CAPITOLO
XXII:
RESTA
CON ME
"Stammi
vicina, nessuno sa quel che accadrà "
/INFINITA
OSCURITA’/
Appena
lo udì capì subito di cosa si trattava.
Del
resto era rimasta tutta la sera seduta nervosa sulla finestra del
secondo piano a guardare fuori con l'attenzione totalmente rivolta al
Bosco Sacro. Da casa di Stephan si vedeva bene, il manto degli alberi
scuri e fitti si estendeva su un vasto territorio ai confini della loro
città ed era attraversato da un fiume che scendeva dalla
montagna. Essa troneggiava sulla foresta.
Quando
Astrid udì nella sua testa l'urlo straziante e doloroso di
Kinkaid che la chiamava, saltò subito in piedi e spaventata
capì che probabilmente stava morendo.
Lo
capì in virtù del fatto che, oltre a quelle urla
dilanianti che le avevano perforato non solo la mente ma anche l'anima,
in seguito a quello sentì l'aura del ragazzo diminuire
drasticamente di netto mentre quella di Jago allontanarsi una volta
cambiata in quella di un animale, probabilmente il solito lupo.
Col
cuore che le martellava in gola e la testa che le esplodeva, corse a
rotta di collo giù dalle scale e come una scheggia rossa
sfrecciò accanto a Zefiro in piedi verso la porta aperta
dell'ingresso da dove aveva improvvisamente visto uscire in fretta
Stephan preoccupatissimo chiamando Kinkaid spaventato come poche volte
l'aveva visto. Cioè, più dei suoi massimi
storici, il che era tutto da vedere.
Ignorando
il biondo che chiedeva cosa stesse succedendo, si precipitò
fuori ringhiando anche lei fra i denti il nome di quel pazzo suicida.
Una volta in giardino raggiunse in fretta il piccoletto e
artigliandogli la spalla lo strattonò ordinandogli di non
muoversi da lì, quindi lo superò.
Una
volta in strada ci impiegò poco a raggiungere il bosco e
conoscendo ormai molto bene la strada verso il territorio Cacciatore,
corse come avesse il diavolo alle costole seguendo l'aura sempre
più debole di Kinkaid che andava affievolendosi di secondo
in secondo.
Era
così agitata, tesa e preoccupata che non si accorse di
Zefiro che l'aveva raggiunta in poco tempo intenzionato a non lasciarla
andare da sola in quel postaccio, in piena notte.
Dalle
loro reazioni, anche se non aveva alcun potere come loro, aveva capito
che doveva essere successo qualcosa di grave a quel matto ma quel che
lo impressionò fu vedere Astrid in quelle condizioni. Da che
la conosceva credeva di non averla mai vista così in
pensiero e fuori di sé e non dalla rabbia ma dall'ansia.
Del
resto di falcata in falcata la rossa non riusciva a non avere via via
una percezione sempre più completa della situazione e
sentendo la vita di Kinkaid in serio e concreto pericolo, credendo che
di li a poco sarebbe morto se non fosse arrivata in tempo, si
trovò nel caos più completo a fare la prima
preghiera della sua vita.
Senza
rendersene nemmeno conto.
"Se
c’è qualche Dio o un qualsiasi tipo di giustizia
sotto il cielo. Se c’è un punto, se
c’è una ragione per vivere e per morire, se
c’è una risposta alle domande che siamo obbligati
a porci... mostrati, distruggi le nostre paure. Togliti la maschera,
chiunque Tu sia che ti permetti di giocare coi destini di tutti,
mostrati e se sei davvero chi dici di essere, se sei davvero il
creatore o chi per esso... salvalo. Dannazione. SALVALO, PORCA
PUTTANA!"
Si,
perché il dubbio che Kinkaid stesse per andarsene non ce
l'aveva più ormai. Anche se non sapeva cosa di preciso Jago
gli aveva fatto.
Ci
impiegò davvero poco tempo a raggiungerlo e nonostante non
avesse idea della strada che stava facendo, si affidò al suo
istinto di Cacciatrice per trovare quel che rimaneva dell'aura di
Kinkaid.
Una
volta arrivati alla radura in cui i due avevano combattuto fino ad un
istante prima, una radura dove in un angolo buio stava un rifugio in
legno apparentemente disabitato al momento, si precipitò
svelta sull'unica fioca e debole fonte di calore che cercava di non
spegnersi. Vide che con tutte le sue forze, il fuoco dotato di vita
propria non aveva cessato di avvolgere il suo Signore che sofferente
era raggomitolato a terra e si teneva il viso fra le mani. Tremava e
sembrava nemmeno respirare tanto era forte il dolore che provava. Non
un rantolo o un grido. Tutte le funzioni vitali bloccate di botto. Si
sospesero un istante guardandolo in quello stato e se non fosse stato
per quel po' di fuoco che continuava a proteggerlo nonostante fosse lui
stesso ferito profondamente, sarebbero stati certi che ormai fosse
morto.
-
Oh Dio! - Solo allora, udendo l'invocazione di Zefiro subito dietro di
lei, si accorse della sua presenza ma non se ne curò, non
pensò che fosse pericoloso per lui, non pensò che
avrebbe dovuto rimanere con Stephan. Non pensò a lui.
La
mente solo rivolta a Kinkaid.
Quando
si chinò chiamandolo con un filo di voce, sentendosi come se
avesse combattuto strenuamente fino a quel momento, posò la
mano sulla sua spalla ignorando quella flebile fascia arancione
sbiadita. Fu lì che questo svanì del tutto
sparendo nel corpo quasi immobile ad eccezione dei fremiti violenti che
lo scuotevano come se fossero convulsioni. Una sorta di passaggio del
testimone.
Ora
sarebbe toccato a lei tenerlo in vita.
-
Cosa diavolo ti ha fatto, quel bastardo? - Sibilò a denti
stretti in un misto fra rabbia ceca e una strana ed inspiegabile voglia
di piangere. Eppure non ci pensò minimamente a cercarlo per
sfogarsi e vendicare quello che ormai era una persona importante.
Innegabilmente
importante.
Anche
Zefiro si accucciò accanto a lui e dicendosi che dovevano
almeno capire se fosse vivo o no, lo mosse con sicurezza ma delicato al
tempo stesso. Non pensò. Lì per lì il
biondo non pensò che si trattava della persona che
prevalentemente non sopportava più di tutte.
Pensò
solo che doveva fare qualcosa prima che fosse tardi.
Si,
ma cosa?
Loro
erano solo... cos'erano?
Lui
era umano e loro no...
No?
Eppure
in quel momento lo sembravano tutti. Incredibilmente e fragilmente
umani...
Lo
smarrimento lo colse ma lo ignorò facendo forza su
sé stesso. Quando riuscirono a scostare le mani dal viso di
Kinkaid lo videro ricoperto di sangue per metà. Il sangue
partiva dall'occhio destro lacerato, della palpebra rimaneva ben poco e
la visione di quella carne strappata brutalmente dove il bulbo oculare
mancava in mezzo a tutto quel liquido rosso che scendeva copioso, fece
non poca impressione. Entrambi si ritrassero istintivamente eppure non
capirono quanto grave fosse la mancanza di quell'occhio per Kinkaid.
Non lo capirono, non potevano saperlo.
Immaginando
solo che Jago dovesse avergli fatto qualcos'altro, lasciarono da parte
i rimproveri vari. A quel punto nessun 'incosciente' e 'cosa credeva di
fare?', sarebbe servito. Del resto tutti l'avevano saputo dall'inizio
che prima o poi quel folle sarebbe andato dalla sua ossessione, da
Jago, per combatterlo una volta per tutte.
-
Dobbiamo portarlo in ospedale! - Fu la prima cosa che venne in mente ad
Astrid di getto, senza ragionarci su un istante. Non provò
nemmeno più a chiamarlo per farlo reagire. Si vedeva bene
che con la mente era altrove, come se fosse effettivamente privo di
sensi nonostante fosse rigido e teso in ogni singolo muscolo tremante.
Non l'avrebbe mai sentita, nemmeno con la telepatia.
-
Si e come gli spieghiamo che non è un essere umano e come
gli è stato strappato l'occhio? - Ribatté il
più ragionevole, Zefiro, mantenendo a fatica il suo sangue
freddo. Poi aggiunse cercando di far mente locale: - Chissà
quante cose anomale ha questo qui! Non possiamo portarlo al nostro
ospedale! -
-
E allora che cazzo facciamo? - Chiese concitata con un espressione
insofferente e secca lei gesticolando.
-
Portiamolo a casa di Ste e chiamiamo suo padre. Con te abbiamo fatto
così! - Disse pronto ricordandosi con un illuminazione
fulminea cosa era successo mesi prima per lei. A quel punto non dissero
nulla, l'afferrarono con forza e senza bisogno di mettersi
ulteriormente d'accordo se lo caricarono di peso sulle loro spalle,
circondandosi con un braccio a testa e cingendogli la schiena per
dietro. Lo trascinarono facendo appello a tutta la loro forza.
Kinkaid
non era certo leggero e lì era a peso morto.
Entrambi
tentarono di trovare almeno un pensiero coerente durante il tragitto
che fu più lungo per l'andatura rallentata, ma non ci fu
verso. Nulla, nemmeno il nome di Kinkaid viaggiava nelle loro teste.
Solo il caos più totale e quel senso di pericolo non per
loro ma per colui che stringevano. Per una volta si dimenticarono di
tutti i battibecchi, di tutti i sentimenti, di tutti i rapporti
disastrosi o strani che avevano con quella creatura ferita. Si
dimenticarono degli eventi di quei lunghi mesi e di cosa era successo
per arrivare a quel punto.
Se
ne dimenticarono volendo solo una cosa.
Fare
in tempo.
Quando
Zefiro e Astrid varcarono la soglia di casa trascinando un Kinkaid
svenuto che grondava sangue dal viso, e di preciso dall'occhio, Stephan
non riuscì a trattenere un grido che fu soffocato dalle sue
mani. Rimase immobile a guardarlo mentre veniva adagiato sul divano in
salotto sentendo un blocco immediato di pieno shock su tutto il suo
corpo. Nemmeno le lacrime riuscirono a scendergli dagli occhi.
Era
un incubo. Un incubo che diventava realtà.
Quante
volte aveva temuto sopra tutto il resto di vederlo arrivare in quelle
condizioni?
Lui
era l'ultimo rimasto dei suoi fratelli adottivi. Gli altri due erano
Thomas e Oscar che l'avevano preceduto. Loro quattro non si erano mai
solo considerati amici d'infanzia ma veri e propri fratelli. Il legame
che avevano avuto da sempre non era paragonabile a nulla.
Ed
erano rimasti solo lui e Kinkaid. Se se ne fosse andato anche lui cosa
avrebbe fatto?
Non
sarebbe sopravvissuto, davvero.
E
l'idea che Kinkaid morisse lo paralizzò totalmente
disconnettendolo completamente dalla realtà.
Rimase
immobile piantato in un angolo dell'ampia stanza a guardare sconvolto e
raggelato coi suoi grandi occhi verdi sgranati, Zefiro e Astrid
tamponargli il viso all'altezza dell'occhio con un asciugamano.
Ovviamente
Cloe, quella sera, non c'era.
-
Chiama tuo padre! - Disse Zefiro riuscendo ancora a usare la testa con
un certo sangue freddo ed una praticità che ad Astrid, al
momento, mancava. Notando un silenzio in risposta il biondo si
voltò a guardare il ragazzo e quando lo vide capì
che era sotto shock e che probabilmente non aveva nemmeno sentito.
