AMBIENTAZIONE:
Puntata 7 della quinta serie. Requiem è il titolo. In quella
puntata per una serie di vicende che non starò a spiegare
meglio di così, è Gibbs a cacciarsi nei guai e
Tony a tirarlo fuori (stranamente i ruoli si invertono)
poiché Gibbs scosso per il caso che stanno affrontando
decide di lasciare Tony a gestirlo secondo la legge e lui invece di
agire secondo i suoi metodi poco legali e sicuri. Giunto sul luogo X da
solo dove deve affrontare dei malviventi e salvare una ragazza (amica
di sua figlia Kelly), per sfuggire ai nemici tenta una fuga con lei ma
finiscono con l’auto in fondo al mare del porto in cui sono.
È grazie a Tony che con le sue indagini è
riuscito ad arrivare lì al momento giusto (da solo) se si
salva. Fa fuori tutti i malviventi e si butta in acqua per salvarli,
prima porta su la ragazza svenuta e poi torna dentro per Gibbs, rimasto
incastrato dentro. È svenuto e gli pratica la rianimazione
cardio polmonare, in quei momenti in cui non sente il suo cuore battere
ed è proprio critica la faccenda, Tony si mette a pregare
affinché Gibbs si risvegli. Poi si rende conto che anche la
ragazza non respira e fa la rianimazione anche a lei ma è
solo e sa che non ce la può fare ma non molla e mentre si
‘sbatte’ come un matto da uno all’altro,
prega che ce la facciano e si sveglino. Ecco quindi che proprio mentre
Tony, disperato, pensa sia finita che i due aprono gli occhi!
REQUIEM
- Non puoi farmi
questo, capo. –
Comincio a
parlare con lui quando dopo le prime spinte sul suo torace, sento che
è ancora gelido ed immobile. Con una mano sulla sua fronte e
l’altra sul suo torace interrompo il massaggio cardiaco per
ascoltare con l’orecchio la sua bocca schiusa, ha gli occhi
aperti e non respira.
- Andiamo non
puoi farmi questo. – Dio, non respira. Guardo davanti a me e
vedo anche l’altra ragazza nelle sue stesse condizioni.
Entrambi stesi su questo pontile e bagnati come me, solo che loro hanno
i polmoni pieni d’acqua mentre io no. Mi alzo un
po’ col busto rimanendo inginocchiato accanto a lui, continuo
a toccargli il torace mentre lo guardo con uno sguardo che definire
preoccupato e terrorizzato è un eufemismo.
- Non ho voglia
di baciarti, capo. – Lo dico sperando che mi senta e che
ridendo mi dia seccato uno scappellotto sulla nuca, per zittirmi, per
fermarmi, per fare quello che fa sempre quando gli rompo le scatole con
le mie battutine del cavolo, ma mio malgrado torno sul suo viso e
chiudendogli il naso gli apro la bocca posando la mia sulla sua,
ricoprendola tutta e soffiando l’aria in lui; non mi fa certo
schifo e sento i suoi polmoni immobili riempirsi del mio ossigeno, lo
faccio due volte ma ancora non succede nulla e l'ansia comincia a
crescere in me. Così mi alzo e riprendo il massaggio
cardiaco.
Ho sempre
pensato che Gibbs non potesse veramente finire male, che alla fine in
qualunque guaio fosse se la sarebbe sempre cavata, un po' come succede
a me. Ho sempre pensato a questo e quando mi sono gettato in acqua per
tirarli fuori dall'acqua ho pensato ancora questo. 'Tanto si salva, ce
la fa. Di sicuro.'
Ed ora sono qua
sfinito e senza fiato, il cuore mi batte che va come un pazzo e vorrei
solo che fosse il suo ad andare così. Gli tocco la giugulare
ed è immobile, non batte, cavolo, non batte nulla.
- Andiamo capo,
andiamo! – Continuo imperterrito a spingergli il torace ad
intervalli regolari come mi hanno insegnato e lo chiamo, possibile che
non mi senta?
Comincio ad
andare un po’ più nel panico. Ce la fa, lui
è Gibbs, dannazione!
Guardo davanti a
me di nuovo la ragazza, ha bisogno anche lei della rianimazione o
sicuramente morirà, ma lui… lo guardo e non da
ancora cenni di vita e con disperazione crescente dico la sola cosa che
mi viene in mente. L’unica insensata.
- Oh capo, ti
prego! – Svegliati, torna da me, dai. Non lasciarmi
così. Tu sei Gibbs, poi io che faccio?
E poi
‘ti prego’! Ma ti prego chi, merda?
Chi prego?
Qualcuno che me
lo sta portando via, a cui non ho mai creduto e dopo di ora non
crederò più.
No, nessuno
può portarmelo via.
Prego e se
succedesse qualcosa, se si svegliasse ora saprei che è solo
un miracolo perché torno a sentire vicino alla sua bocca e
non respira, non batte, non fa nulla.
Ha gli occhi
aperti e sembra morto ma non può esserlo.
Maledizione!
Non si
sveglierà?
Vado dunque da
lei, se magari Gibbs si riprende e vede che per salvare lui ho fatto
morire lei poi sono io quello che finisce
nell’aldilà.
Le pratico la
rianimazione come ho fatto con lui ma ancora non succede nulla.
Nulla.
Lui è
così e lei pure, bagnati ed io sfinito che mentre la
massaggio guardo il capo che pensa proprio di lasciarmi.
No, non
può essere.
Non
può essere.
Ti prego, no.
Non andartene.
Non puoi farmi
questo. Non puoi!
Però
passano i secondi e sembra che tutto quello che faccio non serva.
Sembra che anche
se c’ero e li ho tirati fuori uccidendo quei bastardi, io non
possa salvarli perché non sono io quello ad avere il potere
di farlo.
C’è
solo Uno ed è proprio quello in cui non ho mai creduto.
Oh Dio.
Salvali.
Salva Gibbs.
Ti prego.
Mentre smetto
sfinito di praticare la rianimazione e mi fermo in ginocchio in mezzo a
loro due, con una mano appoggiata al pavimento ed una sul cuore della
ragazza, abbasso la testa e chiudo gli occhi cercando
quell’aria che ho soffiato nei loro polmoni senza successo e
che per un momento viene meno anche a me.
È
tutto inutile?
Non
succederà nulla?
Non
c’è nulla che io possa fare?
Mi
lascerà così?
No, altrimenti
muoio con lui. Non ce la farei senza.
Io lo so che
questa ragazza era una cara amica di sua figlia e che è
uscito di testa per il rimorso verso la sua piccola, che salvarla
significava salvare anche la sua Kelly. Però se non si
riprende veramente…
No.
Ti prego.
È
proprio ora che vedo le loro mani muoversi mentre si toccano per la
posizione in cui sono.
Lo fanno prima
impercettibilmente fino a che mi giro senza nemmeno credere a quel che
vedo. Mi giro e lo vedo, vedo lui con gli occhi aperti ma vivi che
girato verso di me e di lei ci guarda.
Ci guarda vivo.
E lei fa
altrettanto.
Dio ti ringrazio.
Sono ancora
senza fiato e grondante ma alzo istintivamente gli occhi al cielo
nuvoloso e non posso non ripeterlo.
Grazie che me
l’hai riportato.
Perché
era morto ed io non ho potuto salvarlo.
Grazie.
Dopo dei minuti
indefiniti in cui i due cominciano a muoversi un po’ di
più e sembrano riprendersi in modo sorprendente,
considerando che stavano affogando, con ancora il mio cuore che batte e
l’agitazione, la paura solida di averlo quasi perso, mi
sposto su di lui e appoggiando una mano a lato del suo viso e
l’altra sul suo torace che respira che è un
piacere, dico ancora col fiatone:
- Se ti azzardi
a rifarlo giuro che contribuisco al tuo capolavoro e non ti salvo!
