LOSE YOURSELF
CAPITOLO IX:
ADDIO
CIELO AZZURRO
/Ma
il dolore continua/
Un
cielo azzurro splendeva sopra di lei. Un cielo così
meraviglioso e candido da far male agli occhi... agli occhi
peccaminosi. Quell'azzurro così intenso di un cielo che ha
vinto mille tempeste e ne vincerà mille altre ancora. Un
cielo
che moltiplicherà all'infinito la vita portandola negli
abissi
dell'eternità ma che tuttavia così facendo
mostrerà
solo uno spiraglio di quello di cui è padrone quell'immensa
distesa pura. Occhi di corvo lo fissavano. Occhi di corvo come
ossessionati da qualcosa, dal cielo, o forse da quel che
rappresentava... la purezza. Mai sarebbe stata così lei? La
risposta voleva che fosse si. E chi poteva dirlo se non lei? Attratta
come una falena lo è con il fuoco. Quegli occhi di corvo
avevano un ossessione strana... dove la pupilla era troppo dilatata,
in maniera innaturale... perchè degli occhi che fissano il
cielo e il sole non possono essere così... in
realtà
che stavano guardando? Una scena lontana vista e rivista molte volte.
Troppe forse. Dentro di se non poteva far altro che rivedersela. Ma
era vero che se la stava solo immaginando di vedere? Sembrava
convinta di avercela di nuovo davanti. La donna priva della normale
luce della ragione, quella luce che illumina ogni sguardo brillava di
un altra luce, che metteva timore e disagio in chi le stava di
fronte, fissava punti morti nel cielo non badando alla luce che
proveniva da esso, non sentendo la voce di un essere superiore alle
loro razze che la chiamava a tornare in se. L'ossessione che la
divorava da tempo aveva un nome solo... il peccato. L'ossessione del
puro e dell'osceno. Un ossessione essenziale per loro osservatori.
Chi non era estremamente puro non era degno di far parte della loro
razza. E doveva purificarsi... ma perchè nessuno la
purificava
ora che era stata contaminata dal peccato? Si sentiva sporca, insana,
blasfema. Si odiava. Un essere del genere non poteva rimanere in vita
piena di quella negatività che divora solo i peccatori
contaminati e impuri. La donna era molto bella. I lunghi boccoli
neri, veramente lunghissimi di una lunghezza quasi innaturale le
incorniciavano il delicato volto dai lineamenti di rara bellezza,
ricercati da ogni forma di perfezione, come disegnati dalla china di
un Dio esperto di meraviglie come quelle. Un fiore che non sbocciava
mai in tutto quel splendore. Aveva bocca carnosa ben disegnata dalla
linea dritta, non incurvata in nessuna posa particolare. Occhi
sgranati e persi, illuminati da una luce che non era quella della
ragione e della sanità mentale. Occhi di corvo dalle pupille
troppo dilatate che guardava in alto. Il nasino piccolo e dritto che
donava un tocco di aristocrazia mai vista. La pelle abbronzata tipica
degli osservatori. Un corpo vestito di veli bianchi. Un vestito da
nobile. Un vestito da sposa forse? Il corpo si vedeva in tutta la sua
altezza e perfezione nelle curve da donna adulta. Curve dolci,
morbide, seno materno e gonfio di latte, ventre piatto, sedere sodo e
lato. Un corpo maturo di donna desiderio di qualsiasi uomo. Gambe
lunghe e femminili. Il vestito di veli bianchi le traspariva il bel
corpo. Camminava per il bosco deserto soleggiato e calmo. Silenzioso.
Mentre due occhi la osservavano sempre e immancabili. Attenti ad ogni
più piccolo movimento. Occhi azzurri... troppo azzurri per
essere di un umano. Occhi gelidi come il ghiaccio. La donna dalla
bellezza rara e ricercata camminava con grazia innaturale da
danzatrice per il bosco Sacro con in braccio un bambino minuscolo...
nato da pochi giorni. Era il figlio. Quel bimbo piccolo aveva degli
occhi mostruosamente diversi. Aveva due occhi blasfemi e ibridi,
maledetti e peccaminosi...erano la prova del peccato della donna.
Erano la prova che lei era insana. Erano la firma per la sua pazzia.
La donna abbassò il volto sul figlio che calmo la guardava
per
poi guardare un altro punto nel bosco alberato e fitto. Un punto
preciso ma indefinito. Dove due occhi quasi bianchi da brivido
seguivano i due. Come non far caso a quegli occhi che tanto le
provocavano dolore la donna prese a parlare con una calma e dolcezza
che ferivano gli orecchi di chi l'ascoltava, perchè non era
normale parlare così mentre nella sua testa, nella sua mente
e
nel suo animo si agitavano violente immagini di un dolore infinito.
Un dolore che l'aveva portata alla pazzia. Un dolore chiamato
violenza carnale.
-
Piccolo mio. Sei felice tra le braccia della tua mamma, vero? Ma
perchè tu non mi rendi felice come dovrei esserlo
stringendoti
al mio seno? Lo sai il perchè te lo devo spiegare
perchè
non puoi crescere ignorando la maledizione che ci ha colpiti. -
lucida.
Maledettamente e inspiegabilmente lucida. Da far piangere ogni suo
ascoltatore.
