NOTE:
in realtà questa non è una fanfic fedele che ripropone ogni fatto reale così
come è accaduto nel telefilm, non nel senso che questa è una cosa probabile
che potrebbe realmente essere proposta … non so se mi spiego! A partire dalla
coppia di cui scrivo … però prima di giungere ad affrettate considerazioni
consiglio di leggere la storia perché so che nel tentativo di spiegare cosa ho
scritto e che mi passa per la testa, sto solo facendo un gran casino!
Parlo
della mia coppia preferita che sono consapevole che, per molti motivi, è
improbabile ma per la mia mente bacata è possibile poiché è guardando il
telefilm con l’attenzione rivolta a coppie come Tony/Kate o Tony/Ziva o Jethro/Jen,
che mi sono resa conto della più bella, per me, coppia Jethro/Tony …
nonostante tutto è questa quella che mi attira di più! Così mi son messa a
scrivere sta cosa di getto, senza programmarla. Mi è venuta su e l’ho fatta.
Però in realtà avrei voluto fare una sull’inizio del loro rapporto, come si
sono conosciuti e cosa è successo a Tony prima di venire all’NCIS, come è
venuto lì, insomma … quindi penso che farò una prefazione ed una postfazione
di questa fanfic! Spero che a qualcuno piaccia e concorderete con me sul fatto
che Tony è uno dei personaggi più complessi … dopo Gibbs! Diciamo che siamo
tutti concordi nel dire che il Tony umoristico, spensierato, che ama fare l’ìidiota
è una maschera che nasconde, ad esempio, un triste passato (e questo si è
capito dalle varie puntate) e quindi chissà quante altre cose interessanti. Ciò
che si sa, comunque, è che è un tipo in gamba e che venera Gibbs … e che
questo lo considera suo erede! Partendo da questo principio oserei dire
indiscutibile, io pure sono partita per la tangente!
Ok,
smetto di parlare, godetevi la fanfic che, appunto, è solo una fanfic, la
storia di una fan, nulla di più! Io e la mia visione delle cose!
Buona
lettura.
Baci
Akane
PS:
nella puntata di cui scrivo, Gibbs chiede un passaggio a Ducky per andarsene a
casa e se ne vanno insieme, non va certo via con la sua macchina da solo (come
ho fatto qua) perché comunque si è rimesso da poco, però per esigenze di
copione ho fatto così, perdonatemi!
DEDICHE:
a tutti i fan di NCIS e soprattutto di Tony, di Gibbs e di questa coppia nello
specifico!
RINGRAZIAMENTI: Ai creatori della serie e a chi ha delineato così bene quei due personaggi così interessanti ed affascinanti!
MANIFESTAZIONI
Manifestazioni.
Le
manifestazioni dell’interiorità sono sempre state il mio problema,
decisamente.
Non
ricordo il periodo in cui riuscivo a mostrare tutto con semplice tranquillità,
forse proprio perché non ci sono mai riuscito od ero troppo piccolo per
ricordarlo! Credo comunque di aver smesso una delle volte in cui mio padre mi
dimenticava ore ed ore in albergo, lasciandomi là da solo pur io fossi piccolo!
Dunque
anche ora per me è sicuramente poco facile riuscire a manifestare ciò che sto
provando.
C’è
… c’è qualcosa, DEVE esserci qualcosa che provo, che vorrei fare sopra ogni
altra cosa.
Deve
perché nelle mie mani sono stati posati i segni distintivi della carriera di un
uomo.
La
mia spalla è stata stretta sempre da lui, con forza e decisione e sempre allo
stesso modo mi ha guardato diretto e fiero, con orgoglio e determinazione, poi
semplicemente mi ha detto che io sarei andato bene.
La
squadra era mia.
Questo
mi ha detto e dopo che ho cercato in un attimo di capire cosa stesse succedendo,
senza riuscirci, è passato agli altri, lasciandomi quei suoi oggetti che ora mi
pesano incredibilmente fra le mani.
Sembrano
fatti di piombo.
Ho
trattenuto il respiro, ho ricambiato il suo sguardo e attento non ho fatto
nulla. Assolutamente nulla … se non restare serio.
Spaventosamente
serio, direi.
Ora
credo dovrei manifestare in qualche modo il mio sbigottimento di fronte al passo
che mi ha ceduto, lo shock che sto provando perché l’uomo che stimo di più
al mondo, che venero, mi ha dato le redini. Le sue.
Dovrei
manifestare qualcosa di sensato senza ombra di dubbio eppure no, eppure sto qua,
fermo, in piedi, a guardarlo uscire dall’ufficio mentre tutti lo guardano e
piangono. Io no, non piango.
Non
faccio nulla se non guardarlo impietrito.
