CAPITOLO
XII:
VOGLIO
RESTARE QUI
/Il luogo di ricarica!/
Nuovo
giorno.
Non
fa per niente caldo, ormai l’anno scolastico è
iniziato da un pezzo eppure questi pazzi si ostinano a venire qua.
A
dire il vero è da secoli che non ci veniamo più,
da quando Akane si è rotto la gamba e poi se
n’è andato. Ora riesco a dirlo con più
leggerezza ma non è facile come sembra. Mi sforzo.
Perché Hitonari Hiragi non è veramente
insensibile, una macchina fredda come sembra. Reagisco a modo mio.
È
stata un’idea della Minefuji, ha affermato che
c’era una cosa importante che doveva dirci e per farlo voleva
assolutamente che andassimo nel nostro rifugio, dove normalmente
festeggiamo qualche importante vittoria o ci ricarichiamo per la
partita successiva.
Ci
sono i nuovi iscritti che non sanno nulla della scalinata che da sulla
spiaggia…o meglio conosceranno il posto ma non sapranno che
è il nostro rifugio. Il rifugio della squadra.
C’è
un venticello fresco che gela la pelle, i capelli si scompigliano
subito, a breve tremano quasi tutti, però lei insiste.
-
A dire il vero volevo fare un bel barbecue…ma Hitonari me lo
ha impedito! -
Ti
credo, non è mica estate!
Non
dico nulla, scuoto la testa e mi siedo negli scalini. Uno dei due
ragazzi nuovi mi si siede accanto, il più casinaro, quello
che quando gli parlo gli vengono le stelle negli occhi.
L’altro, il suo amico dalla doppia personalità,
geloso, si siede accanto a lui e mi lancia uno sguardo sbieco. Mi sento
a disagio.
Speriamo
che si sbrighi a dire quello che deve dirci.
-
Avanti, allora, cosa ci doveva dire d’urgente?-
Harumoto
l’esorta a parlare coi suoi modi irruenti.
Lei
gli lancia uno sguardo trasognato e lo comunica:
-
Ragazzi, la vostra cara e dolce allenatrice, in primavera, si sposa!-
Le
urla s’innalzano, c’è chi si soffoca,
chi ride a crepapelle (tipo il casinista accanto a me), chi si
congratula entusiasta, chi fa domande di vario genere…e chi,
come me, non fa nulla poiché se lo aspettava da un momento
all’altro.
-
Mi sposerò a Maggio, ma in realtà è
solo una formalità poiché non faccio cerimonie,
solo le solite firme al comune. Poi però siete tutti
invitati al pranzo…e a darmi i regali, ovvio!-
La
Minefuji sposata, questo non me lo sarei mai
aspettato…voglio dire anni fa. Poi è arrivato il
suo principe azzurro. Akane la prenderebbe in giro fino alla morte!
L’informerò…magari però ci
tiene a dirglielo lei. Bè, in ogni caso dubito fortemente
che verrà per l’occasione.
Lo
conosco, per lui sarebbe ancora più dura,
nell’incertezza del punto in cui si troverà a quel
tempo…sicuramente sarà difficile che lui venga
per poi doversene andare…e poi si farà rivedere
da tutti solo quando potrà camminare normalmente, per farsi
vedere da noi così come lo ricordiamo, come ci piace vederlo.
Loro
continuano a parlare con una grand’agitazione, forse dovrei
congratularmi anche io coi due futuri sposi. Come ci si congratula? Con
un semplice ‘auguri’? Spero possa
bastare…
Questo
mi fa ricordare l’anno scorso…eravamo venuti qua,
era domenica. Con la squadra avevamo organizzato un barbecue serio
sulla spiaggia e c’era anche Kondo, il prof. Akane e Kanemoto
erano andati ad invitare Yamazaki, mentre la Minefuji faceva il solito
ritardo.
Io
aspettavo Akane, mi stavo annoiando, gli altri facevano i soliti scemi.
Avevo
passato molto tempo a riflettere.
In
realtà lo stavo facendo ininterrottamente dalla notte in cui
Akane era venuto a dormire da me.
Da
quando avevo capito che mi stavo innamorando di lui.
