{ THE CALL OF FATE }

Prologo : Il Patto

"In questo anfratto a te lontano io rinchiudo la tua anima.
In questo tuo corpo umano io spando linfa oscura.
In questi occhi maledetti tu vedrai scorrerti innanzi il mondo infinito,
finché nelle tue mani sicuro non avrai il perfetto potere.
In questo tuo cuore corrotto il mio sigillo io pongo,
al solo adempimento del tuo dovere spezzato verrà.
Quando in mano tua il potere delle dieci pietre stringerai,
nuova linfa vitale data a colei che tu ritieni degna sarà.
Solo allora tu donerai a me corpo e anima interi.
E tu mio per l'eternità sarai.
Il contratto con il tuo ed il mio sangue firmato è.
Tornare indietro non si può
Cerca le pietre e falle tue,
come farò io poi con te.
Enkil. Ora sei mio."

E la maledizione ebbe inizio. Il patto legò Enkil al Diavolo in modo indissolubile. Senza più via di ritorno. L'anima fu venduta.

Uno specchio oscuro. Un maestoso e cupo specchio rivelava un continuo fumo nero che stava a riempire l'interno del vetro argentato. Esso era incorniciato da motivi in metallo sempre nero lavorato anticamente.
Quell'oggetto non era umano. A prima vista, guardandolo, ci si poteva accorgere di questo; a prima vista si cominciava anche a tremare, inspiegabilmente. Quello specchio faceva affiorare l’anima di chi si specchiava risucchiandone la parte positiva, lasciando solo quella negativa. Ogni parte buona del proprio essere finiva lì dentro se lo fissavi per più di pochi attimi, lasciandoti solo la parte cattiva. Ognuno ha in sé una parte divina e una demoniaca. Una buona e una cattiva. Alcuni prediligono la positiva, altri la negativa. Ma tutti possiedono entrambe ed inesorabilmente e contro ogni volere, prima o poi l'altra che rimane soffocata e inespressa potrebbe venire a galla.
Il lato oscuro è estasi secondo il Signore del Male.
Questo specchio era il segno del patto. Il patto del nobile Enkil con chi non sarebbe mai dovuto essere disturbato e nominato era stato stretto da secoli ormai. Il patto perfetto che gli avrebbe permesso di ottenere ciò che voleva più di sé stesso. Pienamente consapevole che una volta arrivato al suo scopo, non sarebbe più stato come prima. Nulla. Si sarebbe perso negli abissi infernali fondendosi con il Signore Oscuro, che gli aveva indicato la via verso il potere perfetto.
Con la mano accarezzò languido la superficie dello specchio che per lui aveva deciso il suo avvenire. Lo specchio che gli aveva giurato tenebra. Lo specchio che l'aveva legato per l'eternità a Lucifero.
Con sguardo enigmatico pronunciò una parola. Un nome. Con la sua voce profonda e bassa, roca.
- Diamante -
Lentamente il fumo perpetuo che viaggiava all'interno dell'oggetto cominciò a muoversi sempre più veloce, come a diradarsi, fino a mostrare un volto, il proprio. Un grande re dei tempi antichi il cui regno era andato perduto e dimenticato.
Un volto seducente e pieno di grazia. Aristocratico e nobile ma bello, raffinato e dannato. Di colui che mai si sarebbe potuto afferrare e sfiorare. Occhi perfettamente disegnati contornati di nero resi così letali da fissare. Occhi penetranti e taglienti, brucianti di un oscuro segreto, rancore e desiderio maledetto; crudeli come lo sguardo che sembrava travolgere qualsiasi cosa su cui si posasse. Occhi verde cupo, privi della speranza che solitamente il verde trasmette. Bocca sottile e ben disegnata. I castani capelli mossi si allungavano fino a sfiorare le spalle, alcune ciocche un po' ribelli ricadevano sul volto rendendolo più affascinante. Pelle di porcellana ma non propriamente bianca e pallida. Una leggera e quasi invisibile ombra di barba. Nel complesso un viso adulto di un'indefinita età non troppo in là con gli anni. Un uomo dalla maturità giovanile ma severa. Bello. Afrodisiaco. Il corpo anche quello di un uomo dai muscoli ben scolpiti anche se non esagerati. Alto. Due mani d'artista, curate e lisce. Era vestito con abiti scuri e nobili che si usavano un tempo.
All'istante anche la sua immagine, l'immagine di Enkil, svanì lasciando il posto a quella di una ragazza piangente: lunghi capelli neri le ricoprivano il corpo nudo raggomitolato su sé stessa. Una ragazza minuta dall'animo straziato che si lasciava travolgere dalla pioggia violenta.