Note:
Avevo messo gli occhi su questa coppia già dalle prime
puntate. È impossibile non notare che tra Geb e Demir ci sia
una relazione amorosa, è una di quelle coppie dove
è palese che stiano insieme. Lo mettono proprio sotto il
naso degli spettatori. Geb sta sempre li a toccare Demir e viceversa.
Manina sul collo, manina sul fianco, sguardi intensi ed inequivocabili.
Se uno dei due rischia la vita l’altro è sempre
pronto a correre in aiuto. Ma quello che ha fatto scattare la molla
nella mia testa a senso unico è stata la scena finale della
puntata di domenica scorsa. La ricordate? Quando Demir si avvicina ad
un Geb stanco e provato e lo abbraccia dolcemente, ricambiato,
facendogli poggiare il volto contro il proprio collo *w* Bellissima.
Una scena che dice tutto sula natura del loro rapporto. A darmi il
colpo di grazia è stato un video che ho visto su youtube su
di loro, con una scena piuttosto ‘calda’ **Tai si
sventola con la mano** ^^’’’ Quindi mi
sono messa al computer e… questo è il risultato ^^
Ringraziamenti: Ringrazio chiunque leggerà e
commenterà
Adesso vi lascio alla lettura, alla prossima gente \^O^/
Desiderio
Geb si
liberò della parte superiore dell’uniforme
restando con la sola t-shirt bianca. Sentiva il cotone aderire
fastidiosamente alla pelle sudata. Era stata una giornata stressante,
di quelle che avrebbero distrutto i nervi ad una persona comune, ma che
per loro erano il pane quotidiano. A volte si chiedeva se la sua vita
sarebbe potuta essere diversa, magari essere uno qualunque degli
anonimi impiegati di banca che riempivano le strade la mattina, invece
che portare ogni santissimo giorno il peso della salvezza di quella
città sulle spalle. Ma poi si guardava allo specchio e si
rispondeva che no, non avrebbe mai saputo rinunciare alla scarica di
adrenalina che dava lottare contro il tempo per strappare alla morte
qualche vita innocente.
Era quella la sua vita e non avrebbe saputo fare altro.
Peccato che sua moglie non avesse compreso, ma infondo era solo
questione di tempo e, prima o poi, il suo matrimonio sarebbe terminato
comunque. Ormai si reggeva, traballando paurosamente, su un piedistallo
di cartapesta ed al minimo scossone sarebbe crollato. Avrebbe dovuto
essere amareggiato, sentirsi perlomeno male, invece si sentiva libero,
libero come non lo era da tanto tempo, come se avesse ripreso a
respirare dopo una lunga apnea. Per carità, amava i suoi
figli come ogni padre degno di questo nome, ma adesso poteva
accarezzare liberamente un certo desiderio che stava cullando da
diverso di tempo sul fondo della sua anima. Aveva sempre guardato a
quel desiderio con estrema titubanza, quasi vergognandosene, come se
stesse effettivamente tradendo sua moglie, perché nonostante
non ne avesse analizzato a fondo la natura, sapeva cosa fosse in
realtà. Sapeva che non era un semplice desiderio, che sotto
si nascondeva qualcosa di più profondo e reale, ancora
più importante del legame che lo univa a sua moglie. Quindi
per il bene di tutta la famiglia aveva ignorato quel desiderio,
seppellendolo da qualche parte dentro di lui nella speranza che
sfiorisse e scomparisse, mentre recitava la parte del marito devoto e
del padre affettuoso.
Eppure quel desiderio era rimasto a covare lì sotto le
ceneri in cui lo aveva seppellito, ed ora che finalmente era libero da
ogni vincolo, lo stava riscoprendo ancora più vivo e
pulsante.
Geb poggiò la fronte contro il metallo dell’anta
del suo armadietto, rabbrividendo per il contrasto tra la sua pelle
calda ed il freddo del ferro. Lo voleva, lo desiderava con una fame che
non aveva sperimentato prima d’allora, ma ugualmente aveva
dovuto frenarsi, ancora una volta aveva dovuto indossare una maschera e
fare finta che per lui non fosse cambiato nulla, perché non
sapeva se quel desiderio fosse ricambiato ed aveva paura di poter
perdere tutto nel caso di una risposta negativa.
