A Proposito Di Donne
CAPITOLO VI:
STARE INSIEME
/ In the arms of the angel
– Sarah McLachlan /
La sensazione delle labbra
sulle sue era stata di morbidezza e umido, poi prima che potessero
analizzare o rendersi conto di altro, nel momento in cui le loro lingue
si erano toccate all’interno delle bocche unite con forza e
vigore – impazienza - l’emozione l’aveva
reso impossibile.
Si erano immersi
l’uno nell’altro e quello era stato tutto
ciò che avevano capito, escludendo ogni altro dettaglio,
rimanendo immobili come in un ferma immagine, dimenticando
completamente posto, corpo, movimenti e qualunque altra cosa.
Scollegando totalmente i neuroni e concentrandoli unicamente
nell’atto singolo del bacio.
Era stato quindi un bacio di
cui non si sarebbero ricordati veramente molto se non che era avvenuto
e che era avvenuto fra loro due ed ovviamente che la sensazione era
stata terribilmente piacevole, liberatoria e indescrivibile.
Ci sarebbero stati molti
aggettivi, in realtà, ma poiché tutti troppo
banali nessuno dei due avrebbe mai descritto più di
così quell’atto, semplicemente
l’avrebbero ricordato con una serietà e
stranimento unici.
Dopo di quello sapevano che
avrebbero dovuto parlarne ma ogni accelerazione fisica era
così esagerata da non permettere di mettere insieme parole
sensate. Tony si era immaginato sé stesso a spiegarsi meglio
e nel farlo si era visto a peggiorare la situazione per il caos che lo
stava pervadendo, per cui si era convinto a mantenere il silenzio e
aspettare che a parlare per primo fosse l’altro.
In realtà,
però, come era da aspettarsi Gibbs non aveva parlato e
semplicemente ad interrompere quel silenzio era stato il cellulare di
quest’ultimo. Tony aveva stranamente sospirato,
quell’interruzione gli avrebbe dato modo di riflettere meglio
sulle cose giuste da dire, con lui non si poteva sparare a casaccio
pregando nella Divina Provvidenza!
Aveva atteso che il proprio
capo finisse la conversazione facendosi aria con la mano e con
un’espressione tirata aveva cercato la cosa migliore da dire.
Era stato facile separarsi e staccarsi dopo il bacio, così
facile che forse non erano stati nemmeno loro a farlo, come non lo
erano stati a baciarsi. Però ora parlare e chiarirsi una
volta per tutte … bè, quello sì che
era difficile e dovevano sforzarsi di farlo assolutamente. Non si
facevano cose simili facendo poi finta di nulla.
Però entrambi,
probabilmente, avevano bisogno ancora di un po’ di tempo in
più. Ogni cosa stava comunque andando troppo veloce e non
era una situazione comune, non l’avevano mai affrontata e
definirla facile solo perché loro erano due persone molto in
gamba, schiette, dirette che se la cavavano in ogni situazione, specie
con le donne, non era proprio corretto.
Quella di quel momento era
quanto di più diverso si fossero mai trovati a vivere.
“Forse
è meglio raffreddarsi i bollenti spiriti prima di
chiacchierare … almeno per me!”
Capendo che l’unica
cosa per non dire la cosa sbagliata nel momento più
sbagliato di tutti era staccarsi e raffreddarsi, quando Gibbs aveva
interrotto seccato la comunicazione e l’aveva di nuovo
guardato, l’avevano detto insieme ognuno a modo proprio: uno
cauto e guardingo e l’altro deciso e cupo:
- E’ meglio
riparlarne domani! –
Quindi Tony aveva sorriso
sollevato e contento di averci azzeccato con lui, mentre Gibbs aveva
fatto quell’espressione indecifrabile ma tendente al
soddisfatto, aveva anche scosso la testa per il giovane davanti a
sé e per il suo sorriso trionfante. Con lui era un libro
aperto anche se si sforzava di trattenersi per somigliargli il
più possibile.
Tony era speciale e unico
perché era così, non avrebbe voluto cambiasse.
Così si erano
veramente separati, ognuno per la propria strada dopo un secondo
sguardo più serio ma leggermente rilassato, via via andavano
sempre più capendo quale sarebbe stato l’esito di
quella storia.
L’indomani tutto
sarebbe andato a posto, ne erano convinti.
Le rispettive corse (una in
auto e una a piedi) erano state liberatorie e illuminanti, come la
doccia successiva e il sonno profondo occupato da sogni mirati
… molto, molto utili!
Fino alla mattina e alla tanto
richiesta e sperata ‘mente fredda’, pronti per
parlare come si doveva. Una volta per tutte.
Fu una bussata potente ed
insistente a svegliare il ragazzo. Quando si decise ad aprire gli occhi
e a convincersi che ormai era sveglio, corrucciando la fronte si era
chiesto con voce impastata ed un mal di testa che si affacciava appena:
- Ma chi diavolo è
a quest’ora? – La seconda domanda dopo che il poco
gentile bussare aumentò, fu: - E perché non usano
il campanello? – Quando sbuffando, senza minimamente
immaginare chi potesse essere e perché bussasse in quel
modo, si alzò dal letto barcollando e raggiunse la porta,
aprì borbottando con un tono decisamente sostenuto:
- Che succede? A chi
è morto il gatto? –
Ma quando vide
l’espressione cupa e seccata del proprio capo si
accigliò bloccandosi all’istante.
- Oh, sei tu capo …
- Gli venne spontaneo abbassare il tono e mortificarsi per quanto
detto. Non andava mai fatto ma con Gibbs bisognava sempre fare
attenzione!
Se ne sorprese molto di
vederlo lì di prima mattina infatti controllando
l’ora ancora immobile davanti alla porta
d’ingresso, aveva constatato che era effettivamente molto
presto:
- A quale onore devo la
visita? – Non era né ironico né
scherzoso, semplicemente naturale. Il punto era che risultava comunque
divertente.
- E tu l’onore di
farmi entrare me lo concedi? – Lui invece l’ironia
ce l’aveva eccome!
Tony inghiottì a
vuoto e scotendosi dal proprio stato di dormiveglia si
scostò facendo entrare l’uomo in piedi davanti a
casa sua. Questi entrò e si compiacque internamente con
l’altro: il look scarmigliato e assonnato gli si addiceva.
Quando fu dentro Gibbs si
guardò attorno notando la casa ancora semi buia, le persiane
erano quasi del tutto abbassate e la luce esterna non era poi
così forte, si era precipitato giù dal letto per
aprirgli la porta e probabilmente non aveva nemmeno immaginato potesse
essere lui. Fece un sorrisino indecifrabile che a Tony non
sfuggì e guardandolo con attenzione cercando di capirne il
significato, lo aggirò insospettito: che fosse lì
per ucciderlo? Così addormentato com’era non
avrebbe attivato prima di qualche ora, i propri riflessi …
sicuramente sarebbe stato il momento adatto per farlo fuori!
- Pensi che potremo avere il
dono della luce e magari un caffè oppure sei ancora al tempo
delle caverne? – Fenomeno curioso, decisamente curioso: Gibbs
più era infastidito più diventava acidamente
ironico!
- Oh, certo! Stavo dormendo
… - Si affrettò a dire Tony accendendo la luce
del soggiorno che fungeva anche da cucina e sala da pranzo, una stanza
piuttosto ampia. Poi corrugò le sopracciglia e aggiunse
cauto: - … ma questo immagino tu lo sapessi! –
L’altro non disse nulla e al momento nemmeno
l’espressione rivelava grandi cose, come sempre, per cui per
togliersi dall’impaccio decise di dedicarsi al
caffè per Gibbs. Lui non ne beveva se non in rari momenti
eppure la macchinetta automatica per farselo gliel’avevano
regalata. L’aveva accettata unicamente per probabili ospiti
caffeinomani come, appunto, lo era il suo capo. Gongolante per averci
azzeccato si adoperò per fargliene uno ignorando la propria
tenuta notturna che consisteva nei boxer ed in una canottiera bianca
intima.
Quando la sera precedente era
tornato dalla corsa esagerata si era messo subito sotto la doccia ma
poi, senza forze e con troppe cose per la testa, aveva evitato di
asciugarsi i capelli e sistemarseli, lasciandoli così al
naturale tutto scompigliati con mille punte che partivano in ogni
direzione.
Al momento
‘sexy’ era il termine più adatto per lui
ma Gibbs nonostante notasse questo particolare, sembrava non subire
minimamente quel fascino sensuale. Del resto sapeva ben controllarsi
anche se, comunque, non gli sfuggiva nemmeno un minimo dettaglio.
Dopo essersi accomodato su una
sedia accanto al tavolino, aveva appoggiato il gomito sopra al mobile e
il mento a sua volta sul palmo della mano, come se osservare Tony che
gli preparava il caffè fosse il famoso spettacolo che
attendeva di godersi da tempo. Effettivamente vedere lui che gli
preparava qualcosa in quelle condizioni era una piccola chicca!
- Come mai non hai suonato il
campanello? Ti avrei sentito prima … - Chiese Tony per
rompere quel silenzio che sapeva sarebbe diventato pesante. Sperava che
sarebbe stato Gibbs a parlare di quel discorso interrotto la sera
precedente, quindi l’assecondava cercando di svegliarsi
decentemente. A quel punto l’immagine del loro bacio
tornò automaticamente alla sua mente ed un lieve rossore
d’imbarazzo colorò il suo viso, si
rincuorò pensando che gli dava le spalle e che non
l’aveva visto. Si sentiva un perfetto imbecille, non era da
lui imbarazzarsi però … succedeva a volte e per
lo più era colpa di Gibbs!
Sospirando a
quell’idea non sentì la risposta e credendo che
avesse avuto comunque dei buoni motivi per farlo, non ripetè
la domanda. Lui non si ripeteva mai due volte.
Dopo l’ennesima
riflessione sul proprio superiore si rese conto di cosa stava accadendo
e si fermò drizzando la testa mentre l’aroma del
caffè si espandeva nell’aria facendolo sentire
inconsciamente meglio.
“Cavolo,
non siamo a lavoro, non devo analizzarlo come se fossi il suo
sottoposto. Non serve che indovino i suoi desideri per renderlo
contento di me e per non farlo seccare … “
Fu così che, una
volta finito di uscire il caldo liquido scuro fumante, prese la tazza
in ceramica col manico laterale e dopo essersi girato di nuovo verso
l’uomo seduto, notò il suo strano sguardo
insistente e furbo. Ecco, quella era la definizione corretta!
“Ha
già deciso tutto, sta solo giocando con me!”
Lo capì
all’istante e probabilmente, si disse, fu possibile solo
perché aveva smesso di ragionare da subordinato.
Fermandosi con la tazza a
mezz’aria piegò lateralmente la testa unendo le
gambe notevoli, come il resto del suo corpo di cui non si vergognava
mai.
“Mi
stava guardando … ?”
A sconvolgerlo non fu certo il
fatto in sé che lo stesse guardando, bensì che lo
stesse facendo in quel modo e in quelle parti del corpo, al di sotto la
vita!
Il rossore svanì
rendendosi conto che non c’era assolutamente nulla di cui
imbarazzarsi.
“Se
non si imbarazza lui perché mai dovrei farlo io?”
Dopo l’interessante
e giusto quesito e l’inevitabile scambio di sguardi, entrambi
si ripresero e il ragazzo in piedi porse il caffè
all’uomo seduto che la prese senza aggiungere nulla, in
seguito anche il primo si appoggiò al ripiano della cucina,
proprio davanti all’altro, guardandolo con le braccia
incrociate sul petto.
“No
che non mi cambio … perché dovrei? A lui non
dà fastidio e a me nemmeno … anzi!”
Con quest’altro
pensiero alzò un sopracciglio guardandolo con maggiore
attenzione, attendeva una parola, una spiegazione che gli facesse
capire le sue intenzioni, non veniva mica tutti i giorni lì
da lui a quell’ora, eppure non ricevendo ancora nulla il
primo a stufarsi fu proprio lui, il primo ad interrompere il silenzio:
- Allora? –
Cercò di essere il più calmo e rispettoso
possibile, ci riuscì ma la curiosità non
riuscì a nasconderla. Gibbs la notò e fece di
nuovo quel lieve sorrisino un po’ malizioso ed un
po’ chissà cosa.
- Allora che? –
Disse quindi divertendosi dentro di sé.
- Come mai sei qui?
– No, decisamente il ‘finto tonto ‘ non
gli si addiceva.
- Non dovevamo parlare?
– Effettivamente era così, semplice e chiara.
Allora perché non parlava?
- Si ma non lo stai facendo
… - Affermò spontaneo. Il non fare la parte del
subordinato come al solito giