Capitolo 5 : Dentro

"Striscia via dal rifugio della scienza,
Liberati presto dalla morsa della paura,
Esposta, voltati verso tutto ciò che ti manca,
Lascia gli echi essere la tua risposta"

- Qual buon vento ti porta? - Chiese un'allegra e scherzosa voce maschile proveniente da un individuo disteso comodamente fra le lenzuola.
In apparenza il piccolo appartamento immerso nel caos era vuoto e silenzioso: il ragazzo che aveva appena aperto bocca poteva solo aver parlato nel sonno, perché anche il letto sul quale dormiva il suo algido coinquilino era momentaneamente privo dell'usuale occupante.
L'aria fresca della notte entrava nella stanza passando attraverso una finestra lasciata aperta, così come la debole luce della città dormiente che, rischiarando l'interno, svelò il misterioso interlocutore: una figura femminile, nascosta nella penombra, uscì allo scoperto. Mentre si avvicinava al proprietario della voce, un sorriso le increspò il viso, si sedette accanto all'uomo che nel frattempo era sgusciato fuori dalle coperte e i due si scambiarono un lungo ed affettuoso abbraccio.
- Volevo sapere come te la passi col tuo nuovo amico... in questo... buco. - Disse con un'espressione significativa la ragazza. Kuon si grattò la testa e sbuffò con aria insoddisfatta:
- Mah piuttosto male direi, i tipi come lui non li capisco, è parecchio chiuso, un po’ snob anche... penso di non essergli simpatico, ammesso che consideri qualche essere umano degno della sua considerazione! - Concluse con una punta di sarcasmo.
Lidys si alzò dal giaciglio senza commentare e si diresse alla finestra. Kuon la osservava curioso, lisciandosi ripetutamente il pizzetto. Si domandava quale fosse la ragione di quella visita inaspettata: Lidys non veniva mai senza uno scopo preciso; purtroppo però, al contrario di lui, non si era mai distinta per la spiccata loquacità: anzi, fu proprio a causa del suo modo di essere schivo e malinconico, discreto e a tratti distaccato eppure nel contempo gentile e delicato che una volta, Lieron, unico vero amore di quella sua lunga vita, l'aveva paragonata alla grazia e al conforto portati dalla notte, tanto agognati dai poeti da venire invocati e glorificati nei loro versi.
Kuon però sapeva che portando pazienza alla fine tutto sarebbe venuto a galla.
La ragazza restò per un poco appoggiata al davanzale ad occhi chiusi, lasciando che la brezza notturna le accarezzasse il volto. Non era bellissima: fisico in forma, ma non di forte impatto visivo; altezza medio-bassa; capelli lisci, bruni, lunghi fino alle spalle; viso gradevole ma che si confondeva fra tanti altri. Solo i suoi occhi erano degni di nota: grandi, espressivi e di un colore unico: viola, come l'ametista che possedeva dal giorno della sua nascita e che portava appesa al collo in memoria di quella madre che non aveva mai conosciuto.
Stette pensosa per qualche istante. Come mai era venuta da Kuon? Per evitare di provocare spiacevoli ed inutili attriti fra loro, usava non immischiarsi nella sua vita, soprattutto da quando lui aveva deciso di vivere solo: tagliare i ponti con coloro che gli davano asilo e protezione da sempre, coloro che conoscevano la verità da generazioni e generazioni e che l'avrebbero preservata, tenuta nascosta. La scelta di suo fratello, Lidys l'aveva percepita come una sorta di tradimento, ma Kuon era sempre stato uno spirito libero, un testardo che faceva come meglio credeva e dopotutto non se l'era mai cavata male. Lei invece, l'indifesa, la bisognosa di sostegno, la timorosa... in verità non era sempre stata così, una volta dava la possibilità agli altri di avvicinarsi, non rimaneva sempre sulla difensiva, permetteva a sé stessa di intessere rapporti importanti, ma il tempo e gli eventi l'avevano cambiata: in primis l'inevitabile morte di Lieron, l'impossibilità di avere da lui (o chiunque altro) un figlio, la solitudine, quella penosa sopravvivenza senza fine i cui giorni sembravano allungarsi sempre più e mai l'ombra calare su di lei.
