Capitolo
16 : I Drug’s Kiss
Per
vendere le due spade aveva sprecato tutta la giornata! Il ridente
paesino (non gli veniva un aggettivo migliore) dove abitava quel
McBrain distava tre ore di viaggio da Stonehaven, tuttavia la cosa non
lo seccava più di tanto: non gli era mai dispiaciuto guidare; aveva
visto un posto nuovo e dato un'occhiata alla collezione piuttosto
pregevole di armi bianche, antiche e non, di McBrain, alla quale erano
state aggiunte nel primo pomeriggio una spada forgiata dallo stesso
Kuon ed una sua vecchia sciabola di cui desiderava liberarsi, non lo
entusiasmava più; se ricordava bene l'aveva acquistata un secolo prima,
ovviamente si era ben guardato dallo specificare questo piccolo
dettaglio al ricco collezionista! Si riteneva più che soddisfatto dalla
vendita, aveva racimolato un bel gruzzolo. Di buon umore, quindi,
rientrò in città mentre iniziava ad imbrunire. Invece di tornare a casa
(non aveva in nessun caso voglia di passare la serata muto come un
pesce grazie alla non-compagnia di Ruben) si diresse subito dai
Templari, il suo pub prediletto. In precedenza, con una telefonata,
aveva chiesto a Dymond se le andava di uscire, ma lei aveva rifiutato;
per una volta non se l'era sentita di insistere perchè lei, o lui, come
Dym preferiva pensare a sé stessa attualmente, non sembrava proprio in
vena. Magari avrebbe fatto un salto da lei più tardi, era un pò che non
la vedeva e la pensava sempre con un velo di preoccupazione.
A
quell'ora il locale era ancora deserto. Kuon sistemò la giacca
sull'appendiabiti e si sedette al bancone. All'estremità opposta, un
tipo fulvo e ricciuto che non dimostrava più di trent'anni, era chino,
i gomiti sulla superficie di legno, concentrato nella lettura di un
quotidiano. Dopo qualche secondo questi alzò la testa, notò l'avventore
e accennò un saluto immediatamente ricambiato da Kuon. Il rosso
proseguì comunque imperterrito la lettura, nonostante la presenza
dell'immortale. Quest'ultimo stette un po’ in silenzio ad osservarlo,
girandosi i pollici e poi si decise a parlare, placido:
-
Mick potresti almeno fare gli onori di casa! Sono il tuo miglior
cliente dopotutto... -
Senza
nemmeno guardarlo, il cameriere, rivolto più a sé stesso che al suo
interlocutore, biascicò - Sì, sì, un attimo, arrivo - e si staccò dal
giornale di malavoglia, continuando a sbirciare lo stampato per carpire
le ultime righe dell'articolo che l'aveva così interessato.
-
Ormai! Finisci pure! - disse Kuon.
-
No tranquillo, tutto a posto! - Mick si diresse verso Kuon, in modo da
essergli di fronte, gli fece un largo sorriso, mostrando i suoi denti
bianchi e perfetti. Era un uomo altissimo, sfiorava i due metri, magro,
occhi vivaci di un bel marrone, la barba rossiccia trascurata, sul viso
qualche lentiggine sparsa e una chioma di lunghi ricci che gli
arrivavano al petto.
-
Per scusarmi - mentre parlava si era spostato a riempire un bicchiere -
birra omaggio al primo cliente della giornata! - esclamò solenne.
Appoggiò sul bancone la bevanda, traboccante di schiuma, davanti a
Kuon, il quale ammiccò divertito all'amico - Alla tua salute! - e si
scolò un sorso con evidente soddisfazione.
Mick,
con una mano poggiata al tavolo e tenendo l'altra sull'anca, interpellò
Kuon - Allora come è andata oggi? -
-
Benone! Ho ricavato più di quanto prevedevo... a proposito, le spade
per il pub le ho quasi pronte. -
-
Spero non me le farai pagare care alla fine! -
-
Solo il materiale... per la mano d'opera... ma sì, alla fine questa è
come la mia casa, qualcosa di decente ci voleva, invece che quelle
sottospecie di elmi e scudi scadenti... scadenti è dir poco! Che cessi!
Qualcuno doveva pur pensarci... -
L'Angolo
dei Templari, così si chiamava il locale gestito da Mick e suo padre,
era un luogo caratteristico: luci basse; tavoli, panche e sedie erano
in legno lavorato molto grezzamente; alle pareti erano appesi scudi,
elmi, stemmi, ferri di cavallo; il tutto aveva il sapore di antica
taverna. Molto medievale. C'era quel tipo di atmosfera per cui Kuon
andava matto. E che dire di Mick? carismatico! il genere di persona che
lui prediligeva: socievole, disponibile, affabile, simpatico, di mente
aperta, acuto, intelligente, colto anche...avresti parlato per ore con
lui, di qualunque cosa: poteva cominciare una chiacchierata con una
barzelletta sporca e, pur non sapendo come, andava a finire
filosofeggiando. Mick era così. Un grand'uomo, davvero: sapeva vivere;
equilibrato, ma mai noioso; interessante senza dubbio. Si conoscevano
da poco, da quando lui si era trasferito a Stonehaven, ma Kuon lo
considerava già un amico. Ed era un affetto reciproco. Un uomo di
quello stampo serviva a Lidys, Kuon ne era convinto...forse glielo
avrebbe presentato un giorno, appena ce ne fosse stata l'occasione.
Mick
al commento dispregiativo aveva abbozzato una smorfia di dubbio non
intendendosi di quella roba: era stato suo padre a sistemare
l'arredamento, a lui in tutta sincerità importava solo che gli oggetti
appesi facessero un po’ scena! Il 99,99% delle persone non avrebbe
fatto caso a ciò che l'occhio esperto di Kuon notava.
Fu
proprio quest'ultimo, da sua abitudine, a cambiare argomento di botto.
- Sai quel'è la mia ultima pensata? - Non attese risposta e proseguì
nell'esporre - Voglio provare a farmi assumere come buttafuori in una
discoteca! -
Mick
fece tanto d'occhi - Stiamo parlando di te, Kuon, che vai in una
discoteca... ho capito bene? -
-
Lo so, lo so. Però per osservare un pp’ la fauna umana e magari sfogare
il mio sadismo... per divertirmi... -
Imitando
in modo caricaturale il fare degli psicologi lo stangone sentenziò -
Non so come potrebbe uscirci la tua sanità mentale, che di per sé è già
labile!! -
-
In effetti... -
Mick
proseguì nelle sue constatazioni: - Sei proprio alla frutta se vai a
pensare 'ste cagate! Trovati una donna, o almeno sfoga gli ormoni... -
-
Ultimamente ho dato in quel settore - svelò l'uomo dai capelli castani.
-
Fammi indovinare... non dirmi che anche tu sei stato preso nella rete
della ninfomane??!! - proruppe ilare il cameriere.
-
Non sapevo avesse questa fama... anche se potevo immaginarlo! -
rifletté ironico Kuon strofinandosi il mento barbuto. - Perché anche
tu? -
Il
rosso annuì col capo - Tre volte - accompagnò la risposta indicando il
tre anche con le dita.
-
Ah però! -
-
Lo so! Sono un degenerato, ma la carne è debole… - si giustificò il
proprietario del pub, in tono drammatico, mostrando falso pentimento.
Kuon
assunse un'aria che faceva pensare lontanamente, ma molto lontanamente
ad una persona seria - Un po’ la ammiro... voglio dire, lei sa come
godersi la vita, non si fa troppi problemi! -
Mick
rispose tagliente - De gustibus... ma più che altro mi vien da dire:
lei sa come far godere... il punto della questione è questo! -
L'immortale
si mise a ridere di gusto al commento franco dell'amico - Sentilo il
poeta a tempo perso!! - Kuon si riferiva al fatto che Mick amasse
scrivere poesie. Era uno dei suoi hobby principali, e non se la cavava
malissimo, certo non arrivava a livelli letterari aulici, comunque
erano bei versi da leggere.
-
Io comunque non credo che farò il bis o il tris... per un po’ mi darò
all'ascetismo... - proclamò l'uomo dagli occhi smeraldo.
