FARE PACE

Dovevo immaginarlo che l’avrebbe capito, del resto sono un libro aperto, specie per lui.
Comunque non volevo nemmeno nasconderglielo, non mi interessava che non capisse che ce l’ho con lui.
Non mi interessava proprio anche perché è giusto che sappia in che situazione mi ha gettato.
È giusto che capisca come mi sento.
Sapevo che l’avrebbe capito e ne ero sollevato, ora che gliel’ho detto mi sento meglio, molto meglio.
Anche se ora non ho più voglia di parlargli e lo sto evitando da quella volta, da quando ha messo dentro uno dei miei uomini del distretto.
No, non è affatto giusto quel che è successo perché erano tutti sotto la mia responsabilità, sono il loro capo, dannazione, li ho sempre supervisionati io e non so come possa aver commesso un errore simile. Un errore che mi è valsa la perdita di uno della mia squadra.
Comprendo anche che Mac abbia ragione, da un lato… dice che abbiamo fatto il nostro lavoro ma il punto non è del tutto vero.
È lui che ha fatto il suo lavoro, il mio era evitare che uno dei miei uomini finisse per corrompersi facendo poi quel che ha fatto.
È qua che Mac sbaglia.
È solo lui a poter dormire con la coscienza a posto, ora, non io. Io non posso più dormirci.
Non ho saputo proteggere la mia squadra, impedire di farli finire male in questo senso. So bene che è giusto che uno corrotto deve pagare, cavolo se lo so!
Sono quello che da la caccia ai delinquenti, lo so, non sono scemo.
Però Mac non potrà capire questo… io sto così perché ce l’ho con me, come anche i miei uomini che mi hanno accusato di aver agito ingiustamente e non nel loro interesse.
Ma che dovevo fare?
Le prove erano evidenti e lo sono state grazie al mio taccuino dove scrivo ogni cosa delle indagini che conduco io e tutti loro.
Le prove decisive gliele ho date io a Mac, senza di me quel ragazzo sarebbe ancora fuori fra noi a… a far cosa?
Lo so che ho sbagliato a scaricare le mie frustrazioni su Mac, quel che ha detto è onesto però quel che provo non potrà cancellarla nessuna bella frase.
Nessuno potrà togliermi questo senso di colpa, perché sono sotto la mia responsabilità quelle persone che lavorano con me e se uno di loro viene accusato, anche io vengo accusato. Come se uno dei miei muore, è come se morissi anche io e la colpa la sentirò sempre io.
Funziona così fra noi e Mac, in fin dei conti, questo potrebbe capirlo.
Però è rigido sulla sua idea: lui ha fatto il suo dovere, ed anche io.
E no, caro.
Il suo dovere era quello, non il mio.
Il mio dovere inizia molto prima, quando nella mia squadra entrano a lavorare con me nuovi poliziotti.
È lì che i miei doveri iniziano.
Ma Mac è solo uno che cerca prove e l’integrità del suo laboratorio.
Lo conosco da molto e so che non potevo aspettarmi altro da lui ma non poteva aspettarsi altro da me.
Sospiro passandomi le mani sul viso, sono ancora nervoso per il litigio di questa mattina e per il resto della giornata non abbiamo fatto altro che evitare di parlarne. Il dovere, ecco cosa abbiamo fatto ancora una volta.
Abbiamo solo lavorato.
Stringo le labbra seccato e con un altro gesto di stizza chiudo con forza il cassetto riponendo il famoso taccuino dove ho finito di scrivere i dati dell’indagine della giornata.
I presenti si voltano guardandomi stupiti del gesto, capendo che il mio umore verte in lidi non molto positivi, nessuno mi dice nulla. So cosa pensano tutti, il fastidio e la disapprovazione che hanno di me come capo squadra.
Lo so e lo percepisco, come percepisco i loro sguardi di timore e di disappunto.
Quanto andrà avanti?