Allora
senza pensarci lasciò l'asciugamano ormai completamente
insanguinato ad Astrid e andando da lui l'afferrò con forza
per le spalle sporcandogliele a sua volta. Anche le sue mani erano
tutte rosse ed ora pure i vestiti colorati di Stephan. Lo scosse deciso
e alzando la voce lo chiamò avvicinando il viso al suo,
fissandolo dritto negli occhi:
-
Stephan! EHI, STEPHAN! GUARDAMI! - Dopo che ebbe addirittura urlato, il
moro dai capelli spettinati e tutti sulla fronte, intorno al viso
pallido e spaventato, lo guardò vedendolo finalmente. Come
se si svegliasse.
-
Eh? - Sembrava arrivato da un altra dimensione. Le labbra bianche e
serrate strette, la mascella dalla curva delicata come il resto dei
suoi lineamenti effeminati tutta contratta, gli occhi lucidi ancora
sgranati a fissarlo e il tremore che lo percorreva incontrollato.
Doveva piangere. Se avrebbe pianto sarebbe stato meglio ma non ci
riusciva...
-
Ascoltami. Devi chiamare tuo padre e farlo venire subito qua! -
Ripeté Zefiro deciso e sbrigativo scandendo bene le parole.
-
I-io... io l-l-l'ho già c-chiamato! - Balbettò il
ragazzo più magro e più basso ricordandosi di
aver chiamato suo padre durante la snervante attesa, sentendo che ci
sarebbe stato bisogno di lui.
-
Ottimo! - Disse l'altro sospirando. - Allora prendi altri asciugamani
ed una bacinella d'acqua calda. -
In
realtà non sapeva bene cosa fare, non era un medico e non
studiava per diventarlo... eppure doveva fare qualcosa. Doveva fargli
fare qualcosa. Doveva far credere che un minimo sapeva cosa fare, anche
se non era così.
Quando
lo vide correre sbattendo per tutti i mobili e le porte che incontrava
sul suo cammino, tornò a girarsi su Kinkaid ancora steso con
Astrid sopra le cui mani, ormai, erano anch'esse coperte di sangue
proprio come le sue. Non si muoveva, rimaneva ferma lì su di
lui e aspettava. Aspettava un miracolo. Aspettava che qualcuno facesse
qualcosa per lui. Che lui stesso si guarisse da solo. Che si
svegliasse, che la insultasse di nuovo, che le dicesse qualcosa a
proposito del loro ultimo dialogo, che... che... che...
Ma
non accadde nulla di tutto quello.
Con
un profondo sospiro frustrato ed esasperato, si passò
l'avambraccio sulla fronte spostandosi alcune ciocche bionde che gli
erano cadute sul viso teso. Un solco attraversò il bel viso
inorridito e preoccupato.
"Gli
ha strappato via l'occhio... quello... quello gli ha strappato via
l'occhio... come se fosse una bestia! E lui era KINKAID, non un
semplice umano privo di poteri! Lui ha il FUOCO dalla sua! E quello gli
ha strappato via l'occhio... Pazzesco... "
Non
riuscì a pensare ad altro per il resto del tempo.
-
Tommy... - La voce flebile e rotta di Kinkaid si levò in un
soffio dalla sua bocca schiusa. Tutta la pelle abbronzata sudata, il
viso comunque pallido, i segni del precedente combattimento, segni non
profondi o preoccupati a parte quella lacerazione impressionante.
L'espressione sofferente.
-
Sta delirando... - Disse Astrid a fior di labbra guardandolo con
maggior apprensione.
Era
come impazzire lei stessa... stare lì a guardare senza poter
fare nulla e sentire solo una consapevolezza gigante in lei, durante
quell'assistenza impotente, con le mani nel suo sangue che non voleva
smettere di uscire.
"Maledizione!
Sono innamorata di lui! Lui che ora sta così male. Non
può. Non può andarsene, non ora. MERDA!"
Quello
fu l'unico ragionamento che riuscì ad avere e fu talmente
sconvolgente da spegnerle il resto dei pensieri.
-
Tommy... non devi venire! Non dobbiamo farlo! Rimani là,
vado io da solo! Tommy! - La voce strascicata di Kinkaid
continuò a biascicare le frasi dei suoi incubi che lo fecero
delirare ancora, nel suo sonno agitato e tormentato, mentre allungava
una mano davanti a sé per cercare di prendere quella del
gemello che però non riusciva a raggiungere. Venne istintivo
ad Astrid afferrargliela ricordandosi di quando era stata lei male e
lui gliel'aveva tenuta a sua volta.
Lui
allora si placò appena ma gli incubi e i deliri non
cessarono nemmeno un istante, stringendole lo stomaco ad ogni supplica
che usciva dalla sua voce con toni e modi che nessuno di loro tre gli
avevano mai sentito.
Quel
Kinkaid per loro era nuovo.
Nuovo
e shockante.
In
lui, di forte, prepotente, egocentrico, arrogante, incrollabile,
stronzo e deciso, non c'era proprio niente...
"Non
andare... non venire con me. Rimani là. Lascia perdere... Ti
prego Tommy, per l'amor del cielo, rimani al sicuro a casa!
Eppure
tu vai... vai ed anzi mi precedi. Continui a camminarmi davanti, ogni
tanto ti giri ma ci distanzia sempre qualche metro ed io per quanto
corra non arrivo a raggiungerti anche se tu vai piano.
Perché
mi guardi e continui ad andare?
Là
ci sono i Cacciatori, ti uccideranno... non andare, ti prego... TI
PREGO!
'Mi
dispiace, Kik-Kin... ma io devo andare... '
-
No, non andare! -
'Invece
devo... perdonami... '
-
Vengo anche io! Fammi venire, ti prego! -
'No,
dove io vado tu non puoi venire. Non ancora.'
-
MA PERCHE'!? -
'Non
è ancora tempo, per te...'
-
Nemmeno per te! Sei giovane, io ho bisogno di te! Da solo cosa posso
fare? Non lasciarmi... ti scongiuro... NON LASCIARMI! -
Ma
nessun grido, nessuna voce supplichevole e rotta dal pianto ti fa
cambiare idea. Tu mi guardi con uno sguardo strano che mai
potrò decifrare nonostante tu sia mio gemello, nonostante io
di te ho sempre decifrato tutto così come tu di me. Ora non
riesco a capire cosa intendi con quegli occhi che dovrebbero essere
uguali ai miei.
E
Mentre io tendo la mano che qualcuno mi tiene ferma, chi cazzo
è se non sei tu? Chi mi impedisce di seguirti e
raggiungerti?, tu fai un debole sorriso malinconico e ti volti di nuovo
andandotene. Via, lontano da me. Via. Sbiadisci nelle tenebre che mi
avvolgono e rimango solo.
Solo
con il rimbombo di una frase che un giorno disse Oscar poco prima che
morisse.
'
Persino gli amici più inseparabili non possono partecipare
uno ai funerali dell’altro.''
Eppure
io i vostri li ho visti. Perché voi non potrete esserci al
mio? Perché non mi avete permesso di venire con voi?
Perché
mi avete lasciato da solo?
-
PERCHE' CAZZO SONO SOPRAVVISSUTO A VOI, PORCA PUTTANA? -
Volevo
morire... volevo morire quel giorno in cui vi persi entrambi... ed
anche se ora so chi è stato e come sono andate le cose...
anche se so tutto... l'odio è fuggito come evaporato insieme
a metà del mio fuoco.
Non
me ne importa... non me ne importa più di nulla.
Non
me ne fotte un cazzo.
Non
voglio continuare a vivere in un mondo in cui chi amo non
c'è più. In cui l'unico 'fratello' rimasto
potrebbe lasciarmi. In cui la persona che comincia a contare per me,
contro la mia volontà, ha già rischiato di
andarsene per causa mia.
Non
voglio continuare... senza Thomas... la mia metà... come
quella che stanotte mi è stata strappata col mio
occhio.
Non
voglio.
Non
ce la faccio.
Non
c'è più niente di quel che sono sempre stato.
Niente.
E
anche il mio fuoco mi ha abbandonato, ormai.
Sono
di nuovo solo... solo...
Freddo.
Un
gelo nel nulla.
Vuoto.
Né
odio né amore.
Ormai,
senza loro, il nulla assoluto.
Non
sento più nessuno.
Viaggio
da solo tremando, non sento dove sono, non sento se c'è
qualcuno con me.
Sarò
solo come allora.
Quando
Thomas è morto io sono solo stato capace di risvegliare il
fuoco distruttore dentro di me.
Non
l'ho salvato.
Lui
è morto e mi ha lasciato.
Ora
voglio tornare da lui.
L'unico
desiderio che ho.
Non
sono nemmeno riuscito a vendicarlo.
Non
valgo veramente nulla, non merito nessuno, tanto meno di rivederlo.
La
morte per me sarebbe un premio.
E
non so prendermela da solo.
Freddo.
Vedo
solo quello che i miei occhi vogliono vedere.
Nulla.
Come
può la vita essere quella che voglio...
Io
sono gelido.
Sono
io ad esserlo, il mio cuore, non ciò che mi sta attorno.
Eppure
credevo di essere l'essenza del fuoco. Mi sbagliavo.
Quando
il mio cuore non è aperto sono inaridito da tutto quello che
ottengo, distruzione.
Perdo
il mio tempo nell’odio e nel rimpianto.
Nemmeno
il mio fuoco che mi ha sempre protetto e salvato, riempiendomi le vene
e l'anima, ora mi aiuta più, mi ha abbandonato anche lui
come ha fatto la mia gente e i miei genitori anni fa, quando mi hanno
accusato della morte di mio fratello.
Dovevo
morire allora.
Voglio
sparire.
Mi
sento gelido.
Niente
mi scalda.
Intorno
a me vedo buio, tenebre, sto vagando e non so dove sto
andando...
Eppure...
eppure forse quella cosa laggiù che mi tiene la mano
è... può essere che sia una stella? Mi si
avvicina lentamente. Chissà se lei riuscirà a
darmi del calore per mandare via questo gelo che mi attanaglia?
Non
mi resta che aggrapparmi a lei.
L'unica
cosa che vedo e sento.
Si,
un po' di caldo ora c'è... appena appena... mi ricorda il
mio fuoco.
-
Stammi vicina... non lasciarmi, almeno tu... - Biascico con fatica
sperando che mi senta.
Quando
la sua stretta si rafforza mi fa capire che forse mi ha proprio sentito
e che non mi lascerà. Spero sia così
perchè non mi sono mai sentito più debole, solo e
vuoto di così... mai... e sto male...
Oggi
non c’è giorno in me.
Salvami.
Risplendi.
Scaldami.
Voglio
il sole.
Cerco
nuova luce nella confusione.
Nel
bagliore.
In
lei.
Sto
cercando un posto in cui tornare, mio fratello non mi vuole con lui,
non riesco a raggiungerlo.
Non
riesco a morire.
Rimarrò
sospeso in questo nero per quanto?
Sto
cercando un viso a cui aggrapparmi. Un viso che mi voglia con
sé.
C'è
qualcuno qui ora? Si che c'è... mi sta tenendo, mi impedisce
di sgusciare via nell'infinito oscuro.
Niente
va per il verso giusto e tutto è un casino ma ora, qua, in
questa merda in cui sono, capisco una cosa. Una cosa che per tutta la
vita ho rinnegato per cercare di essere più forte.
A
nessuno piace restare da solo.
Io
non voglio più esserlo.
-
Astrid... non abbandonarmi anche tu... -
Astrid...
è questo il suo nome?
'Kinkaid...'
E' questa la tua voce? Mi raggiunge... mi stai parlando... fallo
ancora, ti prego...
'
Chiudi i tuoi occhi... ' Li ho chiusi... 'Chiudili lì dove
sei e smetti di vedere quel che credi di vedere.
Respira
l’aria là fuori, la puoi immaginare... la senti?