-
Che nome potrei dare al mio bambino? Mi è sempre piaciuto un
nome in particolare. Ricordo che quando da piccola giocavo con le mie
amiche davo sempre questo nome ai miei figli immaginari... era
Alex... protettore degli uomini, un giorno li proteggeremo dal
peccato insieme, un giorno molto vicino. Io e te insieme, la tua
mamma non ti lascerà mai, sai? Perchè anche se
dovrei
odiarti perchè sei la prova del mio corpo peccaminoso con
quei
tuoi occhi uno cacciatore e l'altro osservatore, io ti amo lo stesso,
e ti amo così tanto da salvarti .-
osservatori
maledetti mille volte da un ragazzo che ha sofferto troppo nel suo
passato oscuro e dimenticato. Osservatori che di umano non avevano
nulla tanto meno il cuore. Osservatori che inculcavano leggi e
discipline talmente severe e inumano e dure da portare alla pazzia un
essere puro senza colpa come quella povera donna di nome Yan. E
ancora quelle immagini che hanno contaminato per sempre segnandola
come peccatrice. Immagini di una violenza.
Il
corpo maturo che l'unica colpa era essere splendido. Un corpo
molestato con la forza. Buttato a terra, privato dei vestiti e
posseduto fino a far godere schifosamente quel cacciatore in quel
tempo di nove mesi fa. Ancora bene impresse nella memoria erano
quelle spinte frenetiche senza sentimento dove lei aveva avuto voglia
di morire e vomitare... vomitare quel che dopo avrebbe vomitato
ugualmente, la sua anima, la sua mente, la sua ragione, se stessa.
Yan ricordava la ripugnanza che la invase verso ogni essere umano in
quel momento, anche verso le bestie. Ripugnanza e schifo.
Perchè
le doveva succedere questo? Lei doveva sposarsi col suo amore. Lei
era la promessa sposa di uno degli osservatori più puri e
saggi mai esistiti, lei doveva dare piacere nel modo più
pulito al suo amore. Il capo degli osservatori non poteva avere una
sposa rifiutata per legge se contaminata dal peccato. Il suo sangue
era uscito dal suo corpo. Altra sostanza era entrata in lei. Sostanza
sporca che la marchiava come bestia peggiore del 666. La legge
osservatrice parlava chiara. Chiunque venisse macchiato dal peccato e
facesse uscire del sangue proprio e puro dal corpo doveva essere
purificato perchè baciato dalla blasfemità e non
era
più degno di far parte degli osservatori. C'erano molti modi
per essere peccatori. Il suo bambino nato da quel rapporto di sesso
forzato contro la sua volontà, era peccatore
perchè era
metà cacciatore e avere sangue cacciatore era il secondo
peccato mortale. Il primo era accoppiarsi in qualsiasi modo con un
cacciatore. Yan la conosceva meglio di chiunque altro la legge
essendo la compagna e la promessa sposa del capo degli osservatori,
di Gabriel. E anche dopo essere stata abbandonata quella notte sotto
la pioggia da quel violentatore cacciatore ed essere rimasta in cinta
da quell'uomo ancora vivo aveva continuato a tormentarsi. Solo
Gabriel era venuto in suo aiuto finito tutto. Trapassando lo spazio e
il tempo era giunta a lei e l'aveva curata. Ma come sarebbe cresciuto
un bambino nato da una mente pazza? Quella povera donna senza colpa
non aveva voluto sentire ragioni e giustificazioni da parte del capo
degli osservatori. Non la volevano punire perchè non era
stato
colpa sua, ma lo credevano loro, lei era lo stesso peccatrice. E come
pagare per quello? Non era più degna di vivere e c'era solo
un
modo per purificarsi da quel che le era accaduto. E Yan lo conosceva.
Non ne aveva paura. Ma doveva farlo anche al suo bambino, doveva
tornare puro quella sua creatura e rimanere con lei per
l'eternità
e oltre.
Yan
dimostrò riflettendo su queste cose che era solo
più
pazza di sempre. Ma ciò che aveva nella mente era proibito e
talmente terribile che nemmeno il più insano avrebbe provato
a
leggerle dentro. O forse no. Ad ogni modo la donna dalla bellezza
troppo notevole con l'apparente soluzione si avviava verso un posto,
un posto che avrebbe segnato la fine.
"Peccato...
il peccato è uscito dal mio corpo, ora sono peccatrice,
insana, blasfema, deformata... devo pagare per il mio peccato, questo
bambino è testimone della mia imperfezione, della mia
crudeltà... deve pagare insieme a me, non può
continuare a vivere un bambino ibrido nato da me, dal mio corpo, il
peccato è nato insieme a lui, Swami è stata
uccisa per
la sua bambina ibrida, devo fare la sua stessa fine e il bambino
pagherà con me, vieni o morte a purificarci entrambi. Non
piangere piccolo, non aver paura, sistemerò io tutto, ti fa
male il peccato, vero? E' per questo che piangi così tanto?
Si, ora ti pulisco io...penso a tutto io...fidati di me, la tua mamma
non ti abbandonerà, verrà con te, aspettami che
ti
raggiungo nella purificazione...il fiume, il fiume puro dove si
lavava Swami per purificarsi, quello è il posto giusto.
Vieni
amore mio, vieni con la mamma, ora ti aiuto io. Gli osservatori me ne
saranno grati, risparmio del lavoro a loro, faccio tutto quello che
posso per aiutarli, e questo mio corpo impuro deve pagare. Ecco. Il
fiume candido e limpido renderà così limpido
anche te.
La bambina ibrida di Swami l' hanno fatta sopravvivere in mezzo agli
umani ed è piena di peccato, ma tu non sarai come lei, il
peccato ti abbandonerà, non ti accompagnerà
più,
come non accompagnerà me. Quel cacciatore che ti ha
fecondato
nel mio corpo verrà punito dagli Osservatori, mi ha fatto
male
e gli verrà restituito amplificato il dolore. Non
preoccuparti, non aver paura, sono con te piccolo mio. Bravo, tieni
ben chiusi i tuoi occhi uno azzurro e uno dorato, uno cacciatore e
uno osservatore...testimoni della tua peccaminosità, non
farli
più vedere finchè io non ti
purificherò.
