CAPITOLO
XXI:
FIGLI
DELLA GUERRA
/
VEDO IL BUIO
(poeti
onirici)
Gira
intorno a me
E
nessun problema
Libero
libero
Da
qualsiasi sistema
Fai
quello che sei
Non
fingere mai
Spazia
con la mente
Sogna
quanto vuoi
Incidi
la tua anima
Scrivi
nel tuo cuore
Guarda
dentro il buio
Per
ore, ore e ore
Io
vedo il buio
Dentro
me
Io
vedo il buio
Intorno
a me/
Era
stato Kinkaid a cercare Astrid, quel fine pomeriggio estivo.
Le
cose si erano davvero evolute in maniera impressionante, da quando si
erano conosciuti. Nessuno avrebbe mai detto che proprio uno come
Kinkaid avrebbe cercato Astrid per parlarle seriamente di una cosa che
ormai gli gironzolava in testa da tempo.
Del
resto era con lei che passava ogni sera ad allenarsi, quando non
c’era qualche uscita obbligata dal piccoletto rompiscatole.
Era lei che poteva dargli un parere onesto ed oggettivo, non sarebbe
potuto andare da nessun altro, se ne convinse mentre varcava la soglia
della palestra di danza di Cloe. Non che sapesse i suoi orari ma aveva
sentito la sua aura in quella zona ed aveva immaginato si trovasse
proprio lì.
Una
volta dentro si rese conto che erano già andati tutti a casa
e che probabilmente, come al solito, il guardiano aveva lasciato le
chiavi alla ragazza che ancora si intratteneva a ballare. Si
fermò a guardarla consapevole che l’aveva
percepito ancora prima che entrasse. Non smise di danzare e rimase un
attimo col fiato sospeso osservandola assorto. Una che sapeva
combattere a quel modo e che dimostrava una forza non umana e non
femminile, era impossibile che sapesse anche muoversi in quel modo
melodioso ed aggraziato.
Per
quell’istante riuscì a cancellare ogni suo
pensiero che per giorni l’aveva divorato e si
sentì addirittura bene.
Che
potere aveva quella persona che sembrava volare mentre volteggiava su
tutto l’ampio spazio a sua disposizione?
La
musica era alta e faceva vibrare le pareti ed il suolo ma non dava
fastidio, sembrava solo perfetta. Come se fosse stata creata per lei e
non viceversa.
Astrid
aveva un grande dono, quello di creare poesia e bellezza per gli occhi,
tutto ciò che un domani avrebbe salvato il mondo.
Move
on now degli Hard Fi finì col suono del pianoforte
malinconico ma con esso l’atmosfera particolarmente intima
non se ne andò rimanendo ancora un po’ sospesa fra
loro.
Entrambi
erano ormai consapevoli dei rispettivi sentimenti l’uno per
l’altro ma non avevano ancora avuto il coraggio di leggere il
pensiero dell’altro per capire se fossero ricambiati o meno.
Gli sembrava come spiare, di invadere
l’interiorità altrui.
La
rossa chiuse lo stereo prima che ripartisse e prendendosi
dell’acqua e un asciugamano da viso per asciugarsi il sudore
che le colava sulla pelle chiara, si diresse verso di lui fermo
all’ingresso che ancora non muoveva un muscolo pensando solo
che fosse bella.
-
Ehilà! – Disse lei arrivandogli davanti. Era in
tenuta da ballo che consisteva in pantaloncini corti ed attillati e in
un top mediamente scollato con le spalline corte che le permettevano di
muoversi liberamente. Ovviamente tutto in tessuto nero ed
elasticizzato. Bevve dalla bottiglietta dissetandosi mentre attendeva
il suo saluto che non arrivò, quindi gli chiese: -
Bè? Che c’è? Come mai
quest’onore? – Non era davvero stupita, percepiva
uno stato particolare in lui e immaginava che voleva chiederle qualcosa
di serio. Del resto era davvero cambiato da quando l’aveva
conosciuto.
Era
quasi un altro.
Kinkaid
respirò profondamente poi senza staccarle gli occhi dorati
di dosso e guardarla rifarsi la coda alta, parlò senza
girare intorno al discorso:
-
Sei l’unica a cui posso rivolgermi per questa cosa. Stephan
andrebbe nel caos dicendomi di non farlo per partito preso,
Zefiro… bè, a Zefiro non parlerei mai di certe
cose… sempre per partito preso! Quindi rimani tu…
-
-
Oh, gentile… sono il risultato dell’esclusione di
tutti gli altri, insomma! – Ribatté fintamente
seccata, solo per alleggerire una situazione che sentiva già
pesante.
-
E perché sei l’unica che effettivamente conosce il
mio attuale livello di combattimento. – Con quelle parole le
fu subito chiaro tutto ma non dimostrò la sua delusione che
mascherò dietro strati e strati di
imperturbabilità. Aveva quasi sperato che fosse venuto per
dirgli che gli piaceva e che voleva mettersi con lei.
-
Spara allora, voglio andare a lavarmi che sono in uno stato pietoso!
–
Lui
si mise le mani ai fianchi e in una posa spaccona che voleva rivelarlo
per ciò che al momento non era più, disse con
forza e sicurezza:
-
Voglio andare a sfidare Jago. – La luce seria che colse nei
suoi occhi di corvo le fece mancare un battito. Per un momento le parve
quasi che parlasse di lei invece che del loro nemico. Lo
invidiò. Dopo tutto era ancora lui il centro dei suoi
pensieri… quasi da ingelosirsi seriamente.
-
E cosa vuoi da me? – Lo chiese con una certa durezza che
metteva nella maggior parte delle sue frasi, lui non se ne
stupì poi molto e forse nemmeno ci fece caso. Anche se era
sicuramente qualcosa indirizzata a lui e lui soltanto. Però
Kinkaid al momento aveva solo una cosa nella mente e voleva sapere.
Si
piantò meglio sulle gambe leggermente divaricate,
incrociò le braccia muscolose al petto ed alzò il
mento come se stesse sfidandola:
-
Dimmi la verità, sono pronto secondo te? –
Questo
colpì la rossa che si fermò sospendendo ogni
funzione vitale per concentrarsi unicamente su di lui e sulle sue
parole.
Aveva
sentito bene?
Stava
chiedendo il suo parere per una cosa che sapeva per lui era vitale?
Fu
lì che sentirono palpabile e viva l’atmosfera di
intimità intorno a loro.
Fuori
il tramonto serpeggiava nel cielo donando a loro dei colori
affascinanti e caldi, più di quanti naturalmente ne
avessero, quindi cercando qualcosa da dire prima di stufarlo, Astrid si
decise a rispondergli altrettanto seriamente.
Come
era giusto che facesse.
Capendolo
fino in fondo, in ogni anfratto nascosto ed intricato.
-
Come ti vedi tu? – Questa domanda lo sorprese, quindi disse
la prima cosa che istintivamente gli uscì:
-
Fuoco. Mi vedo fuoco più di quanto io non lo sia mai stato.