Ti arriva, vero?' ...si... è un vento fresco... piacevole...
come se qualcuno mi soffiasse in faccia, ma non mi dà
fastidio... 'Siamo liberi, possiamo aprirci totalmente. Vola. Non sei
costretto a rimanere lì. Puoi camminare verso di me. Mi
senti? Vedi la mia luce?' Vedo una stella... 'Seguila. Non ti
lascerò mai. Non ti deluderò. Lo giuro. Ma tu
vieni da me. Io ti voglio. Io sono qui per te...'
-
Perché? - Te l'ho chiesto davvero? Sto ancora dormendo? Sto
delirando? Cosa sto facendo? Non capisco nulla, sento solo te.
Interiormente, fisicamente, mentalmente...
'
Perché può non esistere un alba, può
non esistere una vita ma senza di te la mia sarebbe già
finita.
E
non voglio che mi lasci. Non farlo Kinkaid. Torna da me, ti prego.
Donami
un pezzetto della tua anima.'
La
vuoi davvero?
Ma
io non so se ne possiedo ancora una, non lo so... non dopo tutto quello
che ho fatto...
...tutti
quelli che ho ucciso...
Non
lo so... però se tu credi che io ce l'abbia posso provare a
donartela, visto che me lo chiedi.
Sei
l'unica che la vuole.
Posso
provarci. Visto che ormai mi sei entrata dentro e non hai intenzione di
andartene.
Non
mi lascerai, vero? "
"Non
sono un angelo, ma se potessi esserlo volerei, sarei da te in un attimo
per poterti parlare,
per
poterti ascoltare, per poterti dire che il mio cuore ti appartiene
ormai da tempo.
Anche
se l'ho ammesso solo ora.
Da
quando Nathan è venuto e ti ha curato chiedendomi di
vegliarti e avvertirlo quando ti saresti svegliato, sei lentamente
cominciato a stare meglio. E' proprio bravo. Mi ha detto che quel che
poteva fare l'aveva fatto e che ora spettava solo a te riprenderti e
tornare di qua.
Ora
sei meno sudato anche se molto pallido rispetto al tuo solito colorito.
Non ti agiti come un matto e non chiami più tuo fratello
dicendo cose insensate... non urli più di portarti con
lui... di morire... e se l'hai visto davvero allora lo ringrazio che
non ti abbia preso con sé, perché sarei morta se
l'avessi raggiunto proprio ora che ho ammesso ciò che provo.
Sei
solo un bastardo egoista ed egocentrico ma davvero... davvero non so
come fare con questo sentimento che provo dopo una vita intera passata
a rinnegare i legami ed i rapporti.
Ora
che me l'hai estirpato a forza assumiti le tue
responsabilità e raccoglilo, perché non potrei
darlo ad altri che te, anche se mi sento un imbecille!
Mi
sono innamorata e dovevi berti una birra con la morte, per farmelo
capire!
Dannazione!
E'
sempre colpa tua e dei tuoi metodi del cazzo!
Non
sei normale, l'ho sempre detto!
Ora
il tuo sonno è più tranquillo e la febbre sembra
sia scesa. Nathan ti ha curato l'occhio che non c'è
più, ovviamente non l'ha potuto ricostruire e sei tutto
fasciato lì dove era. L'emorragia si è fermata e
gli altri lividi che hai non sono molto seri, anche se ammetto che non
te ne ho quasi mai visti da quando ti conosco.
Così,
ora che stai meglio, senza smettere di tenerti la mano per impedirti di
prendere quella di tuo fratello, mentre continui a parlare da solo come
un imbecille patentato, ho deciso di risponderti e dirti quel che mi
passa per la testa. Tanto sono sola, Zefiro è in giro
portando a spasso la piattola per distrarlo, è riuscito a
piangere quando ha visto suo padre; Cloe è ancora fuori per
quel viaggio di lavoro di una settimana... se sa cosa è
successo in sua assenza ci fa secchi!
Spero
tu ti svegli prima, la conosci, no? E' la tua madre adottiva in
fondo... ci tiene a te. Tiene quasi più a te che al suo vero
figlio...
Sai...
quell'impiastro mi ha raccontato che Cloe è come se vi
avesse adottati tutti... quando eravate piccoli, tu, tuo fratello,
l'emicrania ambulante e il vostro amico eravate sempre qua con lei
oppure nel bosco a far danni. Eravate come fratelli e figli suoi.
Ha
sofferto molto anche lei e ciò ha contribuito a peggiorare
quel suo caratteraccio, però tu sai che anche se i tuoi veri
genitori non ti vogliono, qua ne hai lo stesso una.
Sai
che non sei solo.
E
allora perché prima lo hai detto nei tuoi deliri?
Parli
di nuovo, così senza rifletterci un istante colgo
l'occasione al volo...
-
Stammi vicina... non lasciarmi almeno tu... -
Chi
amavi ti ha lasciato, lo so, ma non devi pensare di essere solo. Non lo
sei, idiota!
-
Sono qua, non ti mollo. - Mi senti?
Forse...
forse devo provare ad usare questi cavolo di poteri che ho... la
telepatia... fin'ora l'ho usata per leggere negli altri e quasi mai di
proposito ma forse posso usarla anche per parlare direttamente nella
sua testa...
-
Astrid... non abbandonarmi anche tu... - Oh, povero cretino... non
potrei mai! Rafforzo la stretta sulla sua mano e arrossisco. Fortuna
che sono sola. Però quando mi hai nominato il cuore mi ha
mancato di uno stupido battito. Si chiama emozione?
Dai...
proviamoci...
-
Kinkaid... - E con sforzo mi concentro per parlare sia con la voce che
con la mente nella sua testa. E' buio. E' caos. E' vuoto. E'
freddo.
Dov'è
il tuo famoso fuoco?
Ti
senti intrappolato... solo... nelle tenebre... credi di non avere via
d'uscita...
-
Chiudi i tuoi occhi... - Non è facile, non l'ho mai fatto ma
devo. Penso... penso che mi senta... non so cosa dice... riuscire a
sentirlo da laggiù è un impresa e non so quanto
riuscirò a parlargli così dentro. - Chiudili
lì dove sei e smetti di vedere quel che credi di vedere. -
E' così strano... così inerme... così
indifeso... così da proteggere... pieno di paure, angosce e
ferite interiori oltre che esteriori... ti senti in catene? Non devi. -
Respira l’aria là fuori, la puoi immaginare... la
senti? - Così facendo gli soffio addosso leggera
avvicinando il viso al suo di molto. Se volessi potrei baciarlo ma da
svenuto non ci sarebbe gusto. - Ti arriva, vero? - Lo so che la senti.
Vorrei capire meglio quel che sto facendo e dicendo ma non ha
importanza, conta solo che io faccia e dica qualcosa e lo sto facendo!
- Siamo liberi, possiamo aprirci totalmente. - Così i
momenti in cui stavo male ed ero in coma, mesi fa, mi tornano alla
mente in fretta... pensavo di non potercela fare, di non arrivarci. Di
essere ancorata negli abissi eppure non era così. Potevo
volare e mi hai aiutato tu. - Vola. - Ora fallo tu. - Non sei costretto
a rimanere lì. Puoi camminare verso di me. Mi senti? Vedi la
mia luce? - Non so se ne possiedo davvero una ma spero di si. In questo
momento spero ardentemente di averne una anche se brutta e insipida.
Spero che sia comunque una luce e che tu la veda perchè
voglio che tu venga da me, che tu mi veda e che segua me, non tuo
fratello. - Seguila. Non ti lascerò mai. Non ti
deluderò. - Io no. Io mai. Non come loro. - Lo giuro. -
Anche se non ho mai giurato nulla in vita mia. - Ma tu vieni da me. Io
ti voglio. Io sono qui per te... - Arrossisco di nuovo violentemente
mentre dico una cosa simile. Lo faccio solo perché sono sola
e lui è in coma e non si ricorderà nulla, dopo,
anche se ora parla come se mi sentisse coscientemente. Infatti mi
chiede biascicato nel sonno:
-
Perché? -
Come
perché?
Perché
si! Che domande... Ma forse qualcosa di meglio posso tirarla fuori... e
che cazzo dico, ora?
Perché
ti voglio con me?
In
un nano secondo mi trovo obbligata a guardarmi dentro e la cosa
dovrebbe nausearmi... invece mi sconvolgo. Mi sconvolgo vedendo
ciò che c'è. E te lo dico. Semplicemente
così com'è. Non da me, forse, ma
onestamente.
-
Perché può non esistere un alba, può
non esistere una vita ma senza di te la mia sarebbe già
finita. - Dio, che schifezze romantiche che dico, ora! - E non voglio
che mi lasci. Non farlo Kinkaid. Torna da me, ti prego. - Merda,
è proprio vero che l'amore cambia perfino il peggiore di
tutti! - Donami un pezzetto della tua anima. - Però
è proprio questo che sento e che desidero. Ti prego,
vieni... so che mi hai ascoltato. Apri l'occhio che ti è
rimasto e riprendi a vivere. Con me. Ti prego. Donami quel tuo pezzetto
di anima infuocata... so che è piccola e c'è
posto per pochi eletti ma vorrei essere una di questi e a costo di
prendere a pugni chi già c'è, per farmi spazio,
ci verrò. Che ti piaccia o no. Per cui apri quel tuo cazzuto
occhio dorato, razza di imbecille, e non farmi aspettare ancora!"
Kinkaid,
in effetti, aprì l'occhio poco dopo.
Ma
non era d'orato bensì nero. Tutta l'iride che un tempo era
di oro attraversata dalla pupilla sottile e allungata, ora era nera
come la notte più buia. Come quelle tenebre in cui il
ragazzo si era trovato fino a quel momento, nel suo delirio
soffocante.
E
Astrid, non riuscendo a capire cosa potesse significare quel colore
insolito e preoccupante dell'occhio rimanente, si raggelò
bloccando tutta la sua gioia istintiva.
Senza
riuscire ad abbracciarlo o a muoversi, nemmeno un respiro o una parola.
Nulla.
Solo
i suoi occhi dal colore diverso in quello di Kinkaid ancora debole e
confuso che si era appena svegliato.
Cosa
significava?
Lei
ancora non poteva capirlo ma sapeva, sentiva, che non poteva ancora
tirare nessun sospiro di sollievo.
Qualcosa
non andava.
Qualcosa
di importante, in effetti.
Che
la spaventò.
/DAMMI
UNA RAGIONE/
Di
giorni ne erano passati un paio ed ormai Kinkaid si era alzato dal
divano spostandosi in camera sua, non usciva di casa e il massimo che
percorreva era la distanza dal proprio letto al bagno.
Rimase
chiuso lì dentro per giorni.
Quando
Cloe era tornata venendo a sapere cosa era accaduto, aveva dimostrato
di conoscerlo davvero molto bene poiché non lo aveva
avvicinato mai, nemmeno una volta.
Sapeva
fin troppo bene che Kinkaid non avrebbe voluto vedere nessuno in quelle
condizioni; anche se la donna non voleva più saperne nulla
degli Osservatori, sapeva cosa significava per loro perdere gli occhi
inoltre conosceva il ragazzo davvero molto bene, come una madre
dovrebbe conoscere il proprio figlio.
Era
certa che non avrebbe voluto vedere nessuno ed onestamente per quanto
preoccupata fosse per lui non avrebbe nemmeno saputo cosa dirgli. Non
era brava a consolare gli altri, quando quell'impiastro di suo figlio
piangeva, ogni secondo, gli dava un calcio nel sedere e lo sgridava
più forte per farlo smettere. Non otteneva nulla se non
più grida di prima!
Del
resto avevano sentito tutti il verdetto di Nathan quando una volta
sveglio e cosciente gli aveva spiegato ciò che
già sapeva e che Astrid e Zefiro ignoravano.
