchie putrefatte. -
-
Il tuo tasso di simpatia sta rasentando il minimo storico. –
-
Non ti ha portato la cicogna, ti ha portato l'avvoltoio! –
-
Oddio, ma che cos'è quella cosa minuscola che vola via? Oh,
è il tuo cervello! -
-
Cara, cara io non so come dirtelo. Non vorrei essere
offensivo… ma tu mi hai veramente rotto i coglioni. -
-
Va' al Diavolo... vuoi? – Tagliò corto Astrid
smettendo di cercare qualche originale insulto, cosa faticosa ad un
certo punto.
Eppure
non ci avrebbero mai rinunciato a quel modo di fare, di rapportarsi, di
scherzare, di essere anormali e unici insieme.
Era
come un codice che usavano solo fra di loro, una sorta di comunicazione
speciale per cui sì apparentemente si insultavano, ma in
realtà facevano qualcosa di ben più particolare.
Si
legavano.
Finirono
ridacchiando entrambi ammettendo, in un certo senso, il rispettivo
divertimento nel trattarsi in quel modo. Come se si dessero una certa
confidenza che riservavano a pochi e forse a nessuno.
Sancirono
la fine degli insulti bevendo insieme, Astrid aveva preso la birra
mentre Kinkaid della semplice acqua.
Però
fu a quel punto che lui stupì una volta di più
lei.
Senza
dire nulla né avvertirla con alcun segnale del suo
cambiamento di intenzioni, invece di prendere il proprio bicchiere e
bere da lì, prese il boccale della rossa sfiorandole la mano
e portandoglielo via con un gesto sicuro ed insolito.
Bevve
un sorso e poi mise giù come niente fosse.
Eppure
quel nuovo scambio di sguardi così strano ed indecifrabile,
quell’enigma nei suoi occhi e nei suoi gesti la scossero.
“Ormai
avevo pensato di aver voglia solo io di te nonostante io abbia notato
tutti i cambiamenti che hai sopportato solo per uscire con me.
Invece
ora mi fai capire con un semplicissimo gesto che
qualcos’altro ci starebbe. A mia volta bevo sul tuo stesso
punto e penso che fare ancora finta di resisterti mi sembra sciocco.
Mi
chiedo se stasera prenderai ancora un'altra iniziativa rimanendo
così serio e magnetico. Se ti leggessi nel pensiero
scoprirei che provi del desiderio per me?
Io
credo di si e mi sono imposta di non violare la tua testa, so che
nemmeno tu lo fai con me.
Se
ci desideriamo chiaramente a vicenda cosa aspetti?
Quando
siamo soli o ci sfioriamo o ci guardiamo seriamente
l’atmosfera si scalda incredibilmente. Se finiamo lontani da
qua, isolati, a continuare la serata, io con te stasera ci sto.
A
questo pensiero un brivido felino mi attraversa. Che tu mi abbia letto
nel pensiero ora?
Riesci
a captare sempre i miei pensieri più imbarazzanti eppure
ormai non me ne importa.
Sento
che mi vuoi.
Immagino
un atmosfera più adatta ed intima, magari la luce di un
camino che spande su di noi, la stanza vuota e noi seduti a terra
lì davanti a guardarci. Avresti la voce che ti trema, forse,
o forse tremerebbe la mia, chissà… un esperienza
simile per noi due non sarebbe da poco. Stringerei io le tue mani
infondendoti la mia sicurezza ed il mio volere, ti chiamerei sottovoce
e ti chiederei di baciarti, se non lo facessi già tu.
Perché
so che anche tu mi vuoi.
Poi
ti bacerei, o ci baceremmo, e capirei che mi piaci perché
quel mistero dentro te è affascinante davvero, penserei che
sei quello che speravo per me, lo sentirei profondamente e non
riuscirei a staccarmi da te subito.
Sentiremmo
entrambi un altro di quei brividi felini che proviamo quando ci
tocchiamo e lì, dandoci a quel modo, ti sentirei travolgente
e vero come sei sempre, forse ad un certo punto avrei
l’impulso di fermarti ma tanto non potrei se continueresti a
muovere la tua lingua contro la mia e a muoverti come tu sai.
E
sentirei come mi vorresti.
Con
quel brivido erotico potrei morire anche subito solo per le immagini
che mi sono arrivate come dei flash, morirei per come mi prenderebbe e
mi darei.
E
tuttora sento come mi vuoi. Mi arrivi dentro come un esplosione
inconfondibile.
Cazzo,
sono eccitata e non so se questo è una visione del nostro
futuro o solo il nostro desiderio attuale. O magari tutti e
due.”
“Le
scene e le sensazioni che mi hai trasmesso in questo momento non sono
solo calde ma anche realmente desiderate. E lo sono a tal punto da
essermi arrivate nonostante io non ti abbia violato per leggerti nella
mente.
Ho
bevuto dal tuo bicchiere perché volevo sfiorarti la mano ma
non sarei riuscito ancora a prendertela senza una scusa,
così ho agito un po’ d’istinto sempre
con un certo controllo di fondo. Ma poi ti sei messa a provare e
immaginare cose che hanno acceso il mio fuoco e vorrei solo che si
avverasse questo flash folle ed erotico.
È
possibile farlo ora? Annullare il mondo esterno, andare in quella
stanza davanti a quel caminetto e baciarci?
Mi
mordo il labbro cercando di trattenermi, ora ti prenderei qua davanti a
tutti. Non so davvero perché non lo faccio.
Ci
vogliamo allo stesso modo ma forse potrei ingannarmi od io stesso non
adatto a questo sentimento che sta diventando fisico oltre che
interiore. Non capisco cosa sia, fino a che punto arrivi,
perché, come gestirlo, cosa far di lui. Non capisco e vorrei
riuscirci ma ora sono distratto dal tuo seno e dalle tue labbra che
sembrano fatte per essere baciate.
Io
che esperienze ho in questo campo?
Non
ne ho e spero proprio di non rovinare tutto perché sono
precipitoso, esagerato ed egoista.
Potrebbe
essere tutto e potrebbe essere niente.
Voglio
vedere se questo desiderio rimarrà intatto anche quando
torneremo alla realtà e questo incanto finirà.
Perché entrambi non siamo più quelli di
sempre… c’è un atmosfera diversa da
sempre.
Io
voglio vedere se rompendola questi nostri istinti rimarranno immutati.
Non
è ora il momento di attuare questa visione, Astrid. Non
ancora, non per me.“
Per
un istante le loro vite si incontrarono davvero mentre le loro anime si
sfiorarono intimamente. Solo con quel tocco di mani e
quell’incrocio di sguardi.
Non
si toccarono più, profondamente scossi da quanto provato e
vissuto e voluto, se non al momento di separarsi e salutarsi.
Quando
lei, sorridendo con una dolcezza che lui mai le aveva visto, una
dolcezza appena accennata, una sfumatura appena, gli aveva lasciato un
semplice e leggero bacio sulla guancia ringraziandolo della bella
serata sorprendente.
Capendo
che non era ancora pronto per altro.
Capendolo
e accettandolo.