LOSE YOURSELF

CAPITOLO IX:

ADDIO CIELO AZZURRO

/Ma il dolore continua/

Un cielo azzurro splendeva sopra di lei. Un cielo così meraviglioso e candido da far male agli occhi... agli occhi peccaminosi. Quell'azzurro così intenso di un cielo che ha vinto mille tempeste e ne vincerà mille altre ancora. Un cielo che moltiplicherà all'infinito la vita portandola negli abissi dell'eternità ma che tuttavia così facendo mostrerà solo uno spiraglio di quello di cui è padrone quell'immensa distesa pura. Occhi di corvo lo fissavano. Occhi di corvo come ossessionati da qualcosa, dal cielo, o forse da quel che rappresentava... la purezza. Mai sarebbe stata così lei? La risposta voleva che fosse si. E chi poteva dirlo se non lei? Attratta come una falena lo è con il fuoco. Quegli occhi di corvo avevano un ossessione strana... dove la pupilla era troppo dilatata, in maniera innaturale... perchè degli occhi che fissano il cielo e il sole non possono essere così... in realtà che stavano guardando? Una scena lontana vista e rivista molte volte. Troppe forse. Dentro di se non poteva far altro che rivedersela. Ma era vero che se la stava solo immaginando di vedere? Sembrava convinta di avercela di nuovo davanti. La donna priva della normale luce della ragione, quella luce che illumina ogni sguardo brillava di un altra luce, che metteva timore e disagio in chi le stava di fronte, fissava punti morti nel cielo non badando alla luce che proveniva da esso, non sentendo la voce di un essere superiore alle loro razze che la chiamava a tornare in se. L'ossessione che la divorava da tempo aveva un nome solo... il peccato. L'ossessione del puro e dell'osceno. Un ossessione essenziale per loro osservatori. Chi non era estremamente puro non era degno di far parte della loro razza. E doveva purificarsi... ma perchè nessuno la purificava ora che era stata contaminata dal peccato? Si sentiva sporca, insana, blasfema. Si odiava. Un essere del genere non poteva rimanere in vita piena di quella negatività che divora solo i peccatori contaminati e impuri. La donna era molto bella. I lunghi boccoli neri, veramente lunghissimi di una lunghezza quasi innaturale le incorniciavano il delicato volto dai lineamenti di rara bellezza, ricercati da ogni forma di perfezione, come disegnati dalla china di un Dio esperto di meraviglie come quelle. Un fiore che non sbocciava mai in tutto quel splendore. Aveva bocca carnosa ben disegnata dalla linea dritta, non incurvata in nessuna posa particolare. Occhi sgranati e persi, illuminati da una luce che non era quella della ragione e della sanità mentale. Occhi di corvo dalle pupille troppo dilatate che guardava in alto. Il nasino piccolo e dritto che donava un tocco di aristocrazia mai vista. La pelle abbronzata tipica degli osservatori. Un corpo vestito di veli bianchi. Un vestito da nobile. Un vestito da sposa forse? Il corpo si vedeva in tutta la sua altezza e perfezione nelle curve da donna adulta. Curve dolci, morbide, seno materno e gonfio di latte, ventre piatto, sedere sodo e lato. Un corpo maturo di donna desiderio di qualsiasi uomo. Gambe lunghe e femminili. Il vestito di veli bianchi le traspariva il bel corpo. Camminava per il bosco deserto soleggiato e calmo. Silenzioso. Mentre due occhi la osservavano sempre e immancabili. Attenti ad ogni più piccolo movimento. Occhi azzurri... troppo azzurri per essere di un umano. Occhi gelidi come il ghiaccio. La donna dalla bellezza rara e ricercata camminava con grazia innaturale da danzatrice per il bosco Sacro con in braccio un bambino minuscolo... nato da pochi giorni. Era il figlio. Quel bimbo piccolo aveva degli occhi mostruosamente diversi. Aveva due occhi blasfemi e ibridi, maledetti e peccaminosi...erano la prova del peccato della donna. Erano la prova che lei era insana. Erano la firma per la sua pazzia. La donna abbassò il volto sul figlio che calmo la guardava per poi guardare un altro punto nel bosco alberato e fitto. Un punto preciso ma indefinito. Dove due occhi quasi bianchi da brivido seguivano i due. Come non far caso a quegli occhi che tanto le provocavano dolore la donna prese a parlare con una calma e dolcezza che ferivano gli orecchi di chi l'ascoltava, perchè non era normale parlare così mentre nella sua testa, nella sua mente e nel suo animo si agitavano violente immagini di un dolore infinito. Un dolore che l'aveva portata alla pazzia. Un dolore chiamato violenza carnale.
- Piccolo mio. Sei felice tra le braccia della tua mamma, vero? Ma perchè tu non mi rendi felice come dovrei esserlo stringendoti al mio seno? Lo sai il perchè te lo devo spiegare perchè non puoi crescere ignorando la maledizione che ci ha colpiti. -
lucida. Maledettamente e inspiegabilmente lucida. Da far piangere ogni suo ascoltatore.
