Un Colpo Un
Opportunità
PARTE SECONDA:
LA
SVOLTA
Nella
mia storia platonica con Marco, ero arrivata tutto sommato ad un buon
punto, ormai ci conoscevamo, lui mi salutava sempre ed io ovviamente
ricambiavo, veniva a servirci per primo, sempre lui, senza mai farci
aspettare, quando lui non c’era al contrario dovevamo
attendere secoli e secoli prima che venissero a prenderci
l’ordinazione e servirci. Considerato il mio cameriere
personale, continuavo sempre a fare le mie figuracce mega: come ad
esempio per fermarlo, quando dovetti chiedergli ancora qualcosa oltre
alla prima rata di birra, allungai un braccio sbarrandogli la strada e
schioccando le dita…fu imbarazzante, lui si fermò
e mi guardò ridendo di gusto, rifacendo il gesto, mi disse
che era un modo originale di chiamarlo, io divenni rossa, era uno dei
pochi in grado di riuscirci, ora sono così sfacciata che non
succede più nemmeno quello!
Un’altra
in cui mi feci notare fu quando chiesi alle 22.00 di sera, un
cappuccino: fu traumatico per me sapere da lui che in un pub a
quell’ora non si facevano cappuccini, ma solo
caffè macchiati o lisci!
Insistetti,
anzi fu divertente perché quando mi spiegò che
non ne facevano ma che se volevo mi portava uno macchiato, lo guardai
allibita, poi shockata, infine insistente. Dissi così delusa
e capricciosa:
-
ma io voglio il cappuccino!-
Lui
mi guardò ridendo così realizzai un volta di
più quanto fosse affascinante e quanto io riuscissi a farlo
divertire!
Anche
quando io scendendo dalle scale mobili dello spiazzo davanti al locale,
io alzai lo sguardo e vidi proprio il mio angelo affacciato che
guardava giù, mi vide, io lo vidi, mi salutò
sorridente ed io invece di ricambiarlo radiosa e fare bella figura,
inciampai sugli scalini, quasi caddi e al posto del:
‘ciao’ , dissi:
-
merda!-
Ormai
ero un caso disperato, entrambi sapevamo che almeno una volta a serata
dovevo fare qualcosa di strano e imprevedibile, la fama che mi ero
fatta mi stava bene.
La
pausa estiva mi lasciò traumatizzata, in crisi
d’astinenza, ovvero si trattava di due settimane nelle quali
io ero andata in Sicilia dai miei parenti, per cui non
l’avevo visto per molto tempo e non facendocela
più, volevo assolutamente averlo davanti a me il prima
possibile.
Sfiga
volle che proprio l’ultimo giorno di vacanza io mi storsi la
caviglia, sopra una vecchia storta. Avevo il piede fasciato e la
stampella, per evitare di sforzarlo(il viaggio in treno di ritorno, fu
un trauma immenso, ma non paragonabile a quello della lontananza da
Marco!); ebbene riuscii ad andare da lui, una volta tornata a casa, lui
venne subito al nostro tavolo ed io mi beavo della sua bellezza, aveva
i capelli un pochino più lunghi, mossi e sistemati con una
leggera spruzzata di gel, per domarli sulla fronte. Salutò
allegro, non ho mai capito come faceva ad essere sempre così
allegro, e ci chiese dove eravamo finiti, poiché eravamo
stati via a lungo:
-
in vacanza, in Sicilia…ma come vedi siamo tornati!-
Come
per dire: ‘non ti libererai mai di noi!’
Poi
notò la mia stampella e mi chiese mostrando della
preoccupazione o forse semplice interesse:
-
cosa è successo?-
Io
non credevo che si stesse rivolgendo veramente e direttamente a me,
cioè non al gruppo in generale, ma proprio esclusivamente a
me, mi sembrava impossibile, ma non mi feci cogliere impreparata e
dissi:
-
Una caduta in vacanza…mi sono storta la caviglia, ma ormai
ci sono abituata!-
Per
me ogni cosa uscisse dal suo sguardo o dalla sua voce era sinonimo di
divino, quindi pendevo dalle sue labbra, mi fece un incoraggiamento e
un augurio di guarigione, poi fece il suo lavoro e abbandonò
il tavolo.