Il fuoco non è l'altra mia parte, il fuoco è il
mio sangue. E' la verità per cui vale la pena vivere e
sarà con lui che io morirò. Sono caldo e deciso,
fremente di vendetta, pieno di sentimenti che non chiedono altro di
essere liberati ed esplodere. –
A
questo punto lei provò quasi un moto di ribellione. Fu un
atto confuso in lei… da un lato lo vedeva più
pronto di sempre, dall’altro sentiva che sostenendolo sarebbe
finito probabilmente male. E questo non l’avrebbe mai
sopportato. Però lui le aveva chiesto sincerità e
così con un sospiro ed una mano al fianco, rispose cercando
di leggergli dentro, senza fini per sé stessa:
-
Sai Kinkaid, tu vedi solo quello che i tuoi occhi vogliono vedere. Come
può la vita essere quella che vuoi se sei così
fissato su un'unica cosa? Tu credi di essere fuoco ma in
realtà non sai quanto sei gelido. Lo sei perché
il tuo cuore non è aperto, sei inaridito da tutto quello che
cerchi di ottenere. La verità, per me, è che
perdi il tuo tempo nell’odio e nel rimpianto. –
Più onesta di così non sarebbe potuta essere,
questo funse da pugno allo stomaco per lui e se gli avesse
semplicemente detto che non lo sentiva pronto, bè, sarebbe
stato meglio.
Perché
improvvisamente contava tanto il suo punto di vista?
Le
piaceva, ecco perché contava tanto.
Non
poteva sempre fingere di essere un idiota fissato con la guerra e la
vendetta. Ormai che lo volesse o no in lui si erano affacciati altri
sentimenti.
Però
sentirsi dire che era gelido ed inaridito gli aveva fatto effetto e
sciogliendo le braccia dal petto che lasciò lungo i fianchi,
la guardò come se la vedesse per la prima volta.
-
L’odio e il rimpianto è tutto ciò che
mi hanno tenuto in vita fino ad ora. Mi rendo conto di aver sempre
vissuto nel passato ma se ora sono qua davanti a te è solo
grazie a questo. Il mio tempo è il mio passato e
finché non ci metterò la parola fine risolvendo
la questione, non potrò vivere per il presente o per il
futuro. Caldo o freddo che io sia. – La sua risposta le
arrivò dritta dritta dentro ma non la fece desistere,
sembrava sapere perfettamente cosa rispondere, poiché era
quello che si sarebbe voluto sentir dire.
-
Ma la vita è adesso. – Una semplice frase che
certamente valeva molto anche per lei.
Lei
non viveva nel passato come lui e nemmeno nel rimpianto, ma ammetteva
di essere vissuta nell’odio e nella negazione di qualunque
cosa. Tornando indietro avrebbe cambiato molte cose anche se in fondo
aveva semplicemente fatto del suo meglio con ciò che aveva.
Però
con i ‘se’ ed i ‘ma’ nessuno
andava avanti e la vita, per l’appunto, non si fermava di
certo.
Arrivò
a Kinkaid come un pugnale che si conficcava nella carne.
Capì
quanto vero fosse nell’esatto momento in cui la
guardò negli occhi ascoltando quella frase pronunciata con
una certa forza.
-
E’ per poter vivere ora che devo disfarmi dei fantasmi del
mio passato. – Disse poi.
-
Cosa centra Jago? Perché vuoi così fortemente
batterlo? – Lo chiese senza sapere perché contasse
così tanto la sua risposta. Solo più avanti
avrebbe potuto capirlo.
Gli
occhi del ragazzo, in quel momento, cominciarono a brillare di
pagliuzze rosse e lo sguardo divenne più affilato e
minaccioso. Come ogni volta che si parlava di lui, solo che ora
accadeva in modo più maturo e adulto:
-
Perché lui è il mio unico ostacolo alla
realizzazione della mia vendetta. –
“Eppure
non è questo che vuoi, che vuoi profondamente e veramente
con tutto te stesso. Non è questo. C’è
dell’altro e non lo sai ancora. Non è che non sei
onesto con te stesso, ancora non ci arrivi ma lo farai. E penso che
solo percorrendo la via che ti scegli giorno dopo giorno, tu possa
arrivare a scoprire cosa desideri realmente. Quindi non ti
ostacolerò. So, sento, quanto è importante questo
confronto per te. Se devi farlo allora fallo e se per farlo cerchi il
mio consenso, se conta per te, allora te lo darò.
Però è quanto di più duro io abbia mai
fatto in vita mia, perché ti sto mandando quasi certamente a
morire ed io ho capito da poco quanto ti voglio bene. “
Pensando
ciò, sperando che lui non le leggesse nel pensiero,
parlò mantenendo il proprio controllo, utilizzando un tono
normale e serio:
–
Qualcuno combatte per proteggere, qualcuno combatte per vendicare. Tu
perché combatti? – Anche se forse avrebbe potuto
sapere la risposta, in fondo gli aveva appena detto che voleva
vendicarsi e che Jago era il suo ostacolo…
Però
la sorprese:
-
Qualcuno danza per ricordare, qualcuno danza per dimenticare. Tu per
cosa danzi? -
Lì
lei si sentì effettivamente spiazzata, quindi senza capire
che collegamento potesse avere con lui, disse:
–
Per sentirmi viva. -
–
Ecco la mia risposta alla tua domanda. – Dopo di che, pur lei
non si sarebbe mai aspettata una cosa simile da lui conoscendo tutta la
sua storia ed il suo carattere, non potè non ribattere con
decisione e convinzione, rendendosi conto di quanto improvvisamente
fosse d’accordo con quel combattimento. Anche se le faceva
male.
–
Allora va’, ma stà attento. – Non si
vergognò a dirlo. Kinkaid a questo sorrise in modo strano,
non uno dei suoi soliti ghigni malefici di sfida o di scherno. Fu un
sorriso indecifrabile che nemmeno con tutto il suo impegno Astrid
sarebbe riuscita a definire. Però fu solo un lampo
brevissimo poiché tornò il sadico di sempre con
quell’aria sbieca:
-
La morte è un privilegio che per ora non mi è
ancora concesso avere. E poi se il destino è contro di
noi... peggio per lui! –
Questa
conclusione scanzonata che ricordò il vecchio Kinkaid, la
sollevò un po’ anche se in lei una lotta molto
crudele stava avvenendo.
Non
l’avrebbe mai esternato e lui, ringraziando il cielo, non se
ne sarebbe accorto grazie al fatto che era ancora troppo preso da Jago
e da ciò che avrebbe fatto di lì a poco.
“Veramente
combattere è l’unico modo che ha per sentirsi vivo
e non crollare? Forse penserebbe troppo, forse se mollasse e non
lottasse finirebbe per farsi mangiare
dall’oscurità e deprimersi fino al non ritorno.
Forse senza la sua guerra non sarebbe veramente nulla di lui, ora. E
con che diritto io ora cerco di fargli cambiare idea? Di togliergli
ciò che lo anima? Come posso? Una persona non può
farsi convincere da altri che sbaglia, può solo capire da
sola cosa deve cambiare mentre gli altri gli stanno vicino e lo
sostengono. Io non ho grandi rancori, non ho voglia di combattere
guerre… voglio solo sentirmi viva ed in pace. Voglio solo il
suo fuoco. Tutto qua. Nient’altro. Però ora che lo
so non posso mollarlo. No di certo. A costo di andare nella sua stessa
guerra.”
-
Ti chiedo di non dire nulla a Stephan anche se probabilmente lo
sentirà da solo. Vorrei mi facessi un favore a questo
proposito… -
-
Ehi, non tirare troppo la corda, mio caro… la tua buona
stella non può accompagnarti per sempre! –
Affermò improvvisamente col suo solito modo maligno, il
rosso la ignorò e proseguì:
-
Vorrei che tu e Ken andaste da lui e lo teneste in casa. Quando
capirà che sto combattendo con Jago vorrà
precipitarsi da me per fermarci ma non voglio che venga. Quindi potete
anche legarlo, se volete, ma tenetelo là. – Ken
era Zefiro naturalmente. Si sospese un attimo valutando dalla sua
espressione se l’avrebbe fatto, poi con il suo:
‘che palle!’ spontaneo, proseguì: - E
soprattutto tu non venire! Per nessun motivo! –
“Oh questa
poi!” Pensò velocemente partendo
come un carro armato col dito puntato verso di lui e tutta battagliera:
-
Senti, verme marcio, tu non mi dici cosa fare! Il favore posso anche
prenderlo in considerazione ma un ordine non se ne parla! Chi ti credi
di essere? Io faccio quello che mi pare, chiaro? – Era ovvio
che avrebbe risposto così, non si sarebbe aspettato nulla di
diverso.
Qua
Kinkaid le voltò le spalle per andarsene come se quello
fosse un si. Tanto non esisteva forza in grado di tenerla lontana da un
posto in cui invece voleva andare. Poteva solo sperare che per una
volta l’avrebbe ascoltato.
-
Bene, io vado allora. Ci vediamo! – Non promise nulla, non
specificò quando si sarebbero rivisti e non chiese nessun
porta fortuna svenevole. Semplicemente prese e andò dritto
per la sua strada con la schiena dritta, le spalle larghe e senza la
minima indecisione.
Astrid
non disse nulla trovandosi sola a guardarlo allontanarsi nel tramonto
rosso intenso. Solo si strinse le braccia alla vita sospirando
malinconica.
-
Non farti uccidere, Kinkaid. – Mormorò solo quello
quando fu certa di non essere sentita.
Quella
notte a lottare una battaglia dura sarebbero stati in molti.
“Qualunque
cosa accada io non torno indietro, io non smetterò di
combattere, lo farò fino in fondo, finché uno di
noi due non crollerà a terra privo di vita.
Perché ora si decidono le sorti di tutti. Se vinco io presto
arriverà la fine di quei luridi ladri assassini, se invece
vincerà lui, probabilmente, andrà ad uccidere
Astrid e gli altri… non so perché ma ho questo
sentore. Forse lo penso perché io al posto suo farei
così.
Sarà
una dura battaglia, lo so, e forse non sarò in grado di
tornare con le mie gambe, devo considerare questa
eventualità, ma non mollerò.
Potrà
succedere qualunque cosa, qualunque. Che la montagna si sbricioli
crollandomi addosso, che il mare mi inglobi annegandomi… non
avrà alcuna importanza. Non mi fermerò, non mi
placherò. Non una lacrima, no, non io. Nessuna
pietà per me, perché io non ne avrò
per lui.
Percorro
la strada verso il Bosco Sacro, una strada che conosco a memoria e che
potrei fare anche ad occhi chiusi. Il crepuscolo sta pian piano
vincendo sul tramonto che ha abbellito il mio momento con Astrid.
Potrebbe anche essere l’ultimo ricordo che avrò di
lei ma sono contento perché è bello. Lei che
balla con una musica struggente alla luce rossa del sole. Non potrei
chiedere di meglio.
So
che non ho la sua benedizione ma ho il suo consenso e sorprendentemente
conta infinitamente per me.
Prendo
l’aria a pieni polmoni immettendomi nella foresta che
costeggia questa città ed invado volontariamente la zona dei
Cacciatori. Abbasso la mia aura il più possibile per evitare
inutili attacchi intermedi e cerco quella di Jago, ovviamente non la
trovo, credo che abbia altro da fare e non voglia essere disturbato.
Bè, mio caro, per sta sera sarai costretto a rivedere i tuoi
programmi. Assottiglio gli occhi cercando quindi Yari, sicuramente lei
sa dov’è.
Una
volta trovata la seguo.
Sento
un emozione non da poco, dentro di me, qualcosa di diverso dalla solita
esaltante sete di vittoria, di potere e di sangue che mi pervade
normalmente, ora sento della tensione. È importante quello
che sto per fare.
Jago
è diventato la mia ossessione, quando
c’è lui di mezzo non ragiono più e
divento incontrollato. Ora però ho imparato a non scattare e
a trattenermi, ecco perché mi sono reso conto di essere
pronto, che era ora di affrontarlo. E questa sensazione che provo ora,
man mano che mi avvicino a lui, mi dà la conferma che
è proprio così.
Che
è giusto battermi con lui adesso.
L’idea
di avere nelle mie mani il potere di cambiare le sorti di una marea di
persone dovrebbe elettrizzarmi o magari schiacciarmi, eppure non mi fa
effetto, non quanto l’idea che ora metterò la
parola fine al discorso di Jago.
Mio
caro nemico, non sei il primo della mia lista eppure sei
l’unico che mi ha tolto tanti sonni fino quasi a farmi
impazzire di nuovo, come quando morì Thomas.
Hai
un ruolo importante, essenziale, in questa storia di merda scritta da
un autore incapace, ma purtroppo non sei il solo. Ci sono anche tanti
altri ruoli principali ed io sono fra questi.
Non
so onestamente quali siano gli altri, non mi è chiara la
cosa, ma so che non saremo soli ad affrontare questa maledetta cosa.
Però
ora siamo noi due e non c’è posto per entrambi in
questo mondo del cazzo.
Quindi
butta via la maschera e affrontami, sai che è il momento,
sai che è giusto così,
Lo
sai.
I
nostri cervelli sono in fiamme con la sensazione di uccidere e non
andrà via fino a che i nostri sogni non si saranno
realizzati.
Lo
senti bene, ormai, no? Da quando ci siamo incontrati quella sera per
salvare Astrid. C'e’ una sola cosa nelle nostre menti.
Non
cercare di scappare via di nuovo dal tuo dovere perchè sei
quello che troverò ed ucciderò.”
Quando
Kinkaid trovò Yari, vide che l’aspettava seduta
sopra ad un albero. Aveva le braccia conserte sotto i seni prosperosi e
il solito abbigliamento maschile, mentre i grandi boccoli rosa erano
liberi sulle spalle. Aveva un espressione seria e concentrata, come se
cercasse di capire qualcosa.
Il
perché di un ordine a cui lei non era d’accordo,
probabilmente, ma che avrebbe eseguito per amore di chi glielo aveva
fatto.
-
Ti ho trovata finalmente. – Asserì Kinkaid
sprofondando le mani nelle tasche del soprabito lungo e nero senza
maniche, non se ne separava mai per qualche motivo, forse era una sorta
di porta fortuna, chi poteva dirlo…
Il
ghigno che mostrò sulle sue labbra dalla piega decisa, non
fu ricambiato. Lei ancora non rispose, quindi continuò:
-
Portami da Jago. –
“E
c’è ancora qualche stolto che lo chiama
semplicemente per nome!”
Pensò
scrollando leggermente le spalle in segno di contrarietà.
Dopo di ché con un movimento agile e fluido saltò
giù dal ramo alto arrivando esattamente davanti a lui.
Entrambi sapevano che non avrebbero combattuto, quella sera. Non fra di
loro.
Si
guardarono negli occhi per un lungo istante in cui non dissero nulla,
entrambi persi in qualche pensiero, probabilmente.
Poi
lei parlò freddamente e piena di disprezzo:
-
Mi sembra strano che possa sbagliarsi, però dalle premesse
non mi sembra esattamente ciò che ha detto. –
Kinkaid
aprì la sua mente cercando di leggerle dentro, era stufo di
tanti giochetti, anche se effettivamente erano appena iniziati. Lui era
lì per un unico scopo, quelle erano tutte perdite di tempo.
Voleva
solo Jago.