-
Lo sai, vero, che non posso ricostruirti l'occhio e nemmeno fartelo
ricrescere... - Aveva esordito così lentamente con aria
seria e grave ma al tempo stesso pacata e placida. Rassegnata. Kinkaid
non l'aveva mai guardato in viso, non aveva mai dato cenno di averlo
ascoltato eppure sapevano che l'aveva fatto. Poi aveva proseguito
rincarando la dose in modo poco delicato ma nemmeno troppo cattivo: - E
sai anche che il punto debole degli Osservatori sono gli occhi. -
Sorvolò su quello dei Cacciatori. - Se vengono accecati o
strappati via vengono privati del tutto dei loro poteri e perdono
l'anima diventando come dei vegetali. Corpi vuoti, contenitori e basta.
Non c'è nulla da fare e il meglio che si può fare
per loro, arrivati a quel punto, è ucciderli per dar loro la
pace. Tu ne hai ancora uno, il che significa che hai i poteri
completamente dimezzati. Ti è rimasto il fuoco di difesa
mentre quello d'attacco è un quarto di prima. Puoi usare la
telepatia con difficoltà e non su tutti, le menti troppo
complesse non riuscirai a penetrarle, potrai sparire per pochissimo
tempo. La tua velocità è rallentata di brutto
mentre la tua forza fisica va di nuovo ripresa da capo. Capterai le
auree d'energia più forti ma non riuscirai a localizzarle
mentre la tua ormai vale la metà di prima. In
più, naturalmente, avrai tutte le percezioni e le
prospettive distorte, problemi d'equilibrio e l'occhio rimasto spesso
si affaticherà troppo. Avrai una parte del tuo campo visivo
completamente buia quindi in combattimento la tua parte debole
sarà la destra da cui non vedrai arrivare gli attacchi e se
le tue percezioni non saranno di nuovo ben allenate rischierai grosso.
Ti consiglierei addirittura un paio di occhiali ma conoscendoti dubito
li metterai... Vorrei dirti di stare lontano dai guai e di non
combattere inutilmente ma so che non mi ascolterai, per cui posso solo
dirti di fare davvero molta attenzione e almeno non addentrarti nel
territorio Cacciatore da solo. - Con questo lanciò un breve
ma significativo sguardo ad Astrid che attenta come Zefiro
più serio che mai e Stephan con gli occhi pieni di lacrime
che cercava di trattenere a stento, capì che glielo aveva
appena implicitamente affidato. Annuì decisa senza la minima
esitazione. Ci fu quindi un lunghissimo momento di silenzio in cui il
più basso di tutti tremava reggendosi a fatica in piedi,
tenendosi le mani sulla bocca per cercare di trattenersi, mentre gli
altri ponderarono nuovamente sul discorso che gli era appena stato
fatto a tutti poiché sapessero di dover stare vicino al
giovane Osservatore. Infine, con un sospiro scontento e dispiaciuto,
Nathan si era passato una mano fra i trascurati capelli neri dai
riflessi verdi appena ingrigiti ai lati, poi apparendo più
vecchio di quanto non fosse, aveva aggiunto rauco accendendosi di
seguito una sigaretta: - Mi dispiace, lo sai, ragazzo... - Non era da
lui ma volle dirlo anche se con un certo imbarazzo di fondo che
svanì quando il discorso proseguì: - sei come un
figlio per me... - Prese una boccata a pieni polmoni e
sbuffò il fumo fuori senza trarne sollievo, quindi concluse:
- sai anche che gli Osservatori hanno un punto debole del cazzo! Mi
dispiace davvero. Sarà dura. Molto più dura di
quel che tu pensi. Non sottovalutare la tua condizione e, per l'amore
di chi ti ha voluto in vita, impara a chiedere aiuto perché
altrimenti presto finirai peggio di così. - Non era un
ottimista ma quello che disse fu talmente onesto e realista che nessuno
pensò che avrebbe potuto usare più tatto. Del
resto parlava con Kinkaid, con quel testone solo certe maniere potevano
servire!
Ma
forse, guardandolo lì, mezzo steso nel divano, prima che
iniziasse ad alzarsi e si rifugiasse in camera propria, nemmeno quelle
parole non erano state sufficienti.
Tutti
lo capirono ma Zefiro sopra tutti gli altri poiché il suo
coinvolgimento non era alto come il loro, il suo distacco era
abbastanza da fargli avere una visione completa e veritiera della
situazione.
Del
resto bastava vedere il suo occhio nero e non più di corvo.
Sapeva
che quello significava la sua crisi e più nero era,
più dura sarebbe stata ritirarlo fuori.
Facendo
da spettatore quasi esterno, deciso più che mai a non
mettere zampino in questa maledetta storia shockante ed inaspettata,
rimase fermo in disparte a guardare la totale non reazione di Kinkaid.
Niente
fuoco e fiamme come un tempo.
Ormai
di quel giovane impetuoso passionale e rabbioso non era rimasta nemmeno
l'ombra.
Non
aveva detto niente. Nemmeno una sillaba. Solo mani nelle mani, in
grembo, a guardare fisso un punto imprecisato davanti a sé.
Nathan
non aveva aggiunto più nulla andandosene in cucina per
aspettare l'arrivo dell'ex moglie e spiegarle di persona l'accaduto.
Aveva scosso la testa grattandosi dubbioso la testa spettinandosi i
capelli stempiati in quel punto, poi aveva atteso in silenzio, da solo,
bevendo una birra.
Quando
quella sera Cloe era arrivata, Kinkaid era già chiuso in
camera e Stephan addormentato a fatica dal padre, Astrid e Zefiro
ognuno a casa propria. Astrid amaramente delusa per non aver ricevuto
nemmeno mezza parola dal moribondo che aveva contribuito a salvare.
Delusa ma comprendendolo perfettamente. In realtà come
poteva pretendere un comportamento diverso da lui? Se fosse stato
più umano e normale non se ne sarebbe mica innamorata!
Nathan
allora le aveva spiegato per bene tutto con aria provata, cupa e
preoccupata, poi per una volta era stata Cloe a consolarlo. Lui non
aveva pianto né mostrato segni chiari di cedimento, ma si
era seduto nel bracciolo del divano ancora sporco del sangue ormai
asciutto di Kinkaid, quindi si era preso il viso fra le mani
strofinandoselo stanco e stralunato. Lei l'aveva solo abbracciato
rimanendo in piedi come se entrambi tornassero alla loro
gioventù, a quando erano entrambi innamorati persi ancora
nella fase 'per te metto da parte i miei difetti'. Gli aveva stretto il
viso contro il suo seno per fargli sentire la sua calma e la sua
sicurezza. Sicurezza sul fatto che non avrebbero perso anche quel
'figlio'. Che di tutti quei quattro senza speranza non sarebbe rimasto
solo Stephan.
Quella
notte, Cloe e Nathan fecero l'amore come da anni non facevano
più, cancellando in un istante tutte le volte in cui avevano
solo fatto sesso in mezzo a delle litigate che non avevano mai trovato
pace nemmeno nell'atto che consumavano sempre.
Ormai
non erano più sposati e non sarebbero tornati insieme ma la
verità era che non si erano lasciati perché
avevano smesso di amarsi, ma solo perché erano entrambi
troppo orgogliosi e testardi per convivere e aprirsi totalmente come un
tempo.
E
perché gli Osservatori erano una razza troppo ipocrita per
lei.
Ma
lì, nel soggiorno, con Kinkaid e Stephan nelle proprie
camere, uniti nella stessa preoccupazione e stanchezza, tornarono come
quel tempo andato, come quando avevano concepito loro figlio e fu per
loro stessi la cura migliore che potessero apportarsi a vicenda.
Ebbene,
come previsto da Nathan, Cloe e Zefiro, i giorni seguenti furono il
vero scoglio per Kinkaid.
Chiuso
nella sua stanza non era più uscito evitando di mangiare,
limitandosi a bere solo per non disidratarsi del tutto. Immergendosi di
volontà in una debolezza fisica maggiore poiché
tanto, ormai, non gli importava più di essere in forze.
Steso
nel letto nemmeno dormiva, rimaneva a guardare fermo il soffitto
evitando con cura la finestra comunque chiusa da cui nemmeno uno
spiraglio avrebbe potuto entrare.
Cacciava
malamente chiunque volesse entrare e non c'era verso di farlo reagire.
Astrid
ci aveva provato una sola volta, al suo 'va' via' cupo se ne era andata
furente e delusa al tempo stesso, ma anche perfettamente comprensiva
tutto sommato; non aveva più messo piede in quella casa per
giorni buttandosi anima e corpo nel lavoro, nella danza e negli
allenamenti quotidiani per i corpo a corpo. La scuola ancora non c'era
visto l'estate inoltrata.
Stephan
ci provava un migliaio di volte sempre senza successo, sempre ricevendo
dei ringhi. Se ne andava, poi tornava con qualcosa da mangiare e da
bere, riceveva il rifiuto e se ne andava tornando la volta dopo. Non
avrebbe mai smesso di tentare.
Eppure
anche forzandolo non avrebbe saputo cosa dirgli.
Zefiro
come Cloe non tentarono mai e Nathan fu ricevuto solo per via della
medicazione all'occhio. La bruttissima ferita cominciava lentamente a
cicatrizzarsi ma non era una passeggiata, ce ne sarebbe voluto ancora
molto in effetti.
Dopo
una settimana in cui il buio della sua mente continuava a divorarlo
impedendogli di pensare a qualcosa di coerente e sensato, la porta si
aprì senza nessun bussare d'avvertimento, senza nessuna voce
che si annunciasse da fuori.
La
porta si aprì senza il suo permesso e fece entrare la
persona che meno di tutte si sarebbe aspettato di vedere.
Zefiro.
Quando
il biondo ben vestito e in perfetta forma come sempre mise piede nella
sua camera buia, l'odore di chiuso fece arricciare il suo naso dritto,
quindi seguendo il vago alone della luce esterna, si diresse alla
finestra aprendola senza chiedere il minimo permesso.
La
luce e l'aria fresca finalmente entrarono e lì per
lì, Kinkaid chiudendo l'occhio infastidito dall'improvvisa
differenza, credette di vedere qualcosa di obiettivamente impossibile
quando dopo poco tentava lentamente di riaprirlo ancora parzialmente
accecato.
Ali.
Zefiro
appoggiato di schiena alla finestra, la luce del giorno dietro col sole
che gli batteva a picco e delle ali dietro.
Aggrottò
subito la fronte irrigidendosi, cercando di mettere a fuoco quel che
vedeva. Poi si disse che quel dannato occhio non era poi
così sano come avrebbe dovuto essere.
Zefiro
con delle ali era la cosa più impossibile di tutti, di
sicuro!
Se
le avesse viste in Stephan avrebbe anche potuto crederci ma in lui...
Eppure
la prima cosa che vide dopo tutti quei giorni di buio forzato, furono
le ali dietro la schiena di quell'essere insopportabile che era entrato
senza permesso aprendo addirittura la finestra!
Senza
rendersene conto capì di aver appena avuto la prima reazione
dal suo risveglio e si fermò dall'insultarlo. Richiuse la
bocca già aperta e appoggiò la schiena alzata sul
parapetto dietro di sé, rimanendo sul letto.
Piano
piano la sua vista senza le percezioni di profondità e dal
campo visivo dimezzato, si abituò e smise di vedere quelle
due forme strane dietro di lui che, a sua volta, lo squadrò
a fondo in fretta.
Le
bende intorno alla testa coprivano con cura l'occhio destro, i suoi
capelli rosso castano erano più ingrovigliati e arruffati
del solito, molte ciocche coprivano le fasce bianche e l'occhio
rimasto.
