A MOON APPAREAD IN
THE NIGHTSKY
CAPITOLO X:
NIENTE
DI CHE
/Leggero/
La
scuola è iniziata e la voce che un membro importante del
club di basket si è spanta a macchia d’olio. Una
fastidiosissima macchia d’olio. Akane Tachibana del club di
basket, l’ala, è stato investito da un camion e
per evitarlo è caduto dal ponte rompendosi la gamba. Una
cosa talmente pericolosa e dolorosa che l’ha portato ad
andarsene in un istituto specializzato in quelle cure. Ed io passando
solo per il giardino, attraversando la scuola, sento gli sguardi fissi
su di me. E sussurri di chiunque mi veda.
Pietà,
curiosità, morbosità….idioti.
Sono
cose che detesto.
Sono
stato sottoposto a questo genere di pressione fin da piccolo e ci sono
cresciuto in tandem portandomi all’insensibilità e
ad una chiusura che danneggiava di proposito gli altri.
Ora
cosa sono?
Grazie
ad Akane sono cambiato, non me ne importa di quel che dicono, fanno,
pensano…ero con lui. Potranno parlare di me e criticarmi ma
non mi capiranno mai. Ne loro ne la mia famiglia.
Hanno
fatto passi in avanti ma a volte sembrano così indietro
ancora.
Ed
io sempre più insofferente all’ottusità.
Voglio
essere lasciato in pace, voglio del silenzio, voglio la mia sana
solitudine. Voglio tornare come prima, Quando c’era Akane che
mi trascinava nelle sue scorribande coinvolgendomi ovunque.
Non
erano cose da me, e lui che si impicciava in ogni situazione pur non
volendolo.
E
ne risolvevamo, dannazione.
Ora
da solo non ho più voglia di fare nulla.
Non
ho voglia di nessuno.
Con
sguardo tagliente guardo male alcuni studenti addossati al muro del
corridoio che continua a parlottare.
Cos’avranno
poi tanto da dire?
Akane
non c’è più ed io sono solo. Sono
rimasto qua, e certo cosa ci andavo a fare là? Qua poi ho un
compito importante. Devo mantenere tale il suo tesoro. Il nostro
tesoro. Glielo devo rendere riaccogliendolo poi fra noi. Per far si che
tutto rimanga invariato. Che nulla degeneri e svanisca.
E
lui non deve essere distratto. Deve concentrarsi e guarire presto.
E
tornare a saltare.
Deve.
E
tutti che si perdono in discorsi inutili da impiccioni.
Quando
notano il mio sguardo si zittiscono subito voltandosi imbarazzati.
Chissà
cosa credono, che vantaggio c’è
nell’avere Akane lontano? Sospiro ed entro in classe
iniziando la lezione.
È
veramente stressante ora. Troppo.
Me
ne rendo veramente conto adesso che è iniziata la scuola,
senza di lui.
Chissà
cosa farà. Oggi gli telefono. Probabilmente lo iscriveranno
ad una scuola locale, ha iniziato gli esercizi a pieno ritmo.
Era
più leggero. Era questo il punto, credo. Con lui ogni coisa
andava più veloce e libera. Ora pesa anche la più
piccola sciocchezza.
Quella
sensazione che viene quando qualcosa di difficile ti riesce e poi stai
bene, non pensi più a niente.
O
anche quando i ragazzini vanno in sala giochi a cazzeggiare. Non fanno
nulla di che, stanno a sfogare quel tempo libero e nonostante le dure
prove che gli danno la vita loro si perdono in quelle cose per potersi
sentire leggeri in quegli attimi. Penso che in quei casi o ti fai di
qualcosa o ti attacchi alla vita. Ma è quando rischi tutto
per una stronzata che fai, poi non vuoi morire. E con tutto te stesso
risorgi, aggrappandoti anche a qualcuno che passa.
Con
Akane ci si sente in questo modo. Leggeri.
Era
così per me e anche solo sentire la sua voce da sollievo, ma
non basterà. Mi sento leggero con lui, come stare nel
vestito migliore che si ha e partire senza destinazione e senza date da
rispettare.
E
poi lo so, comunque, di essere fortunato. Basta che mi guardi in giro.
C’è gente che sta peggio. Me ne convinco,
è così. Chi lotta concretamente per non andarsene
da questo mondo. E che vuoi? Sono fortunato alla fin fine. Non ho avuto
io l’incidente, non rischio io di non giocare più,
non sono io il povero in canna, non sono io quello dotato di nessun
talento, non sono io quello che deve nascondersi.
Così
confronto a tutta questa gente che sta peggio di me mi sento in diritto
di DOVERMI sentire leggero, ma se poi non ci riesco, se poi mi sento
solo più pesante con grande egoismo, che vuoi che faccia?