Però
si stufò anche di decifrare ciò che leggeva nella
sua testa, quindi partì:
-
Che diavolo ha detto?! – Sgarbato come suo solito. Yari,
sempre più contraria a quella conversazione e ciò
che sarebbe successo, rispose senza scostarsi di un solo millimetro:
-
Che questa sarebbe stata una notte speciale. – Poi
terminò più marcata: - Ma non penso proprio che
si riferisse a TE! – Se avesse parlato con una pulce, avrebbe
avuto un tono più riguardevole. A Kinkaid non fece effetto,
sapeva che non lo sopportava e la cosa era reciproca.
-
Puoi vederlo anche da te a cosa si riferiva. Voi Cacciatori siete
capaci di leggere il futuro, no? – Non aveva tempo da perdere
e il parlare con lei lo faceva fremere sempre più. Presto
non ce l’avrebbe fatta ad aspettare ancora. Non poteva.
Jago
era lì a poca distanza da lui ed ancora li tenevano separati.
Non
ce la faceva.
Yari
percepì chiaramente la sua impazienza, tanto che era forte,
quindi stringendo gli occhi con un fare poco decifrabile sciolse le
braccia lasciandole lungo i fianchi, quindi gli disse solo laconica:
-
Seguimi. –
Questo
fu per lui la cosa migliore che in tutta la giornata si era sentito
dire.
Cos’erano
quei battiti?
Mentre
aveva iniziato a camminarle dietro con la consapevolezza di vedere Jago
di lì a poco, aveva cominciato a sentire sempre
più forti dei martelli pneumatici dentro di sé,
battevano da ogni parte, nella sua testa, nel suo petto, nelle sue
mani, nei suoi piedi, nel suo cuore… ovunque. Erano
insostenibili ma era certo che quando i suoi occhi dorati si sarebbero
posati in quelli quasi trasparenti di lui, la pace l’avrebbe
avvolto.
-
Immagino ti aspettasse. – Disse Yari facendosi da parte ed
indicando con un gesto un angolo semi buio della radura nel bosco.
Erano nei pressi del Fiume Sacro, vicino ad una vecchia casa in legno,
probabilmente il suo rifugio. Quando la vide un campanellino
risuonò nella sua mente. Alla fine, da piccoli, lui, Tommy
ed Oscar non erano mai stati in quella famosa casa nel territorio
cacciatore che sembrava abbandonata, solo il suo amico che
però era morto prima di riuscire a condurli là.
Non l’aveva mai vista eppure… eppure sentiva di
conoscerlo, quel posto, in qualche modo. Non direttamente.
Suo
malgrado spostò l’attenzione su Jago che vide
aguzzando la vista.
Eccolo
là.
I
battiti assunsero un accelerazione improvvisa fino a che
l’idea di esplodere ed impazzire non fu una certezza, ma poi
tutto fu silenzio, ogni cosa si fermò per poter udire la sua
voce.
La
sua fredda voce inconfondibile. La voce del ghiaccio.
Liscia,
levigata, profonda… addirittura sensuale e seducente.
-
Grazie Yari. Puoi lasciarci. – Nonostante non fosse una cosa
rivolta a lui, non sentì più nulla, concentrato
completamente sulla sua voce, sulle sue parole, su di lui.
Ancora
non si muoveva e lo vedeva appena.
Combattere
col buio era sciocco ma da lì a poco, quel posto sarebbe
stato illuminato a giorno dal suo corpo infuocato.
Non
si preoccupò minimamente.
E
poi la luna era così grande e bassa, quella sera, che non
sarebbe comunque servita nessun altra illuminazione.
La
donna sgusciò silenziosamente via con un doveroso inchino,
quindi i due uomini si trovarono da soli, a diversi metri di distanza,
fra il caldo serale di quella notte d’estate e i rumori
notturni comunque molto silenziosi intorno a loro.
-
Ciao Kinkaid. – Disse. Che gli rivolgesse la parola era
già indice di progresso visto che all’inizio
sembrava non vederlo nemmeno…
-
Jago. – Fece invece Kinkaid muovendo con fermezza qualche
passo verso di lui.
L’aria
intorno aveva già cominciato a rinfrescarsi, cosa che fu
immediatamente contrastata dalla temperatura perennemente alta del
corpo del più giovane.
Erano
l’opposto di natura.
Continuava
a separarli qualche metro ma ora si vedevano molto meglio. I rispettivi
occhi brillavano nel buio provocato dalle fronde degli alberi meno
fitte in quella zona specifica. Le stelle cominciavano a splendere in
cielo e di lì a breve ce ne sarebbero state a milioni.
-
E’ da un bel po’ che non ci vediamo. – La
calma marcata che Kinkaid dimostrava, indicava quanto fremeva per
lasciarsi andare ed iniziare.
In
quell’istante ebbe la concreta sensazione di essere spiato da
qualcuno, qualcuno che non era né cacciatore né
osservatore.
Era
un aura molto simile a quella di Astrid ma comunque diversa.
Tese
i muscoli del corpo drizzandosi per sentire meglio, ma Jago lo
interruppe per evitare di fargli guardare dentro il rifugio. Se
l’avrebbe visto le cose sarebbero degenerate nel modo che lui
proprio non voleva.
-
Perché sei venuto proprio ora? – Chiese quindi
Jago distraendolo, mantenne una pacatezza gelida che non
rivelò assolutamente nulla e Kinkaid stesso tornò
a concentrarsi su di lui senza però l’intenzione
di leggergli nella mente. Ogni volta che tentava gli veniva un gran mal
di testa e si innervosiva, quindi smetteva ancor prima di riuscire a
trovarvi qualcosa. Non era sicuro di non farcela, ma sicuramente aveva
i suoi modi per ostacolarlo.
Ora
era lì solo per una cosa.
Le
pupille del rosso si fecero sempre più sottili mentre le
pagliuzze rosso arancio cominciavano a saettare nelle sue iridi dorate:
-
Perché io sono nato per distruggerti ma sto crescendo ogni
ora e sto diventando forte in ogni modo. Sì, mi hai acceso e
sto diventando forte in ogni maniera. Non è per vedere chi
è il migliore. E’ perché sai bene
quanto me che è giusto. -
A
questo il moro rispose composto:
-
Alcuni si ritengono perfetti unicamente perchè sono meno
esigenti nei propri confronti. – Questo avrebbe potuto far
arrabbiare Kinkaid se non fosse stato troppo concentrato su altro.
-
Sono nella mia forma migliore, e tu lo sai bene, ma non è
per questo che voglio affrontarti ora. C’è un idea
precisa che devo realizzare e tu sei il mio ostacolo. -
-
Lottare per un idea senza avere un'idea di sé stessi,
è una delle cose più pericolose che si possa
fare. – Sembrava avere una risposta ad ogni quesito
sollevato. Come se improvvisamente fare conversazione con lui fosse
diventato sorprendentemente degno.
Già,
era davvero cambiato molto e forse era vero che quella era la sua forma
migliore e che non si sarebbe mai superato, però aveva
ancora strada da fare.
-
Noi siamo i figli della guerra, siamo nati per combattere ed
è questo che faremo. Perché non
c’è posto per entrambi su questo mondo e tu lo
sai. Lo sai bene che il momento è arrivato. – Lo
disse con una tale forza e sicurezza nella voce che gli occhi stessi
finirono di colorarsi di fuoco. La sua temperature era sempre
più alta ed ormai l’alone intorno al suo corpo si
notava sempre più, era dorato, al momento.
-
E’ vero, il momento non è lontano, ma se fallisci
non devi lamentarti. – Che invece non fosse ancora ora? Che
se combattesse e non fosse il tempo giusto, poi avrebbe fallito? Questi
dubbi per un istante solo l’invasero ma poi furono cacciati
via prepotentemente insieme all’arrivo del vapore che caldo
gli cominciava a scostargli i capelli ricci dal viso.
-
Noi siamo entrambi disposti a morire come la luce del giorno muore al
crepuscolo. – Una risposta che gli piacque e che gli diede
spunto per un'altra a sua volta incisiva e cupa:
-
Noi SIAMO morte. – Frase che a sua volta fu continuata da
Kinkaid stesso, preso dalla verità di quelle parole che
incrociavano dimostrando per la prima volta accordo fra loro.
-
Quando diventiamo morte, la morte é il seme dal quale
cresciamo. – Dunque era così.
Erano
semplicemente così uguali, nei loro ruoli, che non potevano
convivere per questo motivo.
Che
non sarebbero mai potuti andare d’accordo.
Che…
-
Spesso si è indulgenti nei confronti dei corvi e si
condannano le colombe. –
…
era tempo di iniziare.
Kinkaid
non capì a cosa si era riferito con quella frase, solo dopo
avrebbe compreso.
-
Allora, hai intenzione di accettare la mia sfida, questa volta?
È la cosa più seria che potrei porgerti, ora. Non
è un atto di auto celebrazione, né di forza fine
a sé stessa. Semplicemente non c’è
posto per entrambi a questo mondo. Tutto qua. –
Jago
rimase per un lungo momento in silenzio ad osservare le lenti
progressioni nel suo corpo. Come l’alone aureo dorato
diventava sempre più caldo ed intenso ingrandendosi, come i
suoi capelli ed il suo impermeabile nero si scostava lentamente grazie
ad una brezza calda che soffiava da sé stesso, come i suoi
occhi ormai erano di fuoco e la pupilla solo una striscia sottilissima
verticale. Aveva un suo fascino, nonostante avesse ancora strada da
fare.
Era
cresciuto e migliorato e aveva imboccato la strada giusta anche se non
era ancora arrivato al punto esatto, non aveva ancora risposto a
quesiti essenziali per sé stesso.
Gli
avrebbe dato merito dei grandi passi fatti concedendogli quella sfida.
Un
solo combattimento.
Per
dimostrargli che la storia non sarebbe finita lì.
-
E sia. – Queste due semplici parole pronunciate con distacco
e compostezza, furono fautrici di un brevissimo guizzo sulle sue labbra
sottili e ben disegnate. Un guizzo indecifrabile.
Forse,
dopo tutto, qualcosa ancora degno d’essere vissuto poteva
esserci.
Forse.
“La
forza è anche e soprattutto non perdere il controllo di
sé stessi. Fin’ora tu l’hai sempre
perso, combattendo. Specie quando ti trovavi davanti a me. Vediamo ora
se sei veramente cambiato o è solo apparenza. “
-
Fammi divertire almeno un po’, ragazzino. – Disse
poi abbassando leggermente il bacino e allargando gambe e braccia in
segno di preparazione.
Rimasero
qualche minuto immobili nella posizione di preparazione, l'uno davanti
all'altro a qualche metro di distanza, immersi nel buio che sarebbe
rimasto tale ancora per poco, circondati dagli alberi del Bosco Sacro,
col rumore dello scorrere dell'acqua del Fiume poco lontano
da lì, accompagnato da quelli notturni tipici di una
foresta. E da occhi estranei che nascosti da qualche parte spiavano
entrambi.
Questione
di concentrazione ma non solo.
Questione
di molte altre cose.
Tenere
alta la forza di volontà, la pressione, lo spirito, il
cuore, la mente, il desiderio.
Entrambi
non intenzionati ad utilizzare subito i rispettivi poteri, scavarono
dentro di loro visualizzando unicamente l'avversario che avrebbero
affrontato fra pochi secondi, scacciando ogni altro pensiero e
distrazione. Unicamente Kinkaid e Jago, come se esistessero solo loro.
Ed
in quel momento era così.
Sentire
ogni minimo movimento intorno a loro nel raggio di miglia e allo stesso
tempo esistere solo per l'avversario.
“Jago.
Ora sarai mio. “
Dopo
di ciò, Kinkaid partì fulmineo all'attacco.
Annullò la distanza in un istante troppo breve per essere
notato, si udì solo l'impatto delle sue braccia con quelle
di Jago che, pronto a quello, lo ricevette rimanendo saldo sulle gambe
e sul terreno.
Partirono
con una serie di colpi a raffica di arti marziali potenziati che resero
invisibili i loro arti; dopo una breve separazione che pose termine al
riscaldamento durato pochi minuti, tornarono in contemporanea l'uno
sull'altro continuando a spostarsi alla velocità della luce,
creando delle onde d'urto come unico indizio delle loro azioni,
poiché nessun occhio umano li avrebbe mai visti. Non
rimasero fermi un attimo, ritrovandosi subito e scontrandosi con colpi
straordinariamente forti che però non lesionavano nessuno
dei due.
Andarono
avanti in quel modo per un tempo indefinito, poi mantenendo la loro
concentrazione e senza dire una sola parola, capirono che era arrivato
il momento di alzare il livello o non sarebbero mai arrivati alla
conclusione di quello scontro.
Jago
si trovò fugacemente a pensare che Kinkaid era
effettivamente migliorato molto dall’ultima volta che aveva
tentato di combatterlo, mentre l’altro, a sua volta, era
stupito del controllo che riusciva a mantenere, di come non partisse
per la tangente come soleva fare quando combatteva contro gente forte.
Lui stesso capì solo in quel momento quanto fosse diverso e
cominciò a pensare fermamente che quello era il modo
migliore per ottenere quel che desiderava. Con serietà,
freddezza e concentrazione, doti mai possedute prima di quel momento.
Si
trovarono quindi di nuovo distaccati ed in pose pronte alla difesa o
all’attacco, quindi senza staccarsi gli occhi di dosso un
solo istante, cominciarono rispettivamente a caricare i propri poteri.
Quello
di Kinkaid fu naturalmente più visibile di quello di Jago
che rimase comunque prevalentemente del suo aspetto naturale
limitandosi solo ad abbassare sotto lo zero la propria temperatura
corporea, l’aria intorno a lui si raffreddò tanto
da far uscire i loro respiri in condensa e ghiacciare
l’ambiente circostante. Fatto che durò poco, in
fin dei conti, poiché immediatamente contrastato dal calore
emanato dall’Osservatore il quale aveva in precedenza
già riempito di fuoco i propri occhi e cominciato coi
capelli. In pochi secondi questi completarono l’opera
fiammeggiando ed alzandosi quasi del tutto in aria, l’alone
dorato intorno ad esso divenne un aura infuocata vera e propria e
lingue di fuoco scaturivano dalla sua pelle senza bruciare i vestiti
che aveva addosso. La temperatura intorno a sé era afosa e
sciolse in parte il ghiaccio sulla natura circostante, ma comunque non
in tutta la zona.
Ben
presto divenne una lotta fra freddo e caldo, fuoco e ghiaccio, oltre
che fra un Osservatore ed un Cacciatore. In fondo solo due uomini che
si combattevano dando fondo a tutto quel che trovavano dentro
incanalandolo ed utilizzandolo al meglio.
Il
sorriso che Jago si aspettò di vedere sulle labbra
normalmente ghignanti ed esaltate del giovane davanti a lui, non
arrivò e capendo una volta di più che faceva
mortalmente sul serio, che per affrontarlo era disposto a morire, si
disse che l’avrebbe preso sul serio dandogli ciò
che si meritava. Una nuova lezione su cui riflettere da lì
in poi.
Quella
precedente l’aveva imparata, ora bisognava procedere, no?
Il
Cacciatore non fece una piega dimostrandosi completamente indifferente
a tutto ciò che stava accadendo, quindi gli
lasciò nuovamente il privilegio di attaccarlo.
Quanto
sarebbe riuscito a non perdere il controllo?
Quanto
ferrea era questa maturazione improvvisa ed inaspettata?
Qual
era, ora, il suo limite?
Senza
rendersene conto si trovò a farsi queste domande rivelando
un interesse per qualcosa che non aveva mai davvero più
posseduto per lungo tempo. Troppo.
Ancora
una volta quel gruppo di ragazzini era riuscito a fargli riaffiorare i
ricordi di quell’era lontana. Quell’era
così dolorosa…
-
Io sono il fuoco di notte in tempesta, il fuoco che accumula nuovi
peccati per finire all'inferno. – Mormorò lugubre
Kinkaid con un aria seria negli occhi.
-
Io sono il ghiaccio divoratore di prede. Con esso prendo vita e
restituisco morte. – Anche Jago ricambiò con
freddezza e la sua perenne maschera calata sul viso. Non una piaga.
Con
questo si diede inizio al vero combattimento.
Quando
il braccio di Kinkaid si allungò completamente teso, coi
muscoli tirati al massimo, la palla di fuoco di saluto viaggiava
già svelta verso l’obiettivo che, senza scomporsi,
eresse su una semplicissima barriera di ghiaccio allungamento delle
proprie mani, che fermò la sfera senza creare la minima
scalfittura.
Che
il suo ghiaccio fosse oltremodo basso rispetto al calore del suo fuoco?
Si
chiese titubante il giovane serrando maggiormente le labbra in segno di
disapprovazione. Normalmente avrebbe imprecato come un turco ma si
stava sforzando di non lasciarsi andare e non distogliere
l’attenzione dal suo rivale.
Si
era allenato per mesi, con Astrid nella cella frigorifera per aumentare
la potenza e la temperatura del suo fuoco in modo che superasse quella
del ghiaccio di Jago, eppure anche se in quel freezer gigante ci era
riuscito ed aveva sciolto tutto, ora era diverso. Quel gelo superava
ogni immaginazione.
Ci
sarebbe mai arrivato, lui, ad eguagliarlo in suo contrasto?
Non
si perse d’animo e senza muoversi ancora di un passo,
rimanendo saldo al terreno con le gambe allargate e
l’impermeabile che svolazzava intorno a lui,
cominciò con una velocissima raffica di sfere infuocate
buttate con entrambe le mani alternate. Una dopo l’altra,
svelto, di più, sempre di più, senza respirare,
digrignando i denti e sforzando ogni muscolo del proprio corpo,
mettendoci quanto più calore e forza possedeva.
E
queste, una dietro l’altro si infransero con quella barriera
che rimase intatta senza sciogliersi nemmeno di un goccio.
Avrebbe
voluto urlare e strepitare, gridargli di smetterla di nascondersi
dietro quello scudo insulso, di mostrargli ciò che era
davvero capace di fare ma sapeva che così facendo gli
avrebbe dato soddisfazione facendo il suo gioco.
Jago
aspettava solo una scusa per voltargli di nuovo le spalle e con
indifferenza dirgli che non era alla sua altezza.
Non
avrebbe retto, non poteva essere ancora rifiutato, non dopo tutti gli
sforzi che aveva fatto per arrivare fin lì. Gli sforzi di
Astrid.
Doveva
almeno colpirlo.
Almeno
quello.
Così
senza demordere e rimanendo concentrato, mentre dopo un paio di respiri
affannosi riprendeva a colpirlo questa volta con un fascio di fiamme
che partiva dalle sue mani congiunte tese davanti a sé,
sprofondò un piede sotto la terra in un apparente gesto
insensato.
Jago
lo notò senza muoversi, lasciando che dalle sue mani poste
in avanti si aprisse quella barriera trasparente ma solida che fermava
quell’elemento così insopportabile. Avrebbe
osservato per un po’ di cosa era capace il ragazzino, poi gli
avrebbe dato il colpo di grazia insieme a quella famosa lezione che
stranamente ci teneva a dargli.
Non
lo capiva bene il motivo ma lo voleva fare.
Fu
lì che dal piede di Kinkaid partì un ulteriore
getto di fuoco che attraversò la terra su controllo del
proprietario che lo fece fuoriuscire esattamente dietro la barriera,
sotto Jago.
Quando
lo spruzzo di fiamme che sembrava la lava di un vulcano,
eruttò, il moro si trovò a dover finalmente
spostarsi annullando lo scudo e lasciando andare a vuoto quei colpi
notevoli.
Ed
ecco finalmente il famoso sorriso ghignante di Kinkaid riaffiorare
sulle sue labbra dalla linea decisa e a modo suo seducente.
-
Allora non sei del tutto immune ai miei attacchi infuocati. –
Disse con un certo tono di sadismo e soddisfazione nella voce.
Jago
gradì questa sua reazione molto di più di tutto
il resto, come se quello significasse qualcosa, per lui, dopo tutto.
-
Era ora, ragazzino… - Fece quindi insinuante.
-
Cosa? – Chiese l’altro.
-
Che mi regalassi quel tuo sorriso! – Detto questo, senza dare
tempo di risposte, partì fulmineo all’attacco,
cosa che ancora non aveva fatto, lanciando in corsa delle lame di
ghiaccio che il rosso riuscì a schivare per un istante, in
contemporanea egli fu lesto a ricambiare con altre palle di fuoco che
furono a loro volta scansate.
Si
fermarono l’uno davanti all’altro ad una vicinanza
che non avevano ancora assunto, quindi si fissarono negli occhi
guardandosi con maggiore attenzione, sentendo i respiri altrui sulla
propria pelle, affannati quelli del più giovane e regolari
quelli del più grande. Potevano addirittura sentire i
battiti del cuore praticamente inesistenti per uno e alterati per
l’altro.
Si
scrutarono cercando di leggersi una volta di più dentro,
immaginando la mossa successiva e cacciando una motivazione in
più a tutto quello.
-
Che ti prende? Perché non fai sul serio? –
Domandò allora Kinkaid senza spostarsi, rimanendo
praticamente attaccato a lui, senza schifarsi di averlo così
vicino.
-
Perché lo dici? – Chiese suadente il Cacciatore.
Era ancora enigmatico come la prima volta, ancora gelido come sempre,
ancora apparentemente vuoto come da maledizione.
-
Stai solo giocando con me, questo non sei tu. L’altra volta
con tutto il mio fuoco buttato al massimo mi hai atterrato con un solo
pugno. Non mi hai nemmeno mai concesso l’onore del tuo
potere. Cos’hai ora che ti intrattieni con me schivando e
parando i miei colpi? Che cerchi di colpirmi col tuo ghiaccio? Mi stai
prendendo per il culo e questo lo capisco molto bene.
Perché? Io voglio che tu faccia sul serio o
tornerò a sfidarti ancora e ancora e ancora fino a che non
sarò soddisfatto. –
-
Quando arriverà la tua soddisfazione? –
-
Quando riuscirò a farti dar fondo ad ogni tua forza,
energia, potere e risorsa. Quando tirando fuori ogni cosa che possiedi,
che sai e che puoi io sarò ancora vivo, in piedi, davanti a
te. –
-
Non ti importa di sconfiggermi? –
-
Certo, ma quello che conta di più a stremarti e
prosciugarti. Farti fare veramente sul serio. –
A
questo punto, notando la leggerissima punta di impazienza ed
irritazione di Kinkaid, Jago sorrise appena. Questo raggelò
il ragazzo che però non abbassò le sue fiamme che
alte lo bruciavano senza consumarlo. Fiamme che non avevano alcun
effetto sull’uomo dinnanzi, che non si scaldava nemmeno un
po’.
-
Ed io che pensavo di fare sul serio con te solo alla fine. Per darti il
colpo di grazia! –
Questo
innervosì ulteriormente Kinkaid, di nuovo
l’impulso irrefrenabile di prenderlo a pugni e gridare lo
invase, ma tirando i muscoli si impose di nuovo di trattenersi. Non
doveva.
Doveva
combattere nel modo giusto.
Lui
era Jago, non uno qualunque.
Gli
serviva tutta la sua lucidità anche se aveva sempre
sostenuto che la propria forza era il non controllo e la follia.
-
Non sprecarti, fallo subito, se ci riesci. Questo scontro deve avere un
senso, per me. Io non sto giocando. –
“L’ho
sempre saputo, ragazzino. Da quando hai messo piede qui, stasera.
È per questo che voglio testare fin dove arrivi prima di
vincerti. È giusto che tu lo faccia, che tu dia fondo a
tutto ciò che hai guadagnato in questi mesi di allenamento.
Lo faccio in un certo senso per rispetto verso di te. Anzi, per capire
se te lo meriti, se sei un vero guerriero o se sei solo fumo.”
Tuttavia
la barriera di ghiaccio che mise intorno alla sua mente,
impedì all’Osservatore di leggere i suoi pensieri.
-
Sai, sei strano. Tutte le altre volte che non mi sprecavo a
‘giocare’ con te ti imbestialivi. Ora che lo faccio
non ti sta bene lo stesso. Dovresti capire davvero cosa vuoi.
–
Chi
lo conosceva bene si sarebbe stupito di sentirlo parlare
così tanto anche se le parole fredde e sferzanti erano
proprio da lui. Punsero nuovamente Kinkaid sul vivo che però
non demorse riuscendo a rimanere in sé. Ancora per poco. Era
al limite e Jago lo capì al volo nonostante i suoi poteri
non comprendessero la lettura del pensiero o dell’anima
altrui.
La
sua era solo esperienza secolare di combattimenti.
“Cosa
voglio… dannazione, sembra che sia il nuovo tormentone
dell’anno! Possibile che tutti mi scassino su ciò
che voglio? Voglio vendicare Thomas e Oscar, ecco cosa
voglio!”
Pensò
Kinkaid.
-
Riprendiamo, ti sei riposato abbastanza! – La
verità era che lui stesso aveva recuperato tutto il fiato
perso tornando quasi come nuovo. Di attimo in attimo, con il nervosismo
che continuava a crescere in lui, la propria potenza e temperatura era
aumentata sempre più. Che invece non dovesse far altro che
perdere di nuovo il controllo di sé?
Che
avesse sbagliato, fino ad ora?
Non
ci fu più tempo di considerazioni poiché i due
ripresero con dei corpo a corpo veloci, entrambi utilizzando arti
immersi nel proprio elemento, lanciando di tanto in tanto dei colpi coi
rispettivi poteri.
Erano
di nuovo così svelti da essere quasi invisibili ad occhio
nudo, solo la luce emanata dal corpo della torcia umana era sintomo
della loro presenza lì.
Eseguirono
a lungo delle mosse senza sosta, senza riprendere fiato, senza
abbassare l’intensità, aumentandola sempre
più dimostrando comunque un alto livello.
Grazie
ad Astrid era arrivato a quel punto.
Si
vedeva che era speciale, quella ragazza, si disse il moro.
Poi
decise che stava arrivando il momento, prima però volle
concedersi un altro esperimento, giusto per premiarlo di tanta
serietà in suo onore.
Si
fermarono nuovamente vicini come prima, occhi negli occhi, fiato su
fiato, auree contro auree che quasi si univano fra loro, intorno ai
loro corpi forti.
-
Non hai idea della coincidenza in cui ti stai imbattendo. –
Iniziò Jago con freddezza e imperturbabilità. Nei
suoi occhi solo il gelo, un azzurro chiaro senza quasi pupille, solo un
vuoto che poteva rispecchiare sia la bontà che la
crudeltà, ma che in quel momento, ancora, non rispecchiava
niente.
-
Che diavolo borbotti? – Sbottò seccato della nuova
interruzione. Cosa cercava di fare?
-
Questo luogo oltre ad essere quello della tua fine lo è
stato anche per un osservatore, anni fa. Era tuo amico, giusto? Quello
che era venuto qua per spiarmi… si chiamava Oscar, se non
erro. Lo ricordi? – Lasciò un po’ di
silenzio ad effetto, silenzio in cui si videro gli occhi di Kinkaid
sgranarsi lentamente ed ogni funzione vitale sospendersi,
agghiacciarsi, quasi, abbassando al minimo la propria temperatura senza
accorgersene. Poi diede il colpo di grazia.
Perché?
Per
dimostrare quanto degno fosse della sua attenzione, a che punto era
arrivato, come sarebbe finito.
Se
era in grado di proteggerla.
Doveva
testarlo e quelli erano i suoi modi.
Da
quello avrebbe deciso cosa fare di lui. E l’avrebbe fatto
seriamente.
-
L’ho ucciso per i suoi sporchi occhi Osservatori che avevano
osato posarsi sui miei. Nessuno poteva. Morì con
stupidità pronunciando il tuo nome e quello di un certo
Thomas. Il tuo gemello vero? –
Ecco
l’unico modo per fargli passare il segno, perdere il
controllo.
Nominare
Thomas e rivelare come era morto Oscar.
Fargli
riaffiorare la stessa dolorosa follia di quel giorno lontano.
Risvegliare
la sua furia ceca, non avere pietà per lui, cancellare ogni
barlume di controllo, buttare nel vento tutti gli sforzi di maturare e
crescere, fargli dimenticare tutti i propositi, le motivazioni e i
desideri.
Perdere
tutto.
Coscienza
di sé stessi, della propria ragione, del proprio Io e
gettarsi nella lava che incandescente eruttava dalla bocca di un
vulcano.
Allo
stesso modo lui esplose trasformando in rosso sangue i suoi occhi ormai
senza pupilla, togliendogli la vista, facendogli vedere solo rabbia,
tendendogli ogni muscolo, conficcandogli le unghie nella carne fino a
farsi sanguinare, aumentando il proprio calore vertiginosamente come
mai in nessun istante fino ad allora, aveva raggiunto.
Esplose,
le fiamme uscirono come se una bomba in lui fosse scoppiata travolgendo
tutto quello che nel raggio di miglia c’era intorno a lui.
Jago
sicuramente aveva immaginato la reazione ma si trovò ad
ammettere, mentre ergeva una doppia barriera consistente di ghiaccio
contenitiva per impedire che il fuoco bruciasse il bosco e
sé stesso, che il suo livello era effettivamente buono.
Che
forse era degno di essere lasciato in vita.
Questo
per lui fu tanto, quindi decise come avrebbe concluso
quell’incontro.
Quando
l’ondata violenta di fuoco accompagnata da un suo urlo
liberatore che lasciava da parte il Kinkaid controllato, fu terminata,
Jago si trovò con un principio di scioglimento addosso.
Continuando
così sarebbe arrivato laddove quella testa rossa desiderava
ardentemente.