Se è vero che i dolori più vengono ignorati, più si ingigantiscono, con la piena coscienza che lei possedeva del suo, dopo tanto tempo avrebbe già dovuto averlo rielaborato e superato. Accecata da un'incomprensibile paura di vivere, sosteneva Kuon... il perché però non riusciva ad afferrarlo, allo stesso modo Lidys non sapeva comprendere il fuoco di cui ardeva costantemente suo fratello. Eppure in quel periodo aveva sentito fortissimo il bisogno di reincontrarlo, una voce l'aveva guidata, parole criptiche (come ne aveva sentite altre di recente):
"Striscia via dal rifugio della scienza,
Liberati presto dalla morsa della paura,
Esposta, voltati verso tutto ciò che ti manca,
Lascia gli echi essere la tua risposta"
...l'indistinta e ineffabile sensazione che a partire da lì qualcosa di importante riguardo il loro destino sarebbe di certo stato. Si girò tornando a rivolgersi al suo gemello:
- Allora vedrò di conoscerlo un po’, questo tizio… -  Strizzò l'occhio in segno di complicità e si distese sul letto del compagno di appartamento di suo fratello. Quindi si rannicchiò in posizione fetale, il capo appoggiato al cuscino, rilassandosi.
Kuon ora navigava nella certezza che in qualche modo quello doveva avere a che fare con la venuta di Lidys; stette comunque rapito a guardare lo strano rito. Entrambi, oltre alla vita eterna, avevano poteri paranormali che li caratterizzavano peculiarmente. Lidys possedeva il dono della percezione rivelatrice (da altri detto retrocognizione), lo sapeva sfruttare con maestria: toccando degli oggetti appartenenti ad una persona o concentrandosi su di essa riusciva a penetrarne le sensazioni ed i ricordi.
L'esperienza effettuata su Ruben fu per la ragazza come la caduta in un denso e soffocante mare d'angoscia: rabbia, depressione, smarrimento, confusione, odio - anche immotivato - accumulato contro la gente, dolore, il rifiuto e l'impossibilità di vivere, la paura e il tormento. Lidys provava una sofferenza simile a quella appena percepita, ma almeno sapeva chi era e da dove veniva, ma Ruben... lui era tanti e allo stesso tempo nessuno; vagava come un cieco alla ricerca di un'identità, arrancava per trovare il vero sé stesso in un'esistenza che sostanzialmente sembrava non potergli appartenere.
Lidys si spostò con lentezza da quel letto e tornò a sedersi vicino al fratello. A Kuon parve che il peso di tutti i loro anni si fosse impresso in quell'attimo sul sempre giovane viso della sorella:
- E' terribile ogni volta che lo fai- Le disse in tono dolce circondandole le spalle con un braccio, - E dal risultato suppongo che Ruben non sia una persona leggera. -
Lidys si portò le mani alla faccia per avere qualche attimo di raccoglimento, poi alzò il viso verso Kuon e fissò gravemente gli occhi verde smeraldo di lui:
- Quel ragazzo è molto più di quello che sembra, ho uno strano presentimento su di lui... - All'improvviso lacrime cominciarono a sgorgarle dagli occhi, si trattava di una reazione del tutto involontaria; le accadeva quando, esercitando il suo potere, si imbatteva in esperienze personali estremamente forti.
- Beh se reagisci così ci credo, la sensitiva del duo sei tu! - Fece Kuon mantenendo il suo solito tono giocoso, ottenendo in risposta da Lidys una risatina soffocata accompagnata da un innocuo pugno contro un braccio.
In realtà Kuon iniziava a maturare una certa inquietudine riguardo il suo ombroso coinquilino e le circostanze che avevano condotto lui stesso in quel luogo: del tutto casuale era stata la scelta di stabilirsi in quella città, irrazionale quella di vivere in un postaccio del genere pur avendo i mezzi per ottenere di meglio; eppure aveva sentito che lì doveva stare, con quel tipo scostante e solitario, quel rosso che fin dall'inizio aveva stimolato la sua curiosità (e i suoi nervi) che però con lui pareva non volere aver nulla a che fare.