Frammenti
CAPITOLO
II:
RIBELLE
'
Non sempre si nasce dove e come si vuole con la missione desiderata.
Spesso accade il contrario della propria volontà. Ma nascere
nobili quando in realtà si vorrebbe essere solo gente comune
è
veramente duro.'
Fu
la campanella a svegliarlo, fosse stato per lui avrebbe continuato a
dormire sul terrazzo ancora per un oretta. Tuttavia, doveva farsi
forza e alzarsi: il manichino lo aspettava all’auto funebre e
sicuramente suo fratello era seccato dell'attesa.
Lui
si trovava bene in quel posto, una scuola frequentata da altri
ragazzi era sicuramente meglio dello stare rinchiuso in casa a
sorbirsi lezioni private. Certo, era solo per nobili e cervelloni ma
non si poteva avere tutto dalla vita!
William
la detestava, non si trovava bene.
“
Quello
è solo troppo snob!” Pensò
il ragazzo alzandosi e stiracchiandosi: “
Dice di no ma secondo me lo è eccome! “
Prima
o poi sarebbe riuscito a frequentare una scuola pubblica qualunque,
essere uno senza titolo o importanza era una cosa che desiderava da
molto, si chiedeva come dovesse essere una vita normale. Invidiava
coloro che non avevano titolo e potevano fare quel che volevano,
girare per strada senza essere riconosciuti o aver bisogno della
scorta, andare e venire come e dove voleva …
Era
un sogno per lui, che difficilmente si sarebbe realizzato. Magari
raggiungendo la maggiore età avrebbe potuto rinunciare al
titolo di principe, tanto era il secondogenito, che importanza aveva?
Sbuffò
guardando l’uscita.
-
Che stress ... -
Nonostante
fosse un ribelle era pur sempre cresciuto con l'educazione di un
principe, più di così non riusciva ad imprecare:
il suo
linguaggio era quello di uno del suo rango.
Si
grattò il capo dai radi capelli rossi, una volta in piedi
non
si curò dell'abbigliamento stropicciato e leggermente sporco
di polvere così alzando le spalle prese la valigetta che
aveva
come cartella, infine con noncuranza uscì scendendo le scale.
Si
incrociò con ragazzi che lo fissarono un po' straniti, altri
contrariati; pochi lì dentro lo accettavano ma si divertiva
a
giocare a fare il qualunquista. Del resto non gli importava nulla dei
giudizi pubblici, altrimenti non avrebbe mai fatto la parte del
principe ribelle!
Attraversò
il giardino vasto giungendo all'auto ove l'attendevano il fratello e
l'autista.
Lanciò
una breve occhiata al giovane, nonostante fossero consanguinei non si
somigliavano nemmeno un po’.
Lui
era il classico principe che in ogni fiaba ci si immaginava: quei
principi dei bei tempi andati, tipo quelli inglesi o francesi. Alto,
biondo, carnagione chiara, occhi azzurri, lineamenti regolari e
bellezza angelica. Non aveva un imperfezione.
Lo
invidiava un po', ma poi a ripensarci attentamente era meglio non
essere nulla di speciale, così le ammiratrici non c'erano e
nelle occasioni pubbliche e ufficiali nessuno si aspettava nulla, non
era mai sotto pressione.
Odiava
le aspettative tipiche di quel mondo che tanto detestava, invece
pareva che suo fratello, natoci in mezzo come lui, si trovasse
pienamente a suo agio.
William
assomigliava tutto alla madre, bella e regale, mentre lui era tutto
il padre, per nulla affascinante o interessante. Ognuno i suoi pregi,
questo gli avevano sempre detto: cercava ancora di capire quali
avesse lui, visto che sembrava che li avesse presi tutti il bel
biondo primogenito.
Il
futuro re tanto osannato da tutti, preferito dalla regina madre e
adorato dalla madre, la principessa.
Alzò
nuovamente le spalle. A lui non importava nulla di quelle cose, avere
lati positivi o negativi era una cosa da narcisisti, proprio non da
lui.
-
Ehilà! -
Ricevette
solo uno sguardo di disapprovazione dal fratello che non lo
salutò
subito.
-
Sua maestà il principe Andrew...-
Una
smorfia nel volto dai lineamenti semplici del rosso tredicenne, gli
occhi verdi si distolsero dai due personaggi in piedi davanti a lui
per vagare sul cielo limpido e soleggiato.
Proprio
insopportabile, come vita.
