Storie D'Altri Luoghi

CAPITOLO III:

BRASILE

brasile

Da lì si poteva avere un vista splendida del Paese splendido che era il Brasile, specie di quella città che da quel punto si vedeva affacciarsi su un golfo.
Non ci aveva mai creduto.
Lei non ci aveva mai creduto veramente nel fatto che il suo amore si sarebbe realizzato. Era convinta fosse destinata a soffrire ed in effetti non poteva avere sicuramente tutti i torti.
Non era però una che si piangeva addosso e si perdeva d’animo.
Era abbastanza forte, con una gran volontà, capace di far finta di nulla anche se dentro di sé le sofferenze si accumulavano.
Lì era normale essere in questo modo, o ci si rafforza in ogni modo possibile o soccombi e ti lasci andare.
Se non si ha carattere non si arriva da nessuna parte.
Per i ragazzi le speranze di non venir sepolti dalla polvere e dalla fatica era di norma il calcio o comunque lo sport, per le ragazze invece era il proprio corpo, riuscire ad essere modelle, andarsene da lì e diventare qualcuno.
Questo portava a costruirsi un carattere duro ed ostinato, che difficilmente permetteva di lasciarsi andare.
Lei non ci aveva quindi mai creduto a quel suo amore, poiché lui non l’aveva mai vista. Gli era cresciuta accanto ma lui non era mai riuscita a conoscerla per quello che era e quando lei si era dichiarata e lui l’aveva rifiutata, lei c’era rimasta sì male, ma poi era andava avanti facendo finta di nulla, dicendosi ‘basta’, come a mettere facilmente una pietra sopra quella storia mai iniziata e finita ugualmente male. Si riteneva brava in questo.
Non era questione d’aspetto, non era né bella né brutta, solo che non voleva sbandierare la sua intimità ai quattro venti e dal di fuori preferiva dare un immagine di sé standard che potesse più o meno andare bene con tutti e per tutti, senza aspettarsi il vero amore fra quelli che si fermavano a quella superficie.
Quando aveva capito che lui non era stato mai in grado di capire com’era fatta realmente ma che aveva preferito bloccarsi all’apparenza, l’aveva lei stessa subito scartato cominciando come ad odiarlo.
Le volte in cui si incrociavano gli donava il suo sguardo furente e subito dopo la sua schiena snella e dritta, lui però faceva altrettanto senza capire che mai avesse quella strana ragazza.
Ogni tanto però ci pensava: sarebbe potuta essere una bella storia, tutto sommato.
Già.
Bella.
Però avevano preferito arrivare ad una specie di odio reciproco, una pietra messa sopra all’unico amore della sua vita.
Non si spiegò, quindi, come mai rimase così male quando ricevette la notizia che lui si sposava con un'altra.
Non si spiegò il bisogno di rintanarsi sola in casa, il bisogno poi di rannicchiarsi in se stessa e poi lasciarsi andare, lasciare quelle lacrime copiose che uscivano silenziose dai suoi occhi scuri che spesso erano stati forti e sfrontati.
Non si spiegò perché il bruciore partiva dal suo petto e si espandeva ovunque, togliendole la capacità di pensare in modo coerente e razionale.
Una cosa si ripeteva mentre si premeva i palmi sugli occhi e si mordeva le labbra piene:
Lui era mio, sarebbe dovuto essere mio. Se il destino esiste sicuramente aveva deciso di unire noi due. Perché ho amato solo lui? Perché non sono mai riuscita ad amare nessun’altro? Perché per andare avanti mi sono gettata in una bugia di odio quando invece era solo stupido amore per lui? Perché ora non potrò più averlo? Dio, come mi sento sola. Senza amore. Qualcuno me ne dia un po’…”
In un attimo ripercorse tutta la sua storia con lui. Cresciuti nello stesso quartiere povero, spesso era capitato di giocare insieme a palla, tutti, persino le bambine alla fine lo praticavano. Non si erano mai parlati veramente, non potevano dirsi amici anche se erano cresciuti insieme ed entrambi avevano visto gli sviluppi altrui. Lei era sempre stata attenta a trattenersi una volta grande e lui aveva preso lentamente una sua strada. Eppure i caratteri, quelli reali e non quelli che mostravano alla superficie, si completavano. Era questo e lei lo sapeva. Se si sarebbero conosciuti veramente sarebbero diventati un tutt’uno, lei ne era cosciente ma non aveva il coraggio di snudarsi per farglielo capire, cocciutamente convinta che se lui era degno del suo amore doveva cercarla, scavare in lei, trovare la vera persona che era ed innamorarsene da solo. Aveva deciso di attendere anche dopo che lei si era dichiarata a lui in adolescenza. Una decisione che l’aveva penalizzata, poiché attendere senza far nulla, attendere che lui si accorga di te quando tu stessa ti nascondi in tutti i modi per difesa personale, non è una scelta avvantaggiante.