–
Anche se
è vero che non sono stato io, è vero
perché era morto. Lo erano tutti e due.
Però
chissà… se non riuscivo a tirarli fuori
sicuramente non sarebbe potuto arrivare nessun miracolo.
Ho avuto paura.
Paura di
perderlo ed improvvisamente mi sono arrivate tutte le motivazioni per
seguirlo se lui muore prima di me.
Ricambia il mio
sguardo e ancora un po’ smarrito ma serio appoggia la sua
mano sulla mia, siamo entrambi freddi e bagnati ed è qua, al
contatto tutto sommato caldo per quello che significa, che rimango
imbambolato a fissare come calamitato le nostre mani, poi lui. Credo
sia il suo grazie.
Mi piace, anche
se non è sufficiente per quel che ho passato. Non lo
è. Lui non può morire, quando
succederà io lo sentirò però ora stavo
per arrendermi. È stato uno dei momenti peggiori della mia
vita, peggio persino di quando stavo io per morire.
Non diciamo
nulla, ancora troppo freschi di quest’esperienza shockante e
dopo qualche attimo sento la ragazza che è più
giovane di me, alzarsi a sedere con prudenza, trema dal freddo e mi
accorgo che lo facciamo anche io e lui così mi ricordo di
dover avvertire che è tutto finito e che vengano a darmi una
mano.
Sospiro e scuoto
la testa cercando di tornare in me, non è facile e se lo
fossi sparerei qualche battutaccia ma non mi viene nulla nonostante
cerchi.
Mi separo a
malincuore da lui e toccandomi le tasche della giacca strafonda mi
guardo intorno, è un porto in cui non
c’è anima viva, si vede che è vecchio e
viene usato per i loschi traffici, dannazione.
Tiro fuori il
mio cellulare ovviamente da buttare e mi passo una mano fra i capelli.
Ho la macchina ma nemmeno un modo di comunicare col mondo esterno.
- Se rimaniamo
così finiamo a fare l’Era Glaciale ed anche se
effettivamente sembriamo i tre protagonisti fatti e finiti,
è meglio cercare un modo per evitare
l’assideramento. Non ci daranno nessun premio oscar.
– Dopo che l’ho detta mi rendo conto che non sono
poi messo così male e con un espressione tutto sommato
compiaciuta mi occupo prima della ragazza aiutandola ad alzarsi.
Magari Jenny ha
informato Ziva ed il pivello su dove ero diretto, se è
così dovrebbero arrivare fra poco. Certo, troppo tardi ma
è sempre meglio di nulla.
Una volta che
lei è in piedi aiuto Gibbs accompagnandolo con delicatezza.
Non ha ancora detto nulla e vorrei lo facesse.
- Grazie.
– Lo dice lei per prima, non sembra abbia timore di parlare.
Invece non so proprio cos’abbia Gibbs, è
enigmatico come un killer. – Ad entrambi. Non
potrò mai sdebitarmi. – Conclude lasciandoci un
sorriso di gratitudine che risulta comunque ancora spaventato e stanco.
Lo ricambio mentre andiamo verso la mia macchina.
- Non so lui ma
con me potrai farlo davanti ad una calda cena a casa mia. –
è lo scappellotto sulla nuca, un po’ debole tutto
sommato, che mi fa zittire, lei ridacchia e l’atmosfera che
comincia a tornare abbastanza normale, mi rilassa un po’.
- Ma che
c’è di male? – Protesto per continuare
ad alzare gli umori. In risposta solo un altro scappellotto.
Nemmeno fossimo
fidanzati noi due, che mi impedisce di cenare con chi voglio!