Sono stufo.
Con un altro sbuffo mi alzo e prendo la giacca infilandomela mentre esco per andare a casa. Anche per oggi è finita e posso andare lontano da questo luogo così pesante ed irrespirabile.
Dio, come brucia tutto… a partire dalla certezza che comunque non posso nemmeno più prendermela con Mac perché in fondo lui che diavolo centra?
È l’unico ad avere il potere di farmi ricredere e capire dove sbaglio, normalmente vado avanti come un treno. Del resto lui è anche l’unico in altre cose, per quel che mi riguarda… come quando riesce a calmarmi dopo che mi sono acceso con facilità o mi placa ancora prima di farmi partire per una serie di metodi poco ortodossi.
È anche l’unico ad essermi rimasto impresso quando mi sono risvegliato quella volta dell’esplosione.
So che tutti sono venuti a trovarmi e a farmi compagnia, ma so anche che solo uno mi ha preso la mano e me l’ha tenuta tutta la notte, quella più critica.
Ed è sempre l’unico per cui io tutt’ora provo questo sentimento che non si è ancora spento nonostante il litigio.
È l’unico anche a… bè, a farmi provare quel che mi fa provare quando stiamo insieme.
Non stiamo insieme da molto, solo da quando mi sono ripreso, però è come se fosse da molto di più.
Eppure nonostante quel che è successo ora non mi è mai passata nemmeno per l’anticamera del cervello di lasciarlo, anche se è difficile stare con lui ed in generale accettare una relazione come la nostra.
Ma è anche vero che non sono uno che si fa troppi problemi per certe cose, anzi, con tutto quello che vedo in questa città mi sono abituato all’idea che la normalità non esiste e che accettare l’anormale è molto più semplice.
Non è stato un grosso problema, in fondo, accettare ciò che provavo per lui, anche grazie a lui stesso, è stato Mac a non rendere la cosa difficile e complicata.
Ha un potere quell’uomo: lui è la creatura più misteriosa e complicata del pianeta eppure riesce a rendere facile ogni altra cosa con cui ha a che fare.
È anche per questo che il legame con lui è sempre più forte… e dopo quella volta che abbiamo rischiato la vita insieme, come molte altre del resto, quella cosa che ci unisce è ancora più indissolubile.
Qualunque nome abbia.
Sono arrivato alla mia macchina, giù al parcheggio buio, quando mi fermo per l’ombra appoggiata sull’auto.
Non si vede bene, lo giuro, ma non ho bisogno di avvicinarmi ulteriormente o sentire la sua voce per capire chi sia. Per sentire che è lui.
Mi fermo sospendendo per un istante ogni funzione vitale. Eppure dovevo immaginarlo che non avrebbe mollato, è fatto così. Chiarisce a costo di litigare, ma vuole fare subito pace e sistemare le cose.
È anche per questo, immagino, che ho perso la testa per lui.
Lascio ricadere le chiavi dentro alla tasca da dove le avevo prese e guardo in basso, evitando il suo sguardo.
In fondo mi sento un idiota ad averlo accusato, stamattina, ma sono certo che lui sa anche questo.
Non sono mai bravo a mascherare quello che penso e che provo, come non sono bravo a mantenere la pazienza.
Sento il suo respiro molto tranquillo e per nulla agitato, sono certo che se lo toccassi sentirei anche i suoi battiti regolari, tutto l’opposto di me dove ogni cosa è alterata!
E cosa cavolo dovrei dire, ora?
Sento il suo sguardo penetrante e quasi pungente su di me e mi torna in mente quella notte, anche allora lo sentivo ma non era pungente, era solo… intenso… non trovo altri modi per descrivere quel suo sguardo magnetico.
Mi ha aiutato molto.
Ora lui però aspetta qualcosa da me, non molla, non vuole che le cose finiscano così.