-
Ciao... -
Rispose
il fratello salendo subito sulla grande auto scura, dopo un
brevissimo attimo di contemplazione in cui il rosso comprese che
sarebbe stata una bella giornata, entrò anch’egli
seguendo
il biondo.
Non
era la vita che voleva, non gli piaceva nulla, né
sé
stesso, né chi lo circondava, né ciò
che si
prospettava per il suo futuro, eppure pareva essere incapace di
ribellarsi apertamente. Lui era tutto fumo e niente arrosto, alla
fine non avrebbe mai avuto il coraggio di scappare da lì.
Fu
con queste ennesime considerazioni che partirono verso il palazzo
reale, una specie di castello moderno con tutti i comfort reso tale
dopo l’ultima ristrutturazione della vecchissima costruzione
che si
tramandava nella loro famiglia nobile di generazione in generazione.
Durante
il percorso non dissero nulla; i due non si poteva dire avessero un
brutto rapporto o di indifferenza totale, anzi, si capivano e si
confidavano nel bisogno ma era il carattere di William a rendere
molti momenti così silenziosi e importanti. Ovunque lui
fosse
tutto acquistava un grande valore.
Lo
ammirava, dentro di sé. Era perfetto e lo era veramente
anche
se doveva togliersi l'idea di snob che dava, non lo era ma lo sapeva
solo lui perché lo conosceva.
Entrarono
insieme in ‘casa’, un posto veramente enorme con
tanti piani e
stanze per non parlare dei saloni, degli uffici e dei passaggi
segreti… un luogo in cui ci si poteva certamente perdere
facilmente. William ed Andrew, attraversando l’ampio ingresso
e
superando la servitù giunta a salutarli e a consegnare le
scarpe da casa prendendo quelle da esterno, salirono le scale
dirigendosi al secondo piano per poi raggiungere la stanza in fondo
al lungo corridoio. Era una consuetudine andare dalla loro madre a
salutarla prima di andare nelle rispettive stanze a cambiarsi e
rilassarsi; un’altra consuetudine era, invece, ignorare il
padre…
Bussarono
senza farsi annunciare dalla donna in divisa posta fuori dalla porta
pronta per essere sempre a disposizione della Principessa Alicia.
Quando la voce composta e cristallina arrivò loro, varcarono
la soglia con un gran sorriso sincero, qualcosa che illuminò
talmente i loro volti da renderli quasi irriconoscibili.
Una
panoramica parziale della camera arredata in stile classico con
quadri di impressionisti e toni delicati e sfumati, li accolse come
accadeva a chiunque entrasse in quella camera che rispecchiava
l'animo dell'abitante di quelle mura.
-
Buongiorno, cari. Come è andata? -
La
donna era seduta su una poltrona accanto alla finestra con un libro
in mano, era il momento della pausa antecedente al pranzo che si
sarebbe consumato a breve tutti insieme.
Alicia,
la loro madre, era piccola e minuta, lineamenti dolci già
visti in William, occhi azzurri, capelli biondi leggermente ondulati
che le ricadevano morbidi sulle spalle, naturale e bellissima. Senza
bisogno di trucchi o gioielli per essere splendida com’era.
Eppure,
nonostante tutto, specie da quell’angolazione particolare
dove la
luce soffusa proveniente dalla finestra l’illuminava di
sbieco, si
poteva intravedere la sciupatezza.
I
volti dei figli, e in special modo quello del più grande, si
incupirono impercettibilmente constatando che qualcosa in lei
ultimamente continuava sempre più a non andare.
Era
strano.
Era
sempre stata felice, aveva dato loro tutto quello che potevano
desiderare, li aveva amati, era una madre sincera, una donna
grandiosa e una principessa degna di quel nome, eppure ultimamente
quella luce che splendeva agli inizi non c'era più.
-
Bene... -
William
si avvicinò composto con il suo passo e i suoi modi distinti
ed eleganti, si chinò su di lei e le posò
dolcemente un
bacio sulla fronte. Solo con lei si lasciava leggermente andare.
Erano
belli da vedere. Avevano un rapporto speciale, veramente speciale e
rendendosi conto della bellezza che avevano quei momenti, Andrew si
sentì a disagio mordicchiandosi involontariamente il labbro
inferiore. Era un rito, lo faceva anche lui eppure la consapevolezza
di non essere come William, di non fare lo stesso effetto ad un
ipotetico spettatore che guardava prima lei e Will e poi lei con lui,
lo irritava e lo mortificava al contempo.