L'occhio
ancora perfettamente nero, dove l'iride non era più dorata.
Per
quanto sarebbe andato avanti così?, si chiese stizzito
Zefiro distogliendo lo sguardo scivolato brevemente sul corpo sempre
apparentemente muscoloso e forte coperto da un paio di pantaloni neri e
da una canottiera dello stesso colore, attillati. Le caviglie l'una
sopra l'altra, la schiena appena tirata su, la testa appoggiata dietro
di sé ma dritta, le mani abbandonate sul materasso, vicino
ai fianchi. I pugni chiusi.
Gli
occhi d'argento corsero di nuovo insolenti pieni di sfida in quello di
Kinkaid e da lì non si tolsero. Non si avvicinò,
rimase in piedi sulla finestra, a diversi metri l'uno dall'altro.
"Perché diavolo
è qui?" Fu la prima cosa che si chiese.
-
Che cazzo vuoi? - La sua voce cavernosa e rauca uscì dalla
sua gola dopo molto e non per scacciare qualcuno. Gli sembrò
di avere le corde vocali atrofizzate così come la sua stessa
mente, bloccata per giorni in un nulla volontario.
Nonostante
tutto quello che si era detto con Astrid nel coma, che ricordava bene,
si rifiutava di tornare alla vita di proposito non considerandosi
più una persona completa ma solo una metà che
sarebbe stata di peso agli altri, che non sarebbe mai riuscita a
completare i suoi obiettivi e le sue promesse, uno che ormai non valeva
più nulla, uno certamente non da desiderare.
Una
vergogna.
Uno
debole.
Ebbene
Zefiro non possedeva poteri, era umano, eppure dalla sua risposta
sembrò che così non fosse.
-
Nulla. Solo chiederti una cosa. -
-
Non mi interessa! - Ringhiò sgarbato l'altro senza
però distogliere lo sguardo dal suo senza alcun timore.
-
Quand'è che ci dai un taglio? - Chiese dunque il biondo
imperterrito incrociando le braccia muscolose al petto fasciato da una
maglietta azzurra attillata che metteva in mostra il suo corpo da
modello.
Un
refolo d'aria alle spalle gli scostò una ciocca di capelli
che gli cadde a lato del viso carezzandoglielo.
-
Ti ho detto che non voglio sentirti parlare! - Ribatté
ancora il rosso sempre più astioso, piegandosi questa volta
in avanti ottenendo così un giramento di testa per il
movimento brusco. L'espressione finalmente arrabbiata. Dopo giorni che
non la muoveva in nessun modo era un grosso passo in avanti!
-
Sei solo un idiota! - Continuò calmo e saccente il ragazzo
in piedi.
-
VATTENE! - Urlò allora. Se prima di entrare Zefiro non
avesse avvertito che nonostante le urla non sarebbero dovuti entrare,
gli altri sarebbero stati già lì!
-
L’odio è una palla al piede. La vita è
troppo breve per passarla sempre arrabbiati. Non ne vale la pena. -
Fece allora sempre senza alterarsi, come se non avesse sentito nulla.
Kinkaid
allora gridò ancora più forte sempre
più fuori di sé per quel ragazzo in perfetta
salute senza nessun problema con nessuna razza, amato da tutti, con un
sacco di ottime possibilità davanti a sé. Non lo
aveva mai sopportato ma ora il suo fastidio per lui era alle stelle.
-
TU SAI COSA VALE LA PENA, INVECE?!
LO
SAI?
ALLORA
PENSI DI SAPER ANCHE DISTINGUERE IL PARADISO DALL'INFERNO? I CIELI
AZZURRI DAL DOLORE? SAI DISTINGUERE UN CAMPO VERDE DA UNA GUERRA? UN
SORRISO DA UNA MALEDIZIONE? PENSI DI SAPERLI DISTINGUERE? NO, PERCHE'
IO ORA NON TROVO NESSUNA DIFFERENZA! NESSUN MOTIVO PER CUI VALE LA PENA
LOTTARE E VIVERE! NON TROVO PIU' NULLA! - Ma non era ancora quello il
punto del suo dolore e Zefiro lo sapeva. Lo sapeva bene e non
perché ci era passato, bensì perché
era esterno a lui e poteva vedere laddove lui stesso non riusciva. Non
si scompose ancora, non gli rispose sferzante e nemmeno urlò
a sua volta, si compiacque di averlo fatto gridare a quel modo,
finalmente, facendogli tirare fuori almeno parte di quell'odio che se
lo stava mangiando in quei giorni. Eppure non era tutto lì.
-
Se continuiamo a vivere, forse un giorno chissà…
scopriremo quanto sia stato importante, farlo. Chissà tra
quanti anni lo sapremo! Però, fino a quel momento, non
possiamo far altro che vivere! - Qua Kinkaid si calmò un po'
infatti abbassò appena la voce, quindi a denti stretti ed
uno sguardo sempre più rabbioso sibilò:
-
Siamo solo piccole gocce nell'infinito oceano dell'esistenza... non
siamo nulla ed è inutile che ti affanni così
tanto nei confronti degli altri! - Non poteva sempre pensare di
risolvere tutto, di essere vitale per ognuno... doveva capire che
c'erano persone senza speranza, da lasciar perdere. Che c'erano cose
che non potevano essere aggiustate!
Tuttavia
Zefiro non sembrò turbarsi nemmeno allora. Era pronto anche
a peggio.
-
Si vive una volta sola. Altre certezze non le abbiamo. -
Esordì dunque senza il minimo problema.
-
Bella scoperta! E che schifo, quell'unica volta! - Ribatté
sempre secco e astioso.
-
Voglio dire... la vita è una grande avventura dalla quale
nessuno è mai uscito vivo, non pretendere di riuscirci tu.
Accetta i duri colpi che ti capitano e va avanti, non accontentarti
dell'orizzonte... cerca l'infinito. Non pensare di essere finito solo
perché ti si è sbarrata la strada che pensavi di
percorrere. C'è ben altro! Cerca di essere uomo prima di
essere gente, Kinkaid! Devi diventare qualcuno! Ora sei la
metà di prima, va bene, ma non sei finito! Cerca un altro
modo per ottenere quello che vuoi, non esiste solo quello che credevi
fino ad ora! - In effetti non gli aveva mai parlato tanto... ma pensava
che forse ne sarebbe valsa la pena. Forse...
Il
suo tono calmo aveva lasciato perdere la saccenza e la
superiorità di prima e probabilmente questo aveva
parzialmente placato Kinkaid che era rimasto in silenzio un po' ad
assimilare le sue parole senza frustrazione o fastidio.
Per
un istante non lo riconobbe e si chiese, in un flash velocissimo, chi
fosse quella persona che aveva davanti... quasi inumano...
-
Io... io invece lo penso. Penso di essere finito. Di essere un peso. Di
non valere più nulla. Di non poter portare a termine le mie
promesse. Di non riuscire a raggiungere i miei obiettivi. Di essere
debole. Di non essere più nessuno. Nessuno. -
Questa
dichiarazione colpì Zefiro come uno schiaffo ma non
mostrò stupore. Rimase serio e fermo per un po' ad
osservarlo con attenzione, notando come la sua espressione furente via
via si distendeva in un abbandono totale di frustrazione e sofferenza.
Desolazione. Smarrimento.
E
lì ne fu certo. Questi suoi dubbi, mai avuti in tutta la sua
vita, non li avrebbe mai esternati con nessun altro.
Normalmente
l'avrebbe mandato al diavolo ma quella situazione, di normale, non
aveva proprio nulla così lasciandosi semplicemente andare,
abbandonandosi a quel nuovo proprio stato d'animo indefinito, senza
domarsi e rinunciando a capirsi, mosse qualche passo avvicinandosi al
suo letto, rimase in piedi accanto a lui e continuò a
guardarlo, ora erano vicini.
-
Conosci l’espressione non avere legami? - Non attese una
risposta, quindi proseguì tirando fuori quel che nemmeno
credeva di pensare. - Se incontro Dio uccidilo. Se incontri un tuo
antenato uccidilo. Non avere legami, non essere schiavo di nessuno.
Vivi semplicemente per la tua vita. Tu eri così fino a poco
tempo fa, non è vero? - Ancora una volta non lo
lasciò parlare ma proseguì ancora serio, ancora
calmo, ancora profondo... ancora così poco sé
stesso... ma lui lasciava semplicemente che le parole fluissero dalla
sua bocca facendo sentire Kinkaid profondamente capito. Proprio da lui
che aveva considerato alla stregua di un nemico, quasi... ed era
proprio vero, allora. A conoscerti meglio sono i tuoi antagonisti!
-
Ora metà di te ti è stata strappata e devi
trovare una nuova identità, prima di tutto. Poi la strada
giusta, nuova, da percorrere per arrivare laddove hai sempre voluto.
Quindi riprendere il tuo cammino, ma in maniera diversa. Ora i legami
che prima ti spaventavano sono proprio l'unica cosa che desideri e sei
combattuto perché pensi che nessuno ti voglia davvero, che
saresti un peso, che finiresti per essere solo quando finalmente hai
capito che non lo vuoi. -
Il
rosso non parlava più ma ascoltava ed era come se fosse lui
a dire quelle cose poiché erano esattamente i suoi pensieri.
Quasi si spaventò sentendo proprio lui dire quelle cose
leggendogli dentro con una tale facilità da fargli credere
di avere davanti non un altro Osservatore, al posto di un essere umano,
ma addirittura il Dio Sole in persona!
Così
si sentì finalmente di parlare a sua volta. Debolmente, in
un sussurro quasi impercettibile, Kinkaid si decise a confidarsi ancora
una volta con lui:
-
Mi sono sentito combattuto fra l'amore per la vita e quello per la
morte. Si perchè anche se ho sempre odiato la vita, in quel
momento l'amavo allo stesso modo in cui amavo la morte. Una volta che
l'assaggi non puoi non desiderarla. La pretendi, la invochi non
perchè stai male e vuoi farla finita, ma perchè
ci sei stato troppo bene insieme.
Però
l'amore per la vita si insinua fra te e la voglia della morte e allora
non sai che scegliere, eppure sta solo a te.
Una
volta che torni vivo te ne penti.
Eccome
se te ne penti.
Sempre
se ce la fai a rimanere vivo.
Io
avevo Thomas davanti a me... camminava e non mi permetteva di
raggiungerlo. Non ha voluto che andassi con lui, mi ha detto che non
potevo venire e che non era ancora ora, per me. Sono state la mani di
Astrid ad impedirmi di prendere le sue. Io... in effetti le devo
molto... - Non fece cenno al discorso che aveva avuto con lei nel
sonno, non era sicuro che fosse avvenuto davvero e comunque si
vergognava come un ladro!
Zefiro
sentì una punta di gelosia per quella frase conscio che
doveva essere successo dell'altro, ma la mise da parte per qualcuno che
fino a un po' di tempo prima si sarebbe rifiutato categoricamente di
aprirsi a lui ma che ora, straordinariamente, lo stava facendo.
Forse
non sarebbe più successo e forse dentro di sé
nonostante la lotta interiore che avveniva, sapeva perfettamente che
era giusto così. Aiutarlo in quel modo.
-
Si può trasformare l’amore, ignorarlo, sprecarlo
ma non si può estirparlo dall’anima. -
Ed
era vero.
Quando
Zefiro disse quello, l'animo di Kinkaid si placò
definitivamente e non la pace ma qualcosa che poteva alla lontana
avvicinarsi, lo colse. La rabbia evaporò così
come la frustrazione ed il senso di inferiorità. Anche il
dolore decise di lasciare il posto a quei sentimenti scoperti da poco.
Quei sentimenti per Astrid che involontariamente gli avevano permesso
di risvegliarsi.