Faccio un altro respiro pesante e mi decido, mi secca perdere tempo:
- Scusami per stamattina, non ce l’avevo veramente con te. – Senza mezzi termini o girarci troppo intorno, non sarebbe da me. Dritto al sodo, semplice e cristallino. So che lui l’apprezza e posso quasi immaginare, fra il buio di questo parcheggio, il suo volto distendersi in un espressione di approvazione. Certo, la sua mimica facciale non è esplicita come la mia ma se lo si conosce bene si può capire cosa significano anche le piccole cose.
E sono queste che di lui fanno innamorare.
Le piccole cose.
Se le si riesce a cogliere e tradurre non puoi fare a meno di perdere la testa per lui.
- Allora smettila di evitarmi. – Un sussurro con la consueta piega inconsapevolmente suadente. Starei ore ad ascoltarlo parlare, onestamente.
Ore.
Mi sento come un ragazzino alla prima cotta, stiamo facendo pace eppure l’agitazione non scema e tutto perché sto parlando con lui. Sto parlando con lui con una consapevolezza diversa dal solito.
Mi era mancato, Dio, se mi era mancato…
Si dice che è solo quando provi qualcosa, che capisci che non potrai più farne a meno, che ne diventi dipendente.
È vero.
Come è anche vero che per i miei gusti ho aspettato troppo prima di tornare da lui!”

Allungo una mano e afferro delicato il lembo della sua giacca, l’attiro a me annullando la poca distanza che rimane ed è qua che una volta di più apprezzo il buio di questo posto.
Nessuno può vedere ma noi sentendoci a questo modo è come se fossimo sotto la luce.
Percependoci profondamente.
Quando la distanza fra noi è annullata anche io mi sento meglio e sentendo il suo corpo premere contro il mio con disinvoltura, piego la testa leggermente di lato allungando il collo verso di lui che fa altrettanto.
Non serve dire altro.
Le nostre labbra si incontrano premendosi leggere, la consueta sensazione di calore mi avvolge. Sono morbide e umide insieme. Le apriamo contemporaneamente dandoci libero accesso alle bocche, non perdiamo tempo ed esploriamo subito con le lingue.
Ci veniamo incontro di nuovo e questa seconda unione più profonda mi fa trattenere il fiato. Non muoviamo le nostre mani, non ci tocchiamo di più, rimaniamo immobili mentre continuiamo a baciarci trattenendo ogni funzione vitale per non rovinare il momento.
Mi era mancato in questi giorni in cui aveva voluto evitarmi.
Mi è dispiaciuto la sua arrabbiatura nei miei confronti, sapevo perfettamente perché era così, però gli ho lasciato il suo tempo per ponderare e capire che le cose non potevano che andare così.
Ma non sono tipo da perdere i rapporti, per nessuna ragione al mondo.
Soprattutto non ne potevo più di star lontano da lui, di non toccarlo più, di non poterlo più baciare…
Lui, la sua presenza, ogni cosa che lo riguarda ormai è mia e non può pensare di liberarsi di me così facilmente.
Con il braccio abbandonato lungo il fianco, contro la sua auto, lascio l’altra che tiene ancora la sua giacca, cercare un contatto maggiore mentre le nostre lingue si muovono insieme in una sorta di ritmo lento e seducente. Non andiamo con foga anche se lo vorremmo, anche se avremmo bisogno di più.
Ma non è il bacio che ci dice che dobbiamo avere di più, questa notte, è la mia mano a dircelo. La mano che è andata sotto la sua camicia e ignorando la pistola che ha alla cintola dei pantaloni, sale scivolando sulla schiena. L’attiro di più a me ed il suo calore, questo contatto, ci dà ulteriormente alla testa.
Mi controllo perfettamente ma ormai anche questo parcheggio buio sta diventando scomodo per la voglia che ho di lui.
Del resto è colpa sua, non doveva evitarmi a questo modo, ora il desiderio si è fatto maggiore e lui deve rispondere delle sue colpe, ha delle responsabilità anche verso di me.