Non
era di per se una rivelazione shockante, ma non mi sono mai immaginato
gay e me lo stavo ripetendo all’infinito. Ora lo capisco
bene, cioè essere gay o essere etero non significa nulla.
Non sono scelte, ti ci trovi dentro contro la tua volontà e
non sai come fare all’inizio, ciò che prima non ti
aveva toccato, ti coinvolge in prima persona e allora che fai?
Mi
sentivo strano, non avrei mai detto, a quel tempo, che sarei potuto
diventarlo.
Non
sono un tipo che si scandalizza facilmente.
In
realtà non sono per nulla uno che si fa prendere
dall’agitazione per certe rivelazioni, eppure capire di stare
per innamorarsi di un altro ragazzo, uno che per di più si
autodichiarava mio rivale con cui litigavo spesso, non era facile
nemmeno per me. Cercavo di capire come sarei dovuto sentirmi. Ero in
subbuglio ed in seguito compresi che lo ero non perché ero
gay, bensì perché stavo perdendo la testa per
qualcuno e quel qualcuno era il mio opposto.
Se
mi sarei legato ad una persona, sarei cambiato inevitabilmente, molto.
N’avevo paura. Ero già nella fase del cambiamento
per conto mio, poi si aggiungeva lui e il quadro del perfetto
confusionario era completo. Non capivo ancora bene tutto e meno di
tutti me stesso. Guardavo il mare e cercavo risposte sul mio stato
d’animo. Ero leggero e pesante allo stesso tempo.
Capivo
che la possibilità che lui mi ricambiasse era remota e il
motivo principale, purtroppo, era la nostra sessualità.
Eravamo
due ragazzi. Io per primo non avrei mai pensato di diventare quello che
ero diventato, figurarsi lui, lento di comprendonio com’era,
se se ne sarebbe accorto…sempre se era come me.
Ebbene
la mia crisi che sembrava chiusa, tornò a sorridermi.
Pensavo non mi avrebbe capito più nessuno, definitivamente.
La società Giapponese di per sé è
molto ristretta mentalmente, perché i miei amici dovevano
essere diversi?
Eppure
non era quello il punto. La crisi non veniva per
l’accettazione altrui, ma per la mia. Cercavo scuse. Sapevo
che era importante ammettere di provare sentimenti simili per
un’altra persona, maschio o femmina che fosse, per ME era
importante. L’avevo ammesso ed ero in caos.
Solo
dopo avrei capito il punto.
Non
dovevo farmi accettare, dovevo accettarmi, trovare il mio equilibrio
interiore, la mia pace…e non perdere di vista
l’essenziale, quello che per me è sempre stato un
tesoro e mi ha aiutato nella mia vita.
Sono
successe poi molte cose, ma quel pomeriggio per me fu un convergere
d’idee e sensazioni, in totale conflitto con me su come
dovevo essere e su com’ero invece…e non capivo
perché ero convinto ci fosse qualcosa da capire.
Non
era una tragedia poiché non si trattava di un ragazzo che
amava un altro ragazzo, ma di una persona che amava, o qualcosa del
genere, un’altra persona.
Tutto
cambiava.
Quel
posto ispirava veramente un flusso potente di pensieri. Anche se lui
non c’era, in ogni modo finiva per legarsi ogni cosa ad Akane.
/Qualcosa che crolla/
Ad
interrompere quel mio stato d’animo in contrasto con me
stesso, arrivò la notizia dell’incidente della
professoressa Minefuji, stava venendo qua in tutta fretta, qualcuno le
ha tagliato la strada, non è riuscita a frenare ed ha avuto
l’incidente. Era priva di conoscenza all’ospedale.
Questi
ricordi sono di per se dolorosi, ancora di più adesso che mi
ricordano le scene vissute per Akane.
Minefuji
per me è stata una persona importante, anche se ammetto non
ai vertici. Diciamo essenziale per quel che riguarda il basket. A dire
il vero è stata lei che me lo ha fatto amare veramente,
prima lo conoscevo ma lo detestavo, poiché mio padre e mio
fratello erano già asfissianti. Con lei come allenatrice
personale è stata tutta un’altra cosa, una
scoperta nuova di quello sport odiato fino a poco prima.