Lo
trovo assurdo.
Vedo
inerme l’ascensore chiudersi davanti a lui che se ne va’.
Se
ne va’ veramente.
Non
è uno scherzo.
Sarebbe
da lui, infondo, perché no … io lo farei, ad esempio.
Lui
non è proprio serio come fa sembrare!
Credo
di star ancora trattenendo il respiro e c’è un silenzio mortale in
quest’ampia stanza semi buia. Ci sono lunghi istanti di silenzio in cui stanno
tutti immobili a guardare l’ascensore chiuso; le consegne che mi ha fatto e
che stringo ancora in mano mi bruciano, quindi le guardo, sembra che brillino di
una luce nera perché forse è così che vedo tutto ciò, il suo abbandono, il
suo passaggio.
Mi
ha fatto un passaggio di palla preciso e violento, inaspettato … non so …
ora cosa dovrei fare della sfera di cuoio che stringo fra le mani? È uscito dal
campo salutando tutto il suo pubblico, tutta la sua squadra e poi più niente,
mi ha solo detto che ora sarò io il capitano. Che sarò adatto.
Ed
io dovrei continuare a segnare e dirigere per lui.
Fare
canestri importanti perché il capitano è anche questo che fa ma non solo. Deve
valorizzare anche i suoi compagni che pendono da lui.
Dio
… non ci credo.
È
quando sento gli sguardi di tutti gli altri fissi su di me che mi fanno capire
che è tutto vero e che il mio ruolo, d’ora in poi, sarà non importante e
fondamentale, veramente di più.
Sarà
scottante.
Manifestare.
Devo
assolutamente manifestare qualcosa, ciò che provo … dannazione, proverò
qualcosa!
Certo
che lo provo ma ormai sono allenato a non mostrarlo o per lo meno non in modo
normale … ora loro si aspettano qualcosa da me, voglio capire se è vero ma in
fondo lo sanno meglio di me.
Certo
che lo è.
Ora
io devo continuare la strada dell’uomo che, da quando ho conosciuto, è
lentamente diventato il mio Dio.
Ho
le sue medaglie di riconoscimento, il suo distintivo, la sua pistola ed ora
anche la sua scrivania.
Il
suo titolo.
Il
suo ruolo.
Ma
io non sono lui e questo mi terrorizza un attimo.
Vorrei
decisamente manifestare qualcosa ma sono certo che non sarebbe da DiNozzo,
sarebbe inadatto, sciocco, scontato … dovrei dire una battuta per alleggerire
la situazione, se lo aspettano, dovrei ammiccare orgoglioso, dovrei … dovrei
che?
DOVREI
CHE, DANNAZIONE?!
Lui
ha mentito!
Lui
mi ha mentito!
“La
giustizia non esiste ed io mi batto per questo principio che ormai è diventata
una realtà. Vieni con me e aiutami!”
Sono
queste le sue parole quando mi chiese di andare a lavorare con lui, il primo
membro della sua squadra, escludendo Abby e Ducky che svolgono comunque un altro
lavoro, sono dell’intera agenzia, non solo nostri … lui mi ha preso come suo
primo agente.
Il
primo.
È
stato lui a chiedermelo dopo un lungo discorso e scambio d’opinioni … io ero
in crisi, volevo mollare, me ne ero andato dalla polizia di Baltimora e non
volevo più saperne di giustizia, lui mi ha preso con sé poiché non avevo
posti dove andare, mi ha aiutato in quei giorni bui, mi ha tirato su fino a
ridarmi la voglia e la fede in qualcosa che comunque non potrò mai più
chiamare giustizia.
Non
esiste, su questo eravamo d’accordo e mi ha colpito per questo, perché la
pensava come me, perché in un certo modo eravamo della stessa pasta, disillusi
per ciò che avevamo visto e passato; però c’era una differenza in noi, lui
non voleva mollare, credeva ancora non nella giustizia ma in qualcosa che forse
è simile, forse è … non so cos’era, però ci credeva e mi ha spinto a
crederci anche io.
Forse
non è nulla, forse in realtà lui credeva a colui che lo forgiò ed io ho
cominciato a credere in lui.
È
solo questo, una questione di fiducia ceca nelle persone che consideriamo forti,
più avanti di noi, più in qualcosa … che stimiamo, che vorremmo essere, che
vorremmo …
Corrugo
di un impercettibile millimetro la fronte fissando ciò che ho in mano e
ignorando gli altri, mi comincia a muoversi una stizza, un moto di ribellione
… lo sapevo, lo sono sempre stato … mi hanno anche diseredato, no?
Non
sono una brava persona, non sarei riuscito a sopravvivere a Baltimora e in tutti
i posti in cui mi hanno mandato …
Già,
cosa provo?