Sentendo l’acqua nelle docce chiudersi, Geb si riscosse,
allontanando la testa dall’armadietto e riprendendo a
svestirsi. Poco dopo Demir entrò nello spogliatoio ancora
gocciolante e con solo un asciugamano umido legato mollemente lungo i
fianchi. Geb seguì una delle gocce che imperlavano quella
pelle ambrata scivolare lungo il torace, ricalcando i profili dei
muscoli perfettamente definiti, correndo, poi, sinuosa lungo
l’addome, fino a perdersi oltre il bordo spugnoso
dell’asciugamano. L’uomo deglutì
pesantemente a vuoto per sciogliere il nodo che gli aveva stretto la
gola all'improvviso. Come poteva Demir fargli un simile effetto? Si
chiese per l’ennesima volta, mentre concentrava la propria
attenzione sulle mani che stavano sfilando i bottoni del pantalone
dalle asole. Era in momenti come quello che si rendeva conto di come
avesse costruito la sua vita interamente sulla menzogna. Aveva mentito
alla sua famiglia sul proprio lavoro ed i risultati erano stati
semplicemente disastrosi; aveva mentito a se stesso a proposito dei
propri orientamenti sessuali, intestardendosi a voler mettere su
famiglia con una donna per dimostrare chissà cosa, per poi
ritrovarsi a perdere la testa per il proprio migliore amico.
Si voltò nuovamente verso Demir, perdendosi un istante ad
osservare la trama perfetta dei muscoli della sua ampia schiena, per
poi corrugare la fronte quando notò lo vide poggiarsi contro
uno degli armadietti per sorreggersi.
- Ehi, tutto bene?- gli chiese un po’ preoccupato un
po’ distrarre se stesso.
Quel giorno l’amico era stato strano. Era stato distratto,
quasi assonnato e confuso, per tutto il tempo, tanto che aveva dovuto
relegarlo al lavoro di scrivania per impedire che combinasse qualche
casino.
Demir si volse verso di lui, il volto dai lineamenti fini e decisi
illanguiditi da un sorriso che fece girare la testa a Geb.
- Certo! Perché?- gli domandò di rimando con la
sua voce bassa e ferma, che fece rabbrividire l’altro.
Non terminò nemmeno di parlare, che Demir sentì
le gambe farsi molli e le ginocchia cedere all'improvviso sotto il suo
peso, mentre la sua testa gli iniziò a girare, confondendo
ogni cosa ed ogni colore davanti ai suoi occhi. Era stato tutto
così rapido che Geb si era ritrovato ad osservare il suo
amico accasciarsi al suolo, come una marionetta a cui avevano appena
reciso i fili, senza poter far niente.
- Demir, che succede?- chiese avvicinandosi, quando ebbe ritrovato la
propria presenza di spirito.
Si inginocchiò accanto all’amico, sostenendogli,
poi, la testa con le mani prima di farlo delicatamente appoggiare
contro la propria coscia.
- Demir? Demir mi senti? Che è successo?- gli chiese,
preoccupato più di quanto volesse ammettere, mentre gli
schiaffeggiava leggermente il viso per farlo rinvenire.
L’altro poliziotto socchiuse gli occhi, puntando stancamente
le sue iridi di quel nero vellutato che piaceva così tanto a
Geb, ed ora stranamente lucido, su di lui.
- Sto bene, non preoccuparti! – gli rivolse un pallido
sorriso – Non è nulla…- aggiunse
nonostante si sentisse spossato.
Infatti Geb, insospettito, gli tastò la fronte con il palmo
della mano, trovandolo eccessivamente caldo.
- Ma tu hai la febbre alta!- esclamò.
- Ecco perché mi sento così fiacco da
stamattina!- rispose debolmente l’altro agente.
- Tu sei solo un incosciente! Venire a lavoro in queste condizioni:
cos’è vuoi suicidarti per caso?- lo
rimproverò mentre lo aiutava a rialzarsi, per poi farlo
sedere sulla panca.
Era solo una banalissima febbre, di quelle che tante volte avevano
preso i suoi figli, eppure il solo pensiero di sapere che Demir era
andato a lavoro in quello stato, rischiando di beccarsi una pallottola,
gli gelava il sangue nelle vene.
- Ce la fai a vestirti o ti serve una mano?- chiese nonostante
l’intensità del desiderio che provava davanti
quella prospettiva lo spaventasse.
Demir lo guardò confuso per una manciata di secondi.
- Certo che ce la faccio!- rispose mentre afferrava i jeans che aveva
lasciato sulla panca prima di farsi la doccia.