Così aveva finito per volerlo odiare, illudersi di esserci riuscita, di averlo dimenticato nell’odio.
Solo che era anche finita col perderlo definitivamente e veramente.
Vedendo il muro alto davanti a sé e sapendo lui dall’altra parte, le aveva fatto capire di aver sbagliato tutto, di non avere più possibilità di rimedio.
L’aveva perso e ciò che le rimaneva erano ricordi di un niente avvenuto, di un niente vissuto, di un qualcosa che sarebbe potuto accadere, di un qualcosa che sarebbe dovuto accadere.
Una crisi senza precedenti la colpi e senza più volontà aveva deciso di lasciarsi andare almeno per quel minuto di solitudine. Nessuno l’avrebbe saputo, era sola, no?
Fu lì che suonò il campanello di casa.
Una sagoma comparse sulla porta, la fece aspettare per asciugarsi il volto, con qualche imprecazione aveva sperato che non si accorgessero delle sue condizioni.
Aprì con gli occhi gonfi di lacrime che ancora volevano uscire, un viso abbronzato ma al contempo rosso, un espressione sconvolta.
Era l’unica persona che avrebbe potuto sopportare di vedere in quel momento.
Non erano amici d’infanzia, nemmeno amici troppo solidi.
Lui era arrivato in casa sua da qualche mese per conoscenze d’altri, aveva fatto subito amicizia con lei, era entrato nel gruppo e quindi in via di sviluppo si stava instaurando quel nuovo rapporto molto pacifico e al momento neutrale.
Era un tipo interessante ed indecifrabile, adattabile ad ogni situazione e persone, poteva fare il chiassoso, chiacchierone e simpatico con certi, il silenzioso, chiuso e freddo con altri, il sensibile, dolce e riflessivo con altri ancora. Un tipo multisfacettato, come un caleidoscopio in continuo mutamento, scoprire tutte le sue facce era un autentica impresa, ma comunque interessante.
Le era piaciuto, tutto sommato, poiché con lei, lui assumeva tutti i lati contemporaneamente, questo le faceva pensare che tutto sommato fosse sé stesso solo con lei, anche se si conoscevano da poco.
Gli bastò un’occhiata per capire subito tutto.
Un’occhiata e subito le chiese preoccupato e premuroso:
- Perché piangevi?-
L’unica domanda che mai avrebbe potuto reggere era proprio quella giusta, quella era quella giusta!
Lo guardò a sua volta, fece qualche passo indietro e mordendosi di nuovo il labbro non disse nulla, non riuscì, si rifiutò di parlare.
Si chiese però come faceva ad essere così quella persona così strana, non sapeva se maledirlo o ringraziarlo, decise di scegliere dopo.
Odiava farsi vedere piangere.
Si sentiva nuda e mai era riuscita con qualcuno a mostrarsi veramente fino a quel punto.
Non sapeva chi lui fosse, lo conosceva da poco e stavano appena diventando amici o qualcosa di simile, ma era anche l’unico che era arrivato a lei, l’aveva vista e non l’aveva fraintesa.
Era l’unico con cui lei accettava mostrare ciò che aveva sotto la superficie, nonostante soffrisse così per un amore andato male.
Si prese il collo della maglia che indossava e lo tirò su oltre la testa nascondendosi il volto che sfigurò liberamente in un smorfia di dolore e liberò di nuovo le lacrime.
Non ci riusciva.
Dopo averle represse a lungo non riusciva più a trattenerle.
Si sentì subito avvolgere da due braccia calde e forti, due braccia maschili sicure ma delicate allo stesso tempo.
Di dolcezza aveva bisogno.
Di amore che mai aveva saggiato da ragazzo alcuno.
Dolcezza e amore avrebbe ricevuto.
Immediatamente riprese a respirare e mentre le lacrime continuavano a cadere, si abbandonò all’abbraccio contro il suo petto, e con l’acqua salata che usciva dai suoi occhi, le arrivava un certo lontano sollievo che però avrebbe catturato e compreso solo dopo.
Dopo che il loro rapporto si sarebbe definito del tutto.