Capitolo 14 : Giada

“ Nessuna paura.
Trapassa gli ostacoli fra te e il tuo cammino.
Il tuo destino afferra.
Forte nel cuore,
nell’anima e nel corpo,
odiando la vita riuscirai dove altri falliscono”

Leggero, era così che si sentiva, assolutamente e incomprensibilmente leggero. Ogni molecola del suo corpo la sentiva come sparire da sé. Da che si sentiva vivo a che pensava di non esistere più, come se il suo desiderio di morire e diventare un fantasma si fosse improvvisamente realizzato. Gli piaceva, gli piaceva da matti eppure non era morto, era vivo, ne era sicuro e consapevole. Era una cosa meravigliosa, la migliore della sua vita dopo Angel e Anastacia, Giade ne era convinto. Era una ricompensa? Non lo sapeva, non erano domande da farsi in quei momenti.
Ogni volta che desiderava essere inconsistente il suo corpo diventava così… immateriale… della stessa sostanza dei fantasmi e degli spiriti. Affascinante da sentire, vero? Ma lo era ancora di più da provare. Come un fantasma visibile, poteva fare tutto quel che voleva facendo attenzione a non essere visto da nessuno.
Gli ostacoli per lui non esistevano, li trapassava. Quando era stufo per l’ennesima volta della sua vita poteva o volare con la mente e fingere di dimenticare con qualche droga e sostanza interessante, oppure poteva volare veramente diventando quello che desiderava dalla nascita… poteva diventare un fantasma inconsistente ma visibile all’occhio umano. In questo stato Giade riusciva ad essere felice, avrebbe voluto rimanere sempre così.
Di questo suo potere speciale che possedeva dalla nascita ne era a conoscenza solo Anastacia, sua sorella minore. Avevano due anni di differenza ma era cresciuta bene, anche troppo... modi di fare e vestire maschili a parte!
Era stata cresciuta da lui e nemmeno suo padre li aveva separati. Sulle sue orme, la ormai non più piccola Anastacia era diventata grande e non solo, una vera teppista nella sua stessa cerchia di amici del quartiere più malfamato della città.
Lo divertiva molto. Si cacciava spesso nei guai e se una volta era lui a salvarla e tirarla fuori, ora ci riusciva da sola ma lui rimaneva sempre nell’ombra a proteggerla. Non avrebbe permesso a nessuno di toccarla. A nessuno. La tragedia di pochi anni prima non si sarebbe ripetuta per nessuna ragione al mondo. Tutti ormai li conoscevano e lui veniva identificato come l’Angelo di Anastacia… angelo… proprio lui… forse un angelo oscuro… eppure non erano proprio per l’oscurità i suoi gusti. Più che altro si poteva definire un tipo punk, uno strano ed incomprensibile di cui tutti o quasi avevano rispetto e timore.
Lentamente tornò materiale.
Sua sorella era tutto quello che gli era rimasto, tutto.
Come evocata dai suoi pensieri rientrò in casa. La figura di una ragazzina di 18 anni si fermò davanti a Giade, osservò i suoi capelli corti tagliati in un modo maschile, le coprivano le orecchie e le sfioravano il collo, neri. Il volto come sempre minaccioso, probabilmente aveva una plastica facciale poiché dalla mattina alla sera qualunque cosa facesse, lei aveva quell’espressione aggressiva. Si sistemava le sopracciglia in modo da farsi un sottile e corto arco che alimentava lo sguardo truce. Gli occhi severi erano verde bosco, il tipo di verde li differenziava… lui li aveva verde giada, molto belli entrambi. Il corpo cominciava a formarsi bene: curve morbide rivelavano il suo essere donna anche se i suoi modi e vestiti dicevano tutto l’opposto. Indossava jeans larghi strappati e una maglia nera dalle lunghe e strette maniche, sopra di essa ce n’era una dalle maniche strappate e larga. Nel complesso erano sgualciti e stropicciati, abbastanza rovinati. Anfibi slacciati ai piedi.
- Che fai, non vai a suonare stasera? -
Tono apatico e incolore, priva di entusiasmo ed euforia per qualsiasi cosa. Lei non capiva come suo fratello invece potesse addirittura rallegrarsi per certe cose, sorridere perfino. Era molto più strano di lei ma le piaceva e non gliel’avrebbe mai detto orgogliosa com’era. Sarebbe semplicemente stata sempre con lui, anche perché da solo chissà dove poteva finire.