Aspetto
la mia botta di vita.
E
mi riduco a ricordare che con lui ero leggero.
Non
mi auto-compatisco, vado solo avanti in questa vita che diventa sempre
più poco per me. Ma la porto aventi per la promessa che gli
ho fatto, perché glielo devo.
/I soliti
impiccioni/
Anche
per oggi torno a casa, dopo l’allenamento e dopo la scuola.
A
proposito di impiccioni, è da quando Akane se ne
è andato che i miei non si fanno vivi.
Quando
ho telefonato a mio padre poi è venuto mio fratello pensando
che volessi parlare. Ho fatto scena muta tutto il tempo, non avevo
voglia di nulla. Loro cercano di capirmi ed erano sicuri che tornassi
da loro. Ma volevo ancora un po’ stare solo.
Un
po’.
Takuya
è sulla buona strada, lo ammetto, ma a volte è
troppo ottuso. Lo è sempre stato. Vede solo dritto davanti a
se e le deviazioni possibili non le considera perché crede
che l’unica strada percorribile sia la sua.
E
come richiamato dai miei pensieri eccolo lì, davanti casa
mia che mi aspetta.
E
ci mancava lui a completare il quadro del mio stress che sale sempre
più in questi giorni.
-
ciao…-
mormoro
senza alzare la voce. Ricambia e mi chiede come sto.
Come
vuoi che stia? Per lo meno ora me lo chiede. Non me lo chiedeva mai.
Alzo
le spalle evitando la risposta.
‘Leggero’?
magari…
-
la mamma mi ha chiesto di portarti queste cose…-
Entro
e lo lascio entrare dietro di me, butto il borsone sul pavimento ed
evito di guardarlo.
Si
siede sul letto accanto alla porta e mi fissa mentre mi dirigo in
cucina e bevo dell’acqua
offrendogliene un po’.
-
Hitonari, non ho ancora capito perché non sei
tornato…ora che non c’è più
Tachibana che…-
è
il mio sguardo ad interromperlo. Non solo ottuso ma anche
più stupido di quel che ricordassi. Non so che tipo di
sguardo devo avere. Non lo so. Ma quel che provo penso che sia il
risultato della pressione e dello stress di questi giorni. E lui che se
ne esce con questa frase geniale.
Io
mi limito a guardarlo negli occhi
e a stringere il bicchiere che gli porgo. Lui interrompe
la frase e non prosegue distogliendo lo sguardo imbarazzato.
-
questo è il mio posto.-
la
mia unica risposta e la sola frase che nell’arco di tutta la
serata dico e avrò detto.
E
non capisco come fa a non entrargli in testa questo concetto. Glielo ha
detto Akane in qualunque modo glielo abbia detto quella volta. Quella
volta.
Me
la ricordo perfettamente e mi torna in un lampo.
È
stato un momento importante della mia vita quella sera.
La
giornata rovinata da questo idiota e poi migliorata da
quell’altro. Un branco di impiccioni, diversi fra loro. E
sono grato che quell’impiccione dalla gamba rotta sia tale e
sia entrato prepotente nella mia vita scombinandomela!
-
senti…bè…niente, dai…va
bene anche così. Fai quello che devi e che vuoi, come
sempre…anche da solo ce la farai…-
torno
a guardarlo penetrante e lui si alza per andarsene, ha il potere di
peggiorare le cose.
-
…in fondo è solo un sentiero ripido con qualche
fiore in meno da prima…-
apre
la porta, c’è una lunga pausa di silenzio nella
quale sembra non abbia più cose da dire.
Poi
si volta a metà e guardando in basso dice:
-
Hitonari…comunque mi dispiace…-
e
se ne va. Non aspetta risposte, sa che non ne avrei date.
-
non sono solo…-
non
lo sono…dannazione. Mi siedo nel letto al posto suo e prendo
il volto fra le mani.
Sono
stanco.
Premo
gli occhi chiusi nei palmi e afferro i capelli che sono cresciuti un
po’ rispetto all’inizio dell’estate. Non
li ho nemmeno spuntati…non ho più badato a me
stesso.
Non
ci ho pensato.
Un
sentiero ripido con qualche fiore in meno rispetto
all’inizio…? Bene, belle
parole…consolanti. Cosa voleva? Farmi capire che comunque
aveva compreso il discorso?
Non
ci riesco.
Quella
volta era arrivato Akane a tirarmi su, ora chi arriverà?