Con lentezza ma decisione al contempo continuo a carezzare la sua schiena dove i muscoli si tendono al mio passaggio. Palpita sempre più ed il bollore comincia ad invaderlo mentre, passando su certi punti, freme istintivamente gemendo.
Anche lui è al limite del desiderio.
Sono una persona con le idee chiare, ormai Don lo sa. Lascio sempre lo spazio agli altri per i propri ragionamenti ma alla fine non sono mai gli altri a dettare regole e tempi, bensì io. Mi viene naturale, non è una cosa che faccio di proposito.
Però non sono mai irruente e prepotente, so gestire le persone e le situazioni ed è una cosa di cui vado fiero, perché è grazie a questo che ho potuto aiutare in più occasioni gli altri, specie chi mi sta particolarmente a cuore.
Ora è giunto il momento di averlo.
Mi stacco dalla sua bocca lasciandolo contrariato e stralunato, preme la fronte contro la mia ed il fiatone fa capire quanto non sia d’accordo con l’interruzione.
- Andiamo a casa, Don. – Non è comunque una richiesta e quando lo dico lui ha un altro sussulto, come di piacere. Credo che sia il modo con cui ho parlato. Gli piace.
Questo provoca in me un piccolo e lieve sorriso compiaciuto e notando che fa fatica a tornare in sé, col carattere che ha è normale, infilo la mano in tasca facendogli ritrarre il respiro. Prendo le chiavi dell’auto e calmo riprendo:
- Guido io. –
Ma fa ancor più fatica a separarsi del tutto da me e salire in macchina, suo malgrado lo fa senza aggiungere nulla per un lungo tratto.
Quando si sente un po’ meglio, infatti, parla dicendo subito il suo pensiero, come di consueto, come se non avesse mai smesso di farlo. È questo che mi fa sentire del tutto tranquillo.
- Alla fine ci abbiamo messo poco a far pace, devo dire… cioè non abbiamo speso poi troppe parole, dopo stamattina… - Immaginavo fosse un pensiero del genere, sorrido brevemente poiché quel che dice è sempre nel suo stile, infine rispondo con la mia pacatezza:
- Ti sei chiesto perché? – Lui non ci deve pensare e precipitoso fa:
- Certo. Hai degli argomenti e dei modi molto convincenti, per far pace! – Questo accentua ulteriormente il mio sorriso… non si smentisce comunque mai!
Tuttavia il momento serio arriva a casa, dopo che ci siamo messi più comodi a parlare bevendo qualcosa.
- Non ce l’avevo veramente con te ma solo con me stesso. – Inizia improvvisamente tornando a quell’argomento, sapevo che non era liquidato, aspettavo solo che fosse pronto a parlarne.
- Lo so. – Mormoro solamente. Lui sospira appoggiando la testa sullo schienale del divano dove siamo seduti, allunga le gambe davanti a sé e appoggia una mano dietro la nuca, spettinando i capelli neri in quel punto.
L’osservo con attenzione posizionandomi in modo da non perdermi una sola espressione delle sue. Ora è pensieroso e malinconico, nei suoi begli occhi azzurri persi sul soffitto si nota chiaramente quella ferita che non è ancora rimarginata.
Mi dispiace…
- So che tu hai fatto il tuo dovere ma sono io a non essere riuscito a fare il mio. – Ma qua lo interrompo con calma.
- Non è così, lo sai. – Lui però riprende con più decisione.