Smettila
di agitarti, l'acqua ha quasi finito il suo compito... vedi che
pulito che sei ora? Perfetto... ti piace vero? E' bello essere
puri... stai così calmo adesso, l' hai capito da solo che
devi
essere fiero di aver una mamma che si preoccupa così per te.
Ti senti così bene che ti sei anche addormentato, ma che
bravo. Ora aspetta qua sull'erba mentre mi purifico anche io. Mi devo
togliere gli abiti del peccato, ogni cosa, anche questi capelli
lunghi hanno assaggiato il male... devono essere tolti. Via, ogni
cosa... la mia testa è pulita dai miei capelli, ora non ci
sono più, guarda come corrono sull'acqua, scappano via,
anche
i miei vestiti catturati dalla corrente verranno purificati, ora mi
immergerò completamente nel fiume di Swami, lo stesso fiume
che ha purificato Swami con la morte, deve fare lo stesso anche a me.
Cos'è
questa sensazione strana? Di gelo. Ho un brivido lungo il mio corpo
nudo che si sta purificando... ghiaccio... sarà quel
cacciatore famoso, Jago, gli Osservatori lo temono più di
qualunque altra cosa e non capisco perchè, ora si limita a
spiarmi da sopra quell'albero, dovrebbe pagare anche lui, ma se
desidera vivere nel peccato ed essere sporco sono affari suoi, io il
mio dovere lo sto facendo. Non mi fa paura, mi sto scambiando uno
sguardo con lui, i suoi occhi azzurri del peccato mi fissano strani,
sembra che stia ricordando, probabilmente ricorda lei. Non mi
interessa, ora devo purificarmi. Addio domatore di ghiaccio. Addio
essere baciato dalla maledizione dell'eclissi... sappiamo tutto di te
noi osservatori... sei forse turbato perchè sto facendo la
stessa fine di Swami? Oppure sei compiaciuto? Spero che lo spettacolo
sia di tuo gradimento. Addio essere divino e maledetto. Addio
eclissi.
Il
cielo azzurro, ora vedo solo quello. Che bello, meraviglioso,
è
segno che mi sto purificando veramente, non riesco a respirare bene
ma è il prezzo per pulirsi. Tutta immersa nell'acqua guardo
il
cielo terso e chiaro, limpido da cattiveria, ora ti
raggiungerò...
chiudo solo un attimo gli occhi, aspettami...
Ma
che strano, mi sembra di sentire la voce di Gabriel, il capo degli
osservatori mi chiama, che vorrà dirmi? Mi afferra, forse?
Non
è possibile che mi faccia uscire dal fiume mentre si stava
compiendo la mia purificazione, Gabriel, che vuoi da me? No, non lo
so che sta succedendo, mi sento debole, sempre di più... so
solo che l'anima del mio bambino ibrido ormai puro vola nel cielo
azzurro, pulito come esso, vaga, volteggia, sembra stia facendo
l'amore col cielo... voglio fare anch'io così, aspettami
bambino mio... ma forse qualcosa di strano la sua anima sta
compiendo, non la sua morte e purificazione. Che gli succede? Voglio
raggiungerlo...
Buio."
Gabriel
con una strana espressione mai vista da nessuno in volto la
caricò
tra le braccia e le infuse parte del suo caldo soffio per toglierle
l'acqua dai polmoni e salvarle. Yan ancora priva di sensi venne
portata via dall'uomo dai lunghi capelli dorati. Il suo piccolo
bambino che sembrava morto fu abbandonato lì accanto al
fiume
sotto degli occhi troppo gelidi che avevano assistito all'intera
scena.
“Sono
rimasto a osservarla a lungo, quella strana donna, quella
cacciatrice. Una donna molto bella, una donna come un'altra…
una
donna disperata. Nei suoi occhi non leggevo ragione. E io conosco
molto bene gli occhi dei pazzi. Nella sua testa non v’era
più
posto per la ragione. Salto giù dal mio albero e scivolo
nelle
gelide acque del fiume sacro. Già… ma
cos’è che ha
di così divino un fiume ha assorbito più sangue
che
amore?! Chiudo gli occhi per qualche secondo, non badando alla forte
corrente. Il modo orribile e disperato con cui spingeva quel fagotto
scuro sott’acqua era davvero folle. Annegare…
è una
visione che ancora non riesco ad accettare. Mi prende un conato di
nausea ma, mettendomi una mano sulla bocca continuo a camminare verso
la riva. Quella donna aveva i suoi stessi occhi, occhi da
osservatrice. Una donna, bella, forse era anche una donna forte. Come
lo era lei. Ma forse questa pazza non assomiglia affatto alla mia
donna, lei… rido, lei era troppo orgogliosa per permettere
questo.
Mi inginocchio ai piedi di questo bambino, dalla pelle pallida, i
cortissimi capelli scuri bagnati e le manine così
piccole…
anche lei da piccola era così, era davvero minuscola. Ma era
così bella. Come lei. Passo un dito nella manina di questo
piccolo. E ho un leggero sussulto quando lo sento stringere e
tossicchiare forte, mentre due grandissimi occhi diversi mi fissano.
Il bambino piange e io non so che fare. Non ho mai saputo cosa fare
neanche quando lei piangeva. E così arrivava capelli blu e
me
la strappava dalle braccia, dicendomi che sono un incompetente. So
che non dovrei… che non è affare mio…
eppure c’è
qualcosa in lui… che non mi permette di lasciarlo qui. Sento
un
calore strano in lui… una forza strana… non
è fuoco… non
è luce. Non so cosa sia… ma è
accogliente. Lo prendo
in braccio. E smette di piangere.