- Che nome potrei dare al mio bambino? Mi è sempre piaciuto un nome in particolare. Ricordo che quando da piccola giocavo con le mie amiche davo sempre questo nome ai miei figli immaginari... era Alex... protettore degli uomini, un giorno li proteggeremo dal peccato insieme, un giorno molto vicino. Io e te insieme, la tua mamma non ti lascerà mai, sai? Perchè anche se dovrei odiarti perchè sei la prova del mio corpo peccaminoso con quei tuoi occhi uno cacciatore e l'altro osservatore, io ti amo lo stesso, e ti amo così tanto da salvarti .-
osservatori maledetti mille volte da un ragazzo che ha sofferto troppo nel suo passato oscuro e dimenticato. Osservatori che di umano non avevano nulla tanto meno il cuore. Osservatori che inculcavano leggi e discipline talmente severe e inumano e dure da portare alla pazzia un essere puro senza colpa come quella povera donna di nome Yan. E ancora quelle immagini che hanno contaminato per sempre segnandola come peccatrice. Immagini di una violenza.
Il corpo maturo che l'unica colpa era essere splendido. Un corpo molestato con la forza. Buttato a terra, privato dei vestiti e posseduto fino a far godere schifosamente quel cacciatore in quel tempo di nove mesi fa. Ancora bene impresse nella memoria erano quelle spinte frenetiche senza sentimento dove lei aveva avuto voglia di morire e vomitare... vomitare quel che dopo avrebbe vomitato ugualmente, la sua anima, la sua mente, la sua ragione, se stessa. Yan ricordava la ripugnanza che la invase verso ogni essere umano in quel momento, anche verso le bestie. Ripugnanza e schifo. Perchè le doveva succedere questo? Lei doveva sposarsi col suo amore. Lei era la promessa sposa di uno degli osservatori più puri e saggi mai esistiti, lei doveva dare piacere nel modo più pulito al suo amore. Il capo degli osservatori non poteva avere una sposa rifiutata per legge se contaminata dal peccato. Il suo sangue era uscito dal suo corpo. Altra sostanza era entrata in lei. Sostanza sporca che la marchiava come bestia peggiore del 666. La legge osservatrice parlava chiara. Chiunque venisse macchiato dal peccato e facesse uscire del sangue proprio e puro dal corpo doveva essere purificato perchè baciato dalla blasfemità e non era più degno di far parte degli osservatori. C'erano molti modi per essere peccatori. Il suo bambino nato da quel rapporto di sesso forzato contro la sua volontà, era peccatore perchè era metà cacciatore e avere sangue cacciatore era il secondo peccato mortale. Il primo era accoppiarsi in qualsiasi modo con un cacciatore. Yan la conosceva meglio di chiunque altro la legge essendo la compagna e la promessa sposa del capo degli osservatori, di Gabriel. E anche dopo essere stata abbandonata quella notte sotto la pioggia da quel violentatore cacciatore ed essere rimasta in cinta da quell'uomo ancora vivo aveva continuato a tormentarsi. Solo Gabriel era venuto in suo aiuto finito tutto. Trapassando lo spazio e il tempo era giunta a lei e l'aveva curata. Ma come sarebbe cresciuto un bambino nato da una mente pazza? Quella povera donna senza colpa non aveva voluto sentire ragioni e giustificazioni da parte del capo degli osservatori. Non la volevano punire perchè non era stato colpa sua, ma lo credevano loro, lei era lo stesso peccatrice. E come pagare per quello? Non era più degna di vivere e c'era solo un modo per purificarsi da quel che le era accaduto. E Yan lo conosceva. Non ne aveva paura. Ma doveva farlo anche al suo bambino, doveva tornare puro quella sua creatura e rimanere con lei per l'eternità e oltre.
Yan dimostrò riflettendo su queste cose che era solo più pazza di sempre. Ma ciò che aveva nella mente era proibito e talmente terribile che nemmeno il più insano avrebbe provato a leggerle dentro. O forse no. Ad ogni modo la donna dalla bellezza troppo notevole con l'apparente soluzione si avviava verso un posto, un posto che avrebbe segnato la fine.
"Peccato... il peccato è uscito dal mio corpo, ora sono peccatrice, insana, blasfema, deformata... devo pagare per il mio peccato, questo bambino è testimone della mia imperfezione, della mia crudeltà... deve pagare insieme a me, non può continuare a vivere un bambino ibrido nato da me, dal mio corpo, il peccato è nato insieme a lui, Swami è stata uccisa per la sua bambina ibrida, devo fare la sua stessa fine e il bambino pagherà con me, vieni o morte a purificarci entrambi. Non piangere piccolo, non aver paura, sistemerò io tutto, ti fa male il peccato, vero? E' per questo che piangi così tanto? Si, ora ti pulisco io...penso a tutto io...fidati di me, la tua mamma non ti abbandonerà, verrà con te, aspettami che ti raggiungo nella purificazione...il fiume, il fiume puro dove si lavava Swami per purificarsi, quello è il posto giusto. Vieni amore mio, vieni con la mamma, ora ti aiuto io. Gli osservatori me ne saranno grati, risparmio del lavoro a loro, faccio tutto quello che posso per aiutarli, e questo mio corpo impuro deve pagare. Ecco. Il fiume candido e limpido renderà così limpido anche te. La bambina ibrida di Swami l' hanno fatta sopravvivere in mezzo agli umani ed è piena di peccato, ma tu non sarai come lei, il peccato ti abbandonerà, non ti accompagnerà più, come non accompagnerà me. Quel cacciatore che ti ha fecondato nel mio corpo verrà punito dagli Osservatori, mi ha fatto male e gli verrà restituito amplificato il dolore. Non preoccuparti, non aver paura, sono con te piccolo mio. Bravo, tieni ben chiusi i tuoi occhi uno azzurro e uno dorato, uno cacciatore e uno osservatore...testimoni della tua peccaminosità, non farli più vedere finchè io non ti purificherò.