- Invece si che è così perché i nostri doveri erano diversi. Io ne avevo anche con lui, un mio uomo. –
- Ha commesso un crimine, non potevi più proteggerlo. –
- Certo, dopo no, ma io parlo di prima. Dovevo proteggerlo prima, fare in modo di evitare che si corrompesse. Era mio dovere vedere di lui, fare attenzione, ‘crescerlo’ bene. Se è diventato quello che è, se ha fatto quello, è solo perché non sono stato in grado di fare il mio dovere di capo sezione. –
Sto un attimo in silenzio dopo il suo piccolo sfogo… quanto ne aveva bisogno, ora che l’ha fatto me ne rendo conto. Se lo teneva dentro da quella volta e pur di non far uscire questo ha preferito evitarmi spostando le sue frustrazioni su di me, la causa scatenante, in un certo senso. Colui che ha messo dentro il suo uomo.
Lascio che le parole che ha detto prendano più significato e capisco che vedendola così è vero, anche io ho pensato la stessa cosa quella volta di Aiden.
Sapevo che non era stata negligenza mia ma mi sentivo responsabile lo stesso per non averla diretta in modo che non commettesse quel grave errore.
Sospiro a mia volta, non ci sono parole che possano cancellare questo senso di colpa, il suo stato d’animo l’accompagnerà per un bel po’ fino a che qualcos’altro di più positivo non tornerà a risollevarlo.
Bisogna solo lasciare che il tempo corra, tutto qua.
Però mi dispiace per lui.
- Purtroppo so cosa intendi e so che non c’è niente che io possa dire per aiutarti, per toglierti quest’idea. Però forse c’è qualcosa che posso fare… - Così dicendo gli prendo la mano allacciando le dita, lui si lascia fare spostando gli occhi sui miei, ci guardiamo seri per questo istante, in silenzio. Come se capissimo cosa accadrà da qui in poi.
Anche questo piccolo contatto è importante per noi, lo captiamo immediatamente. Ogni volta che ci tocchiamo ci sentiamo sempre meglio.
E senza timore stringo la presa per poi chinarmi su di lui, lui che gira il capo verso di me e che mi da libero accesso alle sue labbra che si lasciano fare dalle mie. Si lasciano assaggiare per un po’ e poi leccare. Si lasciano aprire ed infine accolgono la mia lingua che cerca la sua e trovandola riprendono il discorso di prima al parcheggio. Un discorso questa volta che va più in crescendo, non rimane lento e seducente ma si trasforma in audace e frenetico.
Il bacio cresce e l’altra mia mano, quella libera, si posa sulla sua guancia come a fermarlo e a fargli capire che sarà mio, che non ci interromperemo se non per…
Continuando a baciarlo lo dirigo in piedi, una volta su ci separiamo di nuovo e di nuovo ha quell’aria contrariata e stravolta mentre mi fissa chiedendosi cosa sia successo. Mantengo le mani allacciate e dopo un breve scambio intenso di sguardi lo tiro conducendolo con calma alla camera ed al letto dove finalmente possiamo riprendere senza interromperci.
Per prendermi ciò che è mio. “

Il senso di frustrazione è presto combattuto da quest’altro di desiderio ed eccitazione.
La realizzazione di ciò che accadrà sta notte è quanto di più terapeutico potessi ricevere. Come se lui sapesse veramente ciò che mi occorresse.
Lui.
Un ricordo che cancellasse l’altro brutto.
Qualcosa che mi ricordasse che non c’è solo il lato marcio nella vita ma anche quello bello.
E mentre l’unica cosa a cui riesco finalmente a pensare sono le sue labbra, le sue mani ed il suo corpo, mi trovo in piedi fra il letto e lui che mi guarda da vicino e con intensità, la sua.
Vorrei solo riuscire a mettere insieme pensieri più coerenti ma tutto ciò che succede mi lascia sconcertato e sempre più sull’orlo.
Slaccia le nostre mani e porta le sue sul mio petto, rimaniamo a guardarci così penetranti mentre lentamente mi slaccia i bottoni della camicia e poi scende sui pantaloni, non procede oltre lasciando il resto per dopo. Dopo che con decisione ma delicatezza mi spinge a stendermi sul letto dietro di me. Senza nemmeno rendermene conto eseguo rimanendo ipnotizzato da lui e dai suoi gesti così lenti che si fanno desiderare.