Lei
mi ha fatto capire che mi piaceva, che era il mio tesoro.
Quando
se n’è andata per quella famosa divergenza
d’opinioni con mio padre, lentamente ho ricominciato a
detestare il basket. Non me ne sono nemmeno reso conto. È
stato un sentimento che si è logorato piano piano. Un giorno
me ne sono reso conto. Alla partita d’addio con la squadra
delle medie, quando ho giocato contro Akane e ci ho litigato.
Mi
sono reso conto che non volevo giocare a basket per fare la stessa fine
di quei due.
Me
lo avevano sporcato.
Poi
però è successo qualcosa.
Il
primo passo verso il ritrovamento del mio tesoro.
Ho
re - incontrato sia lei sia quel dannato rompiscatole. Akane Tachibana,
la pace è svanita per me da quel momento. Un nuovo cammino
indolente era iniziato con loro. Prepotenti e ostinati si sono messi in
testa di farmelo capire. Avevo dimenticato una cosa, che
però capii solo quando me ne stavo per andare dal Kouzu.
Con
la notizia dell’incidente della prof, mi crollò
qualcosa lo stesso. Da una parte ero sicuro che non poteva finire male,
dall’altra avevo un’ansia crescente che mi
divorava, voglia di far qualcosa di concreto per chi aveva fatto molto
per me.
Faccio
fatica a dimostrare la gratitudine e ce la faccio a modo mio, solo
quando le persone ne hanno veramente bisogno. Non faccio distribuisco
gentilezze gratuite facilmente.
In
realtà qual giorno non andammo tutti
all’ospedale…il barbecue fu interrotto e la
maggior parte della squadra tornò a casa, io le due ragazze
e il professor Kondo, invece, andammo all’ospedale con la sua
macchina.
Nel
tragitto rivedevo tutte le volte che da ragazzino m’insegnava
il basket in quel suo modo personale e stravagante.
Minefuji
è ed è sempre stata una tipa notevole, sia
d’aspetto sia di carattere; nessuno, credo, è
riuscito a metterle i piedi in testa e le lezioni che da’
agli altri sono storiche.
Pensai,
me ne convincevo, che non poteva essere nulla di grave…anche
se non sono mai stato bravo a mostrare la mia ansia e i miei sentimenti
in generale. Immaginavo come l’avrebbe presa
Akane…sicuramente avrebbe reagito anche per me!
Così,
in effetti, è stato.
Siamo
arrivati da lei e fuori dalla stanza abbiamo trovato Kanemoto
agitatissimo che reggeva le cose dell’allenatrice. Ci disse
il suo stato di salute…e ci spiegò come mai era
lì.
Lui
e Akane dopo essere passati da Yamazaki, si erano imbattuti
nell’ambulanza e nel motorino.
Yoshikawa
ovviamente chiese dove fosse ora.
‘Ha
borbottato qualcosa a proposito del tubo dei freni
tagliati…poi è corso via come una furia al
negozio di Yamazaki…non ha detto nulla ma sicuramente ha
collegato l’accaduto alla banda di teppisti che nel negozio
del capitano parlavano di aver tagliato il tubo dei freni a
qualcuno…’
Non
feci facce stupite o arrabbiate. Non mostrai nulla, da parte mia. Erano
tutti molto agitati, però. Io per contro ero calmo.
Una
calma gelida.
Sentii
lenta una scia in me. Un livello che si alzava. Non sentivo quel che si
dicevano ma vidi chiaramente cosa stava facendo Akane.
Eravamo
nella stanza con la prof addormentata.
Non
so altro.
Mi
concentrai su me stesso.
Cercai.
Che
cosa potevo fare?
Di
veramente utile per lei.
Cerano
già molte persone che pensavano a lei.
E
quel livello mi si alzava.
Mi
controllavo perché sapevo che se mi fossi lasciato andare
sarebbe stato peggio. Per me e per chi mi stava intorno.
Akane
aveva il suo modo di sfogarsi e di aiutare.
Così
decisi quando Kondo si alzò per andare da lui.
‘No,
lei resta qui!’
