CAPITOLO XXI:
FIGLI DELLA GUERRA


/ VEDO IL BUIO
(poeti onirici)
Gira intorno a me
E nessun problema
Libero libero
Da qualsiasi sistema
Fai quello che sei
Non fingere mai
Spazia con la mente
Sogna quanto vuoi
Incidi la tua anima
Scrivi nel tuo cuore
Guarda dentro il buio
Per ore, ore e ore
Io vedo il buio
Dentro me
Io vedo il buio
Intorno a me/

Era stato Kinkaid a cercare Astrid, quel fine pomeriggio estivo.
Le cose si erano davvero evolute in maniera impressionante, da quando si erano conosciuti. Nessuno avrebbe mai detto che proprio uno come Kinkaid avrebbe cercato Astrid per parlarle seriamente di una cosa che ormai gli gironzolava in testa da tempo.
Del resto era con lei che passava ogni sera ad allenarsi, quando non c’era qualche uscita obbligata dal piccoletto rompiscatole. Era lei che poteva dargli un parere onesto ed oggettivo, non sarebbe potuto andare da nessun altro, se ne convinse mentre varcava la soglia della palestra di danza di Cloe. Non che sapesse i suoi orari ma aveva sentito la sua aura in quella zona ed aveva immaginato si trovasse proprio lì.
Una volta dentro si rese conto che erano già andati tutti a casa e che probabilmente, come al solito, il guardiano aveva lasciato le chiavi alla ragazza che ancora si intratteneva a ballare. Si fermò a guardarla consapevole che l’aveva percepito ancora prima che entrasse. Non smise di danzare e rimase un attimo col fiato sospeso osservandola assorto. Una che sapeva combattere a quel modo e che dimostrava una forza non umana e non femminile, era impossibile che sapesse anche muoversi in quel modo melodioso ed aggraziato.
Per quell’istante riuscì a cancellare ogni suo pensiero che per giorni l’aveva divorato e si sentì addirittura bene.
Che potere aveva quella persona che sembrava volare mentre volteggiava su tutto l’ampio spazio a sua disposizione?
La musica era alta e faceva vibrare le pareti ed il suolo ma non dava fastidio, sembrava solo perfetta. Come se fosse stata creata per lei e non viceversa.
Astrid aveva un grande dono, quello di creare poesia e bellezza per gli occhi, tutto ciò che un domani avrebbe salvato il mondo.
Move on now degli Hard Fi finì col suono del pianoforte malinconico ma con esso l’atmosfera particolarmente intima non se ne andò rimanendo ancora un po’ sospesa fra loro.
Entrambi erano ormai consapevoli dei rispettivi sentimenti l’uno per l’altro ma non avevano ancora avuto il coraggio di leggere il pensiero dell’altro per capire se fossero ricambiati o meno. Gli sembrava come spiare, di invadere l’interiorità altrui.
La rossa chiuse lo stereo prima che ripartisse e prendendosi dell’acqua e un asciugamano da viso per asciugarsi il sudore che le colava sulla pelle chiara, si diresse verso di lui fermo all’ingresso che ancora non muoveva un muscolo pensando solo che fosse bella.
- Ehilà! – Disse lei arrivandogli davanti. Era in tenuta da ballo che consisteva in pantaloncini corti ed attillati e in un top mediamente scollato con le spalline corte che le permettevano di muoversi liberamente. Ovviamente tutto in tessuto nero ed elasticizzato. Bevve dalla bottiglietta dissetandosi mentre attendeva il suo saluto che non arrivò, quindi gli chiese: - Bè? Che c’è? Come mai quest’onore? – Non era davvero stupita, percepiva uno stato particolare in lui e immaginava che voleva chiederle qualcosa di serio. Del resto era davvero cambiato da quando l’aveva conosciuto.
Era quasi un altro.
Kinkaid respirò profondamente poi senza staccarle gli occhi dorati di dosso e guardarla rifarsi la coda alta, parlò senza girare intorno al discorso:
- Sei l’unica a cui posso rivolgermi per questa cosa. Stephan andrebbe nel caos dicendomi di non farlo per partito preso, Zefiro… bè, a Zefiro non parlerei mai di certe cose… sempre per partito preso! Quindi rimani tu… -
- Oh, gentile… sono il risultato dell’esclusione di tutti gli altri, insomma! – Ribatté fintamente seccata, solo per alleggerire una situazione che sentiva già pesante.
- E perché sei l’unica che effettivamente conosce il mio attuale livello di combattimento. – Con quelle parole le fu subito chiaro tutto ma non dimostrò la sua delusione che mascherò dietro strati e strati di imperturbabilità. Aveva quasi sperato che fosse venuto per dirgli che gli piaceva e che voleva mettersi con lei.
- Spara allora, voglio andare a lavarmi che sono in uno stato pietoso! –
Lui si mise le mani ai fianchi e in una posa spaccona che voleva rivelarlo per ciò che al momento non era più, disse con forza e sicurezza:
- Voglio andare a sfidare Jago. – La luce seria che colse nei suoi occhi di corvo le fece mancare un battito. Per un momento le parve quasi che parlasse di lei invece che del loro nemico. Lo invidiò. Dopo tutto era ancora lui il centro dei suoi pensieri… quasi da ingelosirsi seriamente.
- E cosa vuoi da me? – Lo chiese con una certa durezza che metteva nella maggior parte delle sue frasi, lui non se ne stupì poi molto e forse nemmeno ci fece caso. Anche se era sicuramente qualcosa indirizzata a lui e lui soltanto. Però Kinkaid al momento aveva solo una cosa nella mente e voleva sapere.
Si piantò meglio sulle gambe leggermente divaricate, incrociò le braccia muscolose al petto ed alzò il mento come se stesse sfidandola:
- Dimmi la verità, sono pronto secondo te? –
Questo colpì la rossa che si fermò sospendendo ogni funzione vitale per concentrarsi unicamente su di lui e sulle sue parole.
Aveva sentito bene?
Stava chiedendo il suo parere per una cosa che sapeva per lui era vitale?
Fu lì che sentirono palpabile e viva l’atmosfera di intimità intorno a loro.
Fuori il tramonto serpeggiava nel cielo donando a loro dei colori affascinanti e caldi, più di quanti naturalmente ne avessero, quindi cercando qualcosa da dire prima di stufarlo, Astrid si decise a rispondergli altrettanto seriamente.
Come era giusto che facesse.
Capendolo fino in fondo, in ogni anfratto nascosto ed intricato.
- Come ti vedi tu? – Questa domanda lo sorprese, quindi disse la prima cosa che istintivamente gli uscì:
- Fuoco. Mi vedo fuoco più di quanto io non lo sia mai stato. Il fuoco non è l'altra mia parte, il fuoco è il mio sangue. E' la verità per cui vale la pena vivere e sarà con lui che io morirò. Sono caldo e deciso, fremente di vendetta, pieno di sentimenti che non chiedono altro di essere liberati ed esplodere. –
A questo punto lei provò quasi un moto di ribellione. Fu un atto confuso in lei… da un lato lo vedeva più pronto di sempre, dall’altro sentiva che sostenendolo sarebbe finito probabilmente male. E questo non l’avrebbe mai sopportato. Però lui le aveva chiesto sincerità e così con un sospiro ed una mano al fianco, rispose cercando di leggergli dentro, senza fini per sé stessa:
- Sai Kinkaid, tu vedi solo quello che i tuoi occhi vogliono vedere. Come può la vita essere quella che vuoi se sei così fissato su un'unica cosa? Tu credi di essere fuoco ma in realtà non sai quanto sei gelido. Lo sei perché il tuo cuore non è aperto, sei inaridito da tutto quello che cerchi di ottenere. La verità, per me, è che perdi il tuo tempo nell’odio e nel rimpianto. – Più onesta di così non sarebbe potuta essere, questo funse da pugno allo stomaco per lui e se gli avesse semplicemente detto che non lo sentiva pronto, bè, sarebbe stato meglio.