Solo
per quello, rimasi tutta la serata in una nuvoletta, tutta
sognante…figurarsi se quasi non svenni quando, un paio di
volte dopo, i miei amici mi dissero maliziosamente ironici:
-
Si ma hai notato che ogni volta che deve prendere oppure portarci, si
infila sempre nello spazio vicino a te? E se non
c’è se lo crea lui! -
Io
ovviamente questo l’avevo notato, ma sentirmelo dire da loro,
fu molto più soddisfacente.
Dopo
di quello presi a chiamarlo per nome e lui rispondeva naturale, come
fosse normale, senza seccarsi o quant’altro, ne ero molto
felice, ovviamente.
Una
sera davo le spalle alla sala e immersa nei discorsi con gli altri non
facevo attenzione a nessuno, improvvisamente vidi il viso di Marco
vicino a me che spuntava per chiedere cosa volessimo da bere quella
sera, io saltai nella sedia appiattendomi contro il muro dietro di
me…senza però staccargli gli occhi di dosso:
troppo improvviso, inaspettato…bello!
Solo
brevemente vidi lo sguardo di Stefania davanti a me che ci guardava
attenta, come se avesse capito qualcosa.
Altre
volte si piazzò sempre lì, facendomi prendere gli
stessi spaventi, al colmo della gioia, ma sempre spaventi.
-
Ma Stefania, che c’è che lo guardi
così?-
Le
chiesi infine, lei, molto attenta a questi particolari,
m’illuminò d‘immenso:
-
ma non vedi come siamo messi? Là, all’opposto
della tua posizione, c’è un posto libero, dove
è più comodo mettersi per i camerieri, infatti
gli altri che ci hanno lasciato da bere andavano da quella parte.
Lì vicino a te, non c’è spazio, siete
messi stretti…ma lui ogni volta si infila proprio
lì! Non è strano?-
-
è vero…molto indicativo…-
Rispose
un’altra mentre io ponderavo su quanto appreso e luccicai di
luce mia:
Era
vero, sì!
-
fantastico!-
Conclusi
battendo le mani e sprizzando scintille elettriche da ogni parte di me
stessa.
Le
cose, in un certo senso, andavano avanti, progredivano bene. Nonostante
fosse iniziata in quel modo deludente, aspettando ed avendo pazienza,
le cose non erano andate così male.
Il
problema si presentò, però, proprio a quel punto
del nostro strano rapporto:
Come
smuoverlo?
Qual’era
il passo decisivo per diventare più di quello che eravamo?
Di fatto ancora nulla, conoscenti, sicuramente non amici, insomma,
eravamo ancora un cameriere e una cliente, la cosa comunque mi
intristiva un po’, mi seccava, era bello come stava andando,
ma sarebbe stato tutto superficiale.
Mi
sembrava sempre irraggiungibile, di un altro pianeta e a onor del vero,
in quel periodo non splendevo molto, cioè c’era
qualcosa che non andava.
Un
po’ con gli amici, un po’ i soliti litigi col padre
che bene o male tutti hanno, un po’ con me stessa che sentivo
il bisogno di una persona accanto, solo per me, nella quale rifugiarmi,
sentire e avere.
Avevo
avuto una litigata furiosa con mio padre giusto quella settimana, dove
mi ero arrabbiata molto con lui, non è che io abbia mai
avuto problemi in famiglia, ma diciamo che mi scontro spesso con lui
per i nostri tipi di caratteri.
Quella
settimana in cui avevo bisogno di distrarmi e rilassarmi,
finì con una ciliegina sulla torta: litigai anche con la mia
amica Stefania e Cristian.