-
JAGO! METTILO GIù!
-
Non
mi volto neanche, riconoscendo subito la voce di Gabriel, il capo
degli osservatori. Digrigno i denti. È anche colpa sua per
capelli blu – è piccolo, non trovi?
-
Che cosa stai pensando di fare? È un ibrido, un
dannato…
quel bambino non deve esistere. Mi pareva che avessi imparato la
lezione. -
-
Yan ha detto – dico, alzando appena la voce e calcando il
nome
della sua donna. Gabriel ha un sobbalzo, ma smette di parlare
– che
si chiama Alex. Ti piace? -
-
Jago… non… sei già abbastanza nei
guai… non peggiorare
la situazione. -
Rido
e lo guardo fisso negli occhi. Lo vedo cominciare a tremare, mentre
gelo. – Non darmi mai ordini. -
Alex
tira una ciocca dei miei capelli e io comincio a camminare verso casa
mia. Gabriel smette di parlare e non mi insegue, torna invece da
quella donna folle. Hai dei begli occhi, sai piccolo?”
“Sento
le mie forze venir meno e mi sento svenire. Mi gira la testa, pulsa
dolorosamente sulle tempie. Non capisco cosa mi sta succedendo. Sento
solo male… un dolore che non può essere mio.
Respiro a
fatica e mi tengo la gola tremante. Ho il fiatone, come se non avessi
più aria nei polmoni. Mi sento soffocare…
è una
sensazione terribile. Io… non so cosa mi sta accadendo. Mi
appoggio
con tutto il peso contro il muro e sento solo vagamente lo schianto
dei bicchieri che avevo in mano cadere a terra. Le voci cominciano a
farsi confuse e io mi affloscio a terra, come una bambola senza fili.
Tossisco. Mi si annebbia la vista, i visi intorno a me, che mi
passano oltre fingendo di non vedermi diventano solo un enorme e
confusa macchia colorata. Mi sembra di morire annegata…
sento come
acqua dentro di me… ovunque intorno. Soffoco e non so cosa
devo
fare. Provo a gridare ma la voce non mi esce. Stringo le mani a
pugno, impiantandomi le unghie nella carne debole. Non so cosa devo
fare. Perché mi sta accadendo questo? Non è come
ogni
volta… la cosa più anormale che solitamente
succede alla mia
testa è di entrare in quella di un altro e riesco a
coglierne
il pensiero, ma di solito ci riesco con chi non ha la tempra
particolarmente forte, come tutti i ricchi borghesi e il moccioso.
Non riesco mai a cogliere i pensieri di Kinkaid, né quelli
di
Jago… e neanche quelli del mio unico amico. Ma non riesco a
pensare
bene. Tossisco ancora. Ho come la sensazione di affondare sempre
più
profondamente in un abisso scuro, fatto solo di acqua
gelida… mille
spilli ghiacciati mi entrano nei polmoni e mi sento morire. Cerco di
tenere gli occhi aperti ma non ci riesco, mi rannicchio su me stessa.
Qualcuno sta morendo. Qualcuno come me sta morendo. E io non posso
fare niente. Una parte di me mi sta lasciando. E io comincio a
tremare. Ho paura, e non mi vergogno di dirlo, perché io so
accettare le miei emozioni. Ma è davvero…
terribile. Tutto
gira, la macchia colorata si sta affievolendo e ne rimane solo buio.
E le tenebre mi hanno sempre fatto paura. Io sono una
falena… ho
bisogno della luce. Qui è buio… sono
sola… non respiro…
non sento più niente… tremo… sto
davvero lasciandomi
morire? Chi è che mi vuole portare con se?! Chi sei creatura
simile a me?! cosa vuoi? Chi ti sta facendo questo? Non
morire… ti
prego… non portarti via una parte di me! io… non
voglio…
Ed
è una piccola luce che si va avvicinando. Non è
una
fiamma… è proprio luce allo stato puro. Qualcosa
di
infinitamente luminoso… come il sole. La luce si fa intorno
a me…
mi sento più calda. Scalda davvero il sole. Sento i suoi
raggi
stringermi a se. È un calore rassicurante. È
piacevole,
leggero… non ha fiamme potenti e distruttive come il fuoco
di
Kinkaid. Questa luce, questo sole… fa stare bene.
E
il mio respiro torna regolare, smettono i brividi di gelo e
ricomincio a distinguere le forme.
È
una nuca bionda e calda, pelle di bronzo dorata e occhi grigi che
dovrebbero essere freddi… invece sono come raggi di sole.
Allungo
una mano fino a sfiorarli.
-
Astrid… - il sole pronuncia piano il mio nome.
E
io riprendo la vista. Conosco bene questo viso. Tolgo la mano di
scatto. Non è sole… e solo… Zefiro.
Lui non è il
sole. Mi stacco da lui e mi prendo la testa tra le mani. Mi batte
ancora, ma non più come prima. Mi guardo intorno e ricordo
tutto. Sono nel bar dove lavoro. guardo anche i cocci dei bicchieri a
terra e le bibite che imbrattano il pavimento. Faccio una smorfia
quando mi taglio con un vetro. Brucia… ma è
meglio che quel
gelo di prima. Che cosa diavolo mi è successo?! Io non lo
capisco?! Cos’è questa sensazione di vuoto che ho
provato
dentro? Era davvero spaventosa…
Fisso
le gocce di sangue che escono lente dalla punta del mio indice.
E
una mano calda afferra la mia, labbra morbide si posano sulla mia
ferita e una lingua lecca con gentilezza il mio sangue. Lo guardo.