Perché improvvisamente contava tanto il suo punto di vista?
Le piaceva, ecco perché contava tanto.
Non poteva sempre fingere di essere un idiota fissato con la guerra e la vendetta. Ormai che lo volesse o no in lui si erano affacciati altri sentimenti.
Però sentirsi dire che era gelido ed inaridito gli aveva fatto effetto e sciogliendo le braccia dal petto che lasciò lungo i fianchi, la guardò come se la vedesse per la prima volta.
- L’odio e il rimpianto è tutto ciò che mi hanno tenuto in vita fino ad ora. Mi rendo conto di aver sempre vissuto nel passato ma se ora sono qua davanti a te è solo grazie a questo. Il mio tempo è il mio passato e finché non ci metterò la parola fine risolvendo la questione, non potrò vivere per il presente o per il futuro. Caldo o freddo che io sia. – La sua risposta le arrivò dritta dritta dentro ma non la fece desistere, sembrava sapere perfettamente cosa rispondere, poiché era quello che si sarebbe voluto sentir dire.
- Ma la vita è adesso. – Una semplice frase che certamente valeva molto anche per lei.
Lei non viveva nel passato come lui e nemmeno nel rimpianto, ma ammetteva di essere vissuta nell’odio e nella negazione di qualunque cosa. Tornando indietro avrebbe cambiato molte cose anche se in fondo aveva semplicemente fatto del suo meglio con ciò che aveva.
Però con i ‘se’ ed i ‘ma’ nessuno andava avanti e la vita, per l’appunto, non si fermava di certo.
Arrivò a Kinkaid come un pugnale che si conficcava nella carne.
Capì quanto vero fosse nell’esatto momento in cui la guardò negli occhi ascoltando quella frase pronunciata con una certa forza.
- E’ per poter vivere ora che devo disfarmi dei fantasmi del mio passato. – Disse poi.
- Cosa centra Jago? Perché vuoi così fortemente batterlo? – Lo chiese senza sapere perché contasse così tanto la sua risposta. Solo più avanti avrebbe potuto capirlo.
Gli occhi del ragazzo, in quel momento, cominciarono a brillare di pagliuzze rosse e lo sguardo divenne più affilato e minaccioso. Come ogni volta che si parlava di lui, solo che ora accadeva in modo più maturo e adulto:
- Perché lui è il mio unico ostacolo alla realizzazione della mia vendetta. –
“Eppure non è questo che vuoi, che vuoi profondamente e veramente con tutto te stesso. Non è questo. C’è dell’altro e non lo sai ancora. Non è che non sei onesto con te stesso, ancora non ci arrivi ma lo farai. E penso che solo percorrendo la via che ti scegli giorno dopo giorno, tu possa arrivare a scoprire cosa desideri realmente. Quindi non ti ostacolerò. So, sento, quanto è importante questo confronto per te. Se devi farlo allora fallo e se per farlo cerchi il mio consenso, se conta per te, allora te lo darò. Però è quanto di più duro io abbia mai fatto in vita mia, perché ti sto mandando quasi certamente a morire ed io ho capito da poco quanto ti voglio bene. “
Pensando ciò, sperando che lui non le leggesse nel pensiero, parlò mantenendo il proprio controllo, utilizzando un tono normale e serio:
– Qualcuno combatte per proteggere, qualcuno combatte per vendicare. Tu perché combatti? – Anche se forse avrebbe potuto sapere la risposta, in fondo gli aveva appena detto che voleva vendicarsi e che Jago era il suo ostacolo…
Però la sorprese:
- Qualcuno danza per ricordare, qualcuno danza per dimenticare. Tu per cosa danzi? -
Lì lei si sentì effettivamente spiazzata, quindi senza capire che collegamento potesse avere con lui, disse:
– Per sentirmi viva. -
– Ecco la mia risposta alla tua domanda. – Dopo di che, pur lei non si sarebbe mai aspettata una cosa simile da lui conoscendo tutta la sua storia ed il suo carattere, non potè non ribattere con decisione e convinzione, rendendosi conto di quanto improvvisamente fosse d’accordo con quel combattimento. Anche se le faceva male.
– Allora va’, ma stà attento. – Non si vergognò a dirlo. Kinkaid a questo sorrise in modo strano, non uno dei suoi soliti ghigni malefici di sfida o di scherno. Fu un sorriso indecifrabile che nemmeno con tutto il suo impegno Astrid sarebbe riuscita a definire. Però fu solo un lampo brevissimo poiché tornò il sadico di sempre con quell’aria sbieca:  
 - La morte è un privilegio che per ora non mi è ancora concesso avere. E poi se il destino è contro di noi... peggio per lui! –
Questa conclusione scanzonata che ricordò il vecchio Kinkaid, la sollevò un po’ anche se in lei una lotta molto crudele stava avvenendo.
Non l’avrebbe mai esternato e lui, ringraziando il cielo, non se ne sarebbe accorto grazie al fatto che era ancora troppo preso da Jago e da ciò che avrebbe fatto di lì a poco.
“Veramente combattere è l’unico modo che ha per sentirsi vivo e non crollare? Forse penserebbe troppo, forse se mollasse e non lottasse finirebbe per farsi mangiare dall’oscurità e deprimersi fino al non ritorno. Forse senza la sua guerra non sarebbe veramente nulla di lui, ora. E con che diritto io ora cerco di fargli cambiare idea? Di togliergli ciò che lo anima? Come posso? Una persona non può farsi convincere da altri che sbaglia, può solo capire da sola cosa deve cambiare mentre gli altri gli stanno vicino e lo sostengono. Io non ho grandi rancori, non ho voglia di combattere guerre… voglio solo sentirmi viva ed in pace. Voglio solo il suo fuoco. Tutto qua. Nient’altro. Però ora che lo so non posso mollarlo. No di certo. A costo di andare nella sua stessa guerra.”
- Ti chiedo di non dire nulla a Stephan anche se probabilmente lo sentirà da solo. Vorrei mi facessi un favore a questo proposito… -
- Ehi, non tirare troppo la corda, mio caro… la tua buona stella non può accompagnarti per sempre! – Affermò improvvisamente col suo solito modo maligno, il rosso la ignorò e proseguì:
- Vorrei che tu e Ken andaste da lui e lo teneste in casa. Quando capirà che sto combattendo con Jago vorrà precipitarsi da me per fermarci ma non voglio che venga. Quindi potete anche legarlo, se volete, ma tenetelo là. – Ken era Zefiro naturalmente. Si sospese un attimo valutando dalla sua espressione se l’avrebbe fatto, poi con il suo: ‘che palle!’ spontaneo, proseguì: - E soprattutto tu non venire! Per nessun motivo! –
“Oh questa poi!” Pensò velocemente partendo come un carro armato col dito puntato verso di lui e tutta battagliera:
- Senti, verme marcio, tu non mi dici cosa fare! Il favore posso anche prenderlo in considerazione ma un ordine non se ne parla! Chi ti credi di essere? Io faccio quello che mi pare, chiaro? – Era ovvio che avrebbe risposto così, non si sarebbe aspettato nulla di diverso.