Gelido,
freddo. Dannatamente freddo, devo aver avuto una luce negli occhi
diversa dal solito, mentre affermavo che li avrei ammazzati, vista
l’espressione degli altri. Rabbrividirono visibilmente.
Ma
come potevo farci caso?
Tagliente
e gelido avrei potuto gelare il sole stesso se mi si fosse presentato
davanti.
Era
assurdo.
‘
Vado solo a prendere quell’idiota che esagera
sempre…’
Sentenziai.
Poi Yoshikawa mi spiegò dove si trovava il negozio di
Yamazaki, io non c’ero mai stato e non l’avevo
nemmeno mai visto.
Nel
tragitto che feci solo, pensieri sfrecciavano affilati.
Non
era sicuro fossero stati quelli là. Prima di ucciderli
dovevamo accertarcene. Avrei messo in chiaro le cose ed una volta
assicurato sulla situazione…bè, poi sicuramente
avrei provveduto a calmare veramente Akane. Pensavo ci fosse poco da
fare, ormai, con quello già all’opera.
Per
il mio modo di vedere le cose non era per niente sopportabile
un’azione del genere. Per qualunque motivo loro avessero
tagliato i freni, non era giustificabile come azione di ragazzi
pensanti, con un cervello…si supponeva, per lo meno.
Arrivai
in tempo per vedere Akane dare una testata ad uno e quello che doveva
essere Yamazaki, colpire a sua volta un altro.
C’era
uno fermo distante rispetto gli altri, aveva un coltello in mano.
Sono
ricordi nitidi, posso vedere i dettagli come fosse ora.
Solo
che questa volta, non ho potuto dire a nessuno: ‘sei stato
tu…’, poiché di fatto non era colpa di
nessuno.
Quella
volta sono stato padrone di una calma piatta sorprendente perfino per
me stesso. Tanto che non ho tirato nemmeno un pugno. Come promesso sono
arrivato ed ho calmato l’animo infiammato di quello spaccone
idiota! Che ferita che aveva sul braccio…
‘Noi
siamo…amici.’
Detto
da uno che non avevo mai visto prima mi è suonato strano,
specie perché quel noi comprendeva 2 professori, un idiota
con cui litigavo un giorno si e l’altro anche ed un mucchio
di gente con cui mi limitavo a giocare a basket.
A
quel tempo era così.
Mi
suonò molto strano, eppure sarei stato capace di perdere le
staffe per Akane.
Feci
il responsabile e portai in spalla l’idiota che non riusciva
a camminare. Era anche svenuto.
Mi
aveva sfiancato, tuttavia, dentro di me ero contento che si fosse
sistemato tutto in quel modo.
La
vicinanza con quello scavezzacollo mi ha fatto proprio
male…l’ho sempre detto!
/Fondi di magazzino/
Sospiro.
Sono ricordi che mi permettono di rimanere quell’Hitonari che
Akane ha forgiato testardamente.
-
Fate come volete ma io me ne vado!-
Subito
l’attenzione di tutti è concentrata su di me.
-
Vai dove?-
Me
lo chiedono tutti, io li guardo con la mia solita espressione semplice
e candido rispondo:
-
in palestra ad iniziare ad allenarmi!!!-
-
ooohhh!!!-
Chissà
cosa pensavano!
Mi
incammino senza aggiungere altro, guardando in basso, rituffandomi nei
miei pensieri.
Proprio
una banda di stupidi, era il termine adatto per noi, in quel periodo.
Yamazaki
è entrato nella squadra quella volta, e con lui ha preso
vita il nostro gruppo di scemi!
Eravamo
uno più acciaccato dell’altro, o meglio loro
poiché io ero in forma.
Akane
con il braccio ferito, il capitano con il ginocchio malandato, Harumoto
che non giocava da mesi…il vice…bè,
lui faceva quel che poteva.
Il
termine ‘Fondi di magazzino’ ci si addiceva.
Avevamo
solo da perderci in quella partita che significava la qualificazione.
Invece
è come se avessimo vinto…abbiamo vinto un
unità ed un legame che sapeva di innaturale, per il poco
tempo in cui giocavamo tutti e 5 assieme!