Semplice!
Non
mi piace … non mi piace che se ne vada così.
Non
è stanco, dannazione, lo so bene … sono fra quelli che lo capisce meglio, me
ne vanto sempre per questo e anche se la mia è solo una parte per non dover
ricevere sguardi che non mi piacciono o non dover rispondere a domande che non
voglio sentire, ora provo vera e propria rabbia, rabbia verso Gibbs.
Perché
lui non doveva andarsene, non se ne va’ perché è stanco ma perché è
sfiduciato … come lo ero io quando lui mi raccolse. Non mi mollò fino a che
non fu sicuro che anche io la pensassi come lui.
L’ha
fatto, mi ha forgiato su sua misura ed ora è lui ad andarsene.
Come
… come DIAVOLO SI PERMETTE?
È
improvviso e violento il botto che scaturisce dal mio sbattere i suoi oggetti
sulla mia scrivania, è invece veloce e infuriato il mio andar via da lui per
corrergli dietro.
Li
lascio là a guardarmi e sento qualcuno di loro che prova ad inseguirmi ma
saggiamente viene fermato da qualcun altro che probabilmente mi conosce meglio.
Non
mi piace, non mi va, non così … non può inculcarmi tutto ciò in cui crede
lui, farsi amare così da tutti, DA ME, e poi andarsene, mollare tutto, MOLLARE
ME!
Che
peso devo portare da solo?
Pensa
veramente io ne sia in grado?
E
anche se lo sono … è solo un falso, un bugiardo, se scappa a questo modo
perché non ne può più della stessa cosa di cui io non ne potevo agli inizi
del nostro rapporto!
È
assurdo e stupido … Dio, così stupido che non può essere da lui.
Non
da Gibbs!
Grazie
al mio fisico atletico e sempre allenato lo raggiungo in fretta è giù ai
parcheggi, probabilmente si era fermato a prendere alcuni ultimi oggetti, non so
… ma ringrazio il cielo per un istante perché volevo avere una manifestazione
per non scoppiare ed ora ce l’ho, la sto per avere.
Non
so come mi presenti a lui, con che espressione e in che stato ma non credo di
essere al mio meglio.
Sicuramente
no.
Eppure
non me ne importa molto.
Ha
messo in moto la sua auto e parte, non va veloce, vuole gustarsi meglio la sua
ultima partenza, lo so … però anche se andasse in fretta mi metterei davanti
a lui, mi butto come un incosciente fermandogli la strada, per un pelo non mi
investe però mi tocca le gambe con il muso dell’auto, non mi fa male o
insomma, io non sento nulla.
Mi
guarda allibito, non si aspettava questo da me?
Come
no?
Abbiamo
un discorso in sospeso … però è sempre lui, Leroy Jethro Gibbs che non mi fa
capire una accidente di quel che gli passa per la testa, non dall’espressione
facciale, per lo meno!
Potrò
capirlo subito appena ci parlerò!
Aggiro
la macchina e gli apro la portiera intimandogli di scendere, lui dice il mio
nome laconico ed incisivo, non è affatto agitato, chissà … magari si è
preparato il copione, visto quello che sta accadendo mi pare il minimo pensarlo!
Ansimo
non per la fatica d’aver corso ma per la rabbia e ciò che mi si agita dentro.
È
potente … non lo lascio mai andare appunto perché sono certo di ferire
qualcuno ogni volta che lo farei.
Come
coi miei genitori. Mio padre mi ha diseredato a 12 anni, dannazione, significherà
qualcosa, no?
-
Gibbs! Non puoi andartene così senza uno straccio di spiegazione! Dimmi perché!?
–
Alzo
la voce, sono veramente fuori di me questa volta … lo sono perché ricordo
quel periodo e tutto quello che ho passato, la fatica che ho fatto per
rimettermi in carreggiata, che ha fatto lui in effetti, e quella che ho fatto
per tornare a credere in qualcosa.
Mi
ha trasmesso tutto di lui, ora sono così in simbiosi con lui, come dicono anche
gli altri, che non posso fare qualcos’altro di diverso da ciò che fa.
Lui
è andato avanti e l’ho fatto anch’io, lui molla ed io perché non dovrei?
Perché?
Lui
ancora non scende, evita il mio sguardo posando il suo penetrante e spazientito
davanti a sé, stringe il volante con le mani, poi io ripeto altrettanto
impaziente la domanda:
-
Perché? Me lo devi, dopo tutto! –
So
che sa cosa intendo … tutto comprende una vasta gamma di cose che sappiamo
solo noi due!
Mi
è sempre andato bene così, non ho mai voluto approfondire il nostro rapporto,
lui il capo, la mia guida, la mia massima aspirazione, lui tutto ciò che un
uomo può desiderare ed io il suo discepolo impaziente di somigliargli sempre più.