Io
non ci riesco. Ce la metto tutta. Riverso ogni energia e momento nel
basket ma quando sono solo e stanco sento tutto il peso crollarmi,
schiacciarmi. Sentire la sua voce, provare nostalgia e voglia di
vederlo, toccarlo, baciarlo, far l’amore con lui e non
poterlo fare, non poterlo vedere…e anche se vado da lui ci
distraiamo e lui perde la voglia di continuare, vuole tornare da me, si
rattristisce, si perde d’animo…o forse quello sono
io? Riprendere l’apnea dopo aver respirato…come si
fa?
Non
ci sono ancora andato e non credo sia una buona idea andarci…
Il
vederlo per uno o due giorni(se lo facessi), il sentirlo al
telefono…..il ricordare….tutte cose che hanno
breve durata. Ed io so solo che senza e in questo silenzio non ce la
faccio….con una serie di sconosciuti e di imbecilli che
mettono il naso nei miei affari.
Non
riesco.
E
non posso stare fermo.
Lui
quella sera mi ha poi telefonato dicendomi di essersi
perso…mi ha dato delle informazioni quali un grande
monte…ed io sono andato a prenderlo immaginando dove dovesse
essere.
L’ho
portato a casa e nel tragitto siamo stati in silenzio. Non mi ha mai
detto cosa ha detto e fatto nel ritiro di mio fratello…gli
avrà parlato a modo suo.
Entrati
in casa ha sbottato: ‘è ottuso, ma forse
l’ha capita che le strade senza fiori sono noiose!’
Facile
da capire!
‘
hai parlato con mio fratello?’
gli
chiesi. Lui stravaccandosi sul letto per stare più comodo,
era stanco, rispose semplice: ‘ ha una mente a senso unico,
fortuna che tu non sei così!’
Lo
presi per un complimento e per un si alla mia domanda.
Si
tolse la camicia ancora bagnata e mi chiese dei pantaloni rimanendo
anche scalzo, i capelli ancora bagnati.
Lo
guardai in quel momento e inghiotii a vuoto. Si, lo ricordo. Era una
sensazione strana, la
gola si seccò e la bocca dello stomaco si chiuse. Non cenai
quella sera anche se lui mangiò anche per me.
Gli
diedi i pantaloni di tuta e si cambiò davanti a me. E si, lo
devo ammettere. Mi imbarazzai un po’.
Lui
per fortuna non lo notò.
Poi
rimanendo steso sul mio letto per recuperare le forze, parlò
ancora con me del più e del meno, mi fece una buona
compagnia facendomi mettere il buon umore…insomma, per
quello che potevo avere a quel tempo.
Mi
sedetti a terra accendendo la tv, non c’era nemmeno una
partita così lasciai in uno di quei programmi stupidi che
vedeva lui. Inizialmente fu veramente interessato, a quanto pare,
rideva come un cretino ed io lo fissavo scettico, poi il programma
finì e lasciai una di quelle nenie giapponesi che mettono ad
una certa ora.
Lui
si mise comodo ed io appoggiai il capo nel materasso dietro di me.
Sentivo
il suo respiro su di me.
‘
cosa hai intenzione di fare?’
mi
riferivo se sarebbe andato a casa prima o poi, ma lui capì
un'altra cosa. Era mezzo addormentato e assonnato disse mettendomi una
mano sul capo come si fa coi bambini.
‘
non mi stacco da te finchè non ti supero!’
somigliava
più a una minaccia, poi la mano scese sulla mia spalla a
peso morto e il silenzio invase la stanza. Mi voltai spalancando gli
occhi dallo stupore e lo vidi che dormiva.
Mi
misi a pensare sul da fare ma mi incantai. Non era il classico bel
ragazzo che colpisce per la sua esteticità. Era un tipo. Poi
quei capelli neri arruffati che finivano per coprirgli quasi tutti gli
occhi erano buffi. Si era addormentato a torso nudo, scaldinoso non
aveva voluto una maglia e si che non era caldo. Ammetto che
però in quella stanza la temperatura era piuttosto alta.
Rimasi
a lungo in silenzio a guardarlo e riflettei.
Cosa
voleva quel tipo da me? Entrato prepotente nella mia vita facendo un
baccano assurdo…impicciandosi in tutta la mia vita,
costringendomi a giocare…e…rendendomi dipendente
da lui. Ora lo so e con il senno di poi posso dire che mi ha reso
dipendente da lui ma la cosa è stata reciproca. Stava
diventando importante e se poco tempo prima avevo ammesso che eravamo
diventati circa amici quella sera mi trovai a chiedermi: ma cosa voglio
io da lui?
/Era semplice/
Stizzito
per quei pensieri e per non capire subito preferii vedere al lato
pratico.