- Allora muoviti a vestirti, altrimenti ti lascio qui!- gli
ordinò scherzando l’altro poliziotto.
- Come? In che senso mi lasci qui?- domandò perplesso Demir.
Geb sollevò lo sguardo al cielo e sospirò.
- Nel senso che tu stasera vieni con me, a casa mia, e ci resti
finché non ti passa la febbre.- spiegò
pazientemente.
- Ma no, dai! Non preoccuparti per me Geb! Mi basta una buona dormita
per rimettermi in sesto, davvero!- cercò di glissare
l’amico stranamente imbarazzato da quella proposta.
- Demir? Muoviti a rivestirti!- lo ignorò l’altro
mentre si abbottonava la camicia.
Infondo lui era il capo di quella squadra, era abituato a dare ordini
ed a farsi ubbidire senza replicare. Si aspettava, quindi, che anche in
quel frangente Demir facesse altrettanto.
Geb chiuse l’anta dell’armadietto e si
fermò ad osservare il proprio riflesso sfocato e deformato
dal metallo. Era soltanto per aiutare un amico, non c’erano
secondi fini, si disse cercando di convincersi, nonostante il cuore nel
petto martellasse forte al pensiero di avere Demir a casa sua, disteso
fra le sue lenzuola.
- Sono pronto!- la voce assonnata dell’oggetto dei suoi
pensieri lo strappò alle proprie riflessioni.
Si volse verso di lui ed ogni parola gli morì tra le labbra.
Era incredibile l’effetto che aveva su di lui un semplice
completo classico. La giacca ed i pantaloni delineavano il suo fisico
allenato, evidenziando ed addolcendo i contorni dei muscoli, mentre il
colore candido cella camicia, aperta sul petto, contrastava in modo
ammaliante con il colore brunito della sua pelle.
Così bello e sensuale da divorare la ragione e mozzare il
fiato.
In quel momento si chiese se avesse fatto bene a proporgli di fermarsi
a casa sua. Demir era un’autentica tentazione per il suo
traballante autocontrollo e non sapeva quanto avrebbe potuto resistere
prima di fare qualcosa di veramente stupido che avrebbe potuto
compromettere tutto.
- Geb?- lo richiamò l’amico preoccupato dalla sua
reazione.
L’interpellato scosse la testa come per dire che non era
nulla.
- Andiamo!- disse poi, precedendo l’amico.
La sua casa ora non era null’altro che un misero
appartamentino di pochi metri quadri, costruito in uno dei quartieri
periferici della città. Era diverso dalla villa con cui
viveva con la sua famiglia, ma era tutto quello che poteva permettersi
con il suo stipendio e gli alimenti da pagare all’ex moglie.
Aprì la porta di legno chiaro, identica a tutte le altre che
si trovavano a quel piano ed a quelli superiori ed inferiori,
differenziandosi solo per il numero in ottone appeso in alto, e fece
entrare l’amico.
- Mettiti comodo!- disse a Demir mentre si liberava della propria
giacca.
L’altro lo imitò, nonostante sentisse i sensi
ovattati e la testa come se fosse immersa in una boccia di vetro per
pesci rossi. Si guardò intorno, notando che c’era
una sola stanza che fungeva da soggiorno e cucina, una porta laterale
chiusa doveva essere il bagno, mentre l’altra dalla parte
opposta la camera da letto. Vide Geb avvicinarsi all’angolo
cottura per preparare la cena e lui crollò di peso sul
piccolo divano. Sentiva le testa completamente vuota e gli occhi
pesanti, troppo per tenerli aperti. Abbassò, quindi, le
palpebre abbandonandosi alla morbidezza dei cuscini ed al tepore del
piccolo appartamento. Vagamente registrò che la stoffa aveva
l’odore muschiato di Geb.
Quando venne svegliato da una mano che lo stava scuotendo delicatamente
per una spalla, gli sembrò di essersi appena addormentato.
Si sentiva ancora più stanco di prima ed aveva il cervello
completamente impastato. Sollevò le palpebre e vide Geb
chinato di su di lui, il viso così vicino al suo
che…
- Ehi, Demir svegliati. – lo richiamò con
gentilezza – La cena è pronta. È meglio
che mangi qualcosa prima di addormentarti.- gli disse con un tono quasi
paterno.
- Si papà!- scherzò infatti Demir rimettendosi a
fatica a sedere dritto.