Mick
si mostrò beffardo alla sparata di Kuon, il quale, alla reazione del
fulvo, ostentò finto sdegno - Tzè! Miscredente! -
Nel
frattempo, mentre parlavano, dalla stanza attigua provenivano i suoni
del sound-check: come intuibile si trattava dei membri del gruppo che
si sarebbe esibito quel venerdì sera dai Templari, i Drug’s Kiss, una
band punk-rock della zona che stava andando parecchio bene. Kuon,
sentendo la musica, incuriosito domandò - Ma questi sono bravi? -
Prima
che Mick potesse formulare la risposta, una voce spiritosa giunse alle
loro orecchie - Oste della malora! Vuota una rossa! -
Il
cameriere andò ad occuparsi della richiesta. Kuon, intanto che Mick
faceva il suo lavoro, si alzò e diretto al primo cestino che gli capitò
sotto mano, ci buttò dentro la carta che sigillava un pacchetto di
sigarette. Di solito non era un fumatore accanito, certo non si negava
il piacere del buon tabacco ogni tanto, però quell'ultimo periodo che
era coinciso con il susseguirsi degli strani eventi e delle curiose
sensazioni che avevano coinvolto lui, sua sorella, Ruben e Dymond,
l'aveva reso nervoso... tutta colpa di quel confuso insieme di emozioni
inspiegabili... non era buono per i suoi allenamenti tutto quel catrame
nei polmoni!
Udì
Mick lamentarsi col ragazzo che gli aveva chiesto da bere - Quante ne
avete già prese, cazzo! Almeno vedete di stare in piedi stasera quando
suonate... se volete che vi paghi! -
-
Dai non c'è bisogno di scaldarsi, amico! -
Kuon
alzò la testa, così quello era uno dei musicisti: vide un ragazzo sulla
ventina, un punk dai capelli verdi assurdi sparati in aria. L'altro si
accorse di lui e cominciarono a scrutarsi. Kuon fu letteralmente
trapassato dal medesimo sentimento dell'incontro con Ruben e Dymond.
Accadeva un po’ troppo spesso di recente!
Lentamente
quella sensazione andò attenuandosi, ma i due non smisero di fissarsi,
immobili, con una strana luce negli occhi, uno sguardo di sfida...
minaccioso, nello stile dei film western. Dopo cinque minuti Mick, che
li aveva lasciati perdere perché era andato a servire gente nel
frattempo arrivata al pub, tornò per terminare il discorso con Kuon, ma
lui era ancora lì, di fronte al chitarrista del gruppo, fermi neanche
fossero due statue: il suo amico con una sigaretta spenta che pendeva
dalle labbra, l'altro con il bicchiere di birra come glielo aveva
lasciato. I clienti che per caso li notavano lanciavano occhiatacce.
Mick rimase qualche secondo ad osservarli incredulo, poi scosse la
testa e con noncuranza pensò "questa è una delle scemate classiche alla
Kuon... e ha trovato uno che lo asseconda!", quindi, in tono asettico
disse - Ragazzi, ditemelo quando devo chiamare per le camicie di forza!
-
Fu
il più giovane a muoversi per primo: con un sorrisetto tralice, tese il
braccio (quello libero dalla birra) in direzione di Kuon imitando con
le dita la forma di una pistola, negli occhi una fredda determinazione
e... - Beng! -
Scoppiarono
all'unisono in una risata fragorosa. Era stato un gioco spassoso per
entrambi. - ...Contenti loro... - sussurrò tra sé Mick, non riuscendo
ad entrare nelle teste dei due, perché no... pazzi.
Kuon
era elettrizzato, innanzitutto non capitava tanto spesso di trovare uno
sconosciuto e di avere con lui un feeling a dir poco straordinario: non
si erano mai visti, mai detti una parola eppure si erano capiti al
volo! Già gli era simpatico! In secondo luogo quello stesso 'numero'
del fissarsi lo aveva fatto spessissimo con uno dei suoi migliori amici
di sempre, Heino... se n'era andato da secoli ormai... erano cresciuti
insieme, Heino apparteneva alla preistoria della sua vita... fratello,
l'aveva sempre ritenuto come un fratello. Un attacco impressionante di
nostalgia gli aveva messo in corpo l'incontro con quel punkettone!
Si
vennero incontro vicendevolmente. Il musicista gli diresse, scherzando,
il gesto di saluto con pollice, indice e mignolo alzati, usato dai
metallari aggiungendoci un esaltato - Hey, super metal! -
Kuon,
dalla sua, lo guardava di sottecchi ridendo sotto i baffi. Gli allungò
il pacchetto ora aperto, il punk estrasse una sigaretta che gli venne
subito accesa dal generoso offerente. Il ragazzo tirò una boccata e
poi, una volta espulso il fumo si presentò - Ah sì... sono Giade. -
-
Kuon. - tese la mano e se la strinsero.
