Il Giorno Di Dolore Che Uno Ha

 

 

 

L’auto si fermò davanti a quella serie di condomini sicuramente non di lusso, era un quartiere nella norma ed in quella città ‘nella norma’ significava non molto raccomandabile.

Si parcheggiò con facilità e quando i due uomini scesero, camminarono con una certa calma facendosi avvolgere dalla notte fresca e popolata. Non dissero ancora nulla, erano entrambi immersi nei propri pensieri, specie uno, quello che aveva l’aria più stanca.

Costui aveva ancora indelebile nella mente le scene di quegli ultimi momenti, in realtà non erano pochi, erano tanti, forse troppi; forse l’insieme era in effetti talmente pesante da renderlo più stanco mentalmente piuttosto che fisicamente. Non notò che l’altro lo stava seguendo e quando fu sulle scale ed infine davanti alla sua porta d’appartamento, entrò e solo lì si rese conto che il proprio capo era entrato con lui, senza nemmeno chiedergli permesso, ovviamente.

Non sarebbe stato da lui.

- Capo … - Mormorò vago con un lieve stupore, in fondo quella non era certo la sorpresa maggiore che aveva ricevuto in quei giorni. Non seppe che dire ed anche se l’altro attese il seguito della frase, non aggiunse nulla chiudendo la porta alle loro spalle. Il silenzio proseguì finché fu quello più assorto e malinconico a sforzarsi e a parlare, anche se era sempre molto giù di morale.

- Sto bene, dai … non voglio obbligarti a stare con me … cioè, non mi suiciderò ancora … - Lasciava le frasi in sospeso e la sua ironia non era la più brillante, anzi, ma il tentativo di non farlo preoccupare c’era.

- Tony, non serve che ti sforzi. Sto qua perché voglio starci. –

Non commentò come normalmente si sarebbe azzardato a fare: ‘Sono contento che tu mi abbia chiesto cosa ne pensavo, sono commosso dei progressi che facciamo!’

Non lo disse perché non si sentiva affatto di dover rendere le cose facili e più leggere. Tony non era uno che fingeva, il fare il buffone non era un nascondere le sue verità ma semplicemente evitare certi inutili imbarazzi per sé stesso e per gli altri. Quando non riusciva più a fare questa particolare operazione solitamente riusciva ad isolarsi magicamente … a meno che non ci fosse un certo Gibbs nei paraggi!

- Bè, è comunque difficile obbligarti a fare qualcosa che non vuoi … -

Disse riferendosi a qualche ora prima, quando Gibbs l’aveva portato via con la forza dal luogo in cui l’avevano tenuto in fondo non per molto. L’uomo più grande ebbe una specie di sorriso ironico, ma fu solo appena accennato.

- Direi di no. –

Rispose quindi guardandolo diretto, non fu ricambiato e al contrario lo vide togliersi la maglia sfuggendo il confronto diretto:

- Ti dispiace se mi faccio una doccia veloce? È stata una lunga giornata … -

Cercava ugualmente di parlare e comportarsi più vicino al suo modo di essere pubblico possibile. Scherzare era sempre meglio, parlare di cose futili anche, parlare d’altro pure … ma mai di sé stesso e dei propri stati d’animo, non quelli che lo lasciavano scosso, non quelli che lo facevano sentire ampiamente in colpa proprio verso il suo capo.

Eppure, lo sapeva bene, Gibbs era lì per quello.

- Fa pure, mi servo da bere intanto … -

Rispose l’altro.

Quando Tony entrò in bagno lasciando la porta aperta senza alcuna inibizione verso il suo responsabile, questo si prese una bottiglia di birra aprendosela, il tutto senza staccare lo sguardo dal corpo del suo sottoposto che si intravedeva sotto la doccia, non vide nulla di speciale o comunque nulla che non avesse già visto in diverse occasioni, però in quel momento sembrava non voler farne a meno.

Non è che non POTEVA evitare di guardarlo, Gibbs non VOLEVA evitare.

Cosa pensasse, tuttavia, rimaneva ancora difficile da capirlo. Si appoggiò allo sparecchiatolo della cucina da cui si vedeva una parte del bagno di medie dimensioni, non smise di guardare nemmeno un istante il box dal vetro trasparente che si appannava.

Pensava.

Pensava che forse quello era il momento.