Anche lei squadrò attentamente il ragazzo che stava disteso sul letto con mezzo busto a penzoloni a testa in giù. Teneva braccia e gambe larghe e aveva un volto in piena estasi, probabilmente si era fumato qualcosa, si disse.
I capelli erano al naturale, privi di gel e di pose stravaganti e assurde, lisci e ingarbugliati del solito colore tinto: verde. A lui piaceva tantissimo il verde e lo metteva ovunque. Gli occhi acquosi e distanti su di lei non la vedevano realmente, o perlomeno era questa la sua impressione. Nelle dita teneva una sigaretta quasi consumata del tutto. Il volto pallido. Era vestito di una canottiera verde militare che scopriva i muscoli non notevoli ma nemmeno inesistenti, un corpo longilineo e discreto. I pantaloni slacciati strappati verticalmente fino al ginocchio e la cintura di pelle borchiata aperta anch’essa. Un ragazzo dai lineamenti interessanti non che colpivano per la sua lampante bellezza, era un fascino particolare forse per gli sguardi e i modi di fare e vestire, chi lo sapeva. Ad ogni modo a lei piaceva e anche a molte ragazze che finivano per conoscerlo, per non parlare dei ragazzi con strane tendenze!
Era forte suo fratello, aveva carattere e non l’avrebbe scambiato con nessun altro.
Un grandissimo figlio di puttana ma sempre grande. Ti poteva anche uccidere col sorriso sulle labbra, ma non quel sorriso cinico o stronzo, un sorriso divertito e allo stesso tempo assente. Era strano, Giade, e le piaceva così com‘era.
Senza muoversi dalla sua insolita ma secondo lui comoda posizione, rispose allegramente:
- No, vengono qua i ragazzi fra un po’ e proviamo insieme… il locale ci ha rimandato la data. -
Uno sbuffo da parte della ragazza. Anche stasera li avrebbe avuti fra le scatole quegli idioti casinisti punkettoni!
Ma che razza di membri si era scelto per la sua band musicale del cavolo? Gente con più cervello poteva ben scegliersela… era sempre questo ciò che si ripeteva fra sé e sé ogni volta.
- Senti, è arrivato l’assegno di papà. -
Un mugolio in risposta, chissà come avrebbe dovuto interpretarlo… forse un: ‘brucialo pure’?
Alzando a sua volta le spalle andò verso la cucina e si mise come niente fosse a fare da mangiare: le solite uova al tegamino facili veloci e sostanziose. Prima di mettersi seriamente ai fornelli gli buttò gli scarponi sullo stomaco brontolando poco gentilmente:
- Ehi stronzone ficcateli nel cesso ‘ste merde qua e non sul tavolo! Oppure vuoi che te li metta nella cena? -
- Gentile come sempre, eh? -
Ironico Giade rispose tenendosi lo stomaco ammaccato.
- Ti decidi a muovere quel culo frigido che ti ritrovi e ad aiutarmi? -
Tirò un ultima boccata di fumo poi buttò la sigaretta a terra e sbuffò rumorosamente alzandosi facendo cadere gli scarponi.
- Certo sorellina cara! -
Non era sicura che fosse serio o se la stesse prendendo per il culo… nel dubbio decise di mostrargli un dito medio e un ringhio.
Giade arrivò al tavolo pieno di cose, sopra le quali spiccava l’assegno del padre. Quello stronzo che li aveva cresciuti e poi abbandonati in quella casa per andare a fare il riccone con una donna piena di soldi. Porca merda, non poteva incontrare prima sta tipa piena di soldi? Almeno non avrebbero dovuto crescere in quello schifo… no, lui aveva aspettato che la madre morisse e che lui diventasse abbastanza grande per vivere da solo! Ovvio che né lui né Anastacia avevano voluto andare con lui… quel bastardo approfittatore… almeno si prendeva la briga di mandare un assegno ogni tanto, per scrupolo forse; chissà che pezzo grosso era diventato!
Non gliene importava in realtà, erano entrambi convinti che era solo per salvare le apparenze se di volta in volta scendeva fra i comuni mortali per vedere se erano ancora vivi oppure morti in un mare di sangue.