Ecco
che torna a guardarmi, non scapperebbe, ora deve affrontare la situazione e
quando ci è davanti non scappa.
Mi
sento ancor peggio ora che ho i suoi occhi così diretti sui miei, non si fa
prendere da nessuna rabbia, in fondo devo ancora imparare molto, non sono
affatto adatto.
-
Non c’entra nessuno di voi, ve l’ho detto. –
-
Questo non spiega niente! –
Sono
veloce ed incalzante, esigo delle risposte. Prepotente più che mai!
-
Devo andare, è finito il mio tempo là dentro, ho raggiunto il limite … ciò
che desidero è solo essere lasciato in pace.
Stop.
Chiedo molto, secondo te? O devo rendere conto a qualcuno della mia vita, anche
se sono solo?! –
È
duro e sempre meno paziente, acido come è capace di essere quando non vuole
fare qualcosa. Però mi fa male.
Si
ritiene veramente solo? Mi mordo il labbro con forza per non mettermi ad urlare,
sono il solito esagerato, ecco perché maschero … ma ora ha acceso la miccia e
subirà le conseguenze!
-
Esci! –
Mormoro
in fine a voce bassa, pericolosamente controllata, forse faccio progressi, bene
…
Lui
mi guarda ed io al momento non lo faccio.
Faccio
un passo indietro facendogli spazio affinché esca dalla macchina, lui mi guarda
ancora contrariato, vorrebbe andarsene senza rispondere a nulla, lo capisco …
già, l’avevo sospettato, siamo simili ancora in qualcosa, in fondo.
Bene.
Eppure
lo fa, esce e si mette davanti a me senza posizioni difensive o cose simili,
solo con l’intenzione di ascoltarmi, ascoltare la mia furia, si, perché ora
lo sono.
-
Tony … -
Inizia
col suo tono deciso cercando di placarmi. Non ci riesce.
-
No! Ora ripetilo! –
-
Tony … ? –
Scherza
anche! Vorrei riuscirci, ci riesco sempre … cavolo!
-
No … non quello … quello che hai detto prima! –
-
Prima del tuo ‘esci’ o prima del tuo ‘questo non spiega niente’? –
No,
se continua così non ce la faccio, mi schernisce per fare quello che di solito
faccio io, alleggerire la situazione.
Ora
è lui che, tanto per cambiare, non manifesta nulla di quello che ha dentro.
-
Parla Gibbs! Non devi rendere conto a nessuno perché? –
-
Perché sono grande? –
Assume
anche una marcata ironia, non ne può più, non gli piace star qui a parlare con
me, lo capisco … però non ha mai fatto qualcosa con forza, contro la sua
volontà. Normalmente se ne andrebbe allora in fondo gli sta bene, gli sta bene
stare qui ad affrontarsi.
Bene,
allora che si spieghi!
-
Sei solo e quindi non devi spiegazioni? Puoi fare quel che vuoi? Non hai detto
questo? –
Non
urlo ancora, mi ricontrollo e parlo basso, però non so per quanto ci riuscirò,
lo guardo in viso per capire quanto sincera sia la sua risposta.
Poi
viene e se mi colpisse allo stomaco sarebbe meglio.
-
Si! –
Ecco
che invece lo faccio io, è un istinto che a mente lucida non avrei mai fatto
… in fondo sono in gamba, riesco sempre a controllarmi, sono solo un po’
egocentrico e megalomane poiché amo mettermi in mezzo a tutto, è così che
finisco sempre nei guai, ferito o in chissà quale pericolo … però lui mi ha
sempre rassicurato in quel suo modo strano, non perché era sempre lui a tirarmi
fuori dai guai, perché non mi ha mai tolto l’incarico, non mi ha mai guardato
in modo diverso dal suo serio e fiero sguardo.
Ora
però lo sta facendo.
Male,
molto.
Lo
colpisco impulsivamente con un pugno, non mi piace essere così perché so che
comunque non è come vorrebbe lui io fossi.
Però
oso, lo faccio e, Dio, l’istinto successivo è quello di spararmi da solo
prima di essere torturato da lui per un azione simile.
Forse
sono solo impazzito, chissà … è probabile ma del resto è colpa sua!
Lui
mi guarda incredulo senza tenersi la mascella colpita, ciò che gli preme
maggiormente è guardarmi per vedere se ha sognato, chiudo gli occhi alzando la
spalla in avanti, per prepararmi all’imminente risposta sua ma … ma con mio
sommo stupore non succede nulla, riapro gli occhi e lo guardo.
È
lui fermo ancora davanti a me, dritto ed immobile a guardarmi, non so più cosa
gli passi per la testa.