Qua Kinkaid le voltò le spalle per andarsene come se quello fosse un si. Tanto non esisteva forza in grado di tenerla lontana da un posto in cui invece voleva andare. Poteva solo sperare che per una volta l’avrebbe ascoltato.
- Bene, io vado allora. Ci vediamo! – Non promise nulla, non specificò quando si sarebbero rivisti e non chiese nessun porta fortuna svenevole. Semplicemente prese e andò dritto per la sua strada con la schiena dritta, le spalle larghe e senza la minima indecisione.
Astrid non disse nulla trovandosi sola a guardarlo allontanarsi nel tramonto rosso intenso. Solo si strinse le braccia alla vita sospirando malinconica.
- Non farti uccidere, Kinkaid. – Mormorò solo quello quando fu certa di non essere sentita.
Quella notte a lottare una battaglia dura sarebbero stati in molti.

“Qualunque cosa accada io non torno indietro, io non smetterò di combattere, lo farò fino in fondo, finché uno di noi due non crollerà a terra privo di vita. Perché ora si decidono le sorti di tutti. Se vinco io presto arriverà la fine di quei luridi ladri assassini, se invece vincerà lui, probabilmente, andrà ad uccidere Astrid e gli altri… non so perché ma ho questo sentore. Forse lo penso perché io al posto suo farei così.
Sarà una dura battaglia, lo so, e forse non sarò in grado di tornare con le mie gambe, devo considerare questa eventualità, ma non mollerò.
Potrà succedere qualunque cosa, qualunque. Che la montagna si sbricioli crollandomi addosso, che il mare mi inglobi annegandomi… non avrà alcuna importanza. Non mi fermerò, non mi placherò. Non una lacrima, no, non io. Nessuna pietà per me, perché io non ne avrò per lui.
Percorro la strada verso il Bosco Sacro, una strada che conosco a memoria e che potrei fare anche ad occhi chiusi. Il crepuscolo sta pian piano vincendo sul tramonto che ha abbellito il mio momento con Astrid. Potrebbe anche essere l’ultimo ricordo che avrò di lei ma sono contento perché è bello. Lei che balla con una musica struggente alla luce rossa del sole. Non potrei chiedere di meglio.
So che non ho la sua benedizione ma ho il suo consenso e sorprendentemente conta infinitamente per me.
Prendo l’aria a pieni polmoni immettendomi nella foresta che costeggia questa città ed invado volontariamente la zona dei Cacciatori. Abbasso la mia aura il più possibile per evitare inutili attacchi intermedi e cerco quella di Jago, ovviamente non la trovo, credo che abbia altro da fare e non voglia essere disturbato. Bè, mio caro, per sta sera sarai costretto a rivedere i tuoi programmi. Assottiglio gli occhi cercando quindi Yari, sicuramente lei sa dov’è.
Una volta trovata la seguo.
Sento un emozione non da poco, dentro di me, qualcosa di diverso dalla solita esaltante sete di vittoria, di potere e di sangue che mi pervade normalmente, ora sento della tensione. È importante quello che sto per fare.
Jago è diventato la mia ossessione, quando c’è lui di mezzo non ragiono più e divento incontrollato. Ora però ho imparato a non scattare e a trattenermi, ecco perché mi sono reso conto di essere pronto, che era ora di affrontarlo. E questa sensazione che provo ora, man mano che mi avvicino a lui, mi dà la conferma che è proprio così.
Che è giusto battermi con lui adesso.
L’idea di avere nelle mie mani il potere di cambiare le sorti di una marea di persone dovrebbe elettrizzarmi o magari schiacciarmi, eppure non mi fa effetto, non quanto l’idea che ora metterò la parola fine al discorso di Jago.
Mio caro nemico, non sei il primo della mia lista eppure sei l’unico che mi ha tolto tanti sonni fino quasi a farmi impazzire di nuovo, come quando morì Thomas.
Hai un ruolo importante, essenziale, in questa storia di merda scritta da un autore incapace, ma purtroppo non sei il solo. Ci sono anche tanti altri ruoli principali ed io sono fra questi.
Non so onestamente quali siano gli altri, non mi è chiara la cosa, ma so che non saremo soli ad affrontare questa maledetta cosa.
Però ora siamo noi due e non c’è posto per entrambi in questo mondo del cazzo.
Quindi butta via la maschera e affrontami, sai che è il momento, sai che è giusto così,
Lo sai.
I nostri cervelli sono in fiamme con la sensazione di uccidere e non andrà via fino a che i nostri sogni non si saranno realizzati.
Lo senti bene, ormai, no? Da quando ci siamo incontrati quella sera per salvare Astrid. C'e’ una sola cosa nelle nostre menti.
Non cercare di scappare via di nuovo dal tuo dovere perchè sei quello che troverò ed ucciderò.”

Quando Kinkaid trovò Yari, vide che l’aspettava seduta sopra ad un albero. Aveva le braccia conserte sotto i seni prosperosi e il solito abbigliamento maschile, mentre i grandi boccoli rosa erano liberi sulle spalle. Aveva un espressione seria e concentrata, come se cercasse di capire qualcosa.
Il perché di un ordine a cui lei non era d’accordo, probabilmente, ma che avrebbe eseguito per amore di chi glielo aveva fatto.
- Ti ho trovata finalmente. – Asserì Kinkaid sprofondando le mani nelle tasche del soprabito lungo e nero senza maniche, non se ne separava mai per qualche motivo, forse era una sorta di porta fortuna, chi poteva dirlo…
Il ghigno che mostrò sulle sue labbra dalla piega decisa, non fu ricambiato. Lei ancora non rispose, quindi continuò:
- Portami da Jago. –
“E c’è ancora qualche stolto che lo chiama semplicemente per nome!”
Pensò scrollando leggermente le spalle in segno di contrarietà. Dopo di ché con un movimento agile e fluido saltò giù dal ramo alto arrivando esattamente davanti a lui. Entrambi sapevano che non avrebbero combattuto, quella sera. Non fra di loro.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante in cui non dissero nulla, entrambi persi in qualche pensiero, probabilmente.
Poi lei parlò freddamente e piena di disprezzo:
- Mi sembra strano che possa sbagliarsi, però dalle premesse non mi sembra esattamente ciò che ha detto. –
Kinkaid aprì la sua mente cercando di leggerle dentro, era stufo di tanti giochetti, anche se effettivamente erano appena iniziati. Lui era lì per un unico scopo, quelle erano tutte perdite di tempo.
Voleva solo Jago.