Il
nero nella sua iride finalmente si schiarì diventando presto
oro, la pupilla allungata normale come se nulla fosse mai stato.
Zefiro
sorrise appena con fare indecifrabile, quindi mosse un passo indietro,
piegò la testa di lato e contemplandolo a fondo, vedendo
chiaramente quell'alone di fuoco che lo contraddistingueva, anche se
era limitato di molto, capì che ora era tutto a posto e che
i ruoli di sempre potevano essere ristabiliti.
Non
prima della conclusione.
-
Il mondo è un bel posto per cui vale la pena combattere. - E
nonostante tutto quello che era successo anche a lui, lo credeva
veramente.
Kinkaid
si alzò a sua volta, lentamente per non provocare giramenti
fastidiosi, quindi una volta dritto davanti al biondo che lo squadrava
ancora in quel modo strano ed irriconoscibile, concluse anche lui
questa volta con quel suo sadismo che l'aveva sempre contraddistinto:
-
La prossima volta che combatterò, costringerò la
morte ad amarmi, poiché voglio battermi persino con la sua
falce avvelenata. - La sua frase preferita.
Il
Kinkaid di un tempo, quello di sempre, non poteva certo più
tornare ma la ricerca di quello nuovo, uno più completo e
magari maturo, era iniziata e in fondo la pasta di base era sempre
quella.
Stranamente
al giovane davanti a lui piacque quella frase spaccona. Piacque
pensando che Astrid finalmente sarebbe stata di nuovo felice, anche se
non per lui ma per l'altro.
Però
aver contribuito a quella gioia e serenità gli diede forza
per andare avanti ancora un po'.
Finché
resisteva non si fermava. Sarebbe andato avanti. Fino al suo crollo.
Non prima.
/RIPORTAMI
IN VITA/
I
giorni erano passati ancora e Kinkaid non aveva ripreso abbastanza
forze per uscire ma si aggirava per casa come un anima in pena, con le
bende intorno alla testa a coprirgli l'occhio ferito e il pallore un
po' meno accentuato di prima.
Non
aveva chiesto scusa a nessuno, non sarebbe stato da lui, ma il suo
comportamento più calmo e meno rabbioso del solito funse da
scuse e tutti lo capirono.
Però
Astrid non era ancora tornata a trovarlo.
Kinkaid
sapeva bene che si era comportato male con lei dopo quello che aveva
fatto, era stata preziosa per il suo risveglio e non solo non l'aveva
ringraziata, ma l'aveva anche mandata via malamente!
Il
fatto che si vergognasse a farsi valere nel suo momento peggiore,
quando non si considerava più nessuno, non lo poteva
giustificare.
Del
resto tutti avevano i loro problemi e non era obiettivamente giusto
credere che i propri fossero peggio di quelli degli altri. Non aveva
avuto alcun diritto di trattarla male ma l'aveva fatto ed ora toccava
chiederle scusa. Sapeva che doveva farlo poiché se con gli
altri non era servito poiché avevano capito dal suo
comportamento, per lei era diverso. Poteva capirlo che gli dispiaceva
ma era corretto dirglielo a parole.
Dopo
averci rimuginato sopra a lungo aveva mandato Stephan a chiederle se
poteva venire da lui poiché non aveva ancora il permesso di
uscire.
Avrebbe
potuto chiamarla ma lui quegli aggeggi tecnologici non li usava ed
inoltre non osava usare nemmeno il suo potere telepatico. Non sapeva a
conti fatti come sarebbe stato, le sole parole di Nathan gli erano
bastate per fargli capire quanto sarebbe stata dura ed in un certo
senso aveva paura di utilizzare i suoi poteri e scoprire QUANTO non
fossero più come prima.
Quanto
debole fosse ora.
Al
pensiero, rimasto solo in casa ad aspettare Stephan che era andato di
persona da Astrid per implorarla di venire da lui, nonostante l'estate
inoltrata si era seduto davanti al caminetto del soggiorno ed aveva
acceso il fuoco!
Ebbene
si.
Kinkaid
non solo aveva acceso il fuoco in piena estate ma l'aveva fatto senza
usare i suoi poteri!
Qualcosa
di sensazionale, mai accaduto prima in effetti!
Ma
la paura di usare il suo fuoco e sentirlo dimezzato sarebbe stato un
trauma che non era pronto ad affrontare, lo sapeva bene.
Ora
doveva concentrarsi su Astrid.
Si
era reso conto di volerle bene, di essersi innamorato di lei, che lei
gli piaceva e subito dopo, una dietro l'altra, gliene erano successe di
tutti i colori!
Non
era una cosa normale!
Che
fosse un messaggio dal Cielo per dirgli di non mettersi con lei se
voleva salvarle la vita?
Il
pensiero gli aveva sfiorato la testa molte volte, in effetti, fino a
che l'aveva bloccato impedendogli di dichiararsi. Lui che esprimeva i
suoi sentimenti non era più lui ma era anche vero che ormai
il vecchio Kinkaid era stato spazzato via. Almeno per metà.
Rimaneva
solo da capire cosa sarebbe cambiato e cosa sarebbe rimasto intatto!
Queste
riflessioni gli rabbuiarono il volto mentre i bagliori arancione delle
fiamme davanti lo coloravano scaldandolo e rigenerandolo. Il fuoco gli
permetteva una guarigione più veloce, avrebbe dovuto
pensarci da solo.
Lasciandosi
curare ulteriormente dal fuoco, si concentrò a tal punto da
non sentire la porta aprirsi. Stranamente in silenzio, Astrid era
arrivata.
Da
sola.
Lo
vide curvo seduto davanti al caminetto acceso che emanava un calore che
onestamente non serviva all'estate, la stranezza era comunque che
quelle onde calde sembravano soffermarsi su di lui, venendo assorbite
dal suo corpo muscoloso come un tempo anche se forse non più
forte come allora.
Il
suo corpo era sempre stato degno d'ammirazione ed anche il suo viso
deciso, grezzo ed imbronciato dove c'era sempre un sorrisetto sadico.
Chissà ora cosa sarebbe stato?
Se
lo chiese notando le bende intorno alla testa che cominciavano a
sciogliersi, doveva essersele toccate mica poco, per averle
già mezze tolte!
Quei
capelli ricci e indomabili gli erano mancati.
Tutto
di lui.
Quando
Stephan l'aveva chiamata chiedendogli se poteva andare da lui
perché voleva parlarle, le era sembrato strano e le era
quasi venuto un colpo, suo malgrado era andata dicendosi che se non
altro l'avrebbe preso a pugni per l'ingratitudine che aveva ricevuto!
Eppure
una volta lì non fu capace di gridargli dietro nulla
né di insultarlo. Era rimasta in silenzio a fissarlo da
dietro. Non si era accorto della sua presenza.
Ed
ora?
Cosa
doveva dirgli?
Cosa
doveva fare?
Il
ricordo di quanto era stata male per lui, di quando si era detta che si
stava innamorando di lui, gli balenò in mente facendole
rivivere quegli attimi dolorosi. Come sarebbe finita?
Non
poteva mollarlo nel suo momento peggiore.
Da
ora per lui sarebbe stata tutta in salita e sarebbe stata la strada
più difficile e dura della sua vita. Come poteva lasciarlo a
sé stesso?
Nathan
stesso glielo aveva affidato e lo conosceva abbastanza bene da sapere
che avere metà dei poteri di prima non l'avrebbe mai
fermato.
Avrebbe
tentato di ottenere lo stesso quel che voleva e questa volta, se fosse
stato da solo, ci avrebbe rimesso la vita.
Non
voleva che morisse davvero. Non voleva.
Così
si decise a far pace con lui, non dopo averlo ricoperto per lo meno di
insulti!
Si
disse così la ragazza con le mani ai fianchi vestita in uno
dei suoi soliti strani modi alternativi ed i lunghi capelli sciolti.
Faceva caldo e lei lo odiava il caldo, ma da quando aveva capito che a
Kinkaid piacevano sciolti non li legava quasi più.
Sicura
di sé e delle sue intenzioni si avvicinò
battagliera con un aria seccata ma una volta lì a pochi
centimetri da lui, udì la sua voce mormorare roca e
sommessa:
-
Ciao... - Ebbene l'aveva sentita... ebbene erano tutte lì le
sue scuse?
Ma
in fondo cosa poteva pretendere da lui?
Era
fatto così... pensare di sentirlo scusarsi era davvero un
utopia. Se l'avesse fatto non sarebbe stato più Kinkaid e
nonostante sapesse che comunque quell'evento l'avrebbe presto cambiato
radicalmente, non voleva che succedesse.
Si
era innamorata di quella bestiaccia selvatica ed antipatica...
pretendere atteggiamenti non da lui sarebbe stato volere un altra
persona e lei invece voleva proprio lui.
Solo
lui.
Lui
che l'aveva fatta venire lì dopo averla trattata a quel modo
ingiustamente e che ora stava zitto al posto di dire ciò per
cui l'aveva chiamata!
Quell'imbecille!
Niente
da fare, anche se si impegnava con tutta sé stessa proprio
non riusciva a sopportarlo con quel suo odioso muso da caprone di prima
categoria, il broncio infantile e quel maledettissimo caratteraccio da
primo della classe che ovviamente non era mai stato!
Voleva
ricordarselo ancora così e sperava, in cuor suo, che ora
quegli atteggiamenti insopportabili non sarebbero cambiati. Voleva
sperarlo.
Le
tornò alla mente, per l'ennesima volta, il suo 'Va' via!'
dopo tutto il tempo che aveva passato a vegliare su di lui, dopo tutte
le belle frasi che era riuscita a dire, dopo che si era aperta in quel
modo imbarazzante dicendo cose assolutamente non da lei!
Aveva
avuto il silenzio più totale per giorni e giorni, ora che
gli girava di nuovo bene pretendeva che lei tornasse. E lei cosa aveva
fatto?
ERA
TORNATA DAVVERO!
Lo
realizzò mentre si avvicinava lentamente già
pronta ad insultarlo!
Possibile
al mondo esistesse una persona talmente indisponente da farla uscire di
senno in quel modo e in un arco di tempo così ridicolamente
ridotto?! Se ne stava accucciato davanti al fuoco e guardava le fiamme
assorto, quasi non temesse che una scintilla potesse danneggiarli anche
l’altro e unico occhio che gli rimaneva. Dannato! Lei aveva
fatto tanto per lui, troppo! E come era stata ricambiata?! Nulla,
semplicemente nulla! Neanche un minuscolo e insignificante
‘grazie’! Il SIGNORE, piuttosto che abbassarsi a
tanto avrebbe preferito crepare sotto il taglio della spada di Jago! Lo
odiava! Lo voleva vedere strisciare ai suoi piedi quel putrido insetto
stronzo e imbecille!
Ultimamente
trovava perfino più sopportabili della sua faccia da
schiaffi le inutili chiacchiere di Zefiro e i piagnistei di Stephan, ma
non lui! Diamine, quando era tornata il giorno dopo il suo risveglio,
aveva solo voluto vedere in che condizioni era la cicatrice che gli
aveva deturpato il viso. Invece lui l’aveva assalita neanche
fosse il peggiore dei suoi nemici.
Sedendosi
il più lontano possibile dal signor ego ma ancora abbastanza
vicino a quella unica fonte di calore, si mise ad osservarlo con la
coda dell’occhio ignorando l'eccessivo caldo che era in
quella stanza. Kinkaid giocava con le fiamme, le sfidava azzardatamene
senza nemmeno rendersene conto… ma il fuoco faceva parte di
lui, in tutte le sue forme, nonostante ora avesse tutto dimezzato. Era
arrogante e pericoloso. Se lo ricordava anche letale talvolta. Era
sempre stato caldo. Talmente tanto da bruciare sé stesso
nelle sue passioni. E poi era intrigante e… bello. Aveva
occhi comuni per la sua razza, anche lei ne aveva uno così,
dorato in quel modo, ma quelli di Kinkaid conservavano in loro una
natura diversa, triste, desolata ma anche forte. Gli occhi di lui
sapevano scioglierla come quelli di nessun altro.