-
Ti senti meglio? –
Non
reagirà veramente?
-
Non ti farò nulla, non sono più il tuo capo, sei tu quello che ha l’autorità
… -
Questa
poi è bella!
-
E da quando in qua ti importa qualcosa di questo? Delle … autorità … ? –
Lo
schernisco un po’, riesco a fare anche questo … si, sono sicuramente andato
con la testa!
-
Allora, posso andare? –
Cosa?
-
No! –
Lo
dico ovvio e scandalizzato al contempo. A lui diverte abbastanza la mia risposta
perché alza un sopracciglio e rimane fermo.
Ho
tempo di ragionare, mi sono sbollito e fisicamente non ho più voglia di
prenderlo a pugni però … però voglio la risposta, me la deve.
-
Come puoi dire che sei solo? Ma soprattutto … non ti senti nemmeno un po’ la
coscienza? Non pensi che mi devi qualche parola in più rispetto alla tua
scelta? –
Sono
più calmo, svuotato è la parola adatto … o forse deluso.
Si
… deluso è giusto e non mi piace essere deluso da Gibbs.
È
insopportabile.
Lui
NON PUO’ deludermi.
Lui
è Gibbs!
Sospira,
mi capisce, mi capisce perfettamente, sa perché dico queste cose e faccio così
… allora parlami, dimmi se è vero. Mi sembra di pendere dalle sue labbra, da
ciò che dirà.
-
L’unica cosa che mi sento di fare è andarmene, l’unica cosa che sento di
dire è nulla … -
-
Non ti credo, non lo vuoi capire che ti conosco? Che ho imparato così tanto da
te che capisco tutto quello che ti riguarda o comunque quasi tutto? –
-
Perché vuoi sapere? –
Questa
domanda mi disorienta un attimo, che razza di risposta è? Cioè … non è
ovvio?
Mi
passo le mani sul volto nervoso e poi tremante, sempre per il nervoso, lo guardo
attentamente, non si scompone ancora, mi guarda e attende. Vuole la mia totale
sincerità e gli dimostro che la si può dare nonostante tutto. Anche se brucia
dirla.
-
Perché … perché non sei solo … perché almeno a me devi rendere conto se
non vuoi che ti consideri un ipocrita … non ti interessa se ti vedrò così?
Se IO ti vedrò così? –
Sta
in silenzio, sta straordinariamente inizialmente in silenzio e mi guarda ancora,
non smette un attimo di farlo mentre si vede la mascella arrossarsi, devo averlo
colpito forte, prima, col pugno … ed ora? Ora l’ho colpito forte? Non dice
nulla, sembra pensare però è difficile decifrarlo, lo è ora.
Infine
si decide a parlare e spero lo faccia con sincerità, gli ho dato un buon
esempio in fondo … potrebbe farlo.
Potrebbe
dirmi se …
-
No Tony … so che non lo sono. Solo. Però ho bisogno di starci un po’, non
c’è niente di male. –
-
E’ momentaneo? –
Lo
dico con speranza.
-
No, non nelle mie intenzioni per lo meno. –
-
Non hai altro da dirmi? –
Cosa
manifesto ora? Sbigottimento, shock … sto per rimanere senza parole.
Io
senza parole.
-
Sei adatto, te lo ripeto … -
-
Ma non è vero … -
Continuo
senza credere a quel che dice, non lo penso affatto di essere alla sua altezza,
come io vorrei essere. Lui però fa una specie di sorriso e continua calmo e
pacato.
-
Lo sei … hai reagito allo stesso modo in cui ho reagito io quando sei stato
male tu. Non sei venuto da me per inutili frasi di conforto o per vedermi male
… hai fatto quello che sai io ti avrei fatto fare. Non mi deluderai, sei
adatto. –
No,
non penso di aver capito bene …
-
Vuoi … vuoi dire che sono come te? –
Ora
accentua il sorriso e mi piace anche se sono ancora sconvolto da ciò che ci
stiamo dicendo, stremato oserei dire. Non voglio finisca così.
-
Siamo della stessa pasta. –
È
sicuro, lo dice come quando non si può non credergli. È strano … è troppo
strano.
Non
voglio finisca così …
-
Sei un bugiardo, Gibbs … mi avevi detto di aiutarti a far valere la nostra
giustizia, diversa da come la intendono gli altri, quelli che odiamo, che ci
deludono in continuazione … mi avevi detto di credere in te e in quel che
cercavi di fare. Mi hai detto un sacco di cose, lo sai? Le ricordi? Sono quelle
che mi hanno spinto a non mollare e a venire con te all’NCIS! Perché ora te
ne vai? Dimmelo … -
Ho
un tono lieve e sussurrato, incredulo e profondamente scosso, lo guardo come
fosse un alieno sconosciuto.
Mi
sento male, specie se mi guarda così.
Credo
però che sia rimasto un po’ colpito dalle mie parole o se ne sarebbe andato
semplicemente, o non risponderebbe come invece fa. Sempre da lui ma lo fa e
trattengo il respiro.
-
Non biasimarmi almeno tu, Tony … io sono stanco … è dura combattere contro
tutta quella gente. –
-
Ma è quello che ti dicevo io quella volta ma mi hai detto che non saremmo stati
soli, che qualcosa avremmo potuto fare, che … diamine, Gibbs, mi hai fatto
tornare nelle forze dell’ordine quando invece volevo solo buttarmi in un
fiume! –
È
lungo lo scambio di sguardi silenzioso, lo vedo ricordare il nostro incontro e
le nostre parole, chissà come sta, come l’ha presa, chissà cosa prova
vedendomi così sconfortato, giù … deluso …
-
Perdonami … -
I
brividi mi attraversano e non per un solo istante, per tanto.
Gibbs
che dice queste parole assume un’importanza ed una pesantezza tali da essere
inaudite.
Per
me almeno.
Non
dice altro.
Non
accenna ad andarsene ma sento lo vuole fare. Sento che aspetta la mia
assoluzione o qualcosa di simile, gli importa, allora?
Però
prima voleva solo andarsene … va bene, non importa, ora si è scoperto un
po’ e gli pesava, ora so qualcosa in più … ora so che avevo ragione.
-
Allora vengo con te … -
-
No! –
È
veloce e categorico.
-
Perché? Mi stai dicendo le cose che ti dissi io quella volta! –
-
Ci siamo scambiati i ruoli. Non lo vedi che sei pronto? –
Apro
la bocca per ribattere in fretta e veloce, poi però rimango proverbialmente
senza parole e sto zitto, è l’unico o comunque uno dei pochi a riuscire a
zittirmi così. Mi sconvolgerei da solo se non fosse che sto realizzando una
cosa.
Quella
reale.
Quella
autentica.
Il
vero punto della situazione.
Gibbs
mi sta lasciando … eppure non siamo mai stato altro che amici, non siamo due
fidanzati che si mollano, non siamo nemmeno parenti, lui è il mio capo, gli
devo molto, direi la vita e quel che sono ora. Però mi sta lasciando qua, ha
intenzione di andarsene in un luogo che non intende condividere con me, se ne
sta andando lontano e vuole andarci da solo.
Mi
sento … esagerato … in tutta questa mia reazione, in questo mio sentirmi
male, in questa mia contrarietà, in questa mia ira.
In
tutto questo senso d’insoddisfazione e di impotenza.
Vuole
andarsene e non vuole che lo segua, questo è quanto.
È
stanco, lo posso capire, lo ero anche io quella volta ma ho imparato a credere a
lui, a … come se me ne fossi lentamente innamorato.
Non
ho mai pensato a lui in nessun modo se non come al mio maestro, l’uomo da
emulare … ora che mi ha passato le sue redini invece di sentirmi felice per
essere idealmente arrivato a ciò che mi ero prefissato, mi sento infelice ed
insoddisfatto.
Ora
non voglio.
Non
lo trovo sensato riuscirci a costo del suo abbandono.
Non
mi piace, non riesco ad immaginarmi senza Gibbs, non riesco a vedere la mia
vita, le mie indagini, le mie scelte.
Quando
stava male l’ho fatto perché sapevo che dovevo renderlo fiero, ora se ne va e
non dovrò mai più rendere fiero nessuno.
Non
posso più credere in lui e nella SUA giustizia.
In
quale dovrei credere allora?
Sono
senza parole, sono dannatamente senza parole, non mi piace ma è così … perché
realizzo che non voglio che se ne vada e non lo voglio per più motivi.
Mi
sento veramente come uno innamorato, lo sono stato pochissime volte in passato
ed è sempre andata male, tanto da decidere di non voler più soffrire. È stato
anche merito di mia madre se ora preferisco cose leggere, ora preferisco le
donne solo come compagne di letto. Non riesco a tenermene una seriamente, non lo
voglio.
Potrei
provarci con Ziva, in fondo è in gamba, bella, interessante … lei è
interessata chiaramente a me … però no, non mi va, l’idea di farlo mi fa
sentire un verme.
Non
riesco, non voglio.
Non
ho più provato sentimenti simili per donne, l’unico sentimento che potrei
definire amore è per un uomo.
Se
non esistessero più donne sulla faccia della terra sarei depresso solo perché
non saprei come divertirmi, come svuotare i miei bassi istinti … e allora
credo mi butterei sugli uomini, piuttosto che star senza quello sfogo così
piacevole, un bisogno.
