Storie Di Tutti I Giorni
CAPITOLO
2:
UNO
STRANO RAGAZZO
/Where
are you running – Lenny Kravitz /
Nonostante
la campanella della ricreazione fosse suonata da un paio di minuti,
pochi ragazzi si affrettavano a lasciare il giardino della scuola,
molti erano tranquillamente rilassati a chiacchierare o intenti a
finire una partita.
Adrian
mentre attraversava da sola tutto il cortile per arrivare alla sua
ala, osservava quanto tutti avessero poca voglia di fare ed
effettivamente non dava loro torto. Alzò le spalle lasciando
perdere quegli sconosciuti, nonostante fosse al quarto anno gli unici
con cui aveva legato erano quelli del suo gruppo tutti abitanti nello
stesso quartiere. Oltretutto se aveva loro lo doveva solo al gemello
Thomas e alla migliore amica Kimberly, altrimenti se fosse stato per
lei avrebbe allontanato tutti i malcapitati che tentavano di far
amicizia con lei.
Adrian
era così, non ci faceva caso. Scorbutica con chi non
conosceva, dall’esterno era sulle sue e non ispirava certo
alla
confidenza o all’avvicinamento, era il classico maschiaccio
per cui
era difficile provarci con lei senza prima venir automaticamente
allontanati.
Però
bastava vederla coi suoi amici stretti e si cambiava totalmente
opinione: amichevole, socievole, allegra, pazza almeno quanto
l’amica
Kim e il lato maschiaccio mantenuto ben saldo in lei. Senza peli
sulla lingua diceva sempre e solo quel che pensava, metterle i piedi
in testa era impossibile.
Era
un tipo tutto da scoprire, abbastanza lunatica anche se non quanto il
fratello.
Si
spostò seccata una ciocca di biondi ricci dietro la spalla,
le
finivano sempre sugli occhi e non li sopportava: perché li
teneva così corti? In quel modo non le stavano in nessun
modo,
era già tanto se riusciva a fare una coda e ugualmente molti
ciuffi le sfuggivano sulla fronte. Se li guardava spesso per vedere
se crescevano o no ma li aveva sempre e solo fino alle spalle!
Lo
sguardo dagli occhi grigi prese ad ignorare il mondo circostante per
finire nel suo personale, aveva la mania di stare con la testa fra le
nuvole salvo poi trovarsi nei guai e tirarsene fuori a modo suo,
cioè
nel peggiore dei modi: litigando e insultando!
Fantasticò
su quando li avrebbe avuti lunghi fino al sedere, tenerli
così
ricci naturali era un impresa ma se riusciva a farli crescere
così
tanto e non si stufava come al solito, li avrebbe fatti di tanti
colori. Chissà se ce l’avrebbe fatta?
Teneva
dei pantaloni che le arrivavano al ginocchio con un piccolo
spacchetto ai lati, era una stoffa liscia che aderiva bene alla
pelle. Sopra una maglietta col collo tipico giapponese o cinese e dei
ricami di fiori di montagna sul petto. Avrebbe voluto avere le tasche
per sprofondare le mani dentro, ma non avendole le muoveva avanti e
indietro lungo i fianchi in modo alquanto distratto.
Non
aveva il filo di un trucco ed essendo una ragazza di 17 anni era
strano, era una delle poche a non essere fissata col
bell’aspetto,
perciò non colpiva a prima vista, era semplice, acqua e
sapone
anche se sarebbe bastato poco per rendersi molto carina.
L’unica
sua fissazione erano le culture orientali ed esotiche … ma
anche
quelle di ogni altra parte del mondo purché non fosse
italiana.
Certo,
le culture internazionali e gli sport maschili!
Fermò
così subito la mente agli allenamenti di softball del
pomeriggio con grande impazienza, rivide le sue compagne che non
vedeva da molto tempo e ripercorse le routine con loro. Era
così
persa nei suoi pensieri che non si accorse di star passando accanto
al campetto di basket.
C’era
un gruppetto di ragazzi che faceva le ultime azioni di gioco prima di
rientrare, non si muovevano molto da esperti, era evidente che non
giocavano in nessuna squadra. La bionda dal canto suo stava solo
pensando alla vittoria schiacciante dello scorso campionato, del
resto lei aveva effettuato un sacco di fuoricampo. Sorrise da sola
facendo come al solito mille espressioni diverse.
Un
grido la destò all’ultimo momento dai suoi sogni
ad occhi
aperta, siccome poi aveva un tempo di reazione alquanto scadente, non
fece in tempo a capire perché quei tipi le gridavano di fare
attenzione.