Però si stufò anche di decifrare ciò che leggeva nella sua testa, quindi partì:
- Che diavolo ha detto?! – Sgarbato come suo solito. Yari, sempre più contraria a quella conversazione e ciò che sarebbe successo, rispose senza scostarsi di un solo millimetro:
- Che questa sarebbe stata una notte speciale. – Poi terminò più marcata: - Ma non penso proprio che si riferisse a TE! – Se avesse parlato con una pulce, avrebbe avuto un tono più riguardevole. A Kinkaid non fece effetto, sapeva che non lo sopportava e la cosa era reciproca.
- Puoi vederlo anche da te a cosa si riferiva. Voi Cacciatori siete capaci di leggere il futuro, no? – Non aveva tempo da perdere e il parlare con lei lo faceva fremere sempre più. Presto non ce l’avrebbe fatta ad aspettare ancora. Non poteva.
Jago era lì a poca distanza da lui ed ancora li tenevano separati.
Non ce la faceva.
Yari percepì chiaramente la sua impazienza, tanto che era forte, quindi stringendo gli occhi con un fare poco decifrabile sciolse le braccia lasciandole lungo i fianchi, quindi gli disse solo laconica:
- Seguimi. –
Questo fu per lui la cosa migliore che in tutta la giornata si era sentito dire.
Cos’erano quei battiti?
Mentre aveva iniziato a camminarle dietro con la consapevolezza di vedere Jago di lì a poco, aveva cominciato a sentire sempre più forti dei martelli pneumatici dentro di sé, battevano da ogni parte, nella sua testa, nel suo petto, nelle sue mani, nei suoi piedi, nel suo cuore… ovunque. Erano insostenibili ma era certo che quando i suoi occhi dorati si sarebbero posati in quelli quasi trasparenti di lui, la pace l’avrebbe avvolto.
- Immagino ti aspettasse. – Disse Yari facendosi da parte ed indicando con un gesto un angolo semi buio della radura nel bosco. Erano nei pressi del Fiume Sacro, vicino ad una vecchia casa in legno, probabilmente il suo rifugio. Quando la vide un campanellino risuonò nella sua mente. Alla fine, da piccoli, lui, Tommy ed Oscar non erano mai stati in quella famosa casa nel territorio cacciatore che sembrava abbandonata, solo il suo amico che però era morto prima di riuscire a condurli là. Non l’aveva mai vista eppure… eppure sentiva di conoscerlo, quel posto, in qualche modo. Non direttamente.
Suo malgrado spostò l’attenzione su Jago che vide aguzzando la vista.
Eccolo là.
I battiti assunsero un accelerazione improvvisa fino a che l’idea di esplodere ed impazzire non fu una certezza, ma poi tutto fu silenzio, ogni cosa si fermò per poter udire la sua voce.
La sua fredda voce inconfondibile. La voce del ghiaccio.
Liscia, levigata, profonda… addirittura sensuale e seducente.
- Grazie Yari. Puoi lasciarci. – Nonostante non fosse una cosa rivolta a lui, non sentì più nulla, concentrato completamente sulla sua voce, sulle sue parole, su di lui.
Ancora non si muoveva e lo vedeva appena.
Combattere col buio era sciocco ma da lì a poco, quel posto sarebbe stato illuminato a giorno dal suo corpo infuocato.
Non si preoccupò minimamente.
E poi la luna era così grande e bassa, quella sera, che non sarebbe comunque servita nessun altra illuminazione.
La donna sgusciò silenziosamente via con un doveroso inchino, quindi i due uomini si trovarono da soli, a diversi metri di distanza, fra il caldo serale di quella notte d’estate e i rumori notturni comunque molto silenziosi intorno a loro.
- Ciao Kinkaid. – Disse. Che gli rivolgesse la parola era già indice di progresso visto che all’inizio sembrava non vederlo nemmeno…
- Jago. – Fece invece Kinkaid muovendo con fermezza qualche passo verso di lui.
L’aria intorno aveva già cominciato a rinfrescarsi, cosa che fu immediatamente contrastata dalla temperatura perennemente alta del corpo del più giovane.
Erano l’opposto di natura.
Continuava a separarli qualche metro ma ora si vedevano molto meglio. I rispettivi occhi brillavano nel buio provocato dalle fronde degli alberi meno fitte in quella zona specifica. Le stelle cominciavano a splendere in cielo e di lì a breve ce ne sarebbero state a milioni.
- E’ da un bel po’ che non ci vediamo. – La calma marcata che Kinkaid dimostrava, indicava quanto fremeva per lasciarsi andare ed iniziare.
In quell’istante ebbe la concreta sensazione di essere spiato da qualcuno, qualcuno che non era né cacciatore né osservatore.
Era un aura molto simile a quella di Astrid ma comunque diversa.
Tese i muscoli del corpo drizzandosi per sentire meglio, ma Jago lo interruppe per evitare di fargli guardare dentro il rifugio. Se l’avrebbe visto le cose sarebbero degenerate nel modo che lui proprio non voleva.
- Perché sei venuto proprio ora? – Chiese quindi Jago distraendolo, mantenne una pacatezza gelida che non rivelò assolutamente nulla e Kinkaid stesso tornò a concentrarsi su di lui senza però l’intenzione di leggergli nella mente. Ogni volta che tentava gli veniva un gran mal di testa e si innervosiva, quindi smetteva ancor prima di riuscire a trovarvi qualcosa. Non era sicuro di non farcela, ma sicuramente aveva i suoi modi per ostacolarlo.
Ora era lì solo per una cosa.
Le pupille del rosso si fecero sempre più sottili mentre le pagliuzze rosso arancio cominciavano a saettare nelle sue iridi dorate:
- Perché io sono nato per distruggerti ma sto crescendo ogni ora e sto diventando forte in ogni modo. Sì, mi hai acceso e sto diventando forte in ogni maniera. Non è per vedere chi è il migliore. E’ perché sai bene quanto me che è giusto. -
A questo il moro rispose composto:
- Alcuni si ritengono perfetti unicamente perchè sono meno esigenti nei propri confronti. – Questo avrebbe potuto far arrabbiare Kinkaid se non fosse stato troppo concentrato su altro.
- Sono nella mia forma migliore, e tu lo sai bene, ma non è per questo che voglio affrontarti ora. C’è un idea precisa che devo realizzare e tu sei il mio ostacolo. -
- Lottare per un idea senza avere un'idea di sé stessi, è una delle cose più pericolose che si possa fare. – Sembrava avere una risposta ad ogni quesito sollevato. Come se improvvisamente fare conversazione con lui fosse diventato sorprendentemente degno.
Già, era davvero cambiato molto e forse era vero che quella era la sua forma migliore e che non si sarebbe mai superato, però aveva ancora strada da fare.
- Noi siamo i figli della guerra, siamo nati per combattere ed è questo che faremo. Perché non c’è posto per entrambi su questo mondo e tu lo sai. Lo sai bene che il momento è arrivato. – Lo disse con una tale forza e sicurezza nella voce che gli occhi stessi finirono di colorarsi di fuoco. La sua temperature era sempre più alta ed ormai l’alone intorno al suo corpo si notava sempre più, era dorato, al momento.  
- E’ vero, il momento non è lontano, ma se fallisci non devi lamentarti. – Che invece non fosse ancora ora? Che se combattesse e non fosse il tempo giusto, poi avrebbe fallito? Questi dubbi per un istante solo l’invasero ma poi furono cacciati via prepotentemente insieme all’arrivo del vapore che caldo gli cominciava a scostargli i capelli ricci dal viso.