Però
non è questo il punto.
Il
punto è che sarei veramente depresso se ora, sulla faccia della terra, non
dovesse più esistere Gibbs. E a questo non troverei soluzione.
Ho
sempre creduto di considerarlo un padre e le donne ciò che non sono riuscito ad
avere di mia madre … però se questo vale per le donne non vale anche per lui,
lo capisco ora perché l’idea di lasciarlo andare mi angoscia ed è diverso da
quando ho dovuto lasciar andare mia madre quando è morta.
Lo
sono stato, innamorato intendo.
È
la stessa cosa che provo ora.
Non
voglio se ne vada o potrei impazzire, vivrei nel ricordo di tutto quello che
abbiamo fatto insieme, vivrei cercando di essere lui e senza essere mai felice
perché non lo avrei più.
Non
voglio.
NON
VOGLIO CHE SE NE VADA!
Non
dice altro, fa per risalire nell’auto credendo di avermi convinto.
No.
Il panico mi invade e parlo:
-
No, non voglio che te ne vai via! –
La
vera motivazione è questa.
Lui
mi ha ridato qualcosa in cui credere, qualcuno da seguire, mi ha dato la fiducia
in lui e la MIA fiducia vale perché dopo mio padre non sono mai riuscito a
darla a qualcuno. Lui è stato il primo.
Lui
mi ha fatto innamorare di lui, proprio me, ME.
E
ora vuole andarsene.
Si
ferma ma rimane di schiena rivolto verso la sua auto.
Ti
prego … non farlo, non salire, ripensaci … Dio, chissà se ci sei …
Vorrei
saper leggere nel pensiero, non so cosa fare, se servisse a fermarlo lo direi ma
non capirebbe, non capirebbe che proprio io, la creatura più eterosessuale
sulla faccia della terra, sono perso per lui, un uomo.
E
l’ho capito ora, solo perché lo sto per perdere.
Prima
stavo sempre con lui, mi bastava, avevo i miei sfoghi sessuali nella ricerca
della madre che ho perduto, come la psicologia insegna, avevo le mie giornate
soddisfacenti, tutto sommato … ora però una di queste cose se ne sta andando
e sono costretto a capirmi, a dirmelo, a venire allo scoperto con me stesso.
A
manifestarmi.
Servirebbe?
Non
credo, è diverso, è un ex marine, ha un carattere particolare.
Io
stesso devo vedere se riuscirò a digerire l’informazione, eppure penso di
star separando, al momento, sesso e amore.
Semplicemente
non posso, non voglio, vivere
senza di lui.
Come
un innamorato qualunque.
Per
il sesso e le donne c’è sempre rimedio, per lui no. Lui non è un uomo come
tanti, lui è Gibbs.
-
Gibbs … -
Sospira
e non si gira ancora, però si decide a dirmi una cosa ancora e l’ascolto con
ogni mia particella.
Quanto
mi sento scemo, il vero Anthony!
-
Perché sei così cocciuto? Lasciami andare … -
Credo
… credo potrei sbagliarmi ma mi sembra ci sia più di un senso nel suo tono un
po’ vago, un po’ sofferente e tirato.
Non
si gira, non mi guarda in viso per la prima volta.
Questo
mi dà da pensare e forse comprendo ciò che mi sfuggiva.
-
Sono come te, no? Dovresti sapere perché faccio così … -
Ecco,
lentamente il mio umorismo del cavolo torna fuori, faccio fatica a mostrarlo però
so che lo gradisce. Mi sento pesante da solo.
-
Appunto per questo dovresti lasciarmi andare. –
-
Quella volta … -
-
Quella volta è diversa, Tony … -
È
sempre più incisivo non perché si sta arrabbiando, non è così. È tirato
perché ne sta soffrendo, sta soffrendo per questa conversazione, perché il
motivo per cui molla è così insopportabile e sofferente da ridurlo in questo
stato, sta per cedere e non vuole lo veda, nonostante sia io.
Si,
penso di poterlo capire, in fondo io vorrei star solo per un po’, il tempo di
leccarmi le ferite da solo, anche se non è la cosa giusta lo è per lui, lo
sarebbe per me.
-
Ok … - faccio uno sforzo inumano ma continuo, lui trattiene il respiro e alza
la testa guardando di fronte a sé, sta attento a ciò che sto per dire. – Va
… bene … siamo della stessa pasta, no? Ho ancora un po’ di strada da fare
per raggiungerti ma penso di farcela. Se fossi già al tuo livello ti avrei
convinto a restare, come facesti tu quella volta con me. Io non ci sono riuscito
ma penso ci riuscirò quando avrò fatto i passi mancanti. Quindi … va bene
così … vuoi leccarti le ferite in solitudine ed in pace. Quando avrai finito
anche io sarò arrivato al punto che voglio e saremo pronti per parlarne.