Il
ragazzo si passò distrattamente una mano tra i folti e
ribelli capelli rosso scuro che brillavano sotto la splendente luce del
fuoco e la brezza che proveniva dalle finestre aperte per fare un po'
di corrente, glieli scompigliò ulteriormente togliendole il
piacere di poter scorgere quell’unico ma ugualmente bello
occhio di corvo che gli era rimasto. La intensa luce del fuoco
provocava strani giochi di colore sul suo viso serio e distaccato e gli
facevano assumere un'espressione intensa, triste e dolce. Rimase ad
osservarlo facendo finta di nulla, accanto a lui, in silenzio,
aspettando che parlasse. Invece faceva ancora come se lei non ci fosse,
dopo il 'ciao' che aveva grugnito.
Così
non le rimase che ricordare che non sorrideva mai, Kinkaid, se non per
prendersi beffe di qualcuno, spesso di lei. Si ritrovò a
pensare a quanto sarebbe potuto essere affascinate un suo sorriso,
anche se solo accennato. Scosse il capo cercando di scordare i pensieri
gentili nei confronti di quel moccioso con una voce da linea erotica.
Si alzò e si portò ancor più accanto a
lui, attaccandosi a una sua ciocca di capelli.
-
Vedi di startene fermo adesso, caprone, o ti strappo a morsi anche
l’altro occhio! -
"Non
voglio donne... mi sono solo d'impiccio per la mia vendetta. Anche
Stephan mi è d'impiccio dalla nascita e lo sarà
fino alla morte, quel maledetto moccioso. Ma di donne non ne voglio
proprio sapere, tanto meno di una esagerata e rompicoglioni come questa
che si porta sempre appresso quell'altro megalomane esibizionista con
la sindrome del salvatore che un giorno all'altro
ucciderò... ma dopo la mia vendetta!
Certo,
ne sono innamorato, ok, ma da lì a volerla nella mia vita ce
ne passa. Tutto intorno a me mi fa capire che è meglio che
non ci entri e penso che sia giusto così.
Se
ho perso un occhio è solo perchè non ero
abbastanza forte ed io sono convinto che avere gente intorno, come
ormai l'avevo da un bel po' di tempo, mi indebolisse. Se fossi stato
solo sarei stato molto più forte. Senza pensieri in testa
verso una certa strega!
Dopo
quello che è successo ne sono più convinto che
mai.
Certo
mi ha aiutato molto, Astrid, lo ammetto, ma se fossi stato solo senza
sentimenti di mezzo il non controllo mi avrebbe permesso di batterlo,
quel dannato Jago!
Ho
sbagliato tutto ed ora la cosa più sensata, dopo averla
ringraziata per quel che ha fatto per me e non avere debiti di nessun
tipo in giro, è liberarmene al più presto... devo
solo pensare ad uccidere quando combatto. E fanculo gli altri, si
arrangiano. Non combatto per gli altri ma per me. Era così
prima, deve essere così di nuovo!
Ed
ora cosa vuole questa qui?
L'ho
fatta venire io, non dovrebbe prendere iniziative da sola!
Perché
invece lo fa senza che nemmeno ci siamo parlati ancora?
Al
diavolo.
Voglio
la mia vendetta lo stesso, non importa chi dovrò sacrificare
per questo, voglio cancellare lo schifo che mi circonda... non devo
essere più confuso.
E
il primo a pagare deve essere proprio Jago.
Il
mio potere non è svanito insieme al mio occhio, l'altro
funziona alla perfezione e se ne pentirà di avermi lasciato
in vita.
Lo
giuro sul fuoco che mi protegge e che danza davanti a me, che mi
accarezza dolcemente donandomi brevi momenti di pace... la pace che non
potrò mai avere e che non voglio perchè sono un
maledetto anche io!
E
Astrid non mi fermerà. Non so le sue intenzioni e non mi
interessa... se mi tira ancora fuori la storia dell'occhio le brucio
quei suoi meravigliosi capelli così per la prima volta
saranno veramente infuocati e non per la tinta!
Non
le leggerò più nella mente per sapere cosa pensa
di me e cosa prova per me.
Non
mi farò più guardare da quei suoi occhi
ipnotizzanti, prima o poi le caverò anche quelli.... e non
permetterò più che mi tocchi con le sue mani
sottili e morbide... non le permetterò più di
aiutarmi come sta facendo da quando è successo tutto questo
casino.
Non...
-
Vedi di startene fermo adesso, caprone, o ti strappo a morsi anche
l’altro occhio! -
Mi
sta toccando i capelli, i miei odiosissimi capelli che non riesco a
tener buoni in nessun modo... non voglio sentire le sue dita fra i miei
capelli.
La
odio.
Perchè
fa sempre quello che non voglio?
Perchè
mi contraddice sempre?
Non
fa mai quello che dico io!
Un
giorno finirà male!
E
poi 'caprone'... mi ha dato del caprone... a me... e lei cosa crede di
essere?
Io
le strappo queste mani a morsi e poi le brucio per essere sicuro che
non mi tormentino più!
-
Caprone lo dici a quell'esibizionista del tuo amico... gallina! -
Se
vuole restare in tema di animali l'accontento!
Chissà
poi perchè eseguo i suoi ordini, ora.
Non
voglio stare fermo, me l'ha detto lei, ed io non voglio farlo!
Ma
allora dovrei muovermi e non lasciarmi fare tutto ciò che
vuole!
Dannazione...
perché con lei qua tutti i miei buoni propositi sono finiti
nel cesso?"
"Normalmente
avrei risposto con lo stesso tono e offese sempre maggiori alla sua -
… gallina… - ma ora, davvero, non ho neanche
più la voglia di arrabbiarmi con lui. Lo capisco quando
inizio a toccarlo. Avevo dei buoni propositi ma ora che sono qua mi
rendo conto di essere esasperata e non avere voglia di insultarlo,
litigare o lottare come ai bei vecchi tempi!
Tolgo
la mano dai quei capelli ribelli che lui odia tanto ma che a me, anche
se non lo ammetterò mai, piacciono moltissimo.
Perché sono come lui, indomabili. E sì,
irritanti. Mi inginocchio di fronte al caprone e gli sollevo il viso
con le mani, fa una strana smorfia ma la capisco senza nessun problema.
Non gli piace essere toccato, da nessuno, figurati ora che ha
quest'occhio così... la cosa un po’ mi rattrista
comunque e non ne capisco il motivo. Solo mi dà dispiacere
che gli dia fastidio anche che sia io a toccarlo. Si, lo so…
forse non sono il prototipo dell'amica fidata e ideale, ma almeno mi
curo di lui. Chi avrebbe il coraggio di allevare un simile animalaccio
selvaggio? Forse la mia è pietà,
perché non potrà più usare al massimo
i suoi enormi poteri, quasi spropositati per il bambino che
c’è in lui; o forse lo faccio solo
perché mi va'. Non ho voglia di cercare tante risposte
stavolta. Distoglie il viso e cerca di liberarsi delle mie mani. Mi
piace toccare la sua pelle calda e ruvida però lui mi scansa
assiduamente e io non ho voglia di assecondarlo in ogni suo capriccio.
È solo un bambino…
-
Sono stanca Kinkaid, davvero stanca… - non so se sono le mie
parole o il tono con il quale le ho dette, ma lui abbassa solo il viso
e non dice nulla di cattivo, per una volta, e io gliene sono davvero
grata. Non pretendo nemmeno che si scusi, non lo bacchetto
ricordandogli il suo vile comportamento dei giorni scorsi e mi rifiuto
di indugiare con me stessa su quanto mi abbia ferito. Però
voglio che mi lasci fare, che mi permetta di prendermi ciò
che voglio.
Finalmente
non si ribella. Sorrido leggermente e comincio a sciogliere la benda
che ha sul viso, lentamente perché ho paura di fargli del
male. Non so bene perché lo sto facendo, non sono il suo
medico, non sono Nathan, ma so che non voglio fargli male. Avvolgo la
fascia di stoffa pallida su sé stessa e la poggio a terra.
Sospiro
appena, prima di alzare il viso. Non l'ho mai vista la sua ferita ed
ora, dopo tutto, ho addirittura quasi paura di incrociare il suo
sguardo e non so darmene un motivo.
Non
ha importanza. Lo faccio e basta. Alzo il viso fiera e cerco i suoi
occhi che avevo fuggito per molto tempo.
Fuoco.
Ora
capisco perché temo tanto il suo sguardo. Perché
mi ci perdo dentro. È così profondo e
intenso… un labirinto dal quale non trovo via di scampo. Ed
è strano che mi colpisca di più l'occhio sano che
quello martoriato che non avevo ancora rivisto dopo quella notte
maledetta. Ora si sta a stento cicatrizzando e devo dire che per quello
che aveva prima, Nathan ha fatto un ottimo lavoro. Sorprendente. Gli
rimarrà un bruttissimo segno che farà sempre
impressione a chi lo vedrà, ma si chiuderà.
Anche
lui mi fissa serio e questo non fa che peggiorare il tutto
perché sto cominciando a fremere e non riesco neanche a
immaginarne il motivo. Che lui si scusi è fuori discussione,
così come che mi ringrazi.
Passo
una mano su quello squarcio ancora rosso e pulsante, è carne
ancora viva quella che brucia sul suo viso dai tratti duri. Due piaghe
a X slabbrano quello che era stato il suo bell’occhio
d’orato e non posso fare a meno di passarci sopra le dita
leggera, nonostante sia perfettamente consapevole di quanto sia
fastidioso. Mi piace. Mi piace tanto. Mi piace tutto. Merda.
Mi
piace la sua fragranza di fierezza
Mi
piace il suo sguardo duro
Mi
piace la sua voce forte e decisa
Mi
piace il suo corpo robusto, forte, caldo
Mi
piace la sua pelle bronzea
Mi
piacciono i suoi capelli ricci e indomabili
Mi
piacciono le sue mani grandi
Mi
piacciono le sue cicatrici, memorie di un passato burrascoso
Mi
piacciono le sua labbra disegnate
Lo
odio da morire. Lo odio tanto che mi è impossibile
resistergli. Fottiti Kinkaid, vai a farti fottere una volta per tutte,
coglione!
-
Ti posso baciare, Kinkaid? -
Mi
piaci, Kinkaid. Da sempre. Spero i miei occhi siano abbastanza sinceri
da fartelo capire."
"Il
mio unico occhio si spalanca alle sue parole... che vuol dire 'Ti posso
baciare Kinkaid'?
Cosa
dovrei fare ad una domanda del genere?
L'avevo
fatta venire per tentare una mezza scusa e non avere debiti con lei ma
ora... la cosa mi è decisamente sfuggita di mano, a partire
da quando si è messa a togliermi la fasciatura per guardarmi
e toccarmi la ferita.
Fisso
il mio sguardo nel suo che sembra sincero... sembra... e se invece mi
sta mentendo?
Ha
in mente qualcosa e io non me ne accorgo. Forse dovrei leggerle nel
pensiero per saperlo eppure ho paura di farlo, di non esserne
più capace. Pensa un po'... io che ho paura di qualcosa... e
che lo ammetto tranquillamente!
Ma
non diciamo stronzate. Non è vero che ho paura...
è solo che non so cosa potrei trovare nella sua testa... e
se mi mente?
Se
mi ferisce?
E
poi da quando avrei paura di soffrire?