Fu
solo una mano davanti alla sua faccia che la divideva da una palla di
basket, ciò che vide quando voltò il capo verso
gli
interessati.
Accanto
a lei vi stava un ragazzo che reggeva quel pallone.
Smise
di pensare alla softball e si prese la briga di cercare di capire che
fosse successo.
-
Ma che diavolo … -
Il
ragazzo con la palla non la calcolò e prese a palleggiare
fissando male i ragazzi del campetto.
Adrian
rimase sorpresa nel constatare che nessuno le avesse detto cosa aveva
rischiato e solo dopo un paio di minuti abbondanti di domande
ignorate, dedusse che la palla l‘aveva quasi colpita!
Gentile
il simpaticone che l’aveva salvata, ma avrebbe almeno potuto
chiederle se era tutto ok.
Poco
dopo si rispose da sola dicendosi che effettivamente se la palla
l’aveva intercettata lui, di conseguenza la sua faccia doveva
star
per forza bene.
Lasciando
perdere certe sottigliezze seguì la scena.
Il
ragazzo dai vestiti trasandati, proprio da strada, si era avvicinato
agli altri palleggiando con uno sguardo scuro. Chissà
perché
era arrabbiato? Si chiese Adry.
Lo
osservò attentamente. Aveva uno sguardo truce e una bocca
imbronciata, occhi azzurri insolenti e lineamenti ribelli. Il colore
chiaro degli occhi risaltava molto sui capelli neri e in disordine
con la frangia e dei ciuffi che gli andavano da tutte le parti:
quello semplicemente la mattina non si pettinava!
Le
venne da sorridere a guardarlo, era strano con quei jeans strappati e
cadenti, la catena appesa e una felpa vecchia blu scura non molto in
forma. Sarebbe stato forse un tipo interessante se non avesse avuto
quell’aria trascurata e stralunata, tipo un tossico o
qualcosa del
genere.
Adrian
completò l’analisi dell’aspetto del suo
salvatore per poi
riuscire anche a notare che a parte ll’aria stralunata, era
un
ragazzo che si notava anche per quel tipo di bellezza da strada,
ribelle e aggressivo.
-
Allora, chi è che non sa tirare? -
Iniziò
insolente come il suo sguardo mostrava.
Sembrava
volesse attaccar briga, allora aveva visto giusto sulla sua indole
…
era uno schizzato!
Uno
di loro sentitosi offendere si fece subito avanti utilizzando il
medesimo tono di sfida e aggressività.
-
Io, e allora? Io so tirare, è stato solo un caso
… e poi non
credo tu sia tanto meglio! -
Chissà
su quali basi poteva sostenere una cosa simile, Adrian proprio non lo
capiva ma la scena la interessò sempre più. Il
moro
sembrava conoscere il fatto suo e lei ne fu molto incuriosita.
Vide
che disse solo un:
-
Ah si? Ma per favore … -
Per
poi prepararsi al tiro. Alzò la palla sopra la sua testa
piegando le gambe, stando attento al bacino e al bilanciamento del
corpo, il gomito dritto davanti al suo viso e la mano destra che
sosteneva la palla stava nella giusta posa, pronta per dare il colpo
secco con il polso mantenendo un disegno dritto con l’indice
per
spingere la palla a canestro. Prese la spinta lasciando la sinistra
che accompagnava la palla a mezz’aria, con la destra
andò
fino in fondo senza deviare di un millimetro, il gomito non si mosse,
solo l’avambraccio lo fece come doveva fare e la mano con le
dita
fecero il movimento perfetto per la buonissima riuscita di un gran
canestro dalla lunga distanza.
Fu
un centro perfetto che ‘bruciò la
retina’ senza nemmeno
toccare il tabellone, ipoteticamente la distanza era da un centro
campo fino al canestro.
Tutti
rimasero a bocca aperta, Adrian per prima. Non pensava che ci fossero
in quella scuola tipi simili che non facevano parte della squadra di
basket. Da dove sbucava? Uno così sicuramente aveva
praticato
quello sport da qualche parte … probabilmente era nuovo.
Lasciò
tutti senza parole e la bionda cominciò ad ammirarlo, aveva
liquidato dei perdenti buoni a nulla con una mossa geniale e una
lezione di basket eccellenti, inoltre come tipo era interessante:
sembrava il classico teppistello.
Sorrise
sorniona, non doveva mica lasciarselo sfuggire!