Quella
volta mi sono sfiancato, aveva più che ragione a dire che
avevo una brutta cera…stavo per cadere, mi ha fermato lui,
la sua voce…no, non la sua voce…stava cadendo
anche lui…gli avevano preso il braccio ferito e fatto fallo
intenzionale….la palla gli scivolava e lui
cadeva…mi sono rimesso in piedi, è
stato un nano secondo, il tempo si è fermato, tutto si
è cristallizzato e ogni persona era concentrata su di lui.
Ce
l’avrebbe fatta?
Fu
un minuto, forse meno, impedibile.
Trattenni
il fiato e vidi, come in un flash, delle immagini. Non erano mie, non
venivano dalla mia mente. Era come se immaginassi ciò che si
agitava in lui in quell’istante.
Fu
incredibile.
La
mia voce che diceva:
‘
E tu saresti così…?’
in
quel nostro primo incontro…
Lui che sosteneva che non
avrebbe continuato col basket…
Mi
venne d’istinto, urlai il suo nome ed un'altra immagine, io
che dall’alto lo guardavo sorridendo ironico, sicuro,
rassegnato…
‘Aspettami
lì sto arrivando’
Il
suo sguardo che si era posato sul mio in quella maniera sfuggevole e
concentrata…
‘
Qui mi trovo bene’
Yamazaki
che pronunciava quelle parole…e tutti i volti a lui cari, la
sua squadra di basket, io…
‘Qui…’
poi
la sua mano riprendeva forza e possesso della palla, un passo, un salto
ed un canestro.
L’azione
completata. La palla dalle mie mani era andata alle sue e come sempre
le sue poi l’avevano messa nel canestro.
Un
ovazione per lui che si era poi accasciato.
Come
un imbecille voleva strafare, portare a termine quello che iniziava,
non deludere nessuno, mantenere per tutti quel piccolo posto che si
stava costruento a fatica.
Il
posto dove tutti noi stavamo bene.
Sono
ricordi cari, che mi fanno sorridere lieve anche ora, come se fossi
ancora là.
Un
disegno della nostra vita, tracciato da mani esperte, vissute da menti
aperte…e quel pizzico di sentimentalismo strabico.
‘Voglio
restare qui’
E
qui resterai per sempre…vero?
Finchè
il Kouzu ci sarà tu sarai qui. Lo porterò avanti
con tutte le mie forze, finchè sarò in questa
scuola, assicurandomi che anche quando passerò, qua
dovrà continuare così come lui lo voleva!
Perché
siamo amici.
L’incontro
finì col suo tiro, il suo ‘Evvai!’ ed un
canestro che non ci fu dato.
Perdemmo
ma avevamo poco di una banda di perdenti!
Solo
alla fine ammise di non farcela più.
Il
solito idiota, mi fece anche preoccupare, per un istante, lo ammetto.
A
volte lo strozzerei con le mie mani.
Ma
ora ci rido su.
Fortuna
che ci sono questi momenti preziosi.
Mi
ci aggrapperò con tutto me stesso. E crederò che
noi rimarremmo per sempre in queste giocate che abbiamo
fatto…e nei suoi ‘Evvaiii!’
Di
fatto avevo anche ragione a dirgli di alzarsi senza farmi
preoccupare…si è alzato veramente! Gridando che
dovevo consolarlo, ma si è
alzato…chissà perché dovevo
consolarlo…mica eravamo fidanzati!
Non
ancora…
Mi
risvegliano degli sguardi veramente insistenti…alzo la testa
e li vedo…tutta la nuova squadra è qua che mi
guarda…mi hanno seguito, ma da quanto tempo mi fissano
così?
Maledetti
impiccioni.
Finalmente
la mia espressione mostra un inclinazione infastidita e seccato sbotto:
-
Bè?-
Il
massimo che concedo!
E
questa piccola zecca che non mi si stacca…cosa diavolo
avrà Yokoi, il casinista nuovo, da fissarmi in quel modo?
TSK…non
voglio essere il sogno erotico di nessuno…anzi…di
qualcuno si, ma solo una persona che è anche il mio, sogno
erotico.
Akane
Tachibana…ti riconsegnerò tutto così
come l’hai lasciato.