Non
spiego il motivo, diciamo era un periodo nero per tutti e loro non
venivano incontro a qualcuno che poteva star male ugualmente, sarebbe
lungo spiegare e difficile, posso però dire che in seguito
facemmo pace subito tuttavia, quella sera, mi bastò
abbondantemente per credere che fra noi fosse tutto finito e per farmi
piangere di rabbia come una fontana, contro ogni mia volontà
ed orgoglio…e finire da sola al mio pub preferito, dove
stavo bene e potevo riprendermi, non avevo voglia di tornare a casa,
dare spiegazioni, stare con altri che cercavano di tirarmi
su…avevo solo voglia di stare sola, per cui me ne andai al
mio rifugio.
Non
era giorno di piena, anche se di gente ce n’era in media
quantità.
Avevo
gli occhi rossi gonfi di lacrime che ero riuscita a fermare, un
espressione tetra e dura, incenerivo chiunque mi si avvicinasse.
Mi
misi in un tavolo singolo, nell’angolo della solita sala,
senza guardare in faccia nessuno, riflettevo ancora sulle parole che ci
eravamo detti poco prima, su cosa avrei dovuto e potuto fare per
evitare, sulle colpe e sui meriti, quindi non vidi arrivare Marco.
All’inizio
con la sua aria allegra e socievole, disse con un fondo di stupore nel
vedermi sola:
-
Ehilà, come mai sola, oggi?-
Io
alzai di scatto la testa verso di lui, non mi aspettavo il suo arrivo
per cui non mi preoccupai di mostrare un espressione meno irata, lo
vidi irrigidirsi impercettibilmente, sicuramente rimase impressionato
da me e dallo stato in cui ero, tanto più che avevo dei
semplici pantaloni sportivi e scoloriti ed una felpa nera col
cappuccio, i capelli spettinati: poco presentabile insomma, meno del
solito.
-
Cosa è successo?-
Mi
chiese subito con un inclinazione della voce meno allegra,
più seria e gentile, volevo illudermi che fosse veramente
interessato, che altri al posto suo non mi avrebbero chiesto nulla,
volevo far finta che almeno lui, quella sera, fosse dalla mia parte e
potesse tirarmi su senza essere invadente o darmi fastidio.
Io
mi trovai un po’ smarrita, non sapevo cosa dire e cosa fare,
tirai su col naso come una bambina e sentii subito, appena provai a
parlare, il nodo riformarsi, le lacrime che premevano di
nuovo…dovevo dire che avevo litigato con la mia migliore
amica e che forse era tutto finito, un amicizia durata anni, dovevo
dire anche che non credevo più ai sentimenti che legano le
persone, famiglia esclusa poiché io con la mia ci stavo bene
ad ogni modo.
-
ecco…momentaccio…-
Riuscii
a dire solo quello, mantenendo una voce meno strozzata e inclinata al
pianto, sapevo che riparlarne con qualcuno mi avrebbe provocato di
nuovo dolore.
Lui
accennò ad un sorriso che non saprei interpretare, forse di
incoraggiamento, penso che capì che non era il caso di
insistere, si vedeva subito che ero ‘nera’, con
più dolcezza mi disse:
-
capita…forza…-
Provai
a fare quel che si dice un sorriso di ringraziamento, ma mi
salì solo una smorfia malinconica.
Credo
che quella sera mi ‘vide’ per la prima volta.
Nacque
un certo imbarazzo perché nemmeno lui sapeva cosa fare:
-
Cosa ti porto?-
-
Una birra…bionda…-
Sorrise
ricordandosi quella volta in cui io non ero stata precisa e mi aveva
chiesto di che tipo la volessi…mettendoci anche un bel
‘verde’ di mezzo, sapeva che anche io mi riferivo
alla stessa cosa e se riuscivo a fare riferimenti di quel tipo, me lo
dissi anche io, non ero poi tanto male, ma ancora non me la sentivo di
sorridere come facevo sempre per lui.