- Sperò proprio di no…- bisbigliò Geb
sulle labbra.
Quindi porse all’altro un piatto di minestra. Era precotta,
ma sempre meglio dei suoi disastrosi tentativi di cucinare qualcosa,
pensò mentre a sua volte ne ingoiava un cucchiaio. Era
così negato in cucina che sua mogli gli aveva tassativamente
vietato di avvicinarsi ai fornelli. Ed ora che viveva da solo non aveva
neanche più senso cucinare: a volte la solitudine gli
toglieva completamente l’appetito e quando, per caso, gli
veniva fame, si limitava ai cibi surgelati, facili e veloci da
preparare. Però vedere Demir mangiare qualcosa che infondo
aveva preparato lui, gli dava un profondo senso di soddisfazione,
solleticando quel desiderio mai sopito di vivere insieme, come una
coppia, che nutriva da tanto, troppo, tempo.
Demir era così stanco che iniziò a sbadigliare
ancora prima di terminare la sua minestra.
- Scusami!- borbottò tra uno sbadiglio e l’altro,
mentre si strofinava un occhio con il dorso della mano, come un bambino.
Geb rise a quel paragone, prima di prendere i rispettivi piatti sporchi
e metterli nel lavabo. Prima o poi avrebbe pensato a lavarli.
- Dai, vieni: ti do qualcosa per cambiarti e poi ti lascio dormire.-
disse precedendolo nella stanza da letto perfettamente ordinata.
Se non altro la disciplina militare serviva a qualcosa,
pensò ricordando il disordine che regnava nelle case di
altri uomini separati che conosceva. Prese dalla cassettiera una
t-shirt grigia ed un paio di pantaloncini neri e li porse
all’amico.
- Mi dispiace, ma non uso il pigiama.- disse già
rabbrividendo al pensiero dell’amico con indosso i propri
vestiti.
- Neanch’io, non preoccuparti!- Demir gli sorrise mentre
prendeva gli abiti.
Geb osservò le dita lunghe e forti di Demir sfilare i
bottoni dalle asole e slacciare la camicia, prima di dargli le spalle,
sentendosi bruciare dal desiderio di quelle stesse dita che lo
liberavano dei vestiti prima di disegnare intricati percorsi sul suo
corpo. Prese a sua volta un cambio di vestiti, per poi riportare la
propria attenzione sull’amico.
- Io vado a farmi la doccia che non ho fatto alla centrale, tu sdraiati
pure, se vuoi.- disse cercando di ignorare le gambe lunghe e
perfettamente modellate dell’altro lasciate scoperte dai
pantaloncini.
- Ve bene!- annuì l’altro sedendosi sulla sponda.
Geb gli sorrise ed uscì dalla stanza, chiudendosi in bagno.
Aprì l’acqua fredda nel lavandino e
ficcò la testa sotto il getto. Sentiva lava incandescente
scorrere nelle vene al posto del sangue. Come avrebbe potuto mantenere
il controllo fino al mattino successivo? Sollevò e
lasciò che il suo volto gocciolasse. Doveva fare qualcosa
per calmarsi immediatamente. Guardò il box doccia mente
un’idea folle si faceva strada nella sua testa.
Sperò davvero di non ammalarsi ed aprì soltanto
la manopola dell’acqua fredda.
Quando ritornò nella sua stanza da letto, trovò
Demir disteso sul letto sopra le coperte. Geb scosse la testa: doveva
essersi addormentato mentre lo aspettava. Si avvicinò e
piano, per non svegliarlo, iniziò a sfilare le lenzuola da
sotto il suo corpo per poterlo coprire.
- Geb?- lo chiamò la voce assonnata di Demir.
- Sì, sono io, tranquillo.- lo rassicurò parlando
piano, come quando rimboccava le coperte ai suoi figli.
Sollevò le lenzuola fino alle spalle dell’amico
per poi spostare lo sguardo sul suo volto. Demir aveva gli occhi
socchiusi mentre le sue iridi brillavano come schegge di ossidiana.
- Ti amo!- sospirò accoccolandosi meglio fra le coperte.
Qualcosa nella mente di Geb si spezzò. Possibile che avesse
detto davvero…?
- Come?- chiese incerto, sentendo il proprio cuore martellare
speranzoso nel petto.
Demir sollevò nuovamente lo sguardo su di lui, le labbra
rosse e carnose appena schiuse in un tacito invito.