- Noi siamo entrambi disposti a morire come la luce del giorno muore al crepuscolo. – Una risposta che gli piacque e che gli diede spunto per un'altra a sua volta incisiva e cupa:
- Noi SIAMO morte. – Frase che a sua volta fu continuata da Kinkaid stesso, preso dalla verità di quelle parole che incrociavano dimostrando per la prima volta accordo fra loro.
- Quando diventiamo morte, la morte é il seme dal quale cresciamo. – Dunque era così.
Erano semplicemente così uguali, nei loro ruoli, che non potevano convivere per questo motivo.
Che non sarebbero mai potuti andare d’accordo.
Che…
- Spesso si è indulgenti nei confronti dei corvi e si condannano le colombe. –
… era tempo di iniziare.
Kinkaid non capì a cosa si era riferito con quella frase, solo dopo avrebbe compreso.
- Allora, hai intenzione di accettare la mia sfida, questa volta? È la cosa più seria che potrei porgerti, ora. Non è un atto di auto celebrazione, né di forza fine a sé stessa. Semplicemente non c’è posto per entrambi a questo mondo. Tutto qua. –
Jago rimase per un lungo momento in silenzio ad osservare le lenti progressioni nel suo corpo. Come l’alone aureo dorato diventava sempre più caldo ed intenso ingrandendosi, come i suoi capelli ed il suo impermeabile nero si scostava lentamente grazie ad una brezza calda che soffiava da sé stesso, come i suoi occhi ormai erano di fuoco e la pupilla solo una striscia sottilissima verticale. Aveva un suo fascino, nonostante avesse ancora strada da fare.
Era cresciuto e migliorato e aveva imboccato la strada giusta anche se non era ancora arrivato al punto esatto, non aveva ancora risposto a quesiti essenziali per sé stesso.
Gli avrebbe dato merito dei grandi passi fatti concedendogli quella sfida.
Un solo combattimento.
Per dimostrargli che la storia non sarebbe finita lì.
- E sia. – Queste due semplici parole pronunciate con distacco e compostezza, furono fautrici di un brevissimo guizzo sulle sue labbra sottili e ben disegnate. Un guizzo indecifrabile.
Forse, dopo tutto, qualcosa ancora degno d’essere vissuto poteva esserci.
Forse.
“La forza è anche e soprattutto non perdere il controllo di sé stessi. Fin’ora tu l’hai sempre perso, combattendo. Specie quando ti trovavi davanti a me. Vediamo ora se sei veramente cambiato o è solo apparenza. “
- Fammi divertire almeno un po’, ragazzino. – Disse poi abbassando leggermente il bacino e allargando gambe e braccia in segno di preparazione.
Rimasero qualche minuto immobili nella posizione di preparazione, l'uno davanti all'altro a qualche metro di distanza, immersi nel buio che sarebbe rimasto tale ancora per poco, circondati dagli alberi del Bosco Sacro, col rumore dello scorrere dell'acqua del Fiume  poco lontano da lì, accompagnato da quelli notturni tipici di una foresta. E da occhi estranei che nascosti da qualche parte spiavano entrambi.
Questione di concentrazione ma non solo.
Questione di molte altre cose.
Tenere alta la forza di volontà, la pressione, lo spirito, il cuore, la mente, il desiderio.
Entrambi non intenzionati ad utilizzare subito i rispettivi poteri, scavarono dentro di loro visualizzando unicamente l'avversario che avrebbero affrontato fra pochi secondi, scacciando ogni altro pensiero e distrazione. Unicamente Kinkaid e Jago, come se esistessero solo loro.
Ed in quel momento era così.
Sentire ogni minimo movimento intorno a loro nel raggio di miglia e allo stesso tempo esistere solo per l'avversario.
“Jago. Ora sarai mio. “
Dopo di ciò, Kinkaid partì fulmineo all'attacco. Annullò la distanza in un istante troppo breve per essere notato, si udì solo l'impatto delle sue braccia con quelle di Jago che, pronto a quello, lo ricevette rimanendo saldo sulle gambe e sul terreno.
Partirono con una serie di colpi a raffica di arti marziali potenziati che resero invisibili i loro arti; dopo una breve separazione che pose termine al riscaldamento durato pochi minuti, tornarono in contemporanea l'uno sull'altro continuando a spostarsi alla velocità della luce, creando delle onde d'urto come unico indizio delle loro azioni, poiché nessun occhio umano li avrebbe mai visti. Non rimasero fermi un attimo, ritrovandosi subito e scontrandosi con colpi straordinariamente forti che però non lesionavano nessuno dei due.
Andarono avanti in quel modo per un tempo indefinito, poi mantenendo la loro concentrazione e senza dire una sola parola, capirono che era arrivato il momento di alzare il livello o non sarebbero mai arrivati alla conclusione di quello scontro.
Jago si trovò fugacemente a pensare che Kinkaid era effettivamente migliorato molto dall’ultima volta che aveva tentato di combatterlo, mentre l’altro, a sua volta, era stupito del controllo che riusciva a mantenere, di come non partisse per la tangente come soleva fare quando combatteva contro gente forte. Lui stesso capì solo in quel momento quanto fosse diverso e cominciò a pensare fermamente che quello era il modo migliore per ottenere quel che desiderava. Con serietà, freddezza e concentrazione, doti mai possedute prima di quel momento.
Si trovarono quindi di nuovo distaccati ed in pose pronte alla difesa o all’attacco, quindi senza staccarsi gli occhi di dosso un solo istante, cominciarono rispettivamente a caricare i propri poteri.
Quello di Kinkaid fu naturalmente più visibile di quello di Jago che rimase comunque prevalentemente del suo aspetto naturale limitandosi solo ad abbassare sotto lo zero la propria temperatura corporea, l’aria intorno a lui si raffreddò tanto da far uscire i loro respiri in condensa e ghiacciare l’ambiente circostante. Fatto che durò poco, in fin dei conti, poiché immediatamente contrastato dal calore emanato dall’Osservatore il quale aveva in precedenza già riempito di fuoco i propri occhi e cominciato coi capelli. In pochi secondi questi completarono l’opera fiammeggiando ed alzandosi quasi del tutto in aria, l’alone dorato intorno ad esso divenne un aura infuocata vera e propria e lingue di fuoco scaturivano dalla sua pelle senza bruciare i vestiti che aveva addosso. La temperatura intorno a sé era afosa e sciolse in parte il ghiaccio sulla natura circostante, ma comunque non in tutta la zona.
Ben presto divenne una lotta fra freddo e caldo, fuoco e ghiaccio, oltre che fra un Osservatore ed un Cacciatore. In fondo solo due uomini che si combattevano dando fondo a tutto quel che trovavano dentro incanalandolo ed utilizzandolo al meglio.
Il sorriso che Jago si aspettò di vedere sulle labbra normalmente ghignanti ed esaltate del giovane davanti a lui, non arrivò e capendo una volta di più che faceva mortalmente sul serio, che per affrontarlo era disposto a morire, si disse che l’avrebbe preso sul serio dandogli ciò che si meritava. Una nuova lezione su cui riflettere da lì in poi.