È
davvero strano, Zefiro. Lui non è come Kinkaid o come
Stephan,
men che meno come Jago. Lui è un essere umano come ogni
altro.
Eppure prima, in quel momento di panico, l’ ho visto come
sole.
Lo
abbraccio e mi aggrappo alla sua maglia. Ho avuto davvero paura. Non
voglio più smarrirmi nelle tenebre. Afferro il mio
sole… e
desidero che sia veramente quella sfera infuocata, in modo che possa
davvero scaldare il gelo che ho dentro”
Labbra
morbide e calde si posarono sulle sue infondendole un soffio caldo.
Un soffio chiamato amore. Infondendole la vita. Quella vita, quel
soffio, quell'amore aveva un solo nome. Gabriel.
Provarle
a leggere nella mente era pura pazzia. Per questo nessuno si era mai
azzardato a farlo da quando era impazzita. Ma forse al mondo esisteva
una persona che non era pazza... il cui non controllo derivava da
antiche rovine celate nel suo passato. Qualcuno che ancora non aveva
incontrato direttamente ma che presto sarebbe accaduto.
Yan
aprì gli occhi. Due giorni esatti che riposava. Erano due
giorni passati da quando aveva tentato di purificarsi, di uccidersi e
uccidere con se il suo piccolo bambino ibrido. Aprì gli
occhi
spiritati e liquidi. Forse aveva la febbre. Non lo sapeva ma il suo
corpo era strano. Non come sempre. Si sentiva indolenzita e calda.
Allora era viva. Se ne rese conto toccandosi il ventre piatto. Quel
ventre che solo poche settimane prima aveva tenuto dentro un feto
maledetto ma amato da lei. Il pensiero correva in campi sconfinati,
in boschi sconosciuti creduti buoni, in orizzonti lontani mai visti
senza ritorno. Mentre tamburi nella sua mente combattevano per la
vita o per la morte. Per la realtà o per l'illusione. Per la
fantasia, per il sogno o per la razionalità. Per la follia o
per la ragione. Voci. Tante voci nella sua testa. E grida. Pianti
isterici e disperati. Aiuto. Qualcuno dentro di lei chiedeva aiuto.
Qualcuno di indefinito. Era la sua voce che gridava aiuto. Ma nessuno
la sentiva. Il mondo circostante le venne sempre più chiaro.
Constatò che era in casa sua. Quel villaggio dalle case
trasparenti ad occhi che non fossero osservatori. Era sola? Una porta
si aprì facendo entrare un uomo, era osservatore.
-
Chi sei?- chiese la donna ancora stesa nella penombra.
-
Non mi riconosci? Sono Nathan. Il medico della nostra razza .-
-
Razza? Io non faccio parte di nessuna razza. Nessuno fa parte di
nessuno. Apparteniamo a noi stessi e non possiamo distinguerci in
razze, non ha senso quello che dici .-
Nathan
si rese conto che era peggiorata. Le si avvicinò toccandole
la
fronte e le guance. Era ancora caldina, ma la febbre le era scesa
notevolmente. Riguardo alla sua mente... quella purtroppo non poteva
curarla. La mente era ancora un mistero irrisolto perfino per medici
e scienziati famosi. Quel che poteva fare per lei l'aveva fatto.
Senza scomporsi più di tanto, l'uomo dall'insolito colore
verde di capelli, disse calmo:
-
Yan, come ti senti? Ricordi che ti è successo?-
Yan
sembrò rifletterci... e ai ricordi che le tornarono alla
mente
si portò le mani agli orecchi tappandoseli, tremava, era
come
terrorizzata, i suoi occhi spalancati dalle pupille dilatate
mostravano l'orrore. Oscillava avanti e indietro. Poi urla mischiate
a delle parole senza senso.
-
CACCIATORE... AHHH!!! PECCATO... AHHHHH... DOLORE.. .SCHIFO... AHH!
AIUTO... MORIRE... AHHHH... IBRIDO...! AHHH... FIGLIO.. .AHH!!!
...ALEX... IO L' HO UCCISO... PURIFICATO... COLPEVOLE…
AHHH... DEVO
PAGARE... AHH!!! NO, NO, NO, NO, NOOO!!! BASTA!-
Le
lacrime avevano preso a scorrerle lungo le gote ambrate. Una crisi di
panico. Caratterizzava spesso queste persone malate mentalmente come
lo era lei. Nathan attese che finisse senza tentare di fermarla. Poi
vedendo che non sarebbe tornata fra loro per un bel pezzo mantenendo
quello stato catatonico di shock folle uscì dalla camera.
Con
un ultima occhiata la lasciò dondolarsi avanti e indietro
con
quel suo sguardo da paura. Ad osservarla così le si
stringeva
il cuore. Ma lui non poteva proprio far nulla. Nessuno poteva.
Sussurrava cose incomprensibili. Improvvisamente si fermò.
Dopo un tempo indefinito. Si mise a riflettere. Sembrava tornata
momentaneamente lucida.
"Evidentemente
non posso purificarmi con la morte, forse non sono degna nemmeno di
quello... allora la mia punizione sarà la vita.
Vivrò
in questo mondo impuro e contaminato dal peccato, sarà
questo
il mio pegno. Come stai bambino mio? Perdonami. Ti avevo promesso che
saremmo stati sempre insieme ma non è stato così.
Ci
hanno separati. Dove sei ora? Sei morto? Sei vivo? Ti hanno portato
via? Il mio piccolo Alex avrà paura senza la sua mamma. Una
creatura predestinata ad una dannazione eterna. Proteggi chi ami da
lassù, e se non ami nessuno proteggi te stesso. Ti amo.