- Ti amo Geb…- ripeté sollevando la mano e
poggiandola sulla guancia dell’altro.
Geb abbassò le palpebre godendosi quel tocco timido, mentre
il nodo dentro di lui si scioglieva, rilasciando nel suo petto un
calore pieno e dolce, quasi doloroso per la sua intensità.
Sorrise mentre poggiava la propria mano su quella dell’amico,
per poi aprire gli occhi e cercare lo sguardo dell’altro.
- Ti amo anch’io Demir!- confessò a sua volta,
dando per la prima volta voce a quel sentimento che si portava dentro
da tanto tempo.
Un sorriso felice e stupito schiuse le labbra dell’altro
poliziotto, prima di abbandonarsi di nuovo alla febbre e chiudere gli
occhi. Geb osservò a lungo il bel volto dell’amico
addormentato, non credendo ancora di essere riuscito finalmente a
raggiungerlo. Se pensava ai lunghi anni che aveva trascorso a guardarlo
soltanto da lontano, con il peso di quel sentimento sul cuore che
diventava sempre più pesante…
Piano si alzò dal letto, cercando di non infastidire
l’altro, ed andò alla ricerca di un bacinella da
riempire con acqua fredda per gli impacchi per far abbassare la febbre.
Quella sarebbe stata una lunga notte…
Demir si svegliò stranamente stanco e dolorante, come se
avesse trascorso la notte a lavorare invece che dormire. A fatica
aprì le palpebre e si guardò intorno confuso, non
riuscendo a riconoscere il posto in cui si trovava. Sentendo un peso
gravargli addosso, abbassò la testa trovandosi davanti
l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere. Geb era
disteso al suo fianco e stava dormendo con la testa poggiata sulla sua
spalla, mentre un braccio gli stringeva la vita.
Che cos’è accaduto la notte precedente?
Si chiese allarmato, iniziando a frugare freneticamente nella sua mente
alla ricerca di un misero ricordo che potesse spiegare quella
posizione. Ricordava di essere svenuto nello spogliatoio per la febbre
e che Geb lo avesse invitato da lui. Ricordava la sua minestra calda e
quando gli aveva dato un cambio d’abiti. Ma i suoi ricordi si
fermavano lì, dopo c’era come un’immensa
macchia d’inchiostro che aveva divorato tutto quanto.
Guardò il volto sereno di Geb e sperò vivamente
di non aver detto troppo. Quando aveva la febbre alta perdeva
completamente il controllo sulle proprie facoltà razionali,
confessando anche cose che magari in un momento normale non avrebbe
rivelato nemmeno sotto tortura.
Sollevò la mano ed in punta di dita ricalcò i
lineamenti del volto dell’altro, sentendo la pelle dei
polpastrelli bruciare a contatto con quella dell’amico. Non
ricordava quando era iniziata esattamente, sapeva soltanto che ad un
certo punto aveva iniziato a guardare Geb in modo diverso, desiderando
fino a sentire male, arrivando ad essere geloso non solo della moglie,
ma di qualunque persona gli si avvicinava troppo. Aveva provato a
negare quel sentimento che cresceva ogni giorno più forte
nel suo petto, cercando di dissimularlo sotto il solito sorriso
amichevole, sentendosi bruciare fin dentro le viscere ogni volta che
l’altro lo stringeva a sé. Spesso, nella
solitudine della sua casa, si era trovata ad immaginare a come sarebbe
stato tra loro, a come sarebbe potuto essere avere un uomo fantastico
come Geb completamente per sé…
Per questo aveva odiato ferocemente la moglie di lui quando aveva
scoperto la relazione che intratteneva con suo fratello. Come si poteva
tradire un uomo come Geb? E roso dalla gelosia e dalla rabbia aveva
perso completamente il controllo, arrivando anche a pestare a sangue
suo fratello.
E tutto per lui, per quell’uomo forte e gentile che ora
dormiva accoccolato al suo fianco. A volte si chiedeva come potesse
amarlo in quel modo, come potesse provare quel sentimento
così totalizzante senza venirne schiacciato…
E la risposta la trovava sempre negli occhi nocciola calmi e
rassicuranti dell’altro.
Geb svegliandosi mosse la testa, strofinando la guancia contro la
spalla dell’altro. Socchiuse gli occhi, incrociando per un
istante il volto stupito di Demir, prima di tornare a richiuderli.
- Buongiorno!- borbottò accomodandosi meglio sul torace
dell’amico.