E poi lei per
lui è come una figlia, visto che ha
l’età che avrebbe avuto Kelly, ed anche se
è un po’ più giovane di me che male
c’è? È maggiorenne, no? Credo. Ma
comunque mica sono il nemico, gli ho salvato la vita, avrò
diritto ad un premio!
Lanciandomi in
questi giri mentali per distrarmi, arriviamo alla mia auto e saliamo
sempre nella speranza di veder arrivare Ziva ed il pivello
così si occupano dei corpi che ho seminato quando sono
arrivato.
Una volta
sistemati il capo accanto a me e lei dietro, lo guardo di sottecchi, si
ostina a non emettere alcun suono, è già tanto se
mi ha fatto capire che non vuole che io esca con lei!
Tanto
è solo rimandata la nostra chiacchierata.
Perché
non può asciugarsela così.
Quello che ha
fatto oggi non deve ripetersi più.
È
nella stanza adibita a spogliatoio, dove ci sono anche le doccie, che
mi decido. Mi sembra il momento più adatto visto che siamo
soli, anche se ammetto che ho ancora un po' le idee confuse riguardo a
ciò che ho sentito quando stavo cercando di salvagli la
vita. È stato tutto molto veloce e caotico, difficile
tirarne fuori delle considerazioni lucide e coerenti. Io voglio solo
dirgli con decisione una cosa e cioè che non deve
più mettere da parte la sua squadra per agire da solo a quel
modo avventato e pericoloso. Se non arrivavo in tempo moriva,
dannazione. Non so se ne rende conto.
Fare la parte
del capo con lui non mi piace ed ho un sano timore di essere preso a
pugni invece che scappellotti, però devo. Voglio lavorare
ancora a lungo con lui, non riesco ad immaginarmi con altri partner che
non siano lui, però voglio essere sicuro che una cosa simile
non ricapiti. Non deve.
Perchè
non voglio perderlo.
- Capo. Devo
parlarti. – Glielo dico quando non siamo ancora vestiti,
siamo usciti dalle docce dove abbiamo pensato ognuno a quanto
è accaduto, poi una volta fuori, ancora prima di guardarci,
decido di affrontarlo.
- Sono qua.
– Mi risponde subito, il suo tono sta tornando quello di
sempre ma è ancora così poco brusco che mi spinge
a guardarlo e a continuare, però mi fermo per un attimo.
È tutto bagnato e fumante per il calore dell'acqua calda e
in vita ha solo un asciugamano bianco avvolto. Il resto...
bé il resto è lì davanti ai miei occhi!
Inghiotto
istintivamente ma un alzata di sopracciglia dirette al mio
abbigliamento identico al suo, mi fa capire che è meglio se
mi sbrigo e penso solo al discorso che voglio affrontare,
già tosto di suo.
- Di questo
caso. – Ok, come inizio non è male ma io trattengo
il respiro e ho l'animo così in subbuglio che non so proprio
perchè!
Che difficile
che è!
- E' concluso e
non c’è nulla da dire. – Taglia subito
corto voltandosi, mi toglie così gli occhi di dosso e cerca
le cose da indossare al contrario mio che continuo a fissare la sua
ampia schiena dove molte goccioline si rincorrono finendo sull'orlo
dell'asciugamano alla vita. Per un attimo arrossisco pensando di essere
quelle ma mi riscuoto e riprendo deciso senza muovere un passo.
- Si invece.
– Se mi avvicino è finita per me, non so come mai
ma è così, se mi allontano pensa che ho paura, il
che effettivamente non è poi così diverso dalla
realtà. Però è importante chiarire.
Devo dirgli.
- Invece no.
– Risponde lui seccato, mi da ancora le spalle ma non si
cambia, sembra temporeggi. Non ha intenzione di parlare di oggi. Eh no,
non può evitarlo. Assolutamente. Senza rifletterci oltre
annullo la distanza e afferrandolo per la spalla bagnata accaldata, lo
giro deciso mentre la mia espressione è altrettanto
risoluta. Mi piacerebbe toccarlo ancora.