Mi trovo steso e lui che mi viene sopra con la sua solita calma, non è né alterato né agitato, sembra ancora perfettamente padrone di sé ma io non penso di esserlo poi così tanto, infatti senza attendere oltre gli tolgo la sua camicia cercando il contatto col suo torace, qualcosa che mi toglie il fiato.
Subito ne approfitta tornando a baciarmi e nel mentre le mie mani viaggiano sul suo corpo, continuando a spogliarlo e ad esplorarlo. Voglio sentirlo, sentirlo di più, averlo totalmente ma è lui ad arrivare per primo al mio inguine e a farmi gemere interrompendo il bacio. Rimaniamo con le labbra premute contro ma il mio respiro per quel che mi sta facendo lì sotto, viene corto ed i gemiti si sentono sempre più rochi. Si levano nella stanza mentre alzo il mio busto aggrappandomi a lui, stringendolo maggiormente per sentirlo. Stacco poi del tutto la bocca dalla sua premendo istintivamente la fronte sulla sua spalla nuda. Entrambi abbiamo molte cicatrici sui nostri corpi, segni di sofferenze passate che abbiamo superato, segni che ci accomunano. Sentendoli sotto il tatto mi confondono ed è solo un lontano pensiero questo, mentre il resto me lo fa provare lui e le sue mani che lavorano su di me portando la mia eccitazione al culmine.
Sto per venire quando si interrompe sostituendo le mani con il suo bacino, poggiandolo del tutto contro il mio e facendomi sentire quanto anche lui lo voglia.
È strano sentire Mac così profondamente, così tanto. Non solo fisicamente ma anche intimamente.
Sentirlo qua.
Quasi come quella volta in cui ero in coma.
È sconvolgente.
E lo sono anche questo premerci e strofinarci l’uno contro l’altro mantenendo gli occhi chiusi, avendo nella mente l’altro, la sua anima, la sua espressione, desiderando sempre di più e pensando di non farcela, di essere arrivati al limite.
La portata di quello che ci provochiamo a vicenda è talmente grande da far sragionare e mordicchiando e leccando la sua pelle decido che voglio assaggiarlo ancora, così accarezzandolo con pienezza premendolo contro di me, salgo sulla sua nuca e conduco il suo viso verso il mio leccando dapprima le sue labbra e poi approfondendo di nuovo il bacio.
La testa gira e presto veramente non capisco più nulla dal piacere che sento.
Nulla.
Solo che lo voglio e che se non entra impazzisco.
- Vieni. – Mormoro a voce roca sulla sua bocca. – Devo averti ora. –
In effetti penso proprio di essere ‘andato’… cioè, va bene che sono diretto e poco paziente ma forse lui ha tirato fuori uno di quei miei lati esageratamente espliciti!
Però ora che ce l’ho lo so, lo capisco mentre dimentico ogni altra preoccupazione.
Lui è tutto ciò che voglio, nient’altro.”

E’ in momenti come questo che comprendo a fondo il significato delle parole ‘bruciare’ e ‘non controllarsi’.
Non sono uno che non sa trattenersi, trovo sempre la forza di farlo, però ora è diverso.
Non si può descrivere, davvero, anche se sono bravo con le parole e le analisi.
Non si può descrivere cosa si prova quando la persona che desideri e che ti da una vaga idea di che cosa sia l’estasi, ti dice che prova lo stesso anche lui perché ti vuole come lo vuoi tu.
Non si può.
È solo ciò che è capace di dare la svolta ad un’orrenda giornata.
Ciò che ricompensa di un brutto periodo.
Ciò che conta, alla fine.
Il ritorno dei propri sentimenti e desideri.
Continuo a baciarlo e nel frattempo mi stacco dal suo corpo lasciandoci sull’orlo dell’orgasmo per prepararlo ad accogliermi.