Giuro
che un giorno saremo di nuovo insieme. Che gli elementi e gli spiriti
ti proteggano. Fuoco, gelo, acqua, vento, fulmine e terra. Che tu sia
la terra forte e possente, dura e saggia, fonte di vita e ristoro,
protezione per ogni creatura fragile come noi. Dio Sole ascolta
questa mia preghiera per il mio piccolo. Solo questo chiedo. Per lui.
Perchè non credo sia morto. Perchè il mio cuore
è
collegato col suo e lo sento battere. Se lui muore lo sento, se io
muoio lo sente lui. Siamo vivi. Dio Sole, divinità creatrice
delle razze. Proteggi il mio bambino con la terra. Io ora devo
andare ad espiare le mie colpe vivendo. Non qua. Devo andare. Sono
libera di chiedere perdono alla vita che mi tiene ancora con se.
Finché mi vorrà io ci sarò, ma un
giorno voglio
la purificazione eterna. Non negatemela. Sono pronta a soffrire
ancora.
Abiti
scuri per trasparire. Invisibilità per passare inosservata.
Nero ovunque io possa per fondermi col peccato che alberga in me.
Questa è la nuova Yan. Tamburi battete il tempo. Uragani e
gorghi trasportatemi nella valle di lacrime che mi merita. Dove mi
porterete mentre io danzo sola nel bosco con questi abiti nuovi,
marchi del mio peccato? Bosco sacro ascolta il mio canto. Spettri
spettatori di uno spettacolo osceno quale sono io. Io vedo il mondo
il mondo non vede me... o forse qualcuno mi vedrà un giorno?
"
Yan
era sola fra il fitto bosco, la testa priva completamente di capelli
mostrava solo una lontana e leggera ombratura nera...segno che i suoi
meravigliosi boccoli color ebano presto sarebbero rinati. Il volto
completamente trasformato. Non l'ombra di un dubbio, di un dolore, di
shock. Truccata pesantemente di nero sugli occhi e sulle labbra come
forse solo Brandon Lee ne ' Il Corvo ' era stato conciato. Vestiti
punk neri di pelle lucida con lunghi stivali della medesima stoffa
che arrivavano fino alle cosce snelle. Quei vestiti vertiginosamente
corti e attillati non lasciavano nulla all'immaginazione. Un
cambiamento che lasciava senza parole. Irriconoscibile. Ora sembrava
una di quelle cantanti rock che nel mondo umano amavano in molti. Le
sue curve adulte e notevoli evidenziate da un top a balconcino pieno
di laccetti che le si attorcigliavano dietro alla schiena e sulle
braccia. Dei pantaloni corti che potevano essere scambiati per slip
tranquillamente. Quella era l'oscenità di cui parlava.
Doveva
marchiarsi. Marchiarsi non solo nei vestiti nel volto e nei
capelli... ma anche nella pelle... presto il suo corpo abbronzato e
liscio sarebbe stato pieno di tatuaggi e piercing. Come a voler dire
a tutti chi era in realtà. Per poter espiare meglio le sue
colpe. Colpe che vedeva solo lei. Yan priva della luce della pazzia
prese a ballare in modalità trasparente per il bosco, mentre
danzava canticchiando canzoni antiche in una lingua altrettanto
sconosciuta, a volte esortava con semplici :
-
La, la, la, la, la... -
E
solfeggi molto melodiosi. Aveva una bella voce e danzava altrettanto
bene... l'avevano educata in modo tale da poter dare piacere non solo
al corpo ma anche agli occhi del suo amore. Una danzatrice e cantante
notevole. Amava cantare. Amava vivere, ridere, scherzare, giocare,
ballare. Dimostrare tutto quel che amava nei modi più
possibili. In fondo era solo una donna semplice e fragile, piena
d'amore e di sentimenti sinceri da dare. Un’anima grande e
pura che
era stata macchiata da un cacciatore stupido. Un’anima che
per
vivere ancora era disposta a soffrire ancora illudendosi di dover
espiare qualche colpa terribile. Ma in realtà ignorava che
se
c'era qualcuno che doveva espiare quello era proprio il suo amore, un
osservatore che aveva creato e inculcato leggi severe. Ma prima di
tutti quella che doveva espiare qualcosa era la vita. Doveva espiare
la sofferenza che molti dei suoi figli avevano provato ingiustamente.
E tutto il dolore che ancora doveva essere provato.
Eppure
la verità viaggiava così vicina a tutti. Con chi
parlava Yan nella sua mente, nessuno l'avrebbe mai saputo, ma
parlava.
"Ehi,
tu che mi osservi. Tu che ascolti queste mie parole laggiù
nascosto. Hai paura di me? Hai paura della vita? Sei un peccatore?
Chi sei? Ti senti forse superiore a me? Ti appaio così
blasfema? E lo sono. Ma tu che mi fissi con quegli occhi pieni di
risentimento e critica. Hai visto la gente terrorizzata? Terrorizzata
quanto una donna che viene violentata e abbandonata al suo infame
destino di peccatrice? Hai visto cadere le bombe? Le bombe su un
destino che prometteva solo dolore e tenebre. Ti sei mai chiesto
perchè correre ai rifugi... rifugi che molti cercano, si
rifugiano nella vita di ogni giorno che continua ad andare avanti
imperterrita e ipocrita, illusa che le bombe non cadono per colpa
loro, illusa che il dolore provato possa passare e il peccato sparire
da se stessi. Rifugiarsi in una vita dopo tutto questo è
facile e comodo... ma è terribile, perchè poi ti
cresce
dentro un cancro capace di toglierti la tua stessa anima. Ma
perchè
correre ai rifugi in questo modo finendo come un mostro quando la
promessa di un mondo migliore sventolava sotto un limpido cielo
azzurro? Guarda lassù in alto che meraviglia celeste splende
pura sopra di noi. Ed è così che noi potremmo
essere se
ci decidessimo a guardare la realtà invece di fuggirla e
giustificarci e giudicando. È così che dovremmo e
potremmo essere dopo essere stati bagnati dal dolore e dal peccato.