Smettila di agitarti, l'acqua ha quasi finito il suo compito... vedi che pulito che sei ora? Perfetto... ti piace vero? E' bello essere puri... stai così calmo adesso, l' hai capito da solo che devi essere fiero di aver una mamma che si preoccupa così per te. Ti senti così bene che ti sei anche addormentato, ma che bravo. Ora aspetta qua sull'erba mentre mi purifico anche io. Mi devo togliere gli abiti del peccato, ogni cosa, anche questi capelli lunghi hanno assaggiato il male... devono essere tolti. Via, ogni cosa... la mia testa è pulita dai miei capelli, ora non ci sono più, guarda come corrono sull'acqua, scappano via, anche i miei vestiti catturati dalla corrente verranno purificati, ora mi immergerò completamente nel fiume di Swami, lo stesso fiume che ha purificato Swami con la morte, deve fare lo stesso anche a me.
Cos'è questa sensazione strana? Di gelo. Ho un brivido lungo il mio corpo nudo che si sta purificando... ghiaccio... sarà quel cacciatore famoso, Jago, gli Osservatori lo temono più di qualunque altra cosa e non capisco perchè, ora si limita a spiarmi da sopra quell'albero, dovrebbe pagare anche lui, ma se desidera vivere nel peccato ed essere sporco sono affari suoi, io il mio dovere lo sto facendo. Non mi fa paura, mi sto scambiando uno sguardo con lui, i suoi occhi azzurri del peccato mi fissano strani, sembra che stia ricordando, probabilmente ricorda lei. Non mi interessa, ora devo purificarmi. Addio domatore di ghiaccio. Addio essere baciato dalla maledizione dell'eclissi... sappiamo tutto di te noi osservatori... sei forse turbato perchè sto facendo la stessa fine di Swami? Oppure sei compiaciuto? Spero che lo spettacolo sia di tuo gradimento. Addio essere divino e maledetto. Addio eclissi.
Il cielo azzurro, ora vedo solo quello. Che bello, meraviglioso, è segno che mi sto purificando veramente, non riesco a respirare bene ma è il prezzo per pulirsi. Tutta immersa nell'acqua guardo il cielo terso e chiaro, limpido da cattiveria, ora ti raggiungerò... chiudo solo un attimo gli occhi, aspettami...
Ma che strano, mi sembra di sentire la voce di Gabriel, il capo degli osservatori mi chiama, che vorrà dirmi? Mi afferra, forse? Non è possibile che mi faccia uscire dal fiume mentre si stava compiendo la mia purificazione, Gabriel, che vuoi da me? No, non lo so che sta succedendo, mi sento debole, sempre di più... so solo che l'anima del mio bambino ibrido ormai puro vola nel cielo azzurro, pulito come esso, vaga, volteggia, sembra stia facendo l'amore col cielo... voglio fare anch'io così, aspettami bambino mio... ma forse qualcosa di strano la sua anima sta compiendo, non la sua morte e purificazione. Che gli succede? Voglio raggiungerlo...
Buio."

Gabriel con una strana espressione mai vista da nessuno in volto la caricò tra le braccia e le infuse parte del suo caldo soffio per toglierle l'acqua dai polmoni e salvarle. Yan ancora priva di sensi venne portata via dall'uomo dai lunghi capelli dorati. Il suo piccolo bambino che sembrava morto fu abbandonato lì accanto al fiume sotto degli occhi troppo gelidi che avevano assistito all'intera scena.

Sono rimasto a osservarla a lungo, quella strana donna, quella cacciatrice. Una donna molto bella, una donna come un'altra… una donna disperata. Nei suoi occhi non leggevo ragione. E io conosco molto bene gli occhi dei pazzi. Nella sua testa non v’era più posto per la ragione. Salto giù dal mio albero e scivolo nelle gelide acque del fiume sacro. Già… ma cos’è che ha di così divino un fiume ha assorbito più sangue che amore?! Chiudo gli occhi per qualche secondo, non badando alla forte corrente. Il modo orribile e disperato con cui spingeva quel fagotto scuro sott’acqua era davvero folle. Annegare… è una visione che ancora non riesco ad accettare. Mi prende un conato di nausea ma, mettendomi una mano sulla bocca continuo a camminare verso la riva. Quella donna aveva i suoi stessi occhi, occhi da osservatrice. Una donna, bella, forse era anche una donna forte. Come lo era lei. Ma forse questa pazza non assomiglia affatto alla mia donna, lei… rido, lei era troppo orgogliosa per permettere questo. Mi inginocchio ai piedi di questo bambino, dalla pelle pallida, i cortissimi capelli scuri bagnati e le manine così piccole… anche lei da piccola era così, era davvero minuscola. Ma era così bella. Come lei. Passo un dito nella manina di questo piccolo. E ho un leggero sussulto quando lo sento stringere e tossicchiare forte, mentre due grandissimi occhi diversi mi fissano. Il bambino piange e io non so che fare. Non ho mai saputo cosa fare neanche quando lei piangeva. E così arrivava capelli blu e me la strappava dalle braccia, dicendomi che sono un incompetente. So che non dovrei… che non è affare mio… eppure c’è qualcosa in lui… che non mi permette di lasciarlo qui. Sento un calore strano in lui… una forza strana… non è fuoco… non è luce. Non so cosa sia… ma è accogliente. Lo prendo in braccio. E smette di piangere.
