Capitolo
15 : Padrone di discordia
“Padrone
di discordia,
padrone
di disordine,
padrone
di peccato,
padrone
di morte.”
Le
dita correvano pigre a pizzicare le corde della chitarra elettrica
attaccata all'amplificatore. La stanza vuota era riempita da quelle
note malinconiche che solo quello strumento potevano trasmettere.
L'aria carica di tristezza dovute a ciò che suonava quel ragazzo dai
capelli verdi disordinatamente intorno al viso per il sudore; indossava
una maglia che sembrava più uno straccio color acido scuro, era
strappata in diversi punti e il collo largo lasciava scoperta una
spalla e un braccio coprendo in parte l'altro. Lo stomaco piatto era
scoperto, i jeans erano strappati in ogni modo possibile. Scalzo. Era
mezzo disteso su una delle poltroncine di quella casa cadente, con le
gambe allungate davanti a sé e lo spinello fra le labbra. Imbracciava
una chitarra elettrica nera e la suonava pigramente con aria distratta
e mezza assente. Le gocce di sudore gli colavano dal volto solcandogli
la pelle pallida, quasi giallastra. Aveva una cera bruttissima...
Sicuramente merito di quello che stava fumando e che aveva accompagnato
da qualcos‘altro di non proprio sano un momento prima. Non lo faceva
sempre, solo quando ne aveva bisogno... bisogno di dimenticare... di
credere di non esistere... di credere di poter morire quando invece non
era vero... quando aveva bisogno di mandare tutto al diavolo e di
provare le sensazioni che voleva lui. Quando aveva bisogno di lasciar
agli altri la sua vita di merda. Quando gli andava di sputare addosso a
sé stesso per dimostrarsi quanto perdente fosse in realtà. L'unica cosa
che gli piaceva di sé stesso era il suo potere strano e la musica che
era in grado di creare.
Per
un attimo mollò il braccio della chitarra e afferrò la birra
scolandosene metà. L'appoggiò a terra e riprese a buttar fuori note a
caso senza pensare, poi si interruppe di nuovo dando un’altra tirata al
mozzicone che aveva fra le labbra.
Perché
andare avanti solo così, a volte?
Non
aveva più senso mettersi in vena una dose massiccia e dire addio alla
merda in cui era? Come faceva a volte Jeff senza riuscirci fino in
fondo, senza arrivare mai alla morte. Bè, lui non ci arriva perché
c'era sempre qualcuno che lo tirava fuori per i capelli all'ultimo
momento, ma interrogarsi su certe cose era ormai troppo faticoso.
L'effetto
della pasticca di poco prima arrivò e Giade sembrò assentarsi pur
rimanendo cosciente e sveglio.
Un
velo gli offuscò gli occhi.
Il
mondo distorto partì impedendo alla mente di funzionare. Distacco
totale, sballo anima e corpo dovuto alla combinazione di troppe
sostanze che insieme non potevano certo far bene. Le dita presero a
suonare una melodia a lui sconosciuta mentre il corpo cominciò senza il
suo controllo a farsi inconsistente. Come un fantasma si mosse per casa
convinto invece di essere fermo, come un delirante teneva gli occhi
aperti credendo di averli chiusi, come un allucinato credeva di stare
zitto ed invece parlava.
Faceva
paura.
- Signore della disarmonia
Accogli
la mia anima corrotta
Prendimi
dalle orde dei viventi
Nella
sacra oscurità
Signore
del chaos
Prendi
la mia carne impura
Conducimi nel sentiero della
tentazione -
Ma
non la cantava gridando e strepitando come l'originale canzone era. La
sussurrava sensualissimo con voce calda e vagamente intonata, come una
proposta indecente strascicata.
- Salvami dalla codardia.
-
Quelle
che sentivano solo le persone speciali che avevano a che fare con la
ruota del destino girante, erano tutte canzoni che rispecchiavano
l'animo di chi le sentiva... erano parole cantate che solo loro
potevano udire. Erano la traduzione in reale e vero di qualcosa di
inconsistente e inafferrabile, di inspiegabile. Un legame fra presente
e passato, fra vita e non vita, fra un mondo e un altro, fra terra e
aldilà, fra esterno e interno.
Erano
le chiavi per portarli fino ad un punto ben preciso.
- Signore del peccato
Prendi
il mio cuore maledetto
Portami
dove posso trovare salvezza
Perché sono il dannato
-
Le
labbra di Giade avevano fatto cadere lo spinello quasi finito già
all'inizio della canzone, quella versione nuova mai osata da nessuno
era molto bella e strana. Il sudore colava mentre camminava come uno
zombie per la stanza vedendo cose, immagini, ombre… fumo nero... era
l'effetto della droga che aveva preso con l'alcool oppure era l'effetto
di qualcos'altro?
- Signore della morte
Prendi
la mia pietosa vita
Sono
assoggettato
Non dimenticherò mai il dolore
-
Quelle
parole così forti pronunciate in modo talmente sensuale e sinuoso non
potevano essere solo opera sua, ma chi era che l'allucinava facendolo
delirare? Non stava male, gli piaceva la sensazione di perdita, di
volteggiamento mentre le sue dita correvano a ritmo con le parole.
Erano cose che lo riguardavano. Erano effetti che sognava o provava
realmente? Stava morendo? No, ma stava così bene... era tutto troppo
bello per essere vero. Il sudore continuava a renderlo più pietoso di
sempre, mentre cantava sussurrando ansimante. Cominciava a non
respirava bene eppure immediata un immagine fra quel fumo nero inodore
gli arrivò. Un lampo che rimase.
- Signore del peccato
Prendi
il mio cuore maledetto
Portami
dove posso trovare salvezza
Perché sono il dannato
-
Era
uno specchio e dentro allo specchio un uomo adulto e affascinante. Se
fosse stato gay, Giade se ne sarebbe innamorato e non escludeva di
esserlo...
Quello
specchio nero antico era avvolto da un fumo nero che conteneva dentro
di sé quell'uomo. Che fosse imprigionato? Provò fortissimo l'impulso di
liberarlo e di sostituirsi ad esso per provare la sensazione
dell'infinito, dell'eterno moltiplicato per millenni senza secoli
connesso al nulla. Frasi insensate mentre cantava in quel modo
orgasmico. Si avvicinò sempre più, barcollando e traballando, andando
diagonalmente e mai dritto ma ci arrivò e credette di aver smesso di
suonare per infilare le mani dentro la superficie dello specchio.
Vedeva le sue mani correre lungo il vetro riflettente l'immagine, era
freddo. Passò le dita sulle labbra dell'uomo e immediatamente entrarono
dentro l'oggetto che si faceva liquido, vide lo stesso salirgli sulla
mano e sul braccio rodendogli la pelle fino all'osso, correva sul suo
corpo trasformandolo in un mostro però gli dava una sensazione che gli
piaceva… bellissima... non era della morte, non era dell'oblio. Era del
sogno che si trasformava in realtà.
Era
la sensazione di essere nelle mani del destino.
Non
poteva sottrarsi, in fondo era così bello assecondarlo e impossibile da
contrastare. Era una dolce seduzione.
Era...
- ...Signore di morte
Prendi
la mia pietosa vita
Sono
assoggettato
Non dimenticherò mai il dolore
-
Gli
ultimi versi erano stati giocati mentre il suo corpo era quello di un
fantasma e stava per sparire definitivamente, stava entrando nello
specchio, stava abbracciando l'uomo mentre veniva avvolto dal fumo
nero.
Non
poteva sottrarsi anche se fino a quel momento era sempre stato lui a
decidere il suo avvenire e cosa fare... questa volta era troppo forte.
Era impossibile combattere, la sua volontà era annullata per l'effetto
della droga e non capiva quel che stava accadendo realmente.
Finché
non sentì due mani forti afferrarlo e strattonarlo buttandolo a terra,
strappargli dalle mani la chitarra, prenderlo a pugni ed infine
buttargli addosso dell’acqua.
Spalancò
gli occhi, prese un respiro a pieni polmoni come se riemergesse da
troppi minuti di apnea e tornò un istante in sé. Si rese conto di
essere fra le braccia di Damien, il suo amico, solitamente inespressivo
e freddo come un ghiacciolo, l'aveva preso a pugni e aveva avuto una
reazione del genere che non era da lui. Giade però ansimava ancora e
continuava a sudare. Non riusciva a parlare e gli occhi erano verde
chiaro ma arrossati con delle occhiaie violastre mentre la pelle era
giallognola. Gli aveva artigliato le spalle aggrappandosi a lui con
tutte le sue forze. Stava tornando in sé piano piano.
Il
moro lo stava fissando stranito e spaventato, un’espressione mai vista
in lui. Chinato su di lui lo sosteneva in mezzo a quel pantano lasciato
dall'acqua che gli aveva gettato addosso.
-
Con che diavolo ti eri fatto sta volta? -
Diavolo...
già... senza saper perché era convinto che avesse usato la parola
giusta. Smarrito e con voce stridula che non voleva tornargli, disse:
-
Diavolo? Non so come si chiamasse questo, ma non lo avevo mai visto
prima... era... bello... -
-
Ma che stai dicendo? Giade ti rendi conto di cosa stavi facendo? -
Damien
alzò la voce scuotendolo. Giade bagnato fradicio chiese:
-
Cosa? -
-
Giade... ti stavi buttando giù dalla finestra del secondo piano! Ti ho
fermato per un pelo... ti saresti rotto il collo se non peggio! -
-
Ah... dav... davvero? -
E
senza riuscire ad aggiungere altro, completamente tornato da questa
parte e fuori pericolo, perse i sensi.
Damien
rimase solo col suo corpo non molto pesante privo di sensi. Lo caricò
sulle braccia e lo mise sul letto, poi riflettendo pieno di brividi
prese con la sua solita aria fredda a riordinare e pulire quello che
c'era in quella stanza più simile ad una discarica che ad una casa. Non
poteva star fermo ad aspettare che quell'idiota smaltisse la droga e
non voleva nemmeno che Anastacia tornasse e trovasse suo fratello in
quello stato, ma questa volta era preoccupato, molto preoccupato...
tutto quello che gli era accaduto non era affatto normale... era
diverso... era... oscuro.
Con
un nuovo brivido chiuse la finestra relegando fuori inconsapevolmente
'ogni cosa'.
Almeno
per quella giornata.
“Che
io sia dannato … “