Non
mi tirai su subito, però ammetto che se ci riuscii fu merito
di Marco, riflettei che per una volta potevo averlo tutto per me e
piangermi addosso sarebbe stato uno spreco, così mi diedi
della stupida e trovai in me, come al solito, la forza di andare a
vanti, di vivere a modo mio, in maniera stravagante!
Non
feci espressioni gioiose, ma smisi di avere quell’aria da
funerale, quando mi portò la birra gli chiesi
dell’acqua così mi bagnai il fazzoletto di carta
mettendomelo sugli occhi, non mi truccavo mai normalmente, quella sera
men che meno!
Mi
stavo ravvivando con calma e si notava…come si notava anche
che ogni volta che lui passava mi guardava ammiccando amichevolmente al
mio indirizzo; penso di avergli fatto una certa impressione, abituato
ormai a vedermi in atteggiamenti buffi e divertenti, poco seri,
insomma, sicuramente aveva subito una specie di shock, rendendosi conto
solo ora che avevo molto ancora da mostrare e che potevo essere
più interessante di quel che sembrava d’impatto.
Per lo meno ragionando su quella sera, immagino fosse così.
Accantonai
del tutto i miei problemi decisa a mandare tutti al diavolo, non li
avrei ascoltati più Cristian e Stefania a meno che non si
fossero scusati, ma anche in quel caso ero intenzionata a lasciar stare.
Di
natura sono forte e nonostante i momenti down che capitano a tutti
nella vita, mi riprendo sempre in fretta o da sola o aiutata da
qualcuno, detesto perdere troppo tempo a star male o per altri o per
sciocchezze, io non credo ci siano mai motivi abbastanza grandi per
piangere sulla propria vita, ma solo su quella degli altri, quando si
vedono bambini per strada che muoiono di fame o malattia, quando si
sente parlare dell’Africa o dell’India(per fare
esempi), oppure quando si sente che una nuova guerra è
iniziata. Io credo che vada bene star male per le stupidaggini che ci
succedono, ma non rimanerci a lungo, altrimenti la sofferenza di chi
sta veramente male, viene sprecata e dimenticata.
Con
questa filosofia mi rialzo in fretta e trovo la forza dentro di me,
credendo nella persona che sono, senza demoralizzarmi con confronti e
cose simili. Io so quello che sono, non gli altri e fare affidamento su
qualcuno va bene ma fino ad un certo punto, perché devo
sapere andare per la mia strada con la mia mentalità senza
farmi influenzare.
Sono
consigli di una persona preziosa che io stessa detti ad essa quando
stava male.
Altre
volte Marco mi chiese, passando davanti, se volessi
qualcos’altro e quando finii la birra domandai un Gin Lemon,
avevo sete ma non volevo acqua o succhi.
Mi
sentivo decisamente meglio e quando mi portò da bere, si
sedette al mio tavolo, potrei morire anche ora a ricordarlo, per me fu
una sorpresa enorme che mi fece dimenticare del tutto quello che mi
aveva demoralizzato e fatto arrabbiare quella sera.
Avevo
lì davanti a me Marco che sorseggiava una birra piccola e
fumava una sigaretta, fece quello che sapeva far meglio: sorrise ed io
andai sempre più in confusione!
-
Ho un attimo di pausa, posso stare qui?-
Io
trattenni il respiro quando lui parlò proprio diretto a me,
ok, l’aveva già fatto, ma da così
vicino, cioè seduto di fronte a me, mai. Desiderai
all’istante che il momento non finisse più.
-
si, prego…-
Arrossii
solo in un primo momento, anche se ero sempre sognante, non credevo
ancora che rimanesse lì davanti a me, non mi spiegai il
motivo ma ora penso di poterlo giustificare come curiosità
nei miei confronti, prima di allora probabilmente si era limitato a
definirmi pazza e strana, ora c’era qualcosa che
l’aveva attirato ed io la definii solo sana
curiosità…anche se non mi sembrava il tipo che
gli piaceva farsi corteggiare o che stuzzicava chi gli moriva
chiaramente dietro.