L’idea
lo allettò e tornando freddo come prima, assorbendo i suoi
occhi scarlatti senza il lume della ragione e sentendo il ringhio
animalesco della sua gola, mormorò leccandosi le labbra come
se fosse davanti ad un banchetto allettante:
-
L’ira è nella maggior parte dei casi
l’inizio della follia. -
Il
non controllo di Kinkaid fu totale.
“Sono
il tuo killer, stà a guardare. Voglio la tua vita come tu
hai preso quella di Oscar, come prendi quella di un sacco di persone
solo perchè esistono vicino a te, ti sfiorano o ti parlano.
O ti guardano. Non hai scampo, non correre a nasconderti dietro a quel
tuo stupido ghiaccio dicendo che non sono alla tua altezza e che non
valgo la pena. Sono come uno sfascia teste, questo suona meglio,
dà un idea più completa di ciò che ti
farò.
Sfascerò
la tua come è vero che sono solo un maledetto dal fuoco.
Io
ti ucciderò. Ora o dopo ma lo farò.
Ti
ucciderò.
Lo
farò.
Ora,
qua, in lotta con la bestia riceverai la tua ricompensa, un sonno
eterno, un dolore atroce, torture spasmodiche.
Ti
metterò a posto, non hai scampo.
I
giochi sono finiti.
Essere
così freddo non ti servirà a nulla.
Ti
spazzerò via.
Ora
inizia il divertimento.
Ti
uccido.
Sei
pronto per la fine?
Distruggerò
tutto quello che c'è davanti a me.
Tu
Jago.
Morirai.”
L'unico
pensiero fisso di Kinkaid fu quello e quando la propria esplosione
scemò, la riacutizzò mentre si scagliava senza la
luce della ragione nel suo sguardo deformato dalla rabbia ceca. Jago
pronto a quello continuò a schivare veloce e parare tutti i
suoi colpi finché non gli afferrò un pugno teso
davanti al suo viso e con uno scatto lo usò come leva per
roteare in aria e colpirlo con un calcio in pieno viso, che gli fece
girare il viso e perdere l'ecquilibrio.
-
Sei solo un maledetto! Fa sul serio perchè ti sto per
ammazzare! -
Gridò
ancora il giovane infuriato tornando all'attacco con diverse mosse
veloci ed esperte. Eppure per quanto fosse più forte e
potente di prima, per quanto ci arrivasse vicino e l'avesse spinto
finalmente a toccarlo per percuoterlo, non arrivava ad andare nel
segno. Non ce la faceva.
Quel
suo viso levigato era ancora troppo lontano.
Aveva
resistito molto, tutto sommato, considerato i precedenti, di progressi
nel loro rapporto strano ne erano stati fatti, ora lo considerava al
contrario di prima, ma ancora non c'era.
Ancora
non l'avrebbe toccato.
Ancora...
eppure no, eppure qualcosa doveva fare.
Finchè
non sarebbe crollato a terra privo di forze o di vita sarebbe andato
avanti.
Aveva
ucciso Oscar, non poteva fermarsi così.
Non
poteva.
Non
era più una questione di misurarsi o di fare qualcosa di
giusto per sé stesso.
Ora
era molto di più e andandoci giù pesante quanto
più poteva, emanando fiammate dal proprio corpo respinte
dalle parti ghiacciate di Jago, continuarono ancora senza sosta,
andando in un crescendo incredibile fino a che il Cacciatore disse: -
Adesso basta. - e con questo pose termine al combattimento.
Si
avvicinò al rosso porgendogli il suo viso e distraendolo con
quel bersaglio troppo allettante, allungò la sua mano con
una lama di ghiaccio acuminata. Nell'esatto istante in cui Kinakid lo
colpiva con un potente pugno di fuoco in pieno viso, l'altro non fece
altro che prolungare quella specie di spada gelata fino al viso
dell'avversario troppo vicino.
L'allungò
e la conficcò niente meno che nel suo occhio destro.
Avrebbe
potuto ferirlo in molti modi, addirittura ucciderelo. Avrebbe avuto una
vasta scelta, anche senza farsi colpire di proposito.
Eppure
Jago scelse quello.
Quando
la punta fu dentro l'allargò in modo da lacerarlo
completamente, riducendolo a brandelli e rovinandogli del tutto il
globo oculare e la palpebra. Il dolore che provò Kinkaid
probbilmente nessuno lo provò mai, nemmeno in punto di
morte, forse. Quando si muore le forze ti abbandonano e ad un certo
punto non senti più nulla.
Quel
che provò Kinkaid fu qualcosa che gli impedì di
urlare, tale era potente e dilaniante.
Fu
l'estirpazione di metà dei suoi poteri, della sua anima, del
suo spirito, del suo Io.
Metà
di ciò che era, un Osservatore.
Una
razza, la sua, i cui poteri ed essenza risiedeva proprio negli occhi.
Il
loro unico grande punto debole.
Senza
essi non morivano ma un fato peggiore li colpiva.
Come
un corpo senza anima, un animale feroce senza ferocia, una tartaruga
senza guscio.
La
sofferenza inflitta dalla separazione dei propri occhi era
imparagonabile a qualunque altra cosa e Jago era ben consapevole di
questo.
Privare
un Osservatore dei propri occhi era l'atto peggiore che si potesse
fare, i Cacciatori stessi, per quanto crudeli fossero, tendevano solo
ad ucciderli subito. Non per non infierire, ma perché
tenerli in vita privandoli solo dei loro occhi ecquivaleva a maledirsi
poiché l'essenza contenuta in essi si trasformava in
negatività che si infondeva direttamente nell'aggressore.
Jago
lo fece per metà, cosa che concesse a Kinkaid di rimanere
abbastanza in sé da sentire ogni cosa, pienamente cosciente
di tutto quel che gli accadeva.
Quando
estrasse la mano dal suo viso con quel che rimaneva dell'occhio
completamente sporco di sangue che gocciolava giù dal suo
viso e dal proprio ghiaccio, il ragazzo cadde in ginocchio senza
più fiato, battiti, funzioni vitali... senza nemmeno la
capacità di ingoiare e muoversi.
Il
fuoco ebbe un ultimo sbuffo che lo avvolse in una sorta di culla
protettiva e senza più forze rimase lì, steso a
terra, raggomitolato su sé stesso, scaldato dal flebile
calore delle sue fiamme che cercavano in tutti i modi di aiutarlo per
quel che potevano.
L'unico
pensiero che riuscì ad estrarre dal vuoto in cui stava per
cadere, un vuoto cosciente, fu il nome di Astrid.
Jago
rimase ad osservarlo incuriosito e serio. Non avrebbe mai immaginato
che nonostante la privazione di metà dei suoi poteri, questi
pur di proteggerlo rantolassero insieme a lui senza nascondersi e
riprendersi.
Il
legame che quel giovane aveva col suo fuoco era davvero oltre a quel
che lui stesso, forse, aveva col suo ghiaccio.
Per
un attimo lo invidiò e l'invidia crebbe quando
sentì Astrid correre come una matta per raggiungerlo.
Se
lui fosse morto, chi sarebbe accorso?
Nessun
amore, ormai, era lì per lui.
In
virtù di questa preziosa qualità che a lui
mancava, non lo toccò più andandosene.
“Agognami
ancora, ragazzino. Cerca di raggiungermi, non smettere di lottare o te
la porterò via. Fammi vedere ancora di cosa sei capace.
Prima era facile, ma ora? Ti sfido a farlo!”
Questa
volta gli trasmise di proposito il pensiero nella sua mente, poi
svanì nel folto della notte nelle sembianza meravigliose di
un lupo nero dai gelidi e malinconici occhi azzurri.