Akane
non aveva un soldo e ormai si era addormentato. Non si sarebbe mosso da
casa mia. Il suo numero non l’avevo e tanto meno quello di
qualcun altro. Avrebbe dormito da me…ma il caro ragazzo
occupava tutto il mio letto…così mi trovai
costretto ad aprire un vecchio futon che tenevo prima di avere il letto
all’occidentale.
Lo
sistemai accanto a lui e mi stesi rimanendo seduto a fissarlo.
Non
capivo esattamente. Non ero stupido da nascondermi dietro
all’amicizia. C’era qualcosa di più. Era
diventato essenziale, pian piano. Tanto da riuscire a cambiarmi
lentamente. Non volevo che uscisse più dalla mia vita.
Non
mi addormentai finchè non me ne resi conto.
Me
ne stavo innamorando.
Semplicemente.
Mi
piaceva. Non ci ero dentro fino al collo ma ci sarei arrivato.
Stava
diventando indispensabile.
Non
sorrisi, feci probabilmente solo un espressione più serene.
Mi distesi e dopo un attimo mi addormentai.
Fu
un momento molto bello. Non me ne vergogno. Ho cominciato a scoprirmi
umano.
Ci
svegliò un bussare forte ed insistente. Mi svegliai di
soprassalto e spaventato, quasi, ma senza dimostrarlo, mi alzai ed
andai ad aprirlo. Io ero col mio solito pigiama, i bottoni della
camicia si erano slacciati e l’aria tutta scarmigliata e
assonnata…o per lo meno io credevo di apparire chiaramente
addormentato.
Era
il vice Kanemoto. Gridò agitato che l’aveva
chiamato la madre di Akane infuriata chiedendo se avevano visto Akane,
non era tornato per tutta la notte e l’ultima notizia che
avevano risaliva alla sera prima, perso in qualche posto strano. Se
sapevo o se avevo avuto notizie. Poi prima che potessi rispondere
guardò dentro e vide steso nel mio letto completamente
scoperto solo coi pantaloni di una mia tuta, Akane, aveva aperto gli
occhi in quel momento e la medesima aria addormentata e stralunata.
Ci
guardò e diventò rosso peperone.
Poi
si mise a balbettare: ‘n-non…non volevo
disturbare…scusate…non sapevo
che….oddio…perdono…me ne vado,
continuate pure!’
Ebbi
un risveglio piuttosto brusco, quindi. Diventai rosso anche io
nonostante il mio biancore solito e guardai Akane irrigidendomi. Lui
non aveva capito e tirai un respiro di sollievo. Beata
ingenuità!
‘
bè? Che voleva?’
chiese.
Ed io sbattei la porta spiegandogli a monosillabi.
‘
oh, che bella dormita! Verrò più
spesso!’
sentenziò
trionfante!
Ora
come ora, mi vien da sorridere, poiché lo faccio
più spesso pensando a lui.
Sorridere.
Paradossalmente.
Sorridere
amaro e nostalgico.
Perché
è tutto quel che mi rimane.
Stringo
ancora le mani sul mio volto che tengo coperto.
Non
voglio far vedere. A chi? Sono solo.
Non
voglio essere debole, non lo sono in realtà. Non
più.
Ma
è pesante e questo stress crescente mi logora.
Non
so quanto resisto.
Ma
non sono solo.
Mi
mordo il labbro e trattengo il respiro.
Non
ci riesco.
Bruciano
gli occhi chiusi. Bruciano. Non li aprirò.
Respira.
Rilassati.
Respira.
Passerà.
Passerà tutto.
E
con questo nodo bussano alla porta.
Sono
qua vicino e non mi devo alzare per aprire. Lascio il mio viso libero,
gli occhi arrossati e lucidi. Non ho pianto. Le lacrime non mi sono
uscite. Non ancora.
Nessuno
ha detto che sarebbe stato facile.
Ma
l’ho spinto io ad andarsene per guarire.
L’avrei
aspettato e sarebbe andato tutto bene.
Gliel’ho
detto e lo pensavo veramente. Lo penso ancora.
Sono
Harumoto e Arada. Harumoto sorride come suo solito e irrompe nella
stanza:
-
ehilà. Hai fame? Eravamo da queste parti e pensavamo di
salutarti! Possiamo?-
dopo
essersi accomodato mi chiede se poteva. Simpatico.
Non
faccio alcuna espressione, Arada invece è più
normale, rispetto al suo amico. Più brusco come tipo.
-
ciao…ha insistito per venire a farti compagnia…-
Era
da molto che non lo vedevo e non mi dispiace salutarlo.
In
fin dei conti non me lo aspettavo…torno a respirare. Me ne
rendo conto e i miei nervi si sciolgono.
Non
è ancora ora di piangere e arrendersi.
Non
lo è.
Lo
sapevo che non ero solo…