Quella precedente l’aveva imparata, ora bisognava procedere, no?
Il Cacciatore non fece una piega dimostrandosi completamente indifferente a tutto ciò che stava accadendo, quindi gli lasciò nuovamente il privilegio di attaccarlo.
Quanto sarebbe riuscito a non perdere il controllo?
Quanto ferrea era questa maturazione improvvisa ed inaspettata?
Qual era, ora, il suo limite?
Senza rendersene conto si trovò a farsi queste domande rivelando un interesse per qualcosa che non aveva mai davvero più posseduto per lungo tempo. Troppo.
Ancora una volta quel gruppo di ragazzini era riuscito a fargli riaffiorare i ricordi di quell’era lontana. Quell’era così dolorosa…
- Io sono il fuoco di notte in tempesta, il fuoco che accumula nuovi peccati per finire all'inferno. – Mormorò lugubre Kinkaid con un aria seria negli occhi.
- Io sono il ghiaccio divoratore di prede. Con esso prendo vita e restituisco morte. – Anche Jago ricambiò con freddezza e la sua perenne maschera calata sul viso. Non una piaga.
Con questo si diede inizio al vero combattimento.
Quando il braccio di Kinkaid si allungò completamente teso, coi muscoli tirati al massimo, la palla di fuoco di saluto viaggiava già svelta verso l’obiettivo che, senza scomporsi, eresse su una semplicissima barriera di ghiaccio allungamento delle proprie mani, che fermò la sfera senza creare la minima scalfittura.
Che il suo ghiaccio fosse oltremodo basso rispetto al calore del suo fuoco?
Si chiese titubante il giovane serrando maggiormente le labbra in segno di disapprovazione. Normalmente avrebbe imprecato come un turco ma si stava sforzando di non lasciarsi andare e non distogliere l’attenzione dal suo rivale.
Si era allenato per mesi, con Astrid nella cella frigorifera per aumentare la potenza e la temperatura del suo fuoco in modo che superasse quella del ghiaccio di Jago, eppure anche se in quel freezer gigante ci era riuscito ed aveva sciolto tutto, ora era diverso. Quel gelo superava ogni immaginazione.
Ci sarebbe mai arrivato, lui, ad eguagliarlo in suo contrasto?
Non si perse d’animo e senza muoversi ancora di un passo, rimanendo saldo al terreno con le gambe allargate e l’impermeabile che svolazzava intorno a lui, cominciò con una velocissima raffica di sfere infuocate buttate con entrambe le mani alternate. Una dopo l’altra, svelto, di più, sempre di più, senza respirare, digrignando i denti e sforzando ogni muscolo del proprio corpo, mettendoci quanto più calore e forza possedeva.
E queste, una dietro l’altro si infransero con quella barriera che rimase intatta senza sciogliersi nemmeno di un goccio.
Avrebbe voluto urlare e strepitare, gridargli di smetterla di nascondersi dietro quello scudo insulso, di mostrargli ciò che era davvero capace di fare ma sapeva che così facendo gli avrebbe dato soddisfazione facendo il suo gioco.
Jago aspettava solo una scusa per voltargli di nuovo le spalle e con indifferenza dirgli che non era alla sua altezza.
Non avrebbe retto, non poteva essere ancora rifiutato, non dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per arrivare fin lì. Gli sforzi di Astrid.
Doveva almeno colpirlo.
Almeno quello.
Così senza demordere e rimanendo concentrato, mentre dopo un paio di respiri affannosi riprendeva a colpirlo questa volta con un fascio di fiamme che partiva dalle sue mani congiunte tese davanti a sé, sprofondò un piede sotto la terra in un apparente gesto insensato.
Jago lo notò senza muoversi, lasciando che dalle sue mani poste in avanti si aprisse quella barriera trasparente ma solida che fermava quell’elemento così insopportabile. Avrebbe osservato per un po’ di cosa era capace il ragazzino, poi gli avrebbe dato il colpo di grazia insieme a quella famosa lezione che stranamente ci teneva a dargli.
Non lo capiva bene il motivo ma lo voleva fare.
Fu lì che dal piede di Kinkaid partì un ulteriore getto di fuoco che attraversò la terra su controllo del proprietario che lo fece fuoriuscire esattamente dietro la barriera, sotto Jago.
Quando lo spruzzo di fiamme che sembrava la lava di un vulcano, eruttò, il moro si trovò a dover finalmente spostarsi annullando lo scudo e lasciando andare a vuoto quei colpi notevoli.
Ed ecco finalmente il famoso sorriso ghignante di Kinkaid riaffiorare sulle sue labbra dalla linea decisa e a modo suo seducente.
- Allora non sei del tutto immune ai miei attacchi infuocati. – Disse con un certo tono di sadismo e soddisfazione nella voce.
Jago gradì questa sua reazione molto di più di tutto il resto, come se quello significasse qualcosa, per lui, dopo tutto.
- Era ora, ragazzino… - Fece quindi insinuante.
- Cosa? – Chiese l’altro.
- Che mi regalassi quel tuo sorriso! – Detto questo, senza dare tempo di risposte, partì fulmineo all’attacco, cosa che ancora non aveva fatto, lanciando in corsa delle lame di ghiaccio che il rosso riuscì a schivare per un istante, in contemporanea egli fu lesto a ricambiare con altre palle di fuoco che furono a loro volta scansate.
Si fermarono l’uno davanti all’altro ad una vicinanza che non avevano ancora assunto, quindi si fissarono negli occhi guardandosi con maggiore attenzione, sentendo i respiri altrui sulla propria pelle, affannati quelli del più giovane e regolari quelli del più grande. Potevano addirittura sentire i battiti del cuore praticamente inesistenti per uno e alterati per l’altro.
Si scrutarono cercando di leggersi una volta di più dentro, immaginando la mossa successiva e cacciando una motivazione in più a tutto quello.
- Che ti prende? Perché non fai sul serio? – Domandò allora Kinkaid senza spostarsi, rimanendo praticamente attaccato a lui, senza schifarsi di averlo così vicino.
- Perché lo dici? – Chiese suadente il Cacciatore. Era ancora enigmatico come la prima volta, ancora gelido come sempre, ancora apparentemente vuoto come da maledizione.
- Stai solo giocando con me, questo non sei tu. L’altra volta con tutto il mio fuoco buttato al massimo mi hai atterrato con un solo pugno. Non mi hai nemmeno mai concesso l’onore del tuo potere. Cos’hai ora che ti intrattieni con me schivando e parando i miei colpi? Che cerchi di colpirmi col tuo ghiaccio? Mi stai prendendo per il culo e questo lo capisco molto bene. Perché? Io voglio che tu faccia sul serio o tornerò a sfidarti ancora e ancora e ancora fino a che non sarò soddisfatto. –
- Quando arriverà la tua soddisfazione? –
- Quando riuscirò a farti dar fondo ad ogni tua forza, energia, potere e risorsa. Quando tirando fuori ogni cosa che possiedi, che sai e che puoi io sarò ancora vivo, in piedi, davanti a te. –
- Non ti importa di sconfiggermi? –
- Certo, ma quello che conta di più a stremarti e prosciugarti. Farti fare veramente sul serio. –
A questo punto, notando la leggerissima punta di impazienza ed irritazione di Kinkaid, Jago sorrise appena. Questo raggelò il ragazzo che però non abbassò le sue fiamme che alte lo bruciavano senza consumarlo. Fiamme che non avevano alcun effetto sull’uomo dinnanzi, che non si scaldava nemmeno un po’.
- Ed io che pensavo di fare sul serio con te solo alla fine. Per darti il colpo di grazia! –
Questo innervosì ulteriormente Kinkaid, di nuovo l’impulso irrefrenabile di prenderlo a pugni e gridare lo invase, ma tirando i muscoli si impose di nuovo di trattenersi. Non doveva.
Doveva combattere nel modo giusto.
Lui era Jago, non uno qualunque.
Gli serviva tutta la sua lucidità anche se aveva sempre sostenuto che la propria forza era il non controllo e la follia.
- Non sprecarti, fallo subito, se ci riesci. Questo scontro deve avere un senso, per me. Io non sto giocando. –
“L’ho sempre saputo, ragazzino. Da quando hai messo piede qui, stasera. È per questo che voglio testare fin dove arrivi prima di vincerti. È giusto che tu lo faccia, che tu dia fondo a tutto ciò che hai guadagnato in questi mesi di allenamento. Lo faccio in un certo senso per rispetto verso di te. Anzi, per capire se te lo meriti, se sei un vero guerriero o se sei solo fumo.”
Tuttavia la barriera di ghiaccio che mise intorno alla sua mente, impedì all’Osservatore di leggere i suoi pensieri.
- Sai, sei strano. Tutte le altre volte che non mi sprecavo a ‘giocare’ con te ti imbestialivi. Ora che lo faccio non ti sta bene lo stesso. Dovresti capire davvero cosa vuoi. –
Chi lo conosceva bene si sarebbe stupito di sentirlo parlare così tanto anche se le parole fredde e sferzanti erano proprio da lui. Punsero nuovamente Kinkaid sul vivo che però non demorse riuscendo a rimanere in sé. Ancora per poco. Era al limite e Jago lo capì al volo nonostante i suoi poteri non comprendessero la lettura del pensiero o dell’anima altrui.
La sua era solo esperienza secolare di combattimenti.
“Cosa voglio… dannazione, sembra che sia il nuovo tormentone dell’anno! Possibile che tutti mi scassino su ciò che voglio? Voglio vendicare Thomas e Oscar, ecco cosa voglio!”
Pensò Kinkaid.
- Riprendiamo, ti sei riposato abbastanza! – La verità era che lui stesso aveva recuperato tutto il fiato perso tornando quasi come nuovo. Di attimo in attimo, con il nervosismo che continuava a crescere in lui, la propria potenza e temperatura era aumentata sempre più. Che invece non dovesse far altro che perdere di nuovo il controllo di sé?
Che avesse sbagliato, fino ad ora?
Non ci fu più tempo di considerazioni poiché i due ripresero con dei corpo a corpo veloci, entrambi utilizzando arti immersi nel proprio elemento, lanciando di tanto in tanto dei colpi coi rispettivi poteri.
Erano di nuovo così svelti da essere quasi invisibili ad occhio nudo, solo la luce emanata dal corpo della torcia umana era sintomo della loro presenza lì.
Eseguirono a lungo delle mosse senza sosta, senza riprendere fiato, senza abbassare l’intensità, aumentandola sempre più dimostrando comunque un alto livello.
Grazie ad Astrid era arrivato a quel punto.
Si vedeva che era speciale, quella ragazza, si disse il moro.
Poi decise che stava arrivando il momento, prima però volle concedersi un altro esperimento, giusto per premiarlo di tanta serietà in suo onore.
Si fermarono nuovamente vicini come prima, occhi negli occhi, fiato su fiato, auree contro auree che quasi si univano fra loro, intorno ai loro corpi forti.
- Non hai idea della coincidenza in cui ti stai imbattendo. – Iniziò Jago con freddezza e imperturbabilità. Nei suoi occhi solo il gelo, un azzurro chiaro senza quasi pupille, solo un vuoto che poteva rispecchiare sia la bontà che la crudeltà, ma che in quel momento, ancora, non rispecchiava niente.
- Che diavolo borbotti? – Sbottò seccato della nuova interruzione. Cosa cercava di fare?
- Questo luogo oltre ad essere quello della tua fine lo è stato anche per un osservatore, anni fa. Era tuo amico, giusto? Quello che era venuto qua per spiarmi… si chiamava Oscar, se non erro. Lo ricordi? – Lasciò un po’ di silenzio ad effetto, silenzio in cui si videro gli occhi di Kinkaid sgranarsi lentamente ed ogni funzione vitale sospendersi, agghiacciarsi, quasi, abbassando al minimo la propria temperatura senza accorgersene. Poi diede il colpo di grazia.
Perché?
Per dimostrare quanto degno fosse della sua attenzione, a che punto era arrivato, come sarebbe finito.
Se era in grado di proteggerla.
Doveva testarlo e quelli erano i suoi modi.
Da quello avrebbe deciso cosa fare di lui. E l’avrebbe fatto seriamente.
- L’ho ucciso per i suoi sporchi occhi Osservatori che avevano osato posarsi sui miei. Nessuno poteva. Morì con stupidità pronunciando il tuo nome e quello di un certo Thomas. Il tuo gemello vero? –
Ecco l’unico modo per fargli passare il segno, perdere il controllo.
Nominare Thomas e rivelare come era morto Oscar.
Fargli riaffiorare la stessa dolorosa follia di quel giorno lontano.
Risvegliare la sua furia ceca, non avere pietà per lui, cancellare ogni barlume di controllo, buttare nel vento tutti gli sforzi di maturare e crescere, fargli dimenticare tutti i propositi, le motivazioni e i desideri.
Perdere tutto.
Coscienza di sé stessi, della propria ragione, del proprio Io e gettarsi nella lava che incandescente eruttava dalla bocca di un vulcano.
Allo stesso modo lui esplose trasformando in rosso sangue i suoi occhi ormai senza pupilla, togliendogli la vista, facendogli vedere solo rabbia, tendendogli ogni muscolo, conficcandogli le unghie nella carne fino a farsi sanguinare, aumentando il proprio calore vertiginosamente come mai in nessun istante fino ad allora, aveva raggiunto.
Esplose, le fiamme uscirono come se una bomba in lui fosse scoppiata travolgendo tutto quello che nel raggio di miglia c’era intorno a lui.
Jago sicuramente aveva immaginato la reazione ma si trovò ad ammettere, mentre ergeva una doppia barriera consistente di ghiaccio contenitiva per impedire che il fuoco bruciasse il bosco e sé stesso, che il suo livello era effettivamente buono.
Che forse era degno di essere lasciato in vita.
Questo per lui fu tanto, quindi decise come avrebbe concluso quell’incontro.
Quando l’ondata violenta di fuoco accompagnata da un suo urlo liberatore che lasciava da parte il Kinkaid controllato, fu terminata, Jago si trovò con un principio di scioglimento addosso.
Continuando così sarebbe arrivato laddove quella testa rossa desiderava ardentemente.