“Perché
cavolo è solo Will che somiglia a lei? Perché
invece io
devo assomigliare a quell’uomo?”
Questo
tormento avveniva in special modo quando vedeva il fratello maggiore
insieme alla loro adorata madre.
Silenzioso,
tuttavia, assistette a quella magnifica scena sperando di poter un
giorno essere alla stessa altezza, infine quando i due si separarono,
il rossino si fece avanti incerto facendo la medesima cosa.
Quel
che provò nel farlo, nonostante si ritenesse più
simile
ad un rospo più che ad un principe, fu come quella famosa
fiaba in cui quel nauseabondo rettile venendo baciato dalla bella
principessa si trasformava di nuovo in un nobile essere umano. Un
essere stupendo tanto quanto la bella fanciulla.
Ogni
giorno era sempre così, ecco perché pur un attimo
prima
provasse del profondo imbarazzo innanzi a quel confronto impossibile
da vincere, il secondo dopo faceva ugualmente la stessa cosa.
Non
avrebbe mai vinto nessun confronto, di nessun tipo, con
William…
però quella sensazione che provava baciando la madre era
così
unica che mai, per nessun motivo al mondo, ci avrebbe rinunciato.
-
Come sono i preparativi? -
Chiese
il maggiore il momento successivo per aggiornarsi vicendevolmente
sulla mezza giornata passati separati.
-
Bene. Domani mattina parto per Parigi, ho affari da sbrigare
là
e poi ne approfitterò per farmi una breve vacanza da sola...
-
-
Ti farà bene. -
Non
si davano del ‘voi’ e non avevano un tono formale,
anzi... era
proprio il rapporto più semplice che esisteva sulla faccia
della terra. Madre e figlio.
Rimase
fuori da esso Andrew che come al solito si sentiva di troppo. Si
mise, al contrario, a ripensare a quella lontana sensazione che aveva
pervaso entrambi quando pochi giorni prima avevano ricevuto la
notizia sulla partenza della madre.
Disagio.
Come
qualcosa che non andava.
Ma
la razionalità del biondo aveva prevalso su sé
stesso e
su di lui, non poteva essere nulla. Le guardie del corpo l'avrebbero
accompagnata sempre e non ci sarebbe certamente stato nulla di che
preoccuparsi.
-
Ora andate a salutare vostro padre... -
Per
la seconda volta i volti si incupirono, questa volta più
chiaramente nel secondogenito.
-
No. -
Disse
infatti d'istinto, come al solito senza peli sulla lingua, per una
volta sapeva che era anche il pensiero dell'altro.
Gli
occhi candidi ma arrossati della donna si posarono sui suoi
colpendolo come uno schiaffo. Erano stanchi. Di tutto. Ogni istante
le era doloroso ma d'altronde non poteva pretendere da loro qualcosa
di inaccessibile.
Dopo
gli eventi di poco tempo prima, gli stessi che avevano fatto soffrire
anche lei, il rapporto col padre si erano rotti... lui, il principe,
ormai era un'altra persona, sconosciuta e distante, non più
un
padre, non più un marito. Solo uno che tradiva facilmente
con
la prima che capitava.
Era
stato uno scandalo terribile, un colpo troppo forte tuttavia lei
forte come nessuna donna ce l'aveva fatta, aveva retto, si era
rialzata e aveva proseguito.
Vivevano
ancora insieme anche se le carte del divorzio erano state ormai
richieste.
Non
si era piegata né sporcata, l'unico ad essersi logorato era
lui.
Però
la sua anima era al limite e soprattutto William lo sentiva.
I
figli, dal canto loro, avevano rotto totalmente i rapporti col padre
che non lo salutavano quasi mai, si vedevano solamente nei momenti
pubblici e nei pasti, per il resto facevano il possibile per evitarsi
e nei rai momenti in cui dovevano stare tutti insieme non si
guardavano e non si parlavano ugualmente.
La
principessa li congedò lasciandoli andare nelle rispettive
stanze, li guardò uscire con uno sguardo affettuoso, infine
appena sola si coprì il volto con una mano. Perfino in quel
gesto stanco al limite dei nervi era sempre aristocratica ed
elegante.
Presto
sarebbe stata meglio.
Lo
sentiva.
Doveva
essere così.
William
ed Andrew, dal canto loro, sentirono sempre più netta la
terribile sensazione che avanzava inesorabile.