Pensava che l’aveva lasciato fare per non comprometterlo ma che ora era tutto finito e che la sua pazienza era esaurita.

Pensava che ormai poteva fare quello che voleva, entrambi potevano, e che il momento migliore per aprire gli occhi era quando le difese si abbassavano. Lì ci si apre meglio perché sei smarrito e non sai cosa fare per star meglio, così accetti tutto quel che arriva.

Già, quello era il momento migliore.

Per Gibbs non era stato facile ma nemmeno difficile, una volta capito certi dettagli su sé stesso, certe motivazioni riguardo l’amore e il gentil sesso, aveva preferito non nascondersi dietro false scuse conosciute e banali. Troppo utilizzate.

Certo aveva avuto diverse donne ma appunto erano tutte andate e finite, in realtà ne aveva amata solo una, una che era un capitolo chiuso e che non avrebbe mai dimenticato, una che però avrebbe voluto che continuasse a vivere ed essere felice. Il fatto che nessun’altra donna fosse mai stata l’occasione per esserlo e che anzi l’avessero reso più insofferente verso loro, era più che significativo. 

Per Gibbs le donne erano semplici passatempi e il fatto che ogni tanto ci andasse dimostrava solo che era un uomo, un uomo dai soliti istinti da sfogare … nulla di male, ma era proprio questo andarci in continuazione che gli aveva fatto capire più facilmente che non era in una di quelle la sua felicità o i suoi sentimenti.

Era un discorso che calzava anche troppo perfettamente per Tony stesso.

Distratto dai suoi pensieri dall’uscita del diretto interessato in accappatoio e tutto gocciolante, gli porse un’altra bottiglia di birra aprendola. Il ragazzo andò da lui e la prese volentieri anche se continuava ad evitare certi sguardi diretti o confronti.

Gradiva che Gibbs fosse lì con lui e si interessasse a tal punto al suo umore, non l’aveva quasi mai fatto, non apertamente per lo meno, ma quando succedeva era sempre al settimo cielo. Non perché si sentiva importante, Tony era egocentrico e ci si sentiva già di suo importante. Si sentiva alle stelle solo quando era Gibbs a farlo sentire in quel modo.

Capiva bene anche senza troppe analisi che quell’uomo era veramente molto importante, troppo forse.

Troppo per essere il suo semplice capo ma non un amico. Loro non erano amici, erano qualcos’altro. Cosa non poteva ancora capirlo.

Ecco perché al momento, stanco fisicamente e mentalmente, non aveva voglia di spremersi maggiormente e non lo guardava.

Si sentiva in una colpa mostruosa per avergli nascosto quella missione così importante.

- Vuoi parlare? –

Ogni tanto lo faceva, ogni tanto glielo chiedeva a lui o a chi era giù o in crisi. Gibbs teneva molto alla sua squadra ed era sempre disposto ad ascoltarli anche se non dava mai troppe parole di consolazione, solo qualcuna molto importante accompagnata da gesti incisivi ed essenziali.

Tony sospirò e bevendo un lungo sorso di birra gli voltò di nuovo le spalle per andare a sedersi nel divano, si accomodò emettendo un suono di piacere per potersi rilassare e chiudendo gli occhi appoggiò anche la testa sullo schienale. Dopo un attimo di ristoro fu raggiunto da Gibbs la cui birra era quasi a metà al contrario di quella di Tony che era ancora piena.

Avrebbe certamente dovuto cambiarsi e non rimanere bagnato a inumidire a sua volta il divano. Avrebbe dovuto ma la voglia era pari a zero ed anche se si sentiva male per quel che aveva fatto a Gibbs, di nuovo dopo quella volta, non voleva separarsi fisicamente da lui.

Dopo che il silenzio cominciò ad albergare fra loro decise di interromperlo prendendo il telecomando dello stereo ed accendendo la musica, c’era un Cd con della musica mista non troppo rumorosa, alcune canzoni certamente romantiche, altre più movimentate. Tony non aveva un genere musicale particolarmente preferito, ma gli piaceva ascoltare della buona sana musica non commerciale, qualcosa che lo rilassasse e che comunque avesse fatto la storia dell’arte dei suoni.

Al momento i Gun ‘n Roses facevano il loro sfoggio di una delle canzoni più malinconiche e d’atmosfera esistenti, sicuramente era un caso che ci fosse proprio ‘Don’t Cry’, vero?