Parlare di ora, del perché sono cocciuto e non voglio te ne vada. –
Lascio
in sospeso dopo la mia motivazione, sento che torna a respirare sollevato ed è
una liberazione anche per me, in fondo se potrà andarsene un po’ più leggero
di prima è anche merito mio, adoro prendermi ciò che mi spetta … solo che mi
piace solamente se è Gibbs a riconoscermelo! Pazienza, aspetterò.
Sono
certo comunque di una cosa.
È
il mio istinto, quello che mi ha insegnato lui ad usare.
Sono
sicurissimo che non è definitivo il suo abbandono.
Anche
lui, a modo suo, sta manifestando quanto ha dentro, fa fatica a farlo, non
l’ha mai fatto ed ora è al limite, gli lascerò il momento di sfogarsi e
ricaricarsi.
Poi
tornerà, sono certo.
Se
uno di noi sarà in pericolo, se come faccio sempre mi caccerò in qualche guaio
serio, se … lo chiamerò, lui arriverà. Così come, ho saputo, ha fatto il
suo vecchio capo con lui.
Già
… Ora ha bisogno di questo e va bene.
Perfettamente.
Saprò
aspettare ed intanto gli terrò il posto caldo.
Come
farebbe il solito DiNozzo!
Si
gira a metà ma non completamente, il necessario per guardare il mio viso serio
che cerca di essere rilassato.
Sto
solo cercando di fare la cosa giusta e non quella che voglio io, come farebbe
Gibbs.
Lui
fa ciò che ritiene giusto secondo la SUA giustizia, che è diversa da quella
comune. Quella comune è marcia.
Voglio
essere più come lui, è questo che mi sembra giusto, ora …
Assorbo
ogni istante, è l’ultimo saluto prima di chissà quanto tempo, metto le mani
nelle tasche poiché sono sudate e le stringo nervoso, credo di non essere
propriamente nelle solite ottime condizioni apparenti, però va bene così.
Lui
fa lo stesso con me, assorbe ogni particolare di questo momento con questo …
allievo … credo mi veda così … poi sorride.
Fa
un sorriso non largo e solare ma sorride piano, come fa lui quando è
sinceramente colpito da qualcosa. Non divertito, proprio colpito.
Ora
c’è una luce nei suoi occhi, la stessa di prima solo più convinta.
-
Mh … - fa un verso con la gola poi finalmente parla ed ancora una volta mi
sembra di pendere dalle sue labbra. Sono ancora schifosamente serio ma mi
controllo un po’ meglio. – Lo sapevo, sei il più adatto. –
Internamente
sento qualcosa, un nodo allo stomaco che si contorce, come quando ho
l’influenza intestinale e non digerisco nemmeno un fiammifero … è bello
sentirselo dire, adoro quando ammette più o meno velatamente, a modo suo, il
mio talento, la mia importanza, la mia bravura. Bisogna stare attenti a capire
quando lo fa poiché con tutti lo fa senza problemi ma con me è sempre restio,
credo sia per il mio ego o comunque perché io e lui abbiamo sicuramente un
altro rapporto. Lo dimostrano tanti dettagli.
Già
… quando tornerà ne parleremo come si deve.
Sorrido.
Voglio
mi veda sorridere fiero di essere stato il suo primo sottoposto ed ora di essere
il suo successore.
Fiero.
Sono
certo che ne è contento. È ciò che voleva da me, il mio sorriso, il mio
lasciarlo andare tranquillo che tanto …
-
.. ci penso io qui! –
Lui
sale sull’auto, sta un attimo fermo a guardare davanti a sé attraverso il
vetro, poi accende il motore, mette la prima schiacciando la frizione ed infine
si prepara a premere sull’acceleratore, conosco a memoria le sue mosse di
guida.
Poi
mi dà solo i suoi occhi penetranti, infine saluta col suo eterno ed incisivo:
-
Sempre Fidelis! –
Come
ha fatto prima con gli altri.
Questo
è per me.
Già
… sempre fedeli.
Faccio
un passo indietro chiudendogli io stesso la portiera e lui va’ con una
sgommata ed una prima curva spericolata … povere gomme!
Ora
vediamo di aspettare come si deve, però!
Con
ciò mi giro anche io e me ne vado, per ora in direzione diversa dalla sua,
direi anche contraria, però è solo una cosa momentanea.
Siamo
riusciti a manifestare parte di noi stessi e sono sicuro che non solo io, anche
lui lo è … più leggero.
Avanti,
si va’, il nuovo quarto di partita è iniziato ed il capitano sono io … per
ora!
FINE … ?