Tirò
una boccata di fumo(eravamo nella sala fumatori ma io non fumavo e non
fumo tutt’ora…ero lì perché
ormai quello era il nostro posto) ed io notai come la sigaretta gli
stesse bene fra le dita e poi fra le labbra, in generale ritengo che ci
sono tipi che sono più belli quando fumano, non lo so, forse
a livello di estetica…è una cosa complicata che
non capisco, seppure sono io a pensarlo. Io detesto il fumo, non ho mai
tirato nemmeno una volta, e avendo problemi respiratori, a volte,
preferisco evitarlo, ma siccome tutti i miei amici fumano, alla fine
sono abituata anche a quello e riconosco che in alcune persone la
sigaretta alla mano sta bene.
Marco
è fra questi, guardavo assorbita la sua mano, le due dita
affusolate che reggevano disinvolto la Camel, aveva delle belle mani e
lo notai solo in quel momento che potevo vederle bene e con calma, a me
piacciono le mani e le guardo sempre nei ragazzi, ci sono quelle belle,
curate, d’artista, con le unghie sistemate e non mangiate, le
dita sottili ma non troppo, con un apparenza forte, non pelose o troppo
venose o nodose, semplicemente belle.
Prendendomi
ancora una volta alla sprovvista cominciò a parlarmi, aveva
un tono calmo ma con una sfumatura d‘interesse:
-
Come va’?-
Io
mi scossi dalla contemplazione delle mani:
-
vuoi?-
Mi
chiese poi notandolo:
-
no, non fumo…guardavo come la tieni…comunque sto
piuttosto meglio…grazie!-
Avevo
un tono di voce basso e non allegro come avrei voluto, avevo pianto
molto quella sera e anche gridato, quindi non avevo voglia di mostrare
stati d’animo che ancora non sentivo, poi anche fisicamente
ero stanca e spossata ma non volevo andarmene a casa, per nessuna
ragione.
Mi
sembrava di stare in un posto sospeso a metà, fra la vita
reale e quella finta, dove potevo stare bene senza far nulla, dove
nessuno mi rompeva e mi portava ai miei doveri.
-
Come mai sei nella sala fumatori, allora?-
Chiese
senza capire.
-
Ormai questi sono i miei angoli preferiti, ci mettiamo sempre qua con
gli altri e sto bene qui…-
Lui
fece un cenno affermativo, aveva uno sguardo diretto al mio, mi
scrutava cercando di capire cosa mi passasse per la testa, almeno
così mi sembrava.
Man
mano che parlavamo la confusione e l’agitazione iniziale
scemava, mi sentivo sempre più a mio agio e tranquilla e
riuscivo a fare qualche piccolo sorrisino tirato, lui in compenso aveva
quelle sue espressioni che andavano dalla seria alla divertita, cercava
di tirarmi su, ma non potevo dirgli che mi bastava che rimanesse
lì e per me era a posto!
Lanciò
uno sguardo al mio cellulare sul tavolo, notando che era spento, non
volevo che nessuno mi rompesse, tanto a casa sapevano che ero da
Stefania, lei pensava fossi a casa, quindi non mi preoccupai di
nessuno, non volevo che mi rintracciassero.
-
Allora, è un momentaccio, eh?-
Introdusse
il discorso senza nemmeno sapere bene come fare, apprezzai il tentativo
e pensai che forse riuscivo a parlarne senza rimettermi a piangere come
una stupida, mi sentivo sempre scema quando piangevo, lo ritenevo un
inutile segno di debolezza, io non lo ero e quindi era assurdo farlo!
Parlai
con un sorriso di scusa, inspiegabile, che mi venne naturale, e un tono
basso, lui si appoggiò al tavolo per sentire e
sorseggiò la sua birra.