Abbassò il volume lasciando le canzoni giusto di sottofondo poi tornò ad appoggiarsi allo schienale, mantenendo la testa dritta, i suoi occhi azzurri guardavano davanti a sé evitando con cura quelli di Gibbs, si sentiva un verme anche per quello, logicamente!

Infine, dopo altri secondi di parole non dette e di note ascoltate, il colpevole si decise a parlare, non sapendo nemmeno di preciso da dove iniziare. In effetti qualcosa glielo doveva, qualcosa di certo.

- So come la pensi riguardo alle scuse, quindi non mi scuserò con te anche se dovrei. La penso come te. –

Questo catturò completamente l’attenzione di Gibbs che al contrario del ragazzo accanto, non evitava il contatto visivo.

- Però non avrei mai voluto farlo. Non di nuovo dopo quella volta … - Continuò con un tono malinconico che rispecchiava il suo stato d’animo. Si riferiva alla prima volta in cui Gibbs aveva scoperto gli scopi segreti del direttore, quando era venuto a conoscenza di questo importante obiettivo che nemmeno lui conosceva al contrario di Tony che invece sapeva ogni cosa. Quello era stato un doppio colpo per lui anche se non aveva mai voluto mostrarlo, Tony era sempre stato convinto che ci fosse rimasto male e nonostante avesse tentato di aggiustare il tiro e spiegare che non aveva avuto scelta a nascondergli il suo incarico segreto e Gibbs stesso avesse cercato di sollevargli il peso che sentiva, nessuno dei due era riuscito completamente nel proprio intento.

Le cose dunque erano andate in quel modo, quella volta, e anche se sarebbe stata l’occasione perfetta di spiegargli l’altra missione segreta che faceva sempre per conto del direttore con cui aveva legato molto durante la sua assenza, non l’aveva fatto per timore di peggiorare la situazione e farlo infuriare apertamente con lui.

L’unica cosa che al mondo non avrebbe mai voluto, avrebbe potuto fare qualunque cosa col suo appoggio ma niente senza.

- Te lo ripeto, spesso non si ha scelta. –

Rispose col suo tono incisivo e burbero di natura, infondeva sempre una certa sicurezza e calma.

- C’è sempre una scelta ed io sono certo di aver fatto quella sbagliata. Avrei dovuto parlare con te dell’altra missione sotto copertura su Jeanne. In fondo tu questo l’avresti capito, no? Non ci sarebbe stato niente di male ed anzi mi avresti capito … è che … - si sospese, parlare si stava rivelando più difficile del previsto per lui, lo si capì dalla fronte sempre più aggrottata.

- E’ che? –

Insistette l’altro continuando a fissare il suo profilo regolare.

Un sospiro, si passò le mani fra i capelli ancora bagnati spettinandoseli, cominciavano a crescere un po’ e presto li avrebbe tagliati.

- E’ che ci speravo, sai? Che non fosse dei loro … di potermene innamorare veramente … speravo che Jenny, ehm, il direttore si sbagliasse e di scoprire che fosse a posto. –

“ Speravo di scoprire  che fosse la mia ragazza ideale per caso e non perché mi aveva studiato per secondi fini. Speravo che tutto questo poi non succedesse e me ne ero quasi convinto. Diamine se me ne ero convinto …

Continuò fra sé e sé, erano cose che non si era ancora detto e che lo facevano sentire un perfetto idiota, ingenuo, immaturo e non all’altezza della situazione. Un povero illuso. Non voleva che Gibbs lo vedesse così anche se lui ci si sentiva in pieno.

- Perché questo non avresti dovuto dirmelo? –

Chiese calmo e penetrante Gibbs. Tony ci pensò un attimo poi senza trovare nulla di meglio di una confusione allucinante dentro di sé, rispose improvvisando, con lui poteva, no?

- Perché sentivo che sarebbe stato fuori luogo … come … come indelicato, non so spiegarlo … è stata una sensazione! –

In effetti questo, però, non era molto più chiaro!

- Se Jeanne fosse stata vera e a posto pensavo che avrei capito che anche io sono normale e che il fatto che fino ad ora non abbia trovato nessuno donna giusta che mi soddisfasse, non significava nulla. Invece non solo questo ma TUTTO, non è andato come speravo!- Ancora s’interruppe chiedendosi come esprimere meglio quello che aveva pensato e provato. Quel ‘tutto’ comprendeva un insieme di cose che non sapeva come definirle, come parlarne, erano cose così complesse o forse solo stupide che si vergognava in un certo senso a provare ad esprimerle, anche perché in mezzo c’era anche Gibbs. Il suo morale era così a terra anche per lui.