- Invece si,
dannazione, perché eri morto e solo un miracolo ti ha
riportato da me! Stavi per lasciarmi e solo per averci scavalcato e
fatto di testa tua. Hai deliberatamente agito come non andava fatto,
sapendo il rischio che correvi tu e che hai fatto correre a quella
ragazza! Se fosse morta sarebbe stata colpa tua, come avresti fatto,
poi? Ed io?
Io come avrei
fatto senza di te, solo perché hai agito a quel modo
incosciente e sbagliato, mettendoci da parte in quel modo?
Hai rischiato la
vita per questo, mi hai fatto passare un quarto d’ora
terribile e mi dici che non c’è nulla da dire?
– Sono scoppiato, avrei voluto affrontarlo in un altro modo
ma non ci sono riuscito, probabilmente è stato l'accumulo di
tutta la giornata ed ora che abbiamo occhi negli occhi da
così vicino e che sentiamo il nostro calore dovuto alla
doccia appena fatta (o ad altro?) sento tutta l'apocalisse che ho
dentro. È allucinante ma non posso tirarmi indietro. Deve
rassicurarmi, tranquillizzarmi.
Tuttavia la sua
luce che non riesco a decifrare e mi fronteggia senza paura, viene
accompagnata dalle sue parole esasperate e spazientite:
- Cosa vuoi che
ti dica, Tony? Che ho sbagliato? Ho sbagliato! Che non lo
farò più? Non lo farò più!
Cosa vuoi che ti dica, eh? So che ti devo la vita ma non si
può tornare indietro! Sapevo che anche tu ci saresti
arrivato, ho lasciato a te la direzione del caso per questo!
– Pensa che basti questo? Aggrottando le sopracciglia allargo
le braccia in un gesto altrettanto esasperato. Non posso crederci!
- Cosa voglio
che tu mi dica? Voglio che tu mi dica che siamo ancora una famiglia,
che possiamo contare su di te e sulla tua guida, che non ci calpesterai
più così. Che non mi metterai più da
parte a quel modo e che… – Mi interrompo
mordendomi il labbro, sto per dire qualcosa che non dovrei ma non ce la
faccio a stare zitto perchè finalmente ci sono arrivato e
solo quando l'avrò detto ad alta voce mi darò
pace e potrò capirlo a fondo. Capire PERCHè non
voglio separarmi da lui e non ho accettato quella volta la proposta di
Jenny di affidarmi una squadra tutta mia. Così con voce
rotta per l'emozione di quel che ho passato lo sussurro: -
…non mi lascerai mai più. Non te ne devi andare
prima di me. - Non so se può essere considerata una
dichiarazione ma credo che dipenda dai punti di vista. Quel che so
è che lui è talmente importante per me, ormai,
che non posso più farne a meno. In alcun modo. Per nessun
motivo ed è esattamente in questo istante, mentre sento che
gli occhi mi bruciano, che indietreggio.
Cavoli, sono
innamorato di lui.
È
questo!
Indietreggio
impercettibilmente con aria sconvolta mentre mi risveglio dal caos che
mi pervadeva. Non c'è più agitazione per quello
che dovevo dirgli ma solo per ciò che provo.
È
meglio che me ne vada.
Faccio per
girarmi ed è ora che due braccia nude e forti, ancora umide,
mi fermano avvolgendomi con forza e decisione fino a togliermi il
fiato. Non capisco subito cosa succeda, sono ancora sconvolto per
quanto ho capito. Mi trovo a contatto col suo corpo più nudo
che altro, come me, e i battiti si accelerano improvvisamente insieme a
tutte le altre funzioni vitali. Che succede?
Sento il suo
cuore, i suoi respiri, il suo calore, la sua pelle contro la mia e
nemmeno un filo di vergogna o pentimento mi fa scappare o sprofondare.