Sicuramente
ora sarebbe venuto da lei per dirle qualcosa, in fin dei conti era la
quasi colpita e lì lei l’avrebbe ringraziato. Lo
vide
dirigersi nella sua direzione e sembrò soddisfatta, si
preparò
gentile a rivolgergli la parola (gentile poiché aveva capito
che erano circa della stessa pasta); tuttavia quando le
arrivò
di fronte semplicemente la sorpassò senza nemmeno calcolarla
o
guardarla … come se non esistesse.
Questo
bastò per mandare Adrian su tutte le furie e assumere nel
giro
di pochi minuti un nuova espressione comica: quella volta era
arrabbiata.
Come
aveva osato quel teppista ignorarla? Prima la salvava e poi faceva
come se non esistesse … ma allora a che era servito?
Sbuffò
e sbuffò ancora per tutta la strada che le mancò
per
arrivare alla sua aula.
Fu
intrattabile per il resto della mattinata … lei amava essere
lasciata in pace ma se decideva il contrario tutti dovevano andarle
dietro, se voleva essere calcolata dovevano calcolarla, punto e
basta!
Se
così non accadeva la sera con Tom si sarebbe sfogata facendo
la lotta con lui!
Non
capì come mai ma le rimase in testa per tutte le ore quel
ragazzo di cui non sapeva nemmeno il nome e la classe, aveva notato
che possedeva qualche livido in volto, quindi l’aria vissuta
l’aveva eccome, proprio come piacevano a lei. Avrebbe voluto
conoscerlo meglio ma attualmente lo voleva solo per insultarlo!
Mugugnò
il medesimo ‘merda’ della giornata e finalmente la
campanella
suonò.
Già,
quel tipo era proprio strano!
Sembrava
impossibile ma anche quel primo giorno di scuola finì.
All’uscita
dell’edificio si era radunato il gruppo più
popolare della
scuola ‘capitanato’ da Andrea e Kimberly. Tutti gli
studenti si
avviavano verso la stazione, pochi si fermavano ad aspettare amici,
loro 7 attendevano una che tardava ad arrivare. Era Adrian,
l’unica
a stare in classe da sola. La ragazza non veniva più,
probabilmente trattenuta da qualche professore.
-
Uffa …. che gemella ritardataria che ho, come al solito
è
sempre ultima! -
Il
biondino ricciuto dalla massa incolta di boccoli che gli ricadevano
da tutte le parti, stava tirandosi le bretelle della salopette
mugugnando seccato del ritardo della sorella dallo stesso suo volto.
La mano fresca e morbida della sua fidanzata, di Viky, si
posò
sulle sue per placare l’agitazione, spesso si faceva prendere
dall’impazienza che prontamente veniva restituita da lei,
l’unica
in grado di riuscirci.
-
Tom, tranquillo, arriverà di sicuro … -
-
Si, ma se va così non riusciamo a mangiare decentemente
prima
degli allenamenti! -
Robert
dai capelli ramati sbottò schietto e diretto, il suo tono
come
il suo volto era perennemente incupito, come se fosse sempre
arrabbiato. Metteva a disagio chiunque e solo il suo migliore amico
Alessandro riusciva a starci solo.
-
Dai, su, siate gentili, non possiamo mica lasciarla qua. -
L’amico
Alessandro appunto era intervenuto prima che decidessero di andare
senza di lei. Lui ci teneva a stare tutti insieme, era affezionato a
tutti tanto che ormai era la loro mascotte: .piccolo di corporatura,
leggermente effeminato, aria da bambino. Kim e Adry lo chiamavano
cuccioletto!
-
Oh … gentili o no io ho fame e il tempo è
limitato, se
aspettiamo ancora il Brio o il Mac si riempiono subito! -
La
rossa Kimberly era arrivata a dar man forte a Roby e Tom contro,
tanto per cambiare, Vy e Ale. Contro Ale non aveva nulla, anzi le
piaceva un sacco, ma contro Vy ne aveva parecchi di problemi. Erano
troppo diverse e nemmeno l’amore incontrastato per
l’amica Adrian
vinceva la sua fame.