- JAGO! METTILO GIù! -
Non mi volto neanche, riconoscendo subito la voce di Gabriel, il capo degli osservatori. Digrigno i denti. È anche colpa sua per capelli blu – è piccolo, non trovi?
- Che cosa stai pensando di fare? È un ibrido, un dannato… quel bambino non deve esistere. Mi pareva che avessi imparato la lezione. -
- Yan ha detto – dico, alzando appena la voce e calcando il nome della sua donna. Gabriel ha un sobbalzo, ma smette di parlare – che si chiama Alex. Ti piace? -
- Jago… non… sei già abbastanza nei guai… non peggiorare la situazione. -
Rido e lo guardo fisso negli occhi. Lo vedo cominciare a tremare, mentre gelo. – Non darmi mai ordini. -
Alex tira una ciocca dei miei capelli e io comincio a camminare verso casa mia. Gabriel smette di parlare e non mi insegue, torna invece da quella donna folle. Hai dei begli occhi, sai piccolo?”

Sento le mie forze venir meno e mi sento svenire. Mi gira la testa, pulsa dolorosamente sulle tempie. Non capisco cosa mi sta succedendo. Sento solo male… un dolore che non può essere mio. Respiro a fatica e mi tengo la gola tremante. Ho il fiatone, come se non avessi più aria nei polmoni. Mi sento soffocare… è una sensazione terribile. Io… non so cosa mi sta accadendo. Mi appoggio con tutto il peso contro il muro e sento solo vagamente lo schianto dei bicchieri che avevo in mano cadere a terra. Le voci cominciano a farsi confuse e io mi affloscio a terra, come una bambola senza fili. Tossisco. Mi si annebbia la vista, i visi intorno a me, che mi passano oltre fingendo di non vedermi diventano solo un enorme e confusa macchia colorata. Mi sembra di morire annegata… sento come acqua dentro di me… ovunque intorno. Soffoco e non so cosa devo fare. Provo a gridare ma la voce non mi esce. Stringo le mani a pugno, impiantandomi le unghie nella carne debole. Non so cosa devo fare. Perché mi sta accadendo questo? Non è come ogni volta… la cosa più anormale che solitamente succede alla mia testa è di entrare in quella di un altro e riesco a coglierne il pensiero, ma di solito ci riesco con chi non ha la tempra particolarmente forte, come tutti i ricchi borghesi e il moccioso. Non riesco mai a cogliere i pensieri di Kinkaid, né quelli di Jago… e neanche quelli del mio unico amico. Ma non riesco a pensare bene. Tossisco ancora. Ho come la sensazione di affondare sempre più profondamente in un abisso scuro, fatto solo di acqua gelida… mille spilli ghiacciati mi entrano nei polmoni e mi sento morire. Cerco di tenere gli occhi aperti ma non ci riesco, mi rannicchio su me stessa. Qualcuno sta morendo. Qualcuno come me sta morendo. E io non posso fare niente. Una parte di me mi sta lasciando. E io comincio a tremare. Ho paura, e non mi vergogno di dirlo, perché io so accettare le miei emozioni. Ma è davvero… terribile. Tutto gira, la macchia colorata si sta affievolendo e ne rimane solo buio. E le tenebre mi hanno sempre fatto paura. Io sono una falena… ho bisogno della luce. Qui è buio… sono sola… non respiro… non sento più niente… tremo… sto davvero lasciandomi morire? Chi è che mi vuole portare con se?! Chi sei creatura simile a me?! cosa vuoi? Chi ti sta facendo questo? Non morire… ti prego… non portarti via una parte di me! io… non voglio…
Ed è una piccola luce che si va avvicinando. Non è una fiamma… è proprio luce allo stato puro. Qualcosa di infinitamente luminoso… come il sole. La luce si fa intorno a me… mi sento più calda. Scalda davvero il sole. Sento i suoi raggi stringermi a se. È un calore rassicurante. È piacevole, leggero… non ha fiamme potenti e distruttive come il fuoco di Kinkaid. Questa luce, questo sole… fa stare bene.
E il mio respiro torna regolare, smettono i brividi di gelo e ricomincio a distinguere le forme.
È una nuca bionda e calda, pelle di bronzo dorata e occhi grigi che dovrebbero essere freddi… invece sono come raggi di sole. Allungo una mano fino a sfiorarli.
- Astrid… - il sole pronuncia piano il mio nome.
E io riprendo la vista. Conosco bene questo viso. Tolgo la mano di scatto. Non è sole… e solo… Zefiro. Lui non è il sole. Mi stacco da lui e mi prendo la testa tra le mani. Mi batte ancora, ma non più come prima. Mi guardo intorno e ricordo tutto. Sono nel bar dove lavoro. guardo anche i cocci dei bicchieri a terra e le bibite che imbrattano il pavimento. Faccio una smorfia quando mi taglio con un vetro. Brucia… ma è meglio che quel gelo di prima. Che cosa diavolo mi è successo?! Io non lo capisco?! Cos’è questa sensazione di vuoto che ho provato dentro? Era davvero spaventosa…
Fisso le gocce di sangue che escono lente dalla punta del mio indice.
