GIADE
CAPITOLO I
Leggero. Era così che si sentiva. Assolutamente ed
incomprensibilmente leggero. Percepiva sparire ogni molecola del suo
corpo, un attimo da quando si sentiva vivo a che pensava di non
esistere più, come se il suo desiderio di morire e diventare
un fantasma si fosse improvvisamente realizzato. Gli piaceva, gli
piaceva da matti. Eppure non era morto, era vivo, ne era sicuro e
consapevole. Era una cosa meravigliosa, la migliore della sua vita dopo
il suo ex morto e la sorella minore. Giade ne era convinto. Era una
ricompensa? Non lo sapeva. Non erano domande da farsi in quei momenti.
Ogni volta che desiderava essere inconsistente bastava prendere una
dose e il suo corpo diventava così,
immateriale…della stessa sostanza dei fantasmi e degli
spiriti. Sapeva con una piccola parte del suo cervello, quella non del
tutto bruciata dalla droga, dalla musica punk e dalle risse, che erano
solo effetti derivati dalle sostanze che prendeva ma era affascinante
da provare, pareva così reale. Essere un fantasma visibile.
Quando era stufo per l’ennesima volta della sua vita piena di
merda poteva volare con la mente e fingere di dimenticare con qualche
droga o sostanza interessante. Ora, in questo stato, Giade riusciva ad
essere più felice di sempre. Avrebbe voluto rimanere sempre
così. Tutti sapevano che si drogava, perfino la sorellina
Anastacia, che in realtà non era più
così piccola visto che avevano due anni di differenza, lui
25 e lei 23; lei non approvava ma lo lasciava fare , del resto lei
beveva e si vestiva da ragazzo facendo anche a pugni come uno di loro.
Non che lui non bevesse, faceva anche quello, però diciamo
che il suo vizio maggiore era la droga mentre quello della ragazza era
l'alcool. Del resto era stata cresciuta da lui e nemmeno suo padre li
aveva separati.
Vivevano
nel quartiere più malfamato della città, dove
bande di teppisti si dividevano le zone ed ogni tanto si scontravano
fra di loro. La tragedia di pochi anni prima, dove il ragazzo di Giade
era stato ucciso, non era un caso isolato, tutt'altro, ma lui avrebbe
fatto in modo che una cosa del genere non si ripetesse per nessuna
ragione al mondo. Sua
sorella era tutto quello che gli era rimasto e la proteggeva come un
angelo custode… un angelo un po’ decaduto visto il
suo stile! Come evocata dai suoi pensieri, lei rientrò in
casa. La figura di una ragazza si fermò davanti a lui. Giade
osservò i suoi capelli corti, le coprivano le orecchie e le
sfioravano il collo. Neri. Il volto come sempre minaccioso.
Probabilmente aveva una plastica facciale, dalla mattina alla sera
qualunque cosa facesse, lei aveva quell’espressione
aggressiva. Le sopracciglia erano un sottile e corto arco che
alimentava lo sguardo truce, gli occhi severi di un bel verde
bosco… lui, invece li aveva verde giada. Il corpo tipico di
un ragazzino, piatto e senza curve, questo dovuto anche alle fasce
strette che teneva al seno, già piccolo di suo. Indossava
jeans larghi strappati e una maglia nera dalle lunghe e strette
maniche, sopra di essa c’era una maglietta larga dalle
maniche strappate. Nel complesso i vestiti erano sgualciti e
stropicciati, abbastanza rovinati. Anfibi slacciati ai piedi.
- Che fai, non vai a suonare stasera? -
Tono apatico e incolore, priva di entusiasmo ed euforia per qualsiasi
cosa. Lei non capiva come suo fratello invece potesse addirittura
entusiasmarsi per certe cose. Sorridere perfino. Era molto
più strano di lei, ma le piaceva e non glielo avrebbe mai
detto orgogliosa com’era. Pur volendo andarsene e lasciargli
la sua vita, non l’avrebbe fatto per ora, poiché
da solo chissà dove sarebbe finito! Anche lei
squadrò attentamente il ragazzo che stava disteso sul letto
con mezzo busto a penzoloni all’ingiù. Teneva
braccia e gambe larghe e aveva un volto in piena estasi…
probabilmente era fatto. I capelli erano al naturale, lisci e
ingarbugliati, privi di gel o acconciature assurde, come di norma li
teneva, del solito colore tinto…verde. A lui piaceva
tantissimo il verde e lo metteva ovunque, gli ricordava
l’acido di cui sosteneva di essere composto: ne sangue, ne
acqua, ne alcun altro tipo di liquido, nelle sue vene scorreva di
sicuro l’acido, ecco perché usciva di testa
così facilmente e si comportava in modo tanto assurdo! Gli
occhi acquosi e distanti su di lei non la vedevano realmente, o
perlomeno era questa la sua impressione. Nella dita teneva una
sigaretta quasi consumata. Il volto pallido. Era vestito di una
canottiera verde militare che scopriva una muscolatura discreta. I
pantaloni slacciati, strappati ogni tre centimetri verticalmente fino
al ginocchio su tutta la circonferenza e la cintura di pelle borchiata
aperta anch’essa. Un ragazzo dai lineamenti interessanti che
non colpivano per la lampante bellezza… era un fascino
particolare, forse creato dagli sguardi e dai modi di fare e vestire.
Ad ogni modo piaceva a molti, maschi e femmine che fossero, lui li
attirava chiunque e nella sua banda non vi era nemmeno uno che non
avesse un debole per lui e non desiderasse farselo, anche solo del sano
sesso orale, mica nulla di impegnativo! Era un tipo forte, una calamita
che attirava chiunque e quelli che allontanava per qualche motivo
diventavano suoi nemici per fargliela pagare del fatto che non li
volesse con lui. Aveva carattere! Un grandissimo figlio di puttana ma
sempre grande! Ti poteva anche uccidere col sorriso sulle labbra, ma
non quel sorriso cinico o stronzo, un sorriso divertito ma allo stesso
tempo assente. Era strano ma vero Giade.
Senza muoversi dalla sua insolita, ma secondo lui comoda posizione,
rispose allegramente:
- No, vengono qua i ragazzi fra un po’ e proviamo
insieme… il locale ci ha rimandato la data.-
Uno sbuffo da parte della ragazza. Anche stasera li avrebbe avuti fra
le scatole quegli idioti casinisti punkettari! Ma che razza di membri
si era scelto per la sua band musicale del cavolo? Gente con
più cervello poteva ben scegliersela!
- Senti, è arrivato l’assegno di papà.-
Un mugolio in risposta. Chissà come avrebbe dovuto
interpretarlo, forse un: ‘brucialo pure’?
Prese a fare da mangiare, le solite uova al tegamino: facili veloci e
sostanziose! Prima di mettersi seriamente ai fornelli gli
buttò gli scarponi sullo stomaco, brontolando, poco gentile:
- Ehi stronzone ficcateli nel cesso ste merde qua e non sul tavolo!
Oppure vuoi che te li metta nella cena?-
- Gentile come sempre, eh?- ironico Giade rispose tenendosi lo stomaco
ammaccato.
- Ti decidi a muovere quel culo frigido che ti ritrovi e ad aiutarmi?-
Tirò un'ultima boccata di fumo poi buttò la
sigaretta a terra. Sbuffò rumorosamente e si alzò
facendo cadere gli scarponi.
- Certo sorellina cara!-
Non era sicura se fosse serio o se la stesse prendendo per il culo, nel
dubbio decise di mostrargli un dito medio e un ringhio.
Giade arrivò al tavolo strabordante di cose, sopra le quali
spiccava l’assegno del padre. Quello stronzo che li aveva
abbandonati in quella casa per andare a fare il riccone con una donna
piena di soldi. Ma porca merda, non poteva incontrare prima sta tipa
piena di soldi? Almeno non avrebbero dovuto crescere in quello
schifo… no, lui aveva aspettato che la madre morisse e che
loro fossero diventati abbastanza grandi da vivere soli! Ovvio che
nè lui nè Anastacia avevano voluto andare con
lui, quel bastardo approfittatore… almeno si prendeva la
briga di mandare un assegno ogni tanto, per scrupolo forse…
chissà che pezzo grosso era diventato! Non gliene importava
in realtà, erano entrambi convinti che fosse solo per
salvare le apparenze se, di volta in volta, scendeva fra i comuni
mortali per vedere se erano ancora vivi oppure morti in un mare di
sangue!
Mise l’assegno in un cassetto dove ce n’erano altri
2 vecchi di un paio di mesi. Mai toccati. Non li buttava
perché non era stupido e sapeva che se un giorno la sua
attività di cantante sarebbe fallita avrebbe avuto bisogno
di soldi, ma fin ora se l’erano cavata entrambi con vari
lavoretti anche part time e la sua carriera di musicista col suo gruppo
musicale procedeva più che bene. Le sue canzoni funzionavano
e lo stile era ottimo, inoltre non avevano bisogno di certe
comodità costose come il telefono e il riscaldamento, spesso
facevano a meno anche della corrente elettrica o del gas, a turno,
arrangiandosi con candele o fornelli da campo, a seconda
dell’occorrenza! A
guardarla sia da fuori che da dentro era una tale schifezza di casa che
nessuno si sarebbe mai azzardato a rubare nulla e dire che in
realtà di soldi ce n’erano, contando gli assegni
del padre; tanto bastava leggere la targhetta sul campanello:
‘Sono io, figli di puttana: il capo!’ e tutti
capivano che si trattava niente meno che della casa di Giade.
Si rivolse nuovamente verso il tavolo…. era da liberare,
senza pensarci su troppo dopo essersi scompigliato per bene i capelli,
prese e buttò a terra con un unico gesto tutto quel che
c’era su di esso rompendo la bottiglia di birra vuota.
- Ma sei proprio stupido!-
Sbottò la sorella guardando l’intelligenza di
Giade, il quale sorridendo rispose:
- Non bisogna pensare al passato! Il futuro è quello che
conta! E il futuro necessitava del tavolo libero…. il
passato necessitava del tavolo pieno… ma il futuro
è quello che conta… per cui… via le
cose inutili! Via il passato! -
Anastacia alzò un sopracciglio con un espressione molto
eloquente e in tono schietto fece:
- Ma sei scemo? Come diavolo ragioni te? Secondo te io visto che tu sei
un essere inutile e fai parte del passato ti butto nel cesso e tiro
l’acqua come vorrei fare? No, ti tengo e il perché
non lo so… -
Immediatamente si sentì investita dal fratello che
l’abbracciava istintivo, con foga e privo di buon senso.
- Non importa se sei stupida, ci penso io a te! -
Spalancò gli occhi e strinse di riflesso il coltello
puntandoglielo davanti agli occhi, lei odiava queste cose e lui
puntualmente le faceva: non lo sopportava tutto
“‘sto contatto fisico, tutte ‘ste
manifestazioni di affetto”.
- E chi sarebbe stupida? -
prima che avanzasse col coltello, ridendo rumorosamente Giade la spinse
via scappando da lei, peccato che poté andare solo poco
distante visto che i pantaloni slacciati gli caddero facendolo
inciampare e finire a terra con un tonfo sordo! Alla scena divertente
si aggiunse il cane, un bastardino che arrivava al ginocchio, pazzo
come il padrone, che prese a saltellargli addosso leccandolo da cima a
fondo.
Le filosofie di vita di Giade lasciavano molto a desiderare, erano
strambe e buffe, assurde all’apparenza, ma a ben pensarci
avevano un senso ed erano perle di saggezza per poter vivere o
sopravvivere nel posto in cui stavano. Perle incomprensibili ma piene
di verità. Nessuno l’avrebbe mai affondato,
nessuno l’avrebbe mai visto piangersi addosso. La tristezza
la lasciava ad altri, c’erano cose ben peggiori nel mondo. Il
suo universo era grande ed inesplorato dai vivi, ci teneva che
rimanesse tale. E l’egoismo a modo suo era il modo migliore
per vivere. Faceva solo quel che voleva e come lo voleva. Per
dimenticare il passato che a volte bussava ai suoi ricordi aveva
diversi metodi, per realizzare i suoi desideri ne aveva altri e nessuno
doveva azzardarsi a dirgli che non andavano bene. Lui non giudicava e
non voleva essere giudicato. Lui viveva libero per poter lasciare gli
altri vivere liberi. Ci badava lui da solo ai suoi fantasmi. E quel che
gli piaceva faceva parte della sua vita. Le domande rimanevano per gli
altri. Chi era lasciato indietro non avrebbe avuto altre
opportunità per ritornare in pari. Chi veniva odiato da lui
doveva avere motivi gravi per essere veramente odiato.
E quella persona c’era.
Stuart.
Egli non faceva più parte di lui anche se un tempo lo era
stato, un tempo gli avrebbe affidato la sua vita, ora lottavano per
spezzarsela a vicenda. Questo dopo che Stuart gli aveva ucciso il
fidanzato senza dare motivazioni se non un: ‘si intrometteva
fra noi…’.
Giade
era molte cose, il suo mondo era troppo complesso e imprevedibile per
essere compreso, vi era disperazione, tormento, solitudine, forza,
morte, sangue, risate, allegria falsa e buchi riempiti in ogni modo
possibile; il suo mondo era quello che l’avrebbe portato alla
sua distruzione un giorno…come desiderava.