No, ci sto così bene qua, così, in
quest'abbraccio improvviso ed assurdo. Ci sto così bene che
spero solo non smetta.
- Non lo
farò più. Lo giuro. – Mormora con voce
bassa che mi fa venire i brividi, poi aumenta la stretta e conclude:
– Lo giuro. –
Non so.
Onestamente non
so cosa abbia passato oggi e cosa pensi ora, perchè ha agito
così e cosa ci sia in lui in questo istante. Non lo so
perché per me Gibbs rimarrà sempre un mistero, ma
quel che so di lui mi impedisce di non perdere la testa per lui e non
commuovermi nel sentirlo così vicino a me, di nuovo, come lo
è sempre stato.
Di lui so che
ama e lo fa con difficoltà ma quando lo fa succede in modo
totale, dando la sua vita senza esitazioni. Di lui so che considera la
sua squadra come la sua famiglia e che ha totale fiducia in noi come
noi l'abbiamo in lui.
So che
è una guida incredibile e che senza non sarebbe la stessa
cosa.
So che
è chiuso e non si lascia andare ma che attraverso i suoi
gesti si può capire cosa pensi e cosa provi.
So che a volte
si trova in un bivio e quando succede si butta seguendo il suo istinto,
in quei momenti stargli vicino è sicuramente la cosa
migliore da fare.
In quei momenti
si può essere certi che la scelta che fa è
proprio quella giusta.
Di lui so che
non si può farne a meno.
Di lui so che io
non posso farne a meno.
Ed ora so che si
è svegliato dal suo incubo.
Mi strappa via
lui stesso da questi pensieri sentendo le sue mani scivolare risalendo
la mia schiena bagnata, brividi mi fanno quasi tremare e mentre sento
quanto di meno casto ci sia su questo mondo, alzo la testa e lo guardo
negli occhi, siamo vicinissimi e le sue dita lentamente arrivano al mio
collo, sono languide ed il suo sguardo non ha più nuvole. I
suoi incubi ed i suoi freni sono affogati in quell'auto, ora sono in
fondo al mare. Quando ha aperto gli occhi, dopo che se ne stava
andando, è tornato in vita col corpo e con l'anima, ora
è pronto.
Capisco che
ricambia i sentimenti che ho appena compreso provare per lui, quando
con le mani arriva ai lati del mio viso avvicinandosi per quel che
rimane. Posa le labbra sulle mie.
Già,
non potrei realizzarlo meglio. Proviamo le medesime cose l'uno per
l'altro solo che lui non ha pura di usare il suo istinto e questa prova
è per accettare la sconfitta delle sue sofferenze e dei suoi
blocchi.
Schiudo
lentamente le mie labbra accompagnato dalle sue, lasciamo
quest'assaggio così mentre facciamo queste piccole fusioni
per prendere come una sorta di confidenza, ma poi quando ci siamo,
quando lo sento ed è del tutto con me apre maggiormente la
bocca facendomi fare altrettanto nel medesimo istante, incontrandoci
con le lingue, iniziando a muoverle in questo secondo assaggio con
sorpresa e tensione.
È un
bacio di scoperta e lento, non passionale e pieno di foga.
Ci assaggiamo
passo dopo passo e continuiamo questa fusione di bocche e lingue che fa
sparire i nostri copri semi nudi allacciati lasciando solo questo bacio
e noi stessi desiderosi di andare avanti.
Desiderosi di
noi in questo nuovo passaggio delle nostre esistenze.
Perchè
anche se capire una cosa simile non è facile, basta essere
disposti a rischiare tutto mentre nudi ci affidiamo l'uno all'altro.
Quindi ora va
bene così.
Ora ci siamo.
Ora so che oggi
non si ripeterà più, non mi farà
passare di nuovo un inferno simile.
Qualcuno ha
ascoltato veramente la mia preghiera.
Grazie.
FINE