E una mano calda afferra la mia, labbra morbide si posano sulla mia ferita e una lingua lecca con gentilezza il mio sangue. Lo guardo. È davvero strano, Zefiro. Lui non è come Kinkaid o come Stephan, men che meno come Jago. Lui è un essere umano come ogni altro. Eppure prima, in quel momento di panico, l’ ho visto come sole.
Lo abbraccio e mi aggrappo alla sua maglia. Ho avuto davvero paura. Non voglio più smarrirmi nelle tenebre. Afferro il mio sole… e desidero che sia veramente quella sfera infuocata, in modo che possa davvero scaldare il gelo che ho dentro”

Labbra morbide e calde si posarono sulle sue infondendole un soffio caldo. Un soffio chiamato amore. Infondendole la vita. Quella vita, quel soffio, quell'amore aveva un solo nome. Gabriel.

Provarle a leggere nella mente era pura pazzia. Per questo nessuno si era mai azzardato a farlo da quando era impazzita. Ma forse al mondo esisteva una persona che non era pazza... il cui non controllo derivava da antiche rovine celate nel suo passato. Qualcuno che ancora non aveva incontrato direttamente ma che presto sarebbe accaduto.
Yan aprì gli occhi. Due giorni esatti che riposava. Erano due giorni passati da quando aveva tentato di purificarsi, di uccidersi e uccidere con se il suo piccolo bambino ibrido. Aprì gli occhi spiritati e liquidi. Forse aveva la febbre. Non lo sapeva ma il suo corpo era strano. Non come sempre. Si sentiva indolenzita e calda. Allora era viva. Se ne rese conto toccandosi il ventre piatto. Quel ventre che solo poche settimane prima aveva tenuto dentro un feto maledetto ma amato da lei. Il pensiero correva in campi sconfinati, in boschi sconosciuti creduti buoni, in orizzonti lontani mai visti senza ritorno. Mentre tamburi nella sua mente combattevano per la vita o per la morte. Per la realtà o per l'illusione. Per la fantasia, per il sogno o per la razionalità. Per la follia o per la ragione. Voci. Tante voci nella sua testa. E grida. Pianti isterici e disperati. Aiuto. Qualcuno dentro di lei chiedeva aiuto. Qualcuno di indefinito. Era la sua voce che gridava aiuto. Ma nessuno la sentiva. Il mondo circostante le venne sempre più chiaro. Constatò che era in casa sua. Quel villaggio dalle case trasparenti ad occhi che non fossero osservatori. Era sola? Una porta si aprì facendo entrare un uomo, era osservatore.
- Chi sei?- chiese la donna ancora stesa nella penombra.
- Non mi riconosci? Sono Nathan. Il medico della nostra razza .-
- Razza? Io non faccio parte di nessuna razza. Nessuno fa parte di nessuno. Apparteniamo a noi stessi e non possiamo distinguerci in razze, non ha senso quello che dici .-
Nathan si rese conto che era peggiorata. Le si avvicinò toccandole la fronte e le guance. Era ancora caldina, ma la febbre le era scesa notevolmente. Riguardo alla sua mente... quella purtroppo non poteva curarla. La mente era ancora un mistero irrisolto perfino per medici e scienziati famosi. Quel che poteva fare per lei l'aveva fatto. Senza scomporsi più di tanto, l'uomo dall'insolito colore verde di capelli, disse calmo:
- Yan, come ti senti? Ricordi che ti è successo?-
Yan sembrò rifletterci... e ai ricordi che le tornarono alla mente si portò le mani agli orecchi tappandoseli, tremava, era come terrorizzata, i suoi occhi spalancati dalle pupille dilatate mostravano l'orrore. Oscillava avanti e indietro. Poi urla mischiate a delle parole senza senso.
- CACCIATORE... AHHH!!! PECCATO... AHHHHH... DOLORE.. .SCHIFO... AHH! AIUTO... MORIRE... AHHHH... IBRIDO...! AHHH... FIGLIO.. .AHH!!! ...ALEX... IO L' HO UCCISO... PURIFICATO... COLPEVOLE… AHHH... DEVO PAGARE... AHH!!! NO, NO, NO, NO, NOOO!!! BASTA!-
Le lacrime avevano preso a scorrerle lungo le gote ambrate. Una crisi di panico. Caratterizzava spesso queste persone malate mentalmente come lo era lei. Nathan attese che finisse senza tentare di fermarla. Poi vedendo che non sarebbe tornata fra loro per un bel pezzo mantenendo quello stato catatonico di shock folle uscì dalla camera. Con un ultima occhiata la lasciò dondolarsi avanti e indietro con quel suo sguardo da paura. Ad osservarla così le si stringeva il cuore. Ma lui non poteva proprio far nulla. Nessuno poteva. Sussurrava cose incomprensibili. Improvvisamente si fermò. Dopo un tempo indefinito. Si mise a riflettere. Sembrava tornata momentaneamente lucida.