L’idea lo allettò e tornando freddo come prima, assorbendo i suoi occhi scarlatti senza il lume della ragione e sentendo il ringhio animalesco della sua gola, mormorò leccandosi le labbra come se fosse davanti ad un banchetto allettante:
- L’ira è nella maggior parte dei casi l’inizio della follia. -
Il non controllo di Kinkaid fu totale.
“Sono il tuo killer, stà a guardare. Voglio la tua vita come tu hai preso quella di Oscar, come prendi quella di un sacco di persone solo perchè esistono vicino a te, ti sfiorano o ti parlano. O ti guardano. Non hai scampo, non correre a nasconderti dietro a quel tuo stupido ghiaccio dicendo che non sono alla tua altezza e che non valgo la pena. Sono come uno sfascia teste, questo suona meglio, dà un idea più completa di ciò che ti farò.
Sfascerò la tua come è vero che sono solo un maledetto dal fuoco.
Io ti ucciderò. Ora o dopo ma lo farò.
Ti ucciderò.
Lo farò.
Ora, qua, in lotta con la bestia riceverai la tua ricompensa, un sonno eterno, un dolore atroce, torture spasmodiche.
Ti metterò a posto, non hai scampo.
I giochi sono finiti.
Essere così freddo non ti servirà a nulla.
Ti spazzerò via.
Ora inizia il divertimento.
Ti uccido.
Sei pronto per la fine?
Distruggerò tutto quello che c'è davanti a me.
Tu Jago.
Morirai.”
L'unico pensiero fisso di Kinkaid fu quello e quando la propria esplosione scemò, la riacutizzò mentre si scagliava senza la luce della ragione nel suo sguardo deformato dalla rabbia ceca. Jago pronto a quello continuò a schivare veloce e parare tutti i suoi colpi finché non gli afferrò un pugno teso davanti al suo viso e con uno scatto lo usò come leva per roteare in aria e colpirlo con un calcio in pieno viso, che gli fece girare il viso e perdere l'ecquilibrio.
- Sei solo un maledetto! Fa sul serio perchè ti sto per ammazzare! -
Gridò ancora il giovane infuriato tornando all'attacco con diverse mosse veloci ed esperte. Eppure per quanto fosse più forte e potente di prima, per quanto ci arrivasse vicino e l'avesse spinto finalmente a toccarlo per percuoterlo, non arrivava ad andare nel segno. Non ce la faceva.
Quel suo viso levigato era ancora troppo lontano.
Aveva resistito molto, tutto sommato, considerato i precedenti, di progressi nel loro rapporto strano ne erano stati fatti, ora lo considerava al contrario di prima, ma ancora non c'era.
Ancora non l'avrebbe toccato.
Ancora... eppure no, eppure qualcosa doveva fare.
Finchè non sarebbe crollato a terra privo di forze o di vita sarebbe andato avanti.
Aveva ucciso Oscar, non poteva fermarsi così.
Non poteva.
Non era più una questione di misurarsi o di fare qualcosa di giusto per sé stesso.
Ora era molto di più e andandoci giù pesante quanto più poteva, emanando fiammate dal proprio corpo respinte dalle parti ghiacciate di Jago, continuarono ancora senza sosta, andando in un crescendo incredibile fino a che il Cacciatore disse: - Adesso basta. - e con questo pose termine al combattimento.
Si avvicinò al rosso porgendogli il suo viso e distraendolo con quel bersaglio troppo allettante, allungò la sua mano con una lama di ghiaccio acuminata. Nell'esatto istante in cui Kinakid lo colpiva con un potente pugno di fuoco in pieno viso, l'altro non fece altro che prolungare quella specie di spada gelata fino al viso dell'avversario troppo vicino.
L'allungò e la conficcò niente meno che nel suo occhio destro.
Avrebbe potuto ferirlo in molti modi, addirittura ucciderelo. Avrebbe avuto una vasta scelta, anche senza farsi colpire di proposito.
Eppure Jago scelse quello.
Quando la punta fu dentro l'allargò in modo da lacerarlo completamente, riducendolo a brandelli e rovinandogli del tutto il globo oculare e la palpebra. Il dolore che provò Kinkaid probbilmente nessuno lo provò mai, nemmeno in punto di morte, forse. Quando si muore le forze ti abbandonano e ad un certo punto non senti più nulla.
Quel che provò Kinkaid fu qualcosa che gli impedì di urlare, tale era potente e dilaniante.
Fu l'estirpazione di metà dei suoi poteri, della sua anima, del suo spirito, del suo Io.
Metà di ciò che era, un Osservatore.
Una razza, la sua, i cui poteri ed essenza risiedeva proprio negli occhi.
Il loro unico grande punto debole.
Senza essi non morivano ma un fato peggiore li colpiva.
Come un corpo senza anima, un animale feroce senza ferocia, una tartaruga senza guscio.
La sofferenza inflitta dalla separazione dei propri occhi era imparagonabile a qualunque altra cosa e Jago era ben consapevole di questo.
Privare un Osservatore dei propri occhi era l'atto peggiore che si potesse fare, i Cacciatori stessi, per quanto crudeli fossero, tendevano solo ad ucciderli subito. Non per non infierire, ma perché tenerli in vita privandoli solo dei loro occhi ecquivaleva a maledirsi poiché l'essenza contenuta in essi si trasformava in negatività che si infondeva direttamente nell'aggressore.
Jago lo fece per metà, cosa che concesse a Kinkaid di rimanere abbastanza in sé da sentire ogni cosa, pienamente cosciente di tutto quel che gli accadeva.
Quando estrasse la mano dal suo viso con quel che rimaneva dell'occhio completamente sporco di sangue che gocciolava giù dal suo viso e dal proprio ghiaccio, il ragazzo cadde in ginocchio senza più fiato, battiti, funzioni vitali... senza nemmeno la capacità di ingoiare e muoversi.
Il fuoco ebbe un ultimo sbuffo che lo avvolse in una sorta di culla protettiva e senza più forze rimase lì, steso a terra, raggomitolato su sé stesso, scaldato dal flebile calore delle sue fiamme che cercavano in tutti i modi di aiutarlo per quel che potevano.
L'unico pensiero che riuscì ad estrarre dal vuoto in cui stava per cadere, un vuoto cosciente, fu il nome di Astrid.
Jago rimase ad osservarlo incuriosito e serio. Non avrebbe mai immaginato che nonostante la privazione di metà dei suoi poteri, questi pur di proteggerlo rantolassero insieme a lui senza nascondersi e riprendersi.
Il legame che quel giovane aveva col suo fuoco era davvero oltre a quel che lui stesso, forse, aveva col suo ghiaccio.
Per un attimo lo invidiò e l'invidia crebbe quando sentì Astrid correre come una matta per raggiungerlo.
Se lui fosse morto, chi sarebbe accorso?
Nessun amore, ormai, era lì per lui.
In virtù di questa preziosa qualità che a lui mancava, non lo toccò più andandosene.
“Agognami ancora, ragazzino. Cerca di raggiungermi, non smettere di lottare o te la porterò via. Fammi vedere ancora di cosa sei capace. Prima era facile, ma ora? Ti sfido a farlo!”
Questa volta gli trasmise di proposito il pensiero nella sua mente, poi svanì nel folto della notte nelle sembianza meravigliose di un lupo nero dai gelidi e malinconici occhi azzurri.