Demir dovette mordersi le labbra per non gemere a quel contatto.
Sollevò lo sguardo sul soffitto, illuminato dalla luce del
sole che proveniva dalla finestra, per distrarsi dalla sensazione di
quel corpo contro il proprio. Non riusciva a comprendere cosa stesse
succedendo, gli sembrava di aver perso qualche passaggio di quella
storia. Tra lui e Geb era sempre stato importante il contatto fisico,
per sostenere o rassicurare, anche solo per far sentire
all’altro la propria presenza; ma mai si erano spinti fino a
quel punto.
Demir deglutì profondamente per farsi coraggio,
perché ormai non riusciva più a tacere, doveva
sapere, doveva tentare.
- Che significa Geb?- chiese piano.
Dopo un instante di immobilità, Geb si sollevò
sui gomiti per guardarlo dritto in volto.
- Ti ricordi niente della scorsa notte?- gli chiede, poi, con un
sorriso furbo.
Il volto di Demir divenne una maschera di pietra, mentre scene sempre
più incredibili si affacciavano alla sua mente agitata. Geb
osservò divertito la reazione dell’amico per
alcuni istanti, prima di chinarsi sul suo volto fino a sfiorarlo con il
proprio.
- Mi hai detto che mi ami!- spiegò sfiorando appena le
labbra dell’altro con le proprie.
Quando Demir comprese il reale significato delle parole
dell’amico, sperò davvero che sotto di lui si
aprisse una voragine che lo inghiottisse. Sapeva che quando aveva la
febbre straparlava, ma come aveva potuto dire una cosa simile a Geb?
Come aveva potuto rivelargli il suo segreto?
- Geb io… ecco… posso spiegarti! Io…-
balbettò pietosamente, sfuggendo gli occhi scuri
dell’amico.
- Ti amo anch’io, Demir!- niente più che un
sospiro labbra contro labbra, che bloccò il flusso di parole
dell’altro, lasciandolo paralizzato dallo stupore.
Geb approfittò di quel momento per annullare la distanza tra
loro e baciarlo. Sospirò di piacere sentendo quelle labbra
carnose, che per tanto tempo aveva desiderato, modellarsi perfettamente
contro le sue. Corteggiò a lungo quella bocca socchiusa,
nella speranza che l’amico non si tirasse indietro proprio in
quel momento spaventato da tutte le implicazioni che avrebbe comportato
una relazione tra loro e lo ricambiasse.
Demir per alcuni istanti rimase paralizzato, incapace di fare
alcunché. Era accaduto tutto così velocemente da
non aver avuto il tempo di realizzare cosa stesse avvenendo. Gli
sembrava così irreale che Geb, l’uomo che aveva
desiderato per così tanto tempo, lo ricambiasse.
Ma quando avvertì la morbida consistenza delle sue labbra
contro le proprie, una forte scossa elettrica lo attraversò
fin dentro le ossa, riscuotendolo. Geb era lì, era reale e
lo stava baciando. Di cos’altro avrebbe dovuto importargli?
Sollevò le mani e con esse circondò il volto
dell’amico, scivolando con le dita fino ad intrecciarle con
le ciocche di capelli sulla nuca, spingendolo verso di sé.
Geb esultò interiormente a quella reazione, facendo
scivolare le braccia sotto la sua schiena, stringendoselo contro
più che poteva, per poi abbandonarsi completamente al
piacere che quella bocca gli stava dando.
Quando dovette allontanarsi da quelle labbra per respirare, Geb
poggiò la fronte contro quella di Demir, sentendo la pelle
calda contro la propria più fresca, perdendosi nel nero
vellutato di quegli occhi che non si allontanavano dai propri.
- Perché non me l’hai mai detto?- chiese Geb
quando ebbe ripreso un po’ di fiato.
Era una domanda sciocca e lo sapeva, ma ugualmente non aveva potuto
esimersi dal farlo. Infondo la risposta la conosceva, ma aveva il
bisogno di sentirla da quelle labbra rosse e piene, sulle quali avrebbe
potuto tranquillamente morire.
Un pallido sorriso stese appena le labbra di Demir, mentre spostava una
delle sue mani sulla guancia dell’altro, carezzando lo zigomo
con la punta del pollice.
- Sai benissimo perché, ma se vuoi sentirtelo dire lo
stesso… Avevi una famiglia Geb, una moglie bellissima che
dicevi di amare alla follia e due figli fantastici, non c’era
alcun posto per me!- disse con un tono basso e mesto.
- E se ti dicessi che per tutti questi anni sei stato la mia
ossessione? Se ti dicessi che ho solo finto di essere un padre ed un
marito felice e soddisfatto, che tu sei tutto quello che mi mancava? Se
ti dicessi che per te avrei rinunciato a tutto ma che non mi sono mai
fatto avanti perché avevo paura di perderti anche come
amico?- Geb esclamò guardandolo quasi con disperazione.
Demir vide il tormento nei suoi occhi nocciola, così sinceri
e diretti da non poter mentire, e fu come se tutti i pezzi fossero
andati al posto giusto, come se tutti i dubbi e la sofferenza di quei
lunghi anni di distanza svaporassero lasciando solo una profonda calma.
Sorrise dolcemente, spingendo il volto di Geb contro il proprio,
cercandone subito la bocca, immergendosi nell’altro fino a
smarrire la propria coscienza.
Si allontanarono dall’altro per riprendere fiato, mantenendo
le labbra così vicine tra loro da poter inspirare il respiro
dell’altro. Avevano desiderato fino alla follia
l’altro, che ora non potevano evitare di guardarsi felici ed
increduli che fosse stato così facile trovarsi.
Solo dopo un po’ si resero conto che ora erano stesi
l’uno sull’altro, Demir fece per allontanarsi ma
Geb lo bloccò stringendo la prese della proprie braccia
sulle spalle dell’altro. Gli occhi neri di Demir fissarono
stupiti il volto dell’altro, trovandolo sereno, rilassato,
sicuro di quello che stava chiedendo. Il colore nocciola degli occhi di
Geb era carico di promesse che bruciavano la sua pelle come fuoco.
Erano uomini diretti e concreti, abituati a lottare quotidianamente
contro la morte, e per questo avevano imparato a catturare ogni momento
che gli si offriva loro, senza rimandarlo, perché sapevano
che poteva non esserci per loro un domani. E loro avevano
già aspettato troppo…
Demir si chinò fino a sfiorare con la bocca
l’orecchio del compagno.
- Lascia fare a me!- sussurrò languido, mentre
già infilava le mani sotto la maglia dell’altro.
I vestiti scivolarono via rapidamente ed ogni centimetro di pelle
denudato veniva ricoperto da baci e morsi, mentre le mani vagavano
frenetiche sui loro corpi, tastando e premendo, ricalcandone i
contorni. Demir si distese sull’amico avvolgendone il corpo
con il proprio, sfregando su di lui con il torace ed il bacino in
lunghe, incandescenti carezze che tramutarono il loro sangue in lava e
le loro membra in tremolanti ammassi gelatinosi. Gemiti e sospiri
scivolavano sensuali all’interno della piccola stanza, mentre
il sudore scivolava sulle loro pelli in gocce traslucide.
Geb sentiva il proprio corpo sciogliersi sotto il calore umido della
bocca di Demir, che percorreva la sua pelle facendo fremere ogni suo
centro nervoso e sparando scariche di piacere dritto nel suo cervello.
Ma quando quella bocca scese a prepararlo si sentì esplodere
in decine di schegge incandescenti, che illuminarono a giorno il buio
della sua mente.
Quando Geb riprese coscienza di se stesso, aprì gli occhi e
trovò Demir inginocchiato tra le sue gambe, le mani strette
sui propri fianchi sollevati. Si sentiva un po’ vulnerabile
in quella posizione, ma ugualmente non si sarebbe tirato indietro per
nulla al mondo. Guardò il compagno negli occhi e gli sorrise
seducente. Ed era tutto quello di cui Demir aveva bisogno.
Con una rapida spinta entrò dentro di lui, facendolo urlare
di dolore e piacere. E Geb urlò ancora ed ancora, fino a
sentire la gola in fiamme, mentre veniva squassato fin dentro
l’anima dalle ondate di piacere, fino a venire risucchiato da
un vortice di luce bianca.
Dopo rimasero abbracciati a lungo distesi l’uno
sull’altro, rincorrendo il respiro spezzato tra le labbra.
Geb girò la testa di lato e baciò il collo e la
spalla nuda di Demir.
Sapevano che fra loro non sarebbe stato facile, che avevano molte cose
contro, ma lo stesso avrebbero fatto di tutto per non dover rinunciare
all’altro ed a quell'amore che li univa, per poter restare
insieme.