In fondo non credeva di poter essere capito, il suo capo era diverso, più forte, sicuro, deciso … non si sarebbe mai potuto sentire come si sentiva lui in quel momento, sicuramente non ci era mai cascato, non si era mai sentito ugualmente tradito anche se a tradire era stato anche lui!

In quelle situazioni egoisticamente vai nel panico, ti senti comunque tradito e stai male, stai male per una serie di motivi che presi singolarmente sono sciocchezze ma che prese tutte insieme sono deleterie e capaci di gettarti in una crisi, farti stare esageratamente male.

Avrebbe voluto esprimere tutto quello che sentiva, il disappunto, il dolore, tutto …

- Non ha senso parlarne, non ha senso perché non trovo nessun giovamento, non cambia nulla … mi serve solo del tempo per digerire la cosa. È solo una serie di situazioni che non mi vanno giù. Non credo sia utile parlarne, dopo tutto … -

Non si rendeva certo conto di come stavano in realtà le cose.

Gibbs aveva ascoltato con attenzione lo sfogo confuso ed aveva capito tutto quel che aveva detto, lo conosceva e poteva dire di sapere cosa passava. Erano cose di poco conto prese da sole, insieme però assumevano tutt’altra piega e gettava l’umore ed i sentimenti sotto terra.

Alla fine è il giorno di dolore che uno ha, capita a tutti, ne capita più di uno per la vita e quando succede non sai bene cosa sia il peggio che ti faccia star male, ti sembra che sia tutto.

Tony era in quello stato e dopo aver provato a parlarne senza ritenersi soddisfatto aveva deciso di chiudersi.

L’aveva fatto perché in quei casi sei sicuro che nessuno può capirti, capirti veramente e a fondo.

Così dopo un attimo in cui nessuno aveva detto o fatto nulla, Gibbs dall’alto della sua esperienza aveva deciso di parlare rivedendo i momenti prima di quello in cui Tony ci era rimasto male, veramente male, per tutta la situazione in cui era finito.

Gli era dispiaciuto ma in fondo non era stato il solo ad avere una brutta giornata e a sentire del dolore per qualcosa, anche lui quando aveva realizzato che Tony era stato rapito a causa di un’altra missione segreta di cui non gli aveva parlato, si era sentito male e si era infuriato facilmente. Aveva fatto fuoco e fiamme perfettamente nel suo stile ed alla fine aveva ottenuto quello che voleva o meglio era riuscito a salvarlo. Ora però doveva occuparsi anche del suo morale e di un altro piccolo particolare che, ne era sicuro, sarebbe arrivato subito.

Ora sapeva perfettamente come si sentiva e cosa pensava nella sua confusione grigia.

- E’ un momento in cui tutte le parole sai che non ti servono più, hai sudato tutto il tuo coraggio per non cadere e sbagliare, arrivi anche a tirare in mezzo Dio, o il destino o chissà che e nessuno te lo può spiegare perchè sia successo a te. Aspetti qualcosa che ti tiri su ma non arriva, ti stai per arrendere però è lì che la tua ruota inizierà a girare bene. –

Aveva iniziato un discorso decisamente lungo per uno come lui, Tony si era stupito sentendolo e non era riuscito a trattenersi dal guardarlo ma gli era andata bene, al momento era Gibbs a non guardarlo e se ne sollevò, cosa sarebbe successo se avesse incrociato il suo sguardo sincero e diretto? Avrebbe dovuto fare i conti con tutto quello che lo turbava in quell’istante fragile. Vulnerabile.

Gibbs nonostante avesse superato già ogni aspettativa non aveva terminato il suo discorso, doveva sapere che lo capiva perché anche lui l’aveva passato quel momento e quindi poteva fidarsi, poteva aggrapparsi a lui per star bene, poteva credere che anche lui avrebbe superato quel momento. Perché se lui ce l’aveva fatta, anche Tony ci sarebbe riuscito; loro due erano simili, no?
- Indietro non si torna, hai capito da solo che la vita non è giusta. Puoi farti una ragione per quel che ti è successo in un solo modo: vivendo. Te lo direbbero tutti ma per loro è facile parlare. Ad un certo punto però succederà qualcosa di inaspettato ed è lì che capirai da solo che la vita è più forte del tuo chiuderti. La ferita brucerà ancora ma la tua pelle si ricostruirà. -
L’avrebbe ascoltato per ore. Ci teneva veramente a fargli capire che sapeva tutto?