"Evidentemente non posso purificarmi con la morte, forse non sono degna nemmeno di quello... allora la mia punizione sarà la vita. Vivrò in questo mondo impuro e contaminato dal peccato, sarà questo il mio pegno. Come stai bambino mio? Perdonami. Ti avevo promesso che saremmo stati sempre insieme ma non è stato così. Ci hanno separati. Dove sei ora? Sei morto? Sei vivo? Ti hanno portato via? Il mio piccolo Alex avrà paura senza la sua mamma. Una creatura predestinata ad una dannazione eterna. Proteggi chi ami da lassù, e se non ami nessuno proteggi te stesso. Ti amo. Giuro che un giorno saremo di nuovo insieme. Che gli elementi e gli spiriti ti proteggano. Fuoco, gelo, acqua, vento, fulmine e terra. Che tu sia la terra forte e possente, dura e saggia, fonte di vita e ristoro, protezione per ogni creatura fragile come noi. Dio Sole ascolta questa mia preghiera per il mio piccolo. Solo questo chiedo. Per lui. Perchè non credo sia morto. Perchè il mio cuore è collegato col suo e lo sento battere. Se lui muore lo sento, se io muoio lo sente lui. Siamo vivi. Dio Sole, divinità creatrice delle razze. Proteggi il mio bambino con la terra. Io ora devo andare ad espiare le mie colpe vivendo. Non qua. Devo andare. Sono libera di chiedere perdono alla vita che mi tiene ancora con se. Finché mi vorrà io ci sarò, ma un giorno voglio la purificazione eterna. Non negatemela. Sono pronta a soffrire ancora.
Abiti scuri per trasparire. Invisibilità per passare inosservata. Nero ovunque io possa per fondermi col peccato che alberga in me. Questa è la nuova Yan. Tamburi battete il tempo. Uragani e gorghi trasportatemi nella valle di lacrime che mi merita. Dove mi porterete mentre io danzo sola nel bosco con questi abiti nuovi, marchi del mio peccato? Bosco sacro ascolta il mio canto. Spettri spettatori di uno spettacolo osceno quale sono io. Io vedo il mondo il mondo non vede me... o forse qualcuno mi vedrà un giorno? "
Yan era sola fra il fitto bosco, la testa priva completamente di capelli mostrava solo una lontana e leggera ombratura nera...segno che i suoi meravigliosi boccoli color ebano presto sarebbero rinati. Il volto completamente trasformato. Non l'ombra di un dubbio, di un dolore, di shock. Truccata pesantemente di nero sugli occhi e sulle labbra come forse solo Brandon Lee ne ' Il Corvo ' era stato conciato. Vestiti punk neri di pelle lucida con lunghi stivali della medesima stoffa che arrivavano fino alle cosce snelle. Quei vestiti vertiginosamente corti e attillati non lasciavano nulla all'immaginazione. Un cambiamento che lasciava senza parole. Irriconoscibile. Ora sembrava una di quelle cantanti rock che nel mondo umano amavano in molti. Le sue curve adulte e notevoli evidenziate da un top a balconcino pieno di laccetti che le si attorcigliavano dietro alla schiena e sulle braccia. Dei pantaloni corti che potevano essere scambiati per slip tranquillamente. Quella era l'oscenità di cui parlava. Doveva marchiarsi. Marchiarsi non solo nei vestiti nel volto e nei capelli... ma anche nella pelle... presto il suo corpo abbronzato e liscio sarebbe stato pieno di tatuaggi e piercing. Come a voler dire a tutti chi era in realtà. Per poter espiare meglio le sue colpe. Colpe che vedeva solo lei. Yan priva della luce della pazzia prese a ballare in modalità trasparente per il bosco, mentre danzava canticchiando canzoni antiche in una lingua altrettanto sconosciuta, a volte esortava con semplici :
- La, la, la, la, la... -
E solfeggi molto melodiosi. Aveva una bella voce e danzava altrettanto bene... l'avevano educata in modo tale da poter dare piacere non solo al corpo ma anche agli occhi del suo amore. Una danzatrice e cantante notevole. Amava cantare. Amava vivere, ridere, scherzare, giocare, ballare. Dimostrare tutto quel che amava nei modi più possibili. In fondo era solo una donna semplice e fragile, piena d'amore e di sentimenti sinceri da dare. Un’anima grande e pura che era stata macchiata da un cacciatore stupido. Un’anima che per vivere ancora era disposta a soffrire ancora illudendosi di dover espiare qualche colpa terribile. Ma in realtà ignorava che se c'era qualcuno che doveva espiare quello era proprio il suo amore, un osservatore che aveva creato e inculcato leggi severe. Ma prima di tutti quella che doveva espiare qualcosa era la vita. Doveva espiare la sofferenza che molti dei suoi figli avevano provato ingiustamente. E tutto il dolore che ancora doveva essere provato.
Eppure la verità viaggiava così vicina a tutti. Con chi parlava Yan nella sua mente, nessuno l'avrebbe mai saputo, ma parlava.