Senza chiudere gli occhi e nascondersi. Ma andare incontro a
quell'unica verità che splende in alto per noi, quella
verità
che ci può liberare per sempre dalle angherie della vita. Se
ti lasci andare. Se ti dai per vinto non ci arriverai mai. Ma non
avere paura. Perchè un modo per arrivare a tutto quello
c'è.
Il modo temuto da tutti. Le fiamme dell'inferno terreno e vivente
sono lontane se seguirai quella strada purificatrice. Le fiamme che
ti devasteranno continuando a vivere nasconderti nella vita pieno di
peccato e sofferenza. Con la morte potrebbe finire tutto, questa
è
la verità, senza più nascondersi nella vita.
Perchè
chi afferma che solo morendo ci si nasconde non ha mai vissuto
soffrendo nel peccato e nel terrore, nel dilaniarsi di due cuori
rotti e separati. Non si è mai sentito sporco a tal punto
dal
vomitare sentendo il proprio odore. A quella gente non interessa
macchiare nemmeno essere macchiata perchè ignora. Ignora la
verità che certa gente non vivrà mai veramente.
Ma la
vita è la mia punizione perchè per certe persone
talmente peccatrici anche la morte è troppo pura e giusta.
Quindi non rimane che espiare vivendo in questo mondo crudele che
giudica e guarda orripilata chi sei. Ciao sono il peccato mi amerete
mai? No e allora andate a farvi fottere tutti perchè nemmeno
io mi amerò più. Amate però
distruggere gli
animi delle persone e rifugiavi nascondendo quella cazzo di testa
sotto la sabbia. Ma il dolore continua anche sotto questo cielo
azzurro puro. Perchè non sono ancora degna di essere parte
di
esso. Dovrei perchè è quel che una peccatrice si
merita, morire per purificarsi e unirsi alla perfezione. Eppure so.
So che non è ancora il mio tempo perchè sono
troppo
blasfema e nemmeno la morte per ora può pulirmi del tutto.
Devo vivere ancora un po' per grattare via lo sporco che c'è
in me. Quindi per ora... solo per ora...
Addio
cielo azzurro...
...
addio... ci rivedremo presto, aspettami un giorno non molto lontano
sarò tua e mi potrai fare tutto quel che merito. Un giorno.
Quel giorno verrà. Nel frattempo la terra e gli elementi
sacri
proteggeranno il mio piccolo ovunque si trovi.
Addio,
cielo azzurro.
...addio...
A
presto."
-
Possibile che il tuo cervello non sia visibile neanche al
microscopio? -
-
Mi stai paragonando al tuo pene?! -
-
Che c’è, ragazzina… sei così
curiosa? -
-
Mi eccitano sempre i casi sottosviluppati -
-
Dirigi il tuo sguardo a sud del tuo corpo… ne troverai uno! -
-
Mi stai dando dell’uomo? -
-
No, della primate -
-
Parla Ozi -
-
Chi? -
-
Cazzo, hai una cultura che equivale a quella del mio
vecchio… -
-
Cioè? -
-
Quella di un piatto vuoto -
“Sbuffo,
continuando a guardarmi intorno con le mani cacciate in tasca. Cristo
santo… quei due mi faranno venire l’emicrania
prima o poi. Se già
non ce l’ ho. Da quando li vedo insieme devo raddoppiare la
mia
dose di morfina per dormire senza cominciare ad avere crisi da pazzo
omicida. E che… davvero, è impossibile reggerli
insieme per
più di due minuti! E noi siamo insieme da ben un ora e anche
il mio cazzo di cervello è ormai fuso dalle loro puttanate e
offese continue!
-
Guarda, Zefiro! Guarda che bel fiorellino! – mi scappa da
ridere,
sentendo la voce acuta ma ingenua di Stephan superare quella dei due
aguzzini. Mi avvicino a lui, inchinandomi appena a guardare il Loto.
Passo una mano tra i capelli di Stephan e mi sento come un padre che
coccola il suo bambino, che ha appena scoperto una cosa nuova e bella
del mondo. Lui mi sorride apertamente e noto che le sue guance
arrossiscono leggermente al mio tocco. È dolce e delicato
come
una bambina… se fosse una donna il moccioso sarebbe davvero
carino!
Oddio… in effetti non è che adesso assomigli poi
molto ad un
uomo, con quegli enormi occhi verdi brillanti, la pelle delicata, il
corpo fine e fragile e quei capelli scuri che gli inondano il viso
dai tratti morbidi. Mi chiedo come un come lui possa essere
così
attaccato a uno come Pollyanna. Ma mi do subito dell’idiota.
Dopotutto non sono affatto la persona più indicata per porsi
questa domanda. Infondo che ci fa uno come me con Astrid?
beh…
semplicemente ci sono caduto dentro da bambino, nella sua ragnatela,
e non ne sono più uscito. Lei è la mia catena.
Forse
anche Kinkaid è la stessa cosa per Stephan. E che quei due
sono così coinvolgenti e con un carattere talmente forte che
suggestionano le persone più deboli. Io non mi ritengo
tale…
ma lo stesso so bene che non riuscirei mai a staccarmi da lei.