- Il tuo cuore ha perso un battito ma ritroverà il suo ritmo regolare, tutto tornerà normale, anche questa merda intorno sempre merda resterà, ma questa è la realtà. Ti sveglierai e saprai che la vita è sempre forte ma non certo facile. Così te lo dirai da solo: è semplicemente stato un giorno di dolore. Uno dei tanti che avrai. –

Uno sguardo diretto ricambiato, uno sguardo molto vicino, uno scambio speciale, incisivo, sconvolgente.

Sconvolgente per le parole che Gibbs gli aveva detto.

Lui l’aveva capito perfettamente.

Non era lì  per consolarlo cercando stupide parole che si dicevano e che non aiutavano mai. Era lì e gli dava una visione precisa del suo reale stato d’animo e la sensazione che ebbe in quel momento di estrema serietà, ebbe dell’incredibile.

La sensazione che tutti cercano. Quella di venire capiti, capiti veramente e profondamente.

Il modo in cui Tony si trovò a guardare Gibbs, finalmente, sembrava quello di uno che guarda la sua unica ancora di salvezza.

Si crea un nodo dopo una situazione simile e l’unica cosa che cerchi e desideri con tutto te stesso è qualcuno in grado di scioglierlo. Quando questo succede vuoi solo una cosa, non separarti dal tuo salvatore.

Il nodo di Tony si sciolse e con una certa vergogna nascose il viso piegando il busto in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e premendo con forza gli occhi contro i palmi delle mani.

Ebbe un fremito quando realizzò che stava per piangere stupidamente.

Perché le lacrime proprio in quel momento?

Perché le lacrime sono le uniche cose che ti rimangono in quel momento e non vuoi lasciarle perché la cosa che conta di più, improvvisamente, è solo non deludere in qualunque modo lui. Perché lui ti ha aiutato, ti capisce, l’ammiri, lo emuli in ogni istante della tua vita, lui conta troppo per te per mostrarti debole, lui vuole solo persone forti. Perché con lui stai veramente bene e stare così dopo tutto quello che è successo è grandioso, tutto sommato.

Quindi non ti separeresti più da lui, non vuoi e non vuoi che ti consideri fragile e sciocco, perché ti sei sempre comportato in modo da non essere così, perché scherzare sempre è forza, no?

Tony era esattamente in quello stato, in quel momento, e cercava di evitare la liberazione finale. Ma anche se ci sarebbe riuscito, nel momento in cui Gibbs lo toccò posandogli deciso e pieno la mano sulla schiena calda e umida, per dargli un po’ della sua forza, le famose lacrime inspiegabili e sciocche uscirono facendolo crollare per bene.

Rimase un attimo lì così cercando di riprendersi, aspettando di finire, aspettando qualcosa e quando pensò di aver smesso alzò di un po’ la testa guardandolo.

Lì si fermò stupito.

Gibbs non solo gli toccava la schiena ma era chino accanto a lui e lo fissava da vicino, molto vicino.

Si trovarono ad osservarsi da quella breve distanza e i brividi li bloccarono entrambi.

Notarono i dettagli l’uno dell’altro, i lucidi occhi azzurri e stupiti di uno e quelli dello stesso colore ma più tendenti al grigio chiaro, sicuri e fermi, dell’altro.  I respiri caldi sui propri visi, uno calmo ed uno alterato. Le lacrime che rigavano il viso più giovane. Il fascino di entrambi.

Notarono molto ma soprattutto provarono. Entrambi provarono molto, forse troppo per non fare nulla.

Era come essere ipnotizzati vicendevolmente, sguardi e desideri intensi. Desideri di stare così e non separarsi. Desideri profondi verso l’altro.

Uno li aveva capiti da molto, l’altro lo stava capendo solo in quell’attimo e non nel modo più preciso e chiaro possibile, bensì molto confuso, ma c’era.

Quel qualcosa c’era di certo ed era innegabile.

Furono lenti e silenziosi, come se alla fine era ovvio finisse così.

