Capitolo 4 : Rubino
"E'
arrivato il momento.
Vai.
Il
tuo destino ti aspetta.
Cercalo."
Ricordi,
maledetti ricordi che non volevano tornare. E in compenso quelli di
qualcun altro, di tanti altri a lui sconosciuti che non aveva mai
voluto o cercato.
Visioni, sia in
sogno che da desto. Immagini nella sua mente, davanti ai suoi occhi,
immagini che nessun altro poteva vedere. Il significato di quel che gli
accadeva Ruben lo ignorava, l'aveva sempre ignorato. Non si faceva
domande su quel che non sapeva, l'avrebbe conosciuto a suo tempo.
Accoglieva quel che gli arrivava e basta, era fatto così.
Nel frattempo si limitava a girare con quel suo sguardo scuro,
trasandato, tormentato, imperturbabile e selvaggio che per assurdo
attraeva tutti quelli che incontrava anche se poi li allontanava
subito.
Solo, voleva
stare solo per il semplice fatto che non considerava nessuno degno
d'attenzione.
Ma le visioni
in sogno continuavano senza farlo dormire in pace. Visioni di vita
passata, presente e futura di persone mai viste prima. Morti talvolta.
Ruben
aprì definitivamente gli occhi rinunciando a dormire. Era
seccato. Molto seccato. Si alzò dal letto rendendosi conto
di essere sudato ammollo come ogni volta che aveva delle visioni. Si
diresse alla finestra, era chiusa e il riflesso del vetro rimandava la
sua immagine. Si osservò attentamente. Aveva capelli rossi,
lunghi fino alle spalle disordinati con alcune ciocche sul viso, pelle
ambrata sulla quale la penombra creava interessanti giochi di luce,
goccioline di sudore gli percorrevano il corpo atletico coperto solo da
un paio di boxer che evidenziavano il suo fisico sodo e atletico. I
lineamenti del volto da zingaro, occhi sottili color del rubino
talmente impressionanti che nessuno osava mai guardarli a lungo, la
bocca era ben disegnata e piccola. Mentre si scrutava, seccato, un
ulteriore smorfia gli comparve sul bel volto che metteva soggezione
anche per via delle alle sue espressioni dure e piene di tormento.
Aprì
la finestra con un gesto scocciato e immediatamente un'ondata fresca lo
investì. Con aria tenebrosa iniziò a squadrare la
notte innanzi a lui. Il cielo era stellato, sembrava volersi beffare
del suo pessimo umore.
Si
girò con la smorfia di prima verso la stanza,
squadrò il suo mini appartamento: un buco incasinato dove
viveva con un altro ragazzo ora addormentato nel letto, un tipo che non
conosceva, con cui non voleva avere il minimo rapporto: troppo allegro
e pazzo!
Ad ogni modo ci
viveva da pochi mesi.
Si
voltò di nuovo verso fuori: la città fresca,
antipaticamente serena ma libera.
Tanto quella
notte non avrebbe più dormito, che fare? Prese dei vestiti a
caso infilandosi un paio di jeans scoloriti e vecchi pieni di strappi,
accompagnati da una camicia bordeaux altrettanto malridotta,
stropicciata e trasandata, la teneva slacciata e fuori dai pantaloni.
Infine uscì senza nemmeno mettersi una mano fra i capelli
per sistemarseli, non gli importava nulla del suo aspetto.
Si immerse
nell'oscurità senza un motivo preciso se non quello di non
sognare più, almeno per quella notte.
Prese a
girovagare per le strade con aria svogliata e scura.
Era stufo. Era
veramente stufo di tutto questo. Non sapeva nulla di sé, non
aveva ricordi, solo che da piccolo e era stato trovato in condizioni
pietose da degli zingari. L'avevano accolto, cresciuto e
all'età di 18 anni circa (non conosceva nemmeno la sua data
di nascita) aveva visto in uno dei suoi sogni visionari, un volto
sconosciuto che gli diceva di andare perché era arrivato il
momento di trovare il suo destino.
L'unica cosa
che Ruben sapeva era quella di possedere quella capacità da
sempre, alcuni lo definivano dono, altri chiaroveggenza, lui preferiva
chiamarlo maledizione! Da lì, da quel sogno,
partì senza sapere per dove, per chi, per cosa... il suo
istinto lo spingeva a camminare sempre, ma ora si era stancato di
andarsene in giro senza saper nulla e deciso a smettere di cercare
qualcosa che non conosceva, preferì tormentarsi fermo in un
posto qualunque, quasi non sapeva nemmeno in quale città si
fosse sistemato. A stento aveva trovato un lavoro e un buco dove
vivere, doveva solo convivere insieme al suo tormento e a quella
sottospecie di persona strana secondo i suoi gusti...
Ma ora la notte
era occupata ad accogliere quella specie di rubino dall'aspetto umano
che aveva perso i suoi ricordi ma che in compenso ne aveva altri di cui
non sapeva che farsene!