"Ehi, tu che mi osservi. Tu che ascolti queste mie parole laggiù nascosto. Hai paura di me? Hai paura della vita? Sei un peccatore? Chi sei? Ti senti forse superiore a me? Ti appaio così blasfema? E lo sono. Ma tu che mi fissi con quegli occhi pieni di risentimento e critica. Hai visto la gente terrorizzata? Terrorizzata quanto una donna che viene violentata e abbandonata al suo infame destino di peccatrice? Hai visto cadere le bombe? Le bombe su un destino che prometteva solo dolore e tenebre. Ti sei mai chiesto perchè correre ai rifugi... rifugi che molti cercano, si rifugiano nella vita di ogni giorno che continua ad andare avanti imperterrita e ipocrita, illusa che le bombe non cadono per colpa loro, illusa che il dolore provato possa passare e il peccato sparire da se stessi. Rifugiarsi in una vita dopo tutto questo è facile e comodo... ma è terribile, perchè poi ti cresce dentro un cancro capace di toglierti la tua stessa anima. Ma perchè correre ai rifugi in questo modo finendo come un mostro quando la promessa di un mondo migliore sventolava sotto un limpido cielo azzurro? Guarda lassù in alto che meraviglia celeste splende pura sopra di noi. Ed è così che noi potremmo essere se ci decidessimo a guardare la realtà invece di fuggirla e giustificarci e giudicando. È così che dovremmo e potremmo essere dopo essere stati bagnati dal dolore e dal peccato. Senza chiudere gli occhi e nascondersi. Ma andare incontro a quell'unica verità che splende in alto per noi, quella verità che ci può liberare per sempre dalle angherie della vita. Se ti lasci andare. Se ti dai per vinto non ci arriverai mai. Ma non avere paura. Perchè un modo per arrivare a tutto quello c'è. Il modo temuto da tutti. Le fiamme dell'inferno terreno e vivente sono lontane se seguirai quella strada purificatrice. Le fiamme che ti devasteranno continuando a vivere nasconderti nella vita pieno di peccato e sofferenza. Con la morte potrebbe finire tutto, questa è la verità, senza più nascondersi nella vita. Perchè chi afferma che solo morendo ci si nasconde non ha mai vissuto soffrendo nel peccato e nel terrore, nel dilaniarsi di due cuori rotti e separati. Non si è mai sentito sporco a tal punto dal vomitare sentendo il proprio odore. A quella gente non interessa macchiare nemmeno essere macchiata perchè ignora. Ignora la verità che certa gente non vivrà mai veramente. Ma la vita è la mia punizione perchè per certe persone talmente peccatrici anche la morte è troppo pura e giusta. Quindi non rimane che espiare vivendo in questo mondo crudele che giudica e guarda orripilata chi sei. Ciao sono il peccato mi amerete mai? No e allora andate a farvi fottere tutti perchè nemmeno io mi amerò più. Amate però distruggere gli animi delle persone e rifugiavi nascondendo quella cazzo di testa sotto la sabbia. Ma il dolore continua anche sotto questo cielo azzurro puro. Perchè non sono ancora degna di essere parte di esso. Dovrei perchè è quel che una peccatrice si merita, morire per purificarsi e unirsi alla perfezione. Eppure so. So che non è ancora il mio tempo perchè sono troppo blasfema e nemmeno la morte per ora può pulirmi del tutto. Devo vivere ancora un po' per grattare via lo sporco che c'è in me. Quindi per ora... solo per ora...
Addio cielo azzurro...
... addio... ci rivedremo presto, aspettami un giorno non molto lontano sarò tua e mi potrai fare tutto quel che merito. Un giorno. Quel giorno verrà. Nel frattempo la terra e gli elementi sacri proteggeranno il mio piccolo ovunque si trovi.
Addio, cielo azzurro.
...addio...
A presto."

- Possibile che il tuo cervello non sia visibile neanche al microscopio? -
- Mi stai paragonando al tuo pene?! -
- Che c’è, ragazzina… sei così curiosa? -
- Mi eccitano sempre i casi sottosviluppati -
- Dirigi il tuo sguardo a sud del tuo corpo… ne troverai uno! -
- Mi stai dando dell’uomo? -
- No, della primate -
- Parla Ozi -
- Chi? -
- Cazzo, hai una cultura che equivale a quella del mio vecchio… -
- Cioè? -
- Quella di un piatto vuoto -
Sbuffo, continuando a guardarmi intorno con le mani cacciate in tasca. Cristo santo… quei due mi faranno venire l’emicrania prima o poi. Se già non ce l’ ho. Da quando li vedo insieme devo raddoppiare la mia dose di morfina per dormire senza cominciare ad avere crisi da pazzo omicida. E che… davvero, è impossibile reggerli insieme per più di due minuti! E noi siamo insieme da ben un ora e anche il mio cazzo di cervello è ormai fuso dalle loro puttanate e offese continue!
- Guarda, Zefiro! Guarda che bel fiorellino! – mi scappa da ridere, sentendo la voce acuta ma ingenua di Stephan superare quella dei due aguzzini. Mi avvicino a lui, inchinandomi appena a guardare il Loto. Passo una mano tra i capelli di Stephan e mi sento come un padre che coccola il suo bambino, che ha appena scoperto una cosa nuova e bella del mondo. Lui mi sorride apertamente e noto che le sue guance arrossiscono leggermente al mio tocco. È dolce e delicato come una bambina… se fosse una donna il moccioso sarebbe davvero carino! Oddio… in effetti non è che adesso assomigli poi molto ad un uomo, con quegli enormi occhi verdi brillanti, la pelle delicata, il corpo fine e fragile e quei capelli scuri che gli inondano il viso dai tratti morbidi. Mi chiedo come un come lui possa essere così attaccato a uno come Pollyanna. Ma mi do subito dell’idiota. Dopotutto non sono affatto la persona più indicata per porsi questa domanda. Infondo che ci fa uno come me con Astrid? beh… semplicemente ci sono caduto dentro da bambino, nella sua ragnatela, e non ne sono più uscito. Lei è la mia catena. Forse anche Kinkaid è la stessa cosa per Stephan. E che quei due sono così coinvolgenti e con un carattere talmente forte che suggestionano le persone più deboli. Io non mi ritengo tale… ma lo stesso so bene che non riuscirei mai a staccarmi da lei. Stephan lancia un risolino felice e mi volto verso di lui. ha sull’indice una coccinella e la guarda come se fosse un tesoro. Mi ispira protezione… mi viene voglia di metterlo sotto la mia ala e accudirlo come un pulcino. Faccio una smorfia. Ho la sensazione di avvicinarmi sempre di più a mamma oca.