Perché nel momento di dolore o smarrimento, quando trovi chi ti capisce e ti scioglie il nodo e ti fa star bene, l’unico contatto che si riesce  ad ammettere e volere con tutto sé stesso è quella persona.

Ma lo vuoi completamente e fino in fondo.

Quasi con disperazione e passione, fuoco.

Tony lo fece così.

Gibbs, invece, con molta coscienza e consapevolezza, calma e intenzione. Lo voleva da tempo.

Ipnotizzati da quell’istante si avvicinarono ulteriormente fino a poggiare le labbra l’una sull’altra, fino ad unirsi in un bacio inizialmente lento ma cercato e pieno. Un bacio che fece subito combaciare le loro bocche che aprivano il passaggio alle lingue, si cercarono trovandosi subito.

L’uno trovò l’altro e con la sensazione di umido e morbido approfondirono cominciando una specie di gioco, non di supremazia, un gioco di piacere erotico dove erano pari nel loro muoversi insieme con desiderio.

Fu un bacio che li spedì direttamente in un posto nuovo dove l’unica cosa certa è che stavano bene e che  avrebbero dovuto farlo da molto tempo. Quello era giusto, una sorta di sentimento d’appartenenza.

Per Tony anche un modo per non sentire e pensare al dolore e alla rabbia, alla delusione, per capire che così com’era andato tutto era meglio perché trovava finalmente quello che cercava da tempo e che aveva sperato di trovare in quella donna, quella donna falsa e costruita sui suoi gusti personali. Era anche un modo per scusarsi d’aver ingannato il proprio capo, una persona veramente importante.

Per Gibbs fu una specie di premio per l’attesa e la pazienza che aveva obbligatoriamente dovuto tirare fuori per non perderlo. Un premio che gli spettava da tempo, l’appropriarsi della sua proprietà. Una prepotenza ed una cura insieme.

Durante il bacio l’intensità crebbe e loro stessi si mossero senza staccarsi per mettersi più comodi, Gibbs condusse Tony ad appoggiarsi allo schienale anche con la testa e prendendolo con una mano per il bordo dell’accappatoio come a mettere in chiaro che non c’era bisogno di scappare, con l’altra prese la sua spalla stringendola e spingendola giù con fermezza ma non aggressività. Era il suo modo, il suo stile, era semplicemente lui e a Tony questo piacque perché non l’aveva mai provato con nessuno e si sentiva come in quel secondo voleva sentirsi, voluto ed appropriato. Quest’ultimo in risposta si aggrappò alla sua maglia attirandolo di più a sé e senza capire più nulla riguardo a quanto accadeva se non prendersi quel che stava arrivando, gli lasciò ogni accesso.

Era stata solo una bruttissima giornata per entrambi, era stato solo un giorno faticoso dove i propri demoni potevano affacciarsi con troppa facilità a turbare il delicato equilibrio mentale, era stato un momento di debolezza per uno e un momento di coscienza fin troppo spiccata, impazienza, per l’altro.

Però, qualunque fosse la motivazione di quel momento, andava bene così. Andava finalmente bene così e una volta che la miccia era stata innescata non era possibile spegnerla.

Gibbs sentì al tatto deciso la pelle ancora umida e il profumo che si sentiva dal suo corpo nudo sotto l’accappatoio lo rivelò per quello che era, un uomo i cui certi istinti non erano mai stati messi da parte per nessun motivo.

Così fece correre le dita ai bordi dell’indumento di spugna che già si apriva facilmente e quando riuscì a toccare la sua pelle morbida, capì che non si sarebbe fermato lì.

Tony ebbe un mugolio di piacere sentendo quelle carezze che non esitavano su di lui, su quelle parti così sensibili del suo corpo; senza smettere di baciarsi e col ritmo che cresceva per il piacere seducente che si instaurava sempre più in loro, andò nella confusione più totale non capendo nulla. Quello sì che era diverso da ogni situazione e relazione che aveva avuto.

Era l’unire il fatto che era Gibbs a fargli tutto quello e che era terribilmente piacevole. Senza contare il sentirsi così leggeri perché finalmente aveva smesso di pensare dopo il mal di testa che gli era venuto …

Continuò ad aggrapparsi a lui come se fosse l’unica soluzione per non morire, per non sprofondare, l’unico accesso al Paradiso da lui che era all’Inferno e quando andò sotto la cintola allentata dell’accappatoio scuro il piacere di quelle carezze così intime e crescenti, non gli permise di far altro che dedicarsi a ricevere e provare totalmente quel piacere. Si trovò senza accorgersene a staccare la bocca da lui e a premere con forza il capo dietro di sé sullo schienale del divano, mordendosi il labbro inferiore e sospirare profondamente preso dalle sensazioni violente che gli faceva sentire.