Stephan lancia un risolino felice e mi volto verso di lui. ha
sull’indice una coccinella e la guarda come se fosse un
tesoro. Mi
ispira protezione… mi viene voglia di metterlo sotto la mia
ala e
accudirlo come un pulcino. Faccio una smorfia. Ho la sensazione di
avvicinarmi sempre di più a mamma oca.
-
FOTTITI IMBECILLE! – non li degno di molta attenzione, ma so
bene
che al momento sono passati a fase due, ossia malmenarsi fino allo
sfinimento, o finchè il sottoscritto non si mette in mezzo e
li separa, per la loro sopravvivenza, rimediandoci almeno qualche
bugna e una caviglia a pezzi.
Faccio
uno sbadiglio e do ’ le spalle a tutti quanti, cercando
qualcosa di
più interessante nel fitto bosco intorno a noi. Ma quello
che
trovo a pochi millimetri dalla punta del mio naso non è che
un
altro viso mai visto, di una donna dai cortissimi capelli e occhi
come quelli di Pollyanna, circondanti da un visto trucco scuro. Lei
sorride in un modo che mi fa saltare all’indietro e lanciare
un
urlo per il colpo che mi sono preso! Dio… ho il cuore
fragile,
cazzo! Detesto gli spaventi e le entrate in scena senza preavviso!
Dietro
di me so che Astrid e Kinkaid si sono già messi in posizione
d’attacco, desiderosi solo di menar le mani. Stephan invece
si
nasconde dietro le mie spalle in attesa che compaia un mostro
terribile dal cespuglio. Oh beh… a lui farebbe paura anche
un
coniglio! … e non gli do neanche tutti i torti…
con quegli
occhietti grandi e dolci nascondono solo una natura subdola e
assassina! Ma è meglio soprassedere alle mie fobie infantili
(guai a chi ne fa voce con qualcun altro!).
La
donna esce ciondolando un po’ dal fitto buio e compare
davanti a
noi, sorridendo allegramente con occhi vacui. Indossa solo qualche
cencio nero e solo pochi centimetri della sua pelle abbronzata non
è
dipinto da svariati tatuaggi. Sembra anche una bella donna,
nonostante questo suo aspetto appariscente forse la valorizza un
po’…
ma c’è qualcosa in lei che subito attira la mia
attenzione.
E quello è il suo sguardo… perché
è lo stesso
che ha Yelena. Faccio una smorfia, rialzandomi.
-
Chi sei?! – chiede Astrid, minacciosa.
La
donna non si toglie il largo sorriso ma, cosa strana…
comincia a
ballare in modo un po’ scomposto e a canticchiare un
motivetto che
non conosco. Saltella intorno a noi, come se fossimo una giostra.
Vedo una vena gonfiarsi sulla fronte di Astrid, ma la calmo con una
stretta alla mano. Lei mi guarda e io annuisco. Capisce cosa sto
pensando… che questa donna è completamente folle.
Stephan fa
per avvicinarsi a lei, curioso e gentile come sempre, ma Kinkaid lo
blocca, tendendolo per la collottola.
-
L ’ho già vista. – dice lui. lo
guardiamo tutti dubbiosi
ma lui pare non sapere il suo nome – è
la donna di Gabriel… - bisbiglia. A quelle parole la nuova
arrivata
si blocca di stacco e fa una espressione che neppure io non so come
interpretare. Va con passo diretto davanti a Kinkaid, che la sovrasta
almeno di due teste. E gli si arrampica sulle spalle in modo goffo.
La scena che mi trovo davanti… lei che lo scala come fosse
una
montagna, aggrappandosi ai suoi ricci capelli e lui che cerca di
levarsela di dosso neanche fosse una appendice fastidiosa…
mi fa
scoppiare a ridere… da farmi venire i crampi alla pancia! Mi
accascio a terra, asciugandomi una lacrima dal gran ridere. Cristo
era da tempo che non ne vedevo una così! Kinkaid urla quando
lei per sbaglio gli da un calcio dove non batte il sole e questo non
fa che aumentare la mia ilarità. Fantastico!
Astrid
mi da una botta in testa – La vuoi smettere, tu?! –
dice, irosa –
Fai qualcosa invece!-
Io
sorrido sornione – Non ci penso neanche, è troppo
divertente! – schivo un suo calcio, appiattendomi a terra e
mi
rialzo giusto in tempo per prendere al volo la donna, che mi
è
finita in braccio lanciata via da un Kinkaid trafelato. Stephan si
avvinghia al suo amico e comincia a tastarlo tutto in cerca di
ferite, per così dire mortali. Io sghignazzo ancora, forte.
Ma
la situazione si fa un po’ meno divertente quando lei
comincia a
masticare ciocche dei miei capelli e a camminare con non curanza sui
miei bellissimi pantaloni nuovi della Diesel!
-
Qualcuno mi spiega che vuole questa qui da noi?! – sbraita
Astrid,
mentre io comincio a disperarmi. Cazzo… le donne me ne hanno
fatte
di tutti i tipi mai una volta si sono messe a cenare con i miei
capelli!
-
Che ne so! – dice Kinkaid, scrollandosi Stephan di dosso
– Ma ora
noi ce ne andiamo via subito che questa qui mi sembra una di quelle
che non fa che procurare guai!-
-
Ma non possiamo mica lasciarla qui! – una volta che ero
d’accordo
con Pollyanna il moccioso si deve mettere di mezzo.
-
E cosa conti fa fare, di grazia? – lo provoca la rossa.
Stephan
si avvicina alla donna e le accarezza i capelli dolcemente. Lei si
stacca da me e lo abbraccia, neanche avesse trovato un pupazzetto
più
carino di me e di Kinkaid.
–
La
portiamo via con noi! –
Temevo
che lo avrebbe detto… ”