- FOTTITI IMBECILLE! – non li degno di molta attenzione, ma so bene che al momento sono passati a fase due, ossia malmenarsi fino allo sfinimento, o finchè il sottoscritto non si mette in mezzo e li separa, per la loro sopravvivenza, rimediandoci almeno qualche bugna e una caviglia a pezzi.
Faccio uno sbadiglio e do ’ le spalle a tutti quanti, cercando qualcosa di più interessante nel fitto bosco intorno a noi. Ma quello che trovo a pochi millimetri dalla punta del mio naso non è che un altro viso mai visto, di una donna dai cortissimi capelli e occhi come quelli di Pollyanna, circondanti da un visto trucco scuro. Lei sorride in un modo che mi fa saltare all’indietro e lanciare un urlo per il colpo che mi sono preso! Dio… ho il cuore fragile, cazzo! Detesto gli spaventi e le entrate in scena senza preavviso!
Dietro di me so che Astrid e Kinkaid si sono già messi in posizione d’attacco, desiderosi solo di menar le mani. Stephan invece si nasconde dietro le mie spalle in attesa che compaia un mostro terribile dal cespuglio. Oh beh… a lui farebbe paura anche un coniglio! … e non gli do neanche tutti i torti… con quegli occhietti grandi e dolci nascondono solo una natura subdola e assassina! Ma è meglio soprassedere alle mie fobie infantili (guai a chi ne fa voce con qualcun altro!).
La donna esce ciondolando un po’ dal fitto buio e compare davanti a noi, sorridendo allegramente con occhi vacui. Indossa solo qualche cencio nero e solo pochi centimetri della sua pelle abbronzata non è dipinto da svariati tatuaggi. Sembra anche una bella donna, nonostante questo suo aspetto appariscente forse la valorizza un po’… ma c’è qualcosa in lei che subito attira la mia attenzione. E quello è il suo sguardo… perché è lo stesso che ha Yelena. Faccio una smorfia, rialzandomi.
- Chi sei?! – chiede Astrid, minacciosa.
La donna non si toglie il largo sorriso ma, cosa strana… comincia a ballare in modo un po’ scomposto e a canticchiare un motivetto che non conosco. Saltella intorno a noi, come se fossimo una giostra. Vedo una vena gonfiarsi sulla fronte di Astrid, ma la calmo con una stretta alla mano. Lei mi guarda e io annuisco. Capisce cosa sto pensando… che questa donna è completamente folle. Stephan fa per avvicinarsi a lei, curioso e gentile come sempre, ma Kinkaid lo blocca, tendendolo per la collottola.
- L ’ho già vista. – dice lui. lo guardiamo tutti dubbiosi ma lui pare non sapere il suo nome – è la donna di Gabriel… - bisbiglia. A quelle parole la nuova arrivata si blocca di stacco e fa una espressione che neppure io non so come interpretare. Va con passo diretto davanti a Kinkaid, che la sovrasta almeno di due teste. E gli si arrampica sulle spalle in modo goffo. La scena che mi trovo davanti… lei che lo scala come fosse una montagna, aggrappandosi ai suoi ricci capelli e lui che cerca di levarsela di dosso neanche fosse una appendice fastidiosa… mi fa scoppiare a ridere… da farmi venire i crampi alla pancia! Mi accascio a terra, asciugandomi una lacrima dal gran ridere. Cristo era da tempo che non ne vedevo una così! Kinkaid urla quando lei per sbaglio gli da un calcio dove non batte il sole e questo non fa che aumentare la mia ilarità. Fantastico!
Astrid mi da una botta in testa – La vuoi smettere, tu?! – dice, irosa – Fai qualcosa invece!-
Io sorrido sornione – Non ci penso neanche, è troppo divertente! – schivo un suo calcio, appiattendomi a terra e mi rialzo giusto in tempo per prendere al volo la donna, che mi è finita in braccio lanciata via da un Kinkaid trafelato. Stephan si avvinghia al suo amico e comincia a tastarlo tutto in cerca di ferite, per così dire mortali. Io sghignazzo ancora, forte. Ma la situazione si fa un po’ meno divertente quando lei comincia a masticare ciocche dei miei capelli e a camminare con non curanza sui miei bellissimi pantaloni nuovi della Diesel!
- Qualcuno mi spiega che vuole questa qui da noi?! – sbraita Astrid, mentre io comincio a disperarmi. Cazzo… le donne me ne hanno fatte di tutti i tipi mai una volta si sono messe a cenare con i miei capelli!
- Che ne so! – dice Kinkaid, scrollandosi Stephan di dosso – Ma ora noi ce ne andiamo via subito che questa qui mi sembra una di quelle che non fa che procurare guai!-
- Ma non possiamo mica lasciarla qui! – una volta che ero d’accordo con Pollyanna il moccioso si deve mettere di mezzo.
- E cosa conti fa fare, di grazia? – lo provoca la rossa.
Stephan si avvicina alla donna e le accarezza i capelli dolcemente. Lei si stacca da me e lo abbraccia, neanche avesse trovato un pupazzetto più carino di me e di Kinkaid.
La portiamo via con noi! –
Temevo che lo avrebbe detto… ”