Sul suo interrompere il bacio, Gibbs premette la fronte a sua volta vicino alla testa di Tony e al contempo la guancia contro la sua, per sentirlo ancora mentre il corpo si accaldava maggiormente.

Ecco cosa succedeva se l’obbligavano ad aspettare a prendersi quel che voleva … che quando riusciva a prenderselo era letteralmente inarrestabile e impetuoso.

Tuttavia era certamente appagante, lo era per entrambi dopo tutto quello che era successo.

Fu finalmente quando l’apice arrivò che si interruppero fermandosi, stanchi anch’essi per quanto fatto e provato, stanchi ma con una certa eccitazione che li aveva scossi da dentro. In ogni senso.

Ci impiegarono un po’ a riprendere il contatto col mondo reale e con sé stessi, ad uscire da quell’improvviso ed intenso luogo di piaceri, specie per Tony.

Rimasero l’uno contro l’altro tenendosi a vicenda, col fiatone e il sangue pompato velocemente, l’elettricità ancora presente in entrambi e le sensazioni vive, fin troppo vive.

Dopo lunghi non indifferenti minuti passati così, Tony posò febbrile le mani alla vita dell’uomo davanti a lui e mantenendo la testa appoggiata dietro di sé e al viso dell’altro, mormorò aggrottando la fronte, con un filo di voce vago e la ragione che faticava a tornare per mostrargli il significato ovvio di quanto accaduto.

- Io … non so cosa mi sia preso … - Ma ad intervenire deciso ma calmo per farglielo capire, fu Gibbs:

- Ma davvero? – Aveva anche un fondo d’ironia … non era abbastanza chiaro cosa fosse successo ed il motivo? Per lui lo era ma forse Tony era ancora un po’ nel caos, anche se normalmente non era così.

- E’ stato istinto, immagino … un attimo normale di debolezza, credo … - Forse andava coi piedi di piombo anche perché comunque aveva a che fare con Gibbs e non sempre si riusciva a capirlo. Eppure non se ne rendeva conto ma fra tutti era uno dei pochi che ci azzeccava sempre realizzando a pieno tutte le sue aspettative.

Fu il capo, quindi, a decidere di dare l’ultima stoccata e sistemare le cose come le voleva lui. Con una forza di volontà immensa si staccò da lui e si drizzò a sedere, poi senza più guardarlo negli occhi si girò iniziando ad alzarsi dal divano, affermando pacato:

- Allora, in questo caso è meglio che me ne vada … -

Ebbe ancora una volta ragione perché Tony senza ragionare l’afferrò in fretta per il braccio tirandolo deciso giù di nuovo a sedere accanto a lui, dicendo svelto: - No! -  senza avere un’idea precisa di cosa dirgli dopo.

Gibbs lo guardò con un sopracciglio alzato e la sua aria indecifrabile:

- No? –

- No … - rispose quindi Tony. Si trovò alle strette e volente o nolente doveva dire dell’altro, così si strinse nelle spalle, lo guardò dritto negli occhi ancora così vicini e trovando al volo una risposta, l’unica che si lesse dentro, la disse: - … non so cosa sia stato ma non voglio te ne vada. – Si interruppe ancora, sicuramente non avrebbe trovato dell’altro per quella sera già così piena di novità e di emozioni, ma Gibbs senza muoversi o fiatare attendeva ancora e quando lui attendeva guardando qualcuno in quel modo, non si poteva contraddirlo e stare in silenzio. C’era un’altra cosa che doveva dire e che lui si aspettava di sentire, non avrebbe fatto nulla finché non l’avrebbe detta e lì per lì Tony non ne fu sicuro ma parlò, lo faceva sempre con lui. Ci si buttava sperando di azzeccarci e farlo contento, certo fermi non si poteva stare o sarebbe stato peggio.

- Rimani con me … -

Fu il sorriso sicuro a fargli capire che non aveva sbagliato.

Fortuna che Tony con Gibbs ci prendeva sempre, anche senza rendersene conto!