- E
che nome sarebbe? Nordico? -
-
Direi di sì! - poi il più vecchio si mise a canticchiare - I come from
the land of the ice and snow, from the midnight s.. -
Giade
lo interruppe - Questa la so! Immigrant Song dei Led Zeppelin... -
-
Ti vedo preparato - commentò Kuon inarcando un sopracciglio e annuendo,
con un'espressione che sembrava significare 'notevole il ragazzo!'.
-
IO LE SO TUTTE! - esultò vittorioso il chitarrista. E si misero a
sghignazzare ancora fra loro.
-
Beh adesso devo tornare di là, mi raccomando resta a sentirci -
-
Ok, anche se i punk mi stanno troppo sulle palle - Kuon rifinì la frase
con una risatina maligna.
Giade
ribatté mostrandogli un eloquente dito medio e risero di nuovo.
Intanto
che tornava al sound-check, si rivolse a Mick, mentre serviva ad un
tavolo una coppietta - Oste!! Piaciuto il siparietto? -
-
Chiaro! - la tagliò corta almeno quel fuori di testa se ne sarebbe
andato a fare ciò che doveva.
Giade
aveva già messo piede nell'altra stanza del locale, quando si precipitò
indietro, sembrava avesse dimenticato qualcosa di vitale: era solo per
gridare a Kuon - Grazie per il tabacco super metal!! -
Lucido.
Non
aveva preso nulla al di fuori di qualche birra. L'effetto dell'alcool
era già svanito. Aveva scelto di restare sobrio per poter focalizzare
bene i ricordi di quella serata. Seduto su un sedile del furgone
scassato del batterista, con le braccia incrociate dietro la nuca,
Giade ripassò mentalmente tutto ciò che era accaduto. L'esibizione era
andata alla grande. Il pubblico, seppur ristretto, l'aveva esaltato, in
più, non si spiegava perché, si era particolarmente impegnato, se ne
rendeva conto solo ora, per mettersi in mostra con quel tipo, per far
vedere quanto valeva a Kuon - Che razza di nome! - gli scappò.
-
Stai parlando con me? - era Jeff, il batterista. Aveva sentito Giade
mormorare, credeva gli stesse dicendo qualcosa.
-
No pensavo ad alta voce. -
Stava
per caso cominciando a diventare gay? Si, giusto! Così avrebbe fatto
compagnia a Luka! Rise dentro di sé per i suoi pensieri dando
un'occhiata di sbieco al cantante dei Drug's Kiss, accanto a lui. No,
impossibile... anche se quando l'aveva visto per la prima volta quel
Kuon, quella massa di muscoli: un gigante capellone e barbuto, ai lobi
piccoli orecchini ad anello, stretta virile e calorosa, mani grandi e
callose, favolose iridi verdi... verde smeraldo... ce le aveva impresse
nelle memoria. Se non fosse stata considerata un'azione troppo
incivile, se non avesse avuto la certezza di soccombere fisicamente
alla forza di Kuon, per avere un souvenir di quel colore gli avrebbe
forse cavato un occhio. E mentre lo pensava era serio. Completamente.
Era rimasto stregato da quell'armadio di uomo, un guerriero gli era
parso. Stava sparando cazzate riguardo i suoi gusti sessuali, ovvio, ma
davvero non poteva negare di essere stato colpito, folgorato da Kuon.
Una sensazione stranissima, mai provata. Di seguito il bisogno urgente
di conoscerlo, assolutamente, ad ogni costo. Loro dovevano! No... non
era logico, per niente... ma l'aveva conosciuto sul serio, invece: al
termine dell'esibizione erano rimasti a ciarlare del più e del meno per
un'ora abbondante... era assurdo! Come potevano due sconosciuti come
loro agire con la complicità di due amici di vecchia data? Ad un certo
punto Kuon, con disappunto (magistralmente celato) da parte di Giade,
se n'era andato dicendo di avere un brutto presentimento riguardo una
persona e che doveva vederla. Un mistero. Si erano salutati con una
pacca sulla spalla ripromettendosi di incontrarsi di nuovo ai Templari
o alla prossima data dei Drug’s Kiss.
Aveva
l'impressione che quell'impegno campato in aria non fosse, in realtà,
destinato a perdersi nel vento. Avevano a che fare, lui e Kuon, era
evidente... qualcosa li legava. Era questa la convinzione che occupava
la sua mente. - Mah! - sbottò. Che diavolo significava, poi? Diede
fuoco a uno spinello, deciso a non farci più caso... almeno per le ore
che mancavano all'arrivo del mattino.