Mise l’assegno in un cassetto dove ce n’erano altri due vecchi di un paio di mesi prima, mai toccati. Non li buttava perché non era stupido e sapeva che se un giorno la sua attività di cantante sarebbe fallita avrebbe avuto bisogno di soldi, ma fin ora se l’erano cavati entrambi con vari lavoretti anche part time e la sua carriera di musicista col suo gruppo musicale procedeva più che bene. Le sue canzoni funzionavano e lo stile era ottimo, certo non riuscivano ad uscire molto dalla zona, ma lì dov‘erano per il momento si stavano affermando piuttosto decentemente.
Si rivolse nuovamente verso il tavolo, era da liberare ma era troppo pieno così senza pensarci su troppo, dopo essersi scompigliato per bene i capelli lunghi fino quasi alle spalle, prese e buttò a terra con un unico gesto tutto quel che c’era sopra rompendo la bottiglia di birra vuota.
- Ma sei proprio stupido! -
Sbottò la sorella guardando l’intelligenza di Giade il quale sorridendo rispose:
- Non bisogna pensare al passato! Il futuro è quello che conta! E il futuro necessitava del tavolo libero… il passato necessitava del tavolo pieno, ma il futuro è quello che conta… per cui via le cose inutili! Via il passato! -
Anastacia alzò un sopracciglio con un espressione molto eloquente e in tono schietto fece:
- Ma sei scemo? Come diavolo ragioni? Secondo te io visto che tu sei un essere inutile e fai parte del passato ti butto nel cesso come vorrei fare? No, ti tengo e il perché non lo so… -
Immediatamente si sentì investita dal fratello che l’abbracciava istintivo e privo di buon senso.
- Non importa se sei stupida, ci penso io a te! -
Spalancò gli occhi e strinse di riflesso il coltello puntandoglielo davanti agli occhi: lei odiava queste cose e lui puntualmente le faceva. Non lo sopportava tutto quel contatto fisico, tutte quelle manifestazioni di affetto…
- E chi sarebbe stupida? -
Prima che avanzasse col coltello, la spinse via ridendo rumorosamente scappando da lei. Andò comunque poco distante visto che i pantaloni slacciati gli caddero facendolo inciampare e finire a terra con un tonfo sordo. Alla scena divertente si aggiunse il cane, un bastardino che arrivava al ginocchio, pazzo come il padrone, che si mise a saltellargli addosso leccandolo da cima a fondo. Ovviamente in conclusione ci furono pure le urla isteriche della sorella che imprecava peggio di uno scaricatore di porto dicendogli di darsi da fare e di piantarla di essere idiota!
Le filosofie di vita di Giade lasciavano molto a desiderare, erano strambe e buffe, assurde all’apparenza, ma a ben pensarci avevano un senso ed erano perle di saggezza per poter vivere o sopravvivere nel posto in cui erano. Perle incomprensibili ma piene di verità.
Nessuno l’avrebbe mai affondato, nessuno l’avrebbe mai visto piangersi addosso. La tristezza la lasciava ad altri, c’erano cose ben peggiori nel mondo, secondo lui.
Inoltre il suo universo era grande e inesplorato dai vivi e ci teneva che rimanesse tale. L’egoismo a modo suo era il modo migliore per vivere.
Faceva solo quel che voleva e come lo voleva.
Per dimenticare il passato che a volte bussava ai suoi ricordi aveva diversi metodi, per realizzare i suoi desideri ne aveva altri e nessuno doveva azzardarsi a dirgli che non andavano bene.
Lui non giudicava e non voleva essere giudicato. Viveva libero per poter lasciare gli altri vivere altrettanto liberi.
Ci badava solo ai propri fantasmi e quel che gli piaceva faceva parte della sua vita.
Le domande rimanevano per gli estranei.
Chi era lasciato indietro non avrebbe avuto altre opportunità per ritornare in pari.
Chi veniva odiato da lui doveva avere motivi gravi per esserlo e considerando che quella persona esisteva, si poteva solo lontanamente immaginare cosa mai gli avesse fatto, perché era difficile che odiasse veramente. Se lo faceva era in modo feroce e senza perdono.
Lui era molte cose. Cose che forse solo Anastacia conosceva e magari Angel quando c’era ancora.
Il suo mondo era troppo complesso e imprevedibile per essere compreso ed era quello che l’avrebbe portato alla sua distruzione un giorno… come desiderava…