-
Ragazzi, hanno ragione questi tre … dobbiamo andare,
così
almeno facciamo la fila per mangiare e ingurgitiamo cose decenti
senza incoconarci! -
La
decisione del ‘capo’ era arrivata. Andrea non
intendeva tornare
sulla sua decisione, cioè il biondo non era il classico
leder
che si autodefiniva tale e tutti dovevano seguirlo; semplicemente lui
lo era a livello inconscio. Prendeva le decisioni, diceva la sua e
tutti senza accorgersene facevano quel che diceva, sia che fossero
d’accordo, sia che non lo fossero. Aveva un tono di comando
che non
dava fastidio ma che spingeva tutti a seguirlo e ascoltarlo. Era un
‘capo’ strano, non si erano messi
d’accordo sul dargli quella
carica, lo era e basta, per una scelta tacita di tutti. Se si
chiedeva loro chi e come mai fosse il leder, avrebbero detto ad occhi
chiusi Andrea, ma sul perché avrebbero solo detto che era
così
e basta!
‘ lo
è perché lo è!’
Una
cosa simile.
Per
cui anche quella volta tutti si avviarono seguendolo, Adrian li
avrebbe raggiunti ad uno dei due soliti fast food.
Appena
furono tutti andati via, dopo solo pochi minuti arrivò la
ritardataria interessata.
Adrian
tutta trafelata giunse al cancello correndo, sulla spalla aveva sia
un borsone per gli allenamenti di softball pomeridiani, che lo zaino
con un quaderno, un agenda, l’astuccio e diversi manga.
-
Uffa! -
Sbottò
facendo cadere i due oggetti più o meno pesanti, con un
botto
sordo finirono nell’asfalto e li lasciò
lì facendosi
cadere sopra seduta a gambe allungate e larghe: femminilità
zero!
Si
mise le mani nei capelli cercando di domare quei ricci che a ruota
libera andavano a destra e a sinistra.
-
Ma cazzo, potevano aspettarmi un attimo, no? Sono sicura che
è
stato Tom a spingerli a mollarmi qua! -
Prese
a parlare da sola rivelando quanto la sua mente fosse sana!
Dopo
cinque minuti di borbottii si decise ad alzarsi per tentare di
raggiungerli al Brio e al Mac, facendo testa o croce su quale luogo
visitare per prima. Quando fu in piedi vide un ragazzo familiare che
sembrava osservarla da tempo, da quanto era lì a spiarla e a
sentire quel che imprecava? Dall’espressione sbigottita,
probabilmente da parecchio!
Sembrava
che stesse guardando un marziano scintillante: occhi azzurri
sgranati, sopracciglia alzate, fronte aggrottata coperta da neri
capelli incasinati. Era familiare. Lineamenti ribelli, bellezza da
strada, bocca con un perenne broncio.
Si
ricordava: era il tipo del basket che le aveva salvato la faccia per
poi ignorarla!
Quando
ebbe messo a fuoco, istintivamente fece una smorfia
d’antipatia nei
suoi confronti, a ricreazione non l’aveva nemmeno calcolata,
perché
mai ora lei doveva farlo? Anzi, come mai si interessava a lei
così?
Solo perché parlava da sola seduta in mezzo alla strada?
-
Be’, che vuoi? -
Stizzita
disse solo quello per poi voltarsi e avviarsi verso il fast food, non
gli avrebbe dato nessuna soddisfazione!
Testarda
assunse un passo sostenuto come se stesse facendo una gara con lui
che andava nella stessa direzione. Doveva andare anche lui a mangiare
nel suo stesso posto? Si disse seccata.
Quando
si stufò di quasi correre, si bloccò di scatto
facendole finire il ragazzo addosso, per poco non caddero.
-
Ma che cazzo fai, perché ti sei fermata così? -
Seccato
l’altro cominciò a darle contro, lei come era di
sua indole
non si fece mettere i piedi in testa e l’aggredì:
-
Che voglio io?! Che vuoi tu! Mi stai seguendo, ti ricordo ….
-
-
Questa è bella … mica ti sto seguendo! Sto
andando a
mangiare! -
Non
erano affatto gentili l’uno con l’altro, il fatto
era che lui di
natura non era socievole e l’altra pareva più un
gatto
selvatico che una persona normale!
-
Si da il caso che anche io stia andando a mangiare, ma tu ti sei
messo a corrermi dietro! -
-
Certo che ti correvo dietro, prima avevi dimenticato questo! -
Sgarbato,
con un gesto secco le porse il borsone degli allenamenti. Lei si
guardò la spalla e capì come mai fosse
così
leggera: non aveva niente sopra!
Cercò
di ribattere qualcosa ma rimanendo senza parole, spalancò la
bocca e diventò di pietra per poi arrossire: aveva fatto una
delle sue figure di merda!
-
Senti, che ne dici di mangiare insieme allora? Sto andando al Mac
Donald … -
Propose
lei con il tono di un bambino innocente che cercava di scusarsi, la
verità era solo che si vergognava mostruosamente!