Non
mi sono mai preoccupato del dolore, mi hanno tolto un occhio, porca
merda, ed ora arriva lei e mi scombina tutto!
La
odio sempre di più. Certo, ne sono innamorato, ma la odio
comunque, è per questo che la voglio allontanare, che non
voglio entri nella mia vita!
Mi
sto rincretinendo a guardare quei suoi occhi così diversi e
magnifici... sarà un suo incantesimo che mi fa stare fermo e
zitto mentre lei mi si avvicina in questo modo fino a toccarmi?
Ma
anche se fosse, è un incantesimo proprio forte
perchè non riesco a rifiutarla. Per una volta posso
ammettere che è forte ma se solo fossi in piena forma allora
non sarebbe così.
Solo
mi chiedo ancora come mai sto pensando tutte queste cose alla
velocità della luce mentre mi avvicino a mia volta al suo
viso.
La
odio, mi fa un effetto assurdo, mi annulla la mia stessa
volontà!
Odio
la sua sicurezza.
Odio
i suoi modi sfrontati.
Odio
i suoi occhi adorabili.
Odio
le sue mani morbide.
Odio
i suoi capelli lunghi e dello stesso colore del mio fuoco.
Odio
la sua voce che sa essere sensuale.
Odio
come sa muoversi danzando leggera.
Odio
il suo coraggio.
Odio
lei.
-
E cosa aspetti? -
E'
per questo che mi piace. "
"La
prima volta che ti vidi mi eri sembrato solo uno stupido moccioso
viziato che manteneva quell’aria da padrone del mondo solo
per fare la figura del ‘maledetto’. Non mi eri
piaciuto, affetto. Tutt’altro, ti detestavo. Ma immagino la
cosa sia sempre stata reciproca. E poi… ti ho visto
bruciare. Il fuoco ti circondava, scorreva nelle tue vene, ti
possedeva. Mentre lottavi assiduamente contro alcuni cacciatori, stavi
facendo l’amore con il fuoco in un modo passionale e totale.
E da allora l’ho desiderato per me talmente tanto da non
accorgermene e da scambiare quel desiderio per odio. Perfino adesso non
so neanche io come reagire alla mia domanda se posso baciarti.
L’
ho pensato veramente? Si, ma la tua risposta non mi importa molto,
anche se mi dicessi di no io lo farei ugualmente per poi dirti che
l’ ho fatto solo per farti dispetto. Mentre in
realtà lo faccio per assecondare i miei desideri ed il mio
cuore, prima di tutto. Voglio te, Kinkaid. Spero di essere stata
esauriente con la mia piccola frase schietta. Già. Una di
quelle che tanto odi. Sono così vicina a quelle tua labbra
disegnate che posso sentire il tuo respiro regolare sulle
mie… e mi piace, tanto da impazzire. Sul tuo viso non
è apparsa nessuna espressione né scioccata,
né schifata, né titubate alla mia domanda. Sei
rimasto impassibile. Però ti si è dipinto
nuovamente quel sorrisetto strafottente che trovo incredibilmente
sensuale e finalmente mi parli
-
E allora, che aspetti? -
Probabilmente
adesso avrò di nuovo aggrottato le sopracciglia nel mio
solito modo, quello infantile che sempre mi fai notare
perché sono un po’ offesa. Forse mi aspettavo
qualcosa di più dolce... ma no, sto parlando di Kinkaid, non
di un'altra persona normale. Ecco perché mi piace. E
poi… non sono da me questi desideri romantici, anche
perché io so perfettamente quello che voglio ed è
lui. Sorrido al suo stesso modo e prendo per me il suo fuoco.
Mi
basta una fiamma, Kinkaid, concedimela.
Sfioro
dapprima le sua labbra e mi stupisco trovandole morbide, al contrario
delle mie aspettative. Anche loro sono calde. Ti passo una mano
sull’occhio e tu socchiudi appena l’altro e mentre
il tuo respiro si fa più corto cedo ai miei desideri. Non
sono dolce, non lo sono mai stata. Prendo possesso velocemente e
arrogantemente delle tue labbra e poi, quando anche tu ti abitui a me,
invado la tua bocca. Probabilmente è il tuo primo bacio, non
hai mai sopportato le donne. E poi, se ti togli il tuo faccino da
schiaffi ma ugualmente bello e quel corpo che implica la violenza
sessuale (cosa che mai ti dirò) ti rimane solo quel
caratteraccio insopportabile che solo una completa cretina come me
poteva tollerare (o Stephan, ma lui non si conta…) e
arrivare fino ad amare.
Però…
impara in fretta. La sua mano affonda dietro la mia nuca, in mezzo ai
miei lunghi capelli rossi. Certo, non che io sia una gran esperta di
baci. Il primo (e ultimo) l’ ho dato a Zefiro in prima
superiore solo per dare fastidio a una cretina della quale ho scordato
il nome. Kinkaid mi attira di più a sé e, mentre
le nostre lingue giocano tra loro, lo sento sorridere leggermente sotto
le mie labbra. Faccio lo stesso perché so che, per la prima
volta, l’ ho battuto. Già. Perché lo
sento legato a me. Lo sento mio.
Mi
piace questa sensazione
Mi
piace giocare con lui in questo modo
Mi
piace il suo fiato caldo
Mi
piace il suo sapore forte ed acre
E
mi sento bene. Davvero, è strano per me ma mi sento talmente
bene da non voler mai uscire dalla stretta un po’ brusca ma
possessiva delle sue braccia forti. Continuo a baciarlo e adoro come mi
risponde. Non voglio fermare tutto questo e lo stringo più
forte. Il mio fiato si fa più corto e comincio ad ansimare.
Mi pare che sia passato neanche un secondo dall’inizio di
tutto ma probabilmente è da molto che ci baciamo. Mi manca
quasi il respiro però sento che potrei morire
così. Mi sento bene, in pace e protetta. Gli ultimi baci non
sono così profondi come prima, piccoli strofinarsi di labbra
ugualmente belli e caldi. Ci lasciamo senza allontanarci uno
dall’altra. La mia mano gli stringe forte il braccio nudo.
Faccio un'espressione dura.
-
Non credere che finisca qui, stupido! – dico e lui alza
leggermente un sopracciglio. Ridacchio e gli bacio la fronte, spostando
alcune sue solite ciocche ribelli – Non ti lascerò
mai, Kinkaid, dovessi impazzire. -
Non
so come interpretare il suo sguardo ma lo stesso continuo a parlare
– Mi fido di te, imbecille… -
Ti
voglio bene, Kinkaid. Anche se sei solo un idiota. "
"Si,
me lo sono detto molte volte, mi piace ma lei non lo sa ancora.
Dovrà
aspettare per sentirmelo dire, mica sono così facile da
conquistare, almeno lei non lo deve pensare. Non mi mostrerò
debole e non cederò mai e poi mai, le permetterò
di baciarmi per farle un favore, tanto io sono un maledetto carogna,
uno stronzo fottuto e lei lo sa. Per lo meno questo non voglio che
cambi, in me!
No,
non le dirò mai quanto sia bello lasciarmi baciare da lei...
cazzo, questo era il mio primo bacio... se oserà
rinfacciarmelo la ammazzerò, così non lo
racconterà a nessuno.
Mm...
mi viene così difficile pensare in questo momento...
sarà normale?
Bè,
devo dire che non è poi così male, il tocco delle
sue mani sulla mia pelle, sul mio occhio, mi fa rabbrividire.
Cosa
sto facendo ora?
Sto
perdendo la mia coscienza, mi ha incatenato la volontà, devo
essere ancora sotto l'effetto del suo incantesimo, si perchè
sto anche rispondendo al bacio e la cosa più assurda
è che la lascio dominare.
Ok,
io non sono mai stato falso con me stesso, le cose stanno
così: a me lei piace, ormai l'ho capito da un po', mi piace
ogni cosa che odio di lei, soprattutto come mi aggredisce
arrogantemente ogni volta che la guardo e la prendo in giro.
Ma
non glielo dirò subito altrimenti poi sembrerò
troppo debole, magari lei sta giocando con me per vendicarsi di tutte
le cose che le faccio sempre!
-
Non credere che finisca qui, stupido! - E già questa frase
non mi sta bene. Forse non ha capito con chi ha a che fare,
è meglio che glielo faccia capire.
–
Non ti lascerò mai, Kinkaid, dovessi impazzire.- Bene,
perchè è proprio quello che ti farò
fare... impazzire prima di dirti che sono già tuo.
–
Mi fido di te, imbecille… - E se aspetti che io ti risponda
come vuoi tu, aspetterai invano.
-
Credi di spaventarmi con questa minaccia? Ora te ne faccio una io: per
liberarti di me nemmeno la morte ti basterà, strega. Ti
faccio vedere io come si corteggiano le persone.-
Non
te lo dirò mai!
-
Ti voglio bene anch'io, scema! -
Cazzo,
gliel'ho detto, come al solito è tutta colpa sua!
Me
la pagherà anche per questo."
Appena
fuori dalla porta socchiusa, a guardare dentro casa più o
meno volontariamente, c'era Zefiro...
"Eppure
sapevo che prima o poi sarebbe successo. Lo sapevo bene
perché conosco Astrid meglio di me stesso e conosco Kinkaid
meglio di quanto volessi conoscerlo.
Ed
ora sono qua, a guardarli baciarsi e non mi rimane che assistere alla
scena peggiore della mia vita.
Come
fa quella canzone? ' Mi si spezza il cuore, il trucco si sta
sciogliendo ma io continuo a sorridere qualunque cosa succeda,
lascerò tutto al caso. Ancora dolore, un'altra storia
finita. Avanti e ancora avanti, qualcuno sa per cosa viviamo? '
Come
aveva ragione, Freddy Mercury...
In
questo momento mi ci sento in pieno in quelle sue parole. Lui stava per
morire, quando le ha scritte, ma per me è la stessa cosa. E'
come se io fossi morto, ora.
Quando
li rivedrò e magari mi diranno cosa è successo,
cioè che si sono messi insieme, non mi rimarrà
che recitare mentre dentro di me starò delirando dal dolore!
Probabilmente
non saprò nemmeno quel che dirò e
farò...
Sarà
utopia andare avanti e fingere che tutto vada bene come sempre, ma
dovrò sforzarmi.
Sono
un uomo, no?
O
almeno ci provo...
Anche
se forse mi sento - o mi sentirò - più un
pagliaccio!
Con
addosso i miei soliti vestiti alla moda, ben conciato, coi capelli come
mi stanno al meglio, sempre in perfetta forma.
Le
mille persone che mi circondano sempre, da me vogliono vedermi
sorridere, vogliono che trasmetta gioia e felicità, che
faccia loro credere che tutto vada bene. Anche se Kinkaid si prende la
mia Astrid sotto i miei occhi.
Io
dovrò sorridere come sempre, come un pagliaccio, facendo
tutti contenti.
Darò
loro quel che si aspettano perché non voglio deludere
nessuno, non voglio gli sguardi pietosi di nessuno, che nessuno pensi
'oh, povero Zefiro... si è fatto fregare la ragazza che
corteggiava da anni! E dall'ultimo arrivato! Il più rozzo
bestione senza cervello di tutti!'
No,
non lo sopporterei, così dovrò ridere insieme
agli altri e congratularmi, magari.
Insomma,
far andare avanti lo spettacolo come niente fosse... come ha fatto
Freddy fino all'ultimo concerto.
Basterà
che mascheri il mio pianto di dolore con lacrime di commozione, se
proprio mi verrà da piangere. Una smorfia di scherno, come
al solito, quella dello spasmo per la stretta del mio cuore.
Ridi,
Zefiro, sul tuo amore infranto.
Ridi
del dolore che mi avvelena l'anima!
Ridi!
Astrid
e Kinkaid si amano."