Non l’abbiamo mai fatto ma ora è giusto, ora è ciò che suggellerà la fine del nostro momento brutto, il ricordo potente, quel che ci avvicinerà del tutto.
Ora è il momento perfetto.
Ora ci vogliamo al punto da dimenticare ogni cosa solo per quello che riusciamo a trasmetterci.
È così che una volta che finisco di prepararlo mi separo dalle sue labbra per mettermi in una posizione con un accesso migliore, più seduto rispetto a lui steso, e scivolo in lui che trattiene il respiro e si aggrappa alle lenzuola premendo la testa dietro di sé.
È accesa solo una piccola luce che illumina in modo limitato la stanza, senza esagerare, creando un’atmosfera piacevole ed un meraviglioso gioco di luci ed ombre. Così con quella luce lo guardo mentre attendo che si abitui a me, mentre mi godo la prima sensazione portata dal mio ingresso in lui.
È bello, non si tratta comunque di bellezza esteriore, ciò che intendo sia bello è il nostro insieme e le nostre anime che solo ora possono vedersi.
Per lui all’inizio è difficile e con pazienza l’aiuto, gli carezzo la guancia delicato e attendo che il respiro gli torni, poi quando riapre gli occhi velati che sembrano ancor più azzurri e cerca i miei del suo stesso colore, riprendo a muovermi con la sua mano che prende la mia e se la porta alle labbra. Non me la bacia ma è un gesto che mi trasmette ugualmente molto calore e su questo che mi emoziona, inizio lentamente a muovermi dentro di lui, nel modo giusto, senza fretta, lasciando che stringa le mie dita e che i sensi gli tornino almeno un po’.
Eppure anche se me lo chiedesse, ormai, non riuscirei più a staccarmi. Non ce la farei nemmeno con tutta la mia fermezza.
Si arriva a dei momenti in cui c’è un unione così profonda e si provano delle sensazioni così assolute, che non arrivi più ad interromperle e ad agire contro la tua volontà, questo è uno di quei momenti ed è così perché sto facendo l’amore con la persona che desidero di più al mondo.
Mi piego per quanto riesco su di lui mentre anche lui mi viene incontro cercando il mio calore e poi inizio ad andare più veloce.
È presto che assumiamo un ritmo ma non veloce, un ritmo che è nostro, un momento in cui ci prendiamo tutto il tempo che serve, che ci assaporiamo fino in fondo, fino a pensare…
Dio, non ce la faccio più…
Fino a sentire tutto così tanto da non capire cosa sia mio e cosa sia suo, fino ad essere a tal punto insieme ed uniti, fino a… fino a tenderci e venire, fino ad arrivare a quel culmine che stringendo gli occhi forte vediamo qualcosa che non è umano ma comunque bellissimo, un insieme di luci che danno alla testa e rapiscono i sensi.
Fino a svuotarmi totalmente in chi amo.
Fino a stare qui con lui, in lui, per lui.
Ed è a questo punto, poi, che le forze vanno inspiegabilmente via. Solo ora che cerco di riprendere possesso di me anche se non voglio uscire perché sto bene, perché è l’unico posto dove starei in eterno.
E le forze mancano ancora, i battiti sono velocissimi, il sangue corre, il corpo ancora palpita. Se dovessi muovermi non ce la farei, quindi mi abbandoni su Don facendomi abbracciare sfinito, sentendolo perché è tutto ciò che ho voglia di sentire dopo l’orgasmo.
Lui alla fine è tutto ciò che sento, quando torno lentamente in me ed esco.
Lui è tutto ciò che ho.
Lui è tutto ciò che mi possiede.
Ed è come se io fossi lui e viceversa.
È solo lì che capisco il significato della parola amore, cosa significa essere una cosa sola.”
- Ti amo… -
- Ti amo anche io. -

FINE