-
Si, capita…è una settimana nera…ho
litigato con mio padre giorni fa, quindi il mio umore si è
guastato per quello…poi è un periodo che coi miei
amici non va‘, io e la mia migliore amica ci stiamo
allontanando e stasera abbiamo litigato di nuovo, ci siamo dette cose
brutte, sai come succede, no? Una tira l’altra…e
tutti rimangono male, poi. Contando che personalmente non sto troppo
bene di natura, ora, per via di problemi personali, legati a nulla se
non a me stessa, è stato facile per me scoppiare…-
Mi
ascoltò in silenzio e serio, non so quanto capì
dal mio discorso confuso, ma alla fine la voce mi tremò
così decisi che bastava. Distolsi lo sguardo dal suo, io
guardavo e guardo sempre negli occhi le persone quando parlo o quando
parlano loro, ma in certi momenti non ci riesco, il suo era troppo
diretto e penetrante, mi stava prestando attenzione ed era motivo
d’imbarazzo in quell’attimo.
-
Non preoccuparti, capisco sai…se sei tu per prima a non star
bene è ovvio che finisce così, sono gli altri che
ti sono intorno a dover capire…quelli che ti sono veramente
legati…-
Mi
sorprese il suo discorso, aveva tutta l’aria di qualcosa di
serio e profondo.
-
Si, è vero ma non penso di dovermi giustificare
così, la colpa è mia come degli altri. Io devo
saper accantonare i miei problemi quando sono con gli altri, tutti ne
hanno e non è giusto poi prendersela con chi non
c’entra…vero è comunque che anche lei,
la mia amica, ha fatto esattamente la stessa cosa…sai, il
suo problema è che pensa che solo lei ha problemi, scusa la
ripetizione, e che gli altri abbiano sciocchezze
trascurabili…io vorrei farle capire che nel mondo ci sono
cose peggiori della sua e che ognuno ha le magagne, ma questo non lo
comprende…quando fa la parte della vittima mi manda in
bestia, perché non considera gli altri e non si accorge se
con chi si sfoga, sta bene o male…-
Di
natura io quando parlo faccio caos e non utilizzo un buon vocabolario,
ma il fatto stesso di non dire parolacce nel discorso era una grande
vittoria, di norma parlo come uno scaricatore di porto!
Mi
resi conto di aver parlato troppo e me ne scusai imbarazzandomi ancora,
però avevo rialzato lo sguardo, mi prendeva il discorso e mi
sembrava uno sfogo personale…che avvenisse con lui mi faceva
felice. Mi sentivo più leggera rispetto che se ne avessi
parlato con qualcun altro.
-
A lungo andare logora, questo comportamento…bisogna solo
considerare di più gli altri, non concentrarci su noi stessi
ma metterci nei panni degli altri, tutti hanno problemi, hai
ragione…per non scoppiare e soffrire serve una valvola di
sfogo che non faccia male a chi ci sta intorno…altrimenti ci
si auto compatisce e non va bene così…-
Marco
sembrava aver capito appieno il discorso ed eravamo sulla stessa
lunghezza d’onda, la pensavamo uguale, andammo avanti a
parlare di queste cose anche dopo la sua sigaretta e la birra, ma fu
richiamato al dovere e non poté rimanere oltre, si vide che
fu un po’ dispiaciuto, penso che gli fosse piaciuto e il
risultato era divino anche per me, potevo dire di stare bene, non mi
sembrava vero.
Quella
sera me ne andai quando il locale chiuse, fui l’ultima e
tornai alla macchina accompagnata da lui, non parlammo molto nel
tragitto, diciamo che godemmo semplicemente l’uno della
compagnia dell’altra, sentivamo che si era creato qualcosa di
nuovo, di diverso rispetto a prima…ci guardavamo con occhi
diversi, la svolta che serviva era avvenuta, me ne resi conto a casa e
quasi non stavo più in me.
Per
questo ora sono così contenta al solo parlarne, sono
arrivata a questo punto della nostra storia, non stiamo insieme, non
è successo veramente nulla di grandioso, ma a me sembra
stupendo anche solo il momento in cui sono, quel qualcosa che aspettavo
cambiasse fra noi è successo ed ora devo solo aspettare la
sua prossima mossa.
Non
vedo l’ora di rivederlo.