CAPITOLO
III
Il concerto era ormai giunto al termine e mancavano solo le canzoni del
bis, tutta la folla gridava all’unisono:
- Encore! Encore! -
I Drug’s Kiss, coscienti del successo di
quell’ultimo spettacolo, stavano preparandosi per uscire sul
palco e cantare di nuovo due dei loro pezzi più acclamati,
quando un amico si aggrappò al braccio di Giade, fermandolo:
- Devi assolutamente andare! Si tratta di Ana…
Stuart… lui l’ha rapita! Se ne sta occupando
Damien ma è solo nella tana di quello… -
Se il verde degli occhi di Giade avesse potuto cambiare, sarebbe
diventato rosso.
In un attimo solo, con quelle parole, tutta l’ira trattenuta
e mai sfogata esplose. Livore, vendetta, odio e qualcosa di mostruoso,
intrattenibile.
- Lo ammazzo… - Mormorò stringendo le mani a
pugno, si morse il labbro fino a farselo sanguinare, tremante e livido
come mai l’avevano visto ripetè gridando: - QUESTA
VOLTA LO AMMAZZO IO!-
Tutti sapevano che l’avrebbe fatto, per questo non avrebbero
tentato di fermarlo.
Luka, il cantante del gruppo, gli prese la chitarra dalle mani e
spingendolo delicato in direzione dell’uscita disse, con un
mezzo sorriso:
- Vai e fai quello che devi… -
Tutti sapevano della sua storia e avevano assistito alla rottura della
sua anima. L’assassinio del fidanzato di Giade fu una brutta
storia, un colpo per tutti, due più affiatati non esistevano
e nonostante non tutti fossero gay o pro-gay, non c’era stato
nemmeno uno che non li avesse benedetti almeno col pensiero o con lo
sguardo.
Il ragazzo dai capelli verdi era sempre stato un tipo inquieto ed
incontrollato, di quelli che non si fermavano mai e cercavano di
sentirsi il più vivi possibile, il fidanzato invece era
l’opposto, calmo e controllato, maturo e paterno, tirava
fuori delle frasi e delle perle sulle quali avevano creato molte
canzoni, un ragazzo più sullo stile di Damien. Giade infatti
dopo essersi ripreso era cambiato ma aveva visto con occhi diversi
l’amico dai capelli neri. Si sentiva protetto, come se
potesse non impazzire con lui accanto, bisognoso di qualcuno su cui
affidarsi, di qualcuno che riempisse il vuoto lasciato dal migliore
amico che l’aveva tradito e dal fidanzato amato morto, non si
separò più da Damien.
Non
si fece ripetere altro, in un solo istante Giade era sulla sua moto a
correva come un folle, mentre l’altro della sua banda di
quartiere lo seguiva cercando di stargli dietro. Non aveva messo il
casco e il vento gli tagliava il volto tirandogli perfino la pelle, i
capelli ingellati non mantenevano più quella loro posa
strana, volavano nel vento e gli occhi ridotti a due fessure dove la
ragione ormai non c’era più.
Nella mente solo un pensiero.
“Adesso basta, è ora di farla finita. O io o lui.
Lo ammazzo. Lo ammazzo questa volta!”
come avesse la musica appena suonata negli orecchi, un ritmo forte e
potente, qualcosa che dettava il tempo ed ora dettava la sua
velocità, un lampo sfrecciante nella notte, pensieri
affilati come rasoi, uno stato d’animo pesante e pericoloso.
Quando arrivò al rifugio di Stuart, la frenata che fece
lasciò sulla strada un odore di gomme. Mentre i presenti si
voltavano per vedere di chi si trattava, un sorriso bieco apparve sul
volto del rivale che stava combattendo con Damien, un Damien malridotto
a dire il vero.
Le pupille di Giade andarono prima su Anastacia legata a terra, poi sul
suo amico che da solo aveva steso qualche altro della banda avversaria.
Quando il sangue comincia a ribollire nelle vene non si parla per frasi
fatte o modi di dire. Si intende che la rabbia è tale da
muovere gli organi interni, scuoterli e far tremare il corpo, battere
il cuore più forte: l’adrenalina scorre a fiumi ed
infine il sangue intorpidisce gli arti perché si muove come
poche volte succede.
A lui successe esattamente questo.
- STUART! TI AMMAZZO!-
Gridò tutto ciò che l’aveva mosso fino
ad ora, la voce bloccò tutti i presenti che si fecero da
parte, mentre Damien semplicemente andava ad occuparsi di qualche altro
tirapiedi senza perdere tempo. Fra poco sarebbe anche potuta arrivare
la polizia e poi c’era Giade, Stuart era sistemato, questione
di minuti!
Il sorriso di quel ragazzo dai capelli castani pettinati
all’indietro fu inquietante proprio perché
indecifrabile, disse:
- Non vedo l’ora Giade… sono tutto tuo.-
La labile luce della ragione spari quando l’altro con uno
scatto inaspettato lo colpì con un pugno facendolo
indietreggiare e poi gli disse sempre con quel sorriso oscuro:
- Quello si era messo fra noi due, dovevi sentire però come
implorava di fermarsi, era disposto a fare qualunque cosa pur di essere
risparmiato. Quando gli ho detto che sarebbe vissuto solo se ti avrebbe
ucciso, lui ha detto di no e mi ha lasciato finire! L’ho
ucciso perché era un traditore, oltre ad essere un
impiccione! Non sarebbe stato disposto a mantenere la sua parola,
così non ti meritava! È giusto che sia morto! -
In risposta un solo urlo, prolungato, partì da Giade
all'attaccò e finì solo quando Stuart fu steso;
poi riprese quando iniziò di nuovo a dargli calci allo
stomaco ed in volto, smise un attimo e senza dargli il tempo di
reagire, di alzarsi o a se stesso di respirare, Giade riprese questo
suo urlo di rabbia, schifo, disperazione, un urlo contro la follia
umana che gli aveva strappato una delle cose più belle,
contro la morte che strappava ogni cosa, contro se stesso debole che
non era mai arrivato in tempo quella volta, contro la solitudine e il
dolore senza limiti che le persone, lui, potevano provare.
Urlava e sfogava anni e anni di shock mai superato, di momenti
rivissuti con la mente, di autodistruzione, incomprensioni verso chi
considerava fratello. Non aveva mai capito dove aveva sbagliato, ma non
riusciva più a fermarsi. Non riusciva più.
Nemmeno una parola, nemmeno uno sputo, nemmeno un pensiero, solo urla e
calci e pugni, finchè il volto non fu una maschera di sangue
e il corpo respirava a stento senza nemmeno più difendersi o
coprirsi, senza aver risposto neanche una volta.
Erano tutti fermi mentre solo Damien liberava Anastacia e preferiva
evitare quello spettacolo raccapricciante.
Impietriti quando avevano capito che Stuart si voleva far uccidere
intenzionalmente da lui.
Giade si fermò anche se tutti pensavano che lo avrebbe
ammazzato. Si fermò e Stuart era ancora vivo.
- Dimmi ora veramente perché? -
Non aveva quasi più voce e nessuno osava toccarlo. Stuart
allungò a fatica la mano portandola alla cintola dei jeans e
disse a fatica:
- Perché non saresti mai stato mio. Così ti ho
costretto ad esserlo, legati dall’odio e l’odio
legato all’amore. Così ora io ti costringo a non
dimenticarti mai di me. -
L’azione successiva fu altrettanto lenta ma decisa, nessuno
lo fermò come nessuno capì cosa passò
per la mente di Giade in quel momento.
Stuart si puntò la pistola alla testa e si sparò.
Senza che mai si possa arrivare a capire il cuore delle persone, la
loro sofferenza, la loro mente, da cosa esse siano spinte,
perché agiscono provocando dolore ad altri, quale mai sia il
loro inferno personale. Senza mai capire, in fondo, un bel nulla, quel
che sembra essere la strada migliore, quel che sembra essere stata
l’azione più giusta, alla fine lascia solo
amarezza.
Damien gli andò di fronte dopo aver liberato la sorella e
con aria affaticata disse con quella sua voce calma che lo
contraddistingueva:
- Come ti senti?-
Giade alzò gli occhi su di lui e come se fosse la prima
persona che vedeva quella sera pronunciò solo un flebile:
- Non lo so… -
Damien accennò un piccolo sorriso:
- Hai una vita per capirlo… -
Giade parve apprezzare queste parole, del resto Damien sapeva come
prendere l’amico.
Quando vide lo sguardo di Giade rasserenarsi un po’, si
lasciò andare ad una smorfia di dolore e gli cadde addosso,
quando il ragazzo lo prese sentì le mani appoggiate nella
schiena, che si bagnavano, le alzò e nella luce dei lampioni
vide quelle macchie rosse che si allargavano a vista d’occhio
da uno squarcio da coltello.
- Damien, ti ha ferito?!-
- Tutto a posto…-
Disse solo questo poi svenne.
Giade
aveva perso una vita, ma ne aveva un’altra per riprendersi e
capire ciò che si era fatto sfuggire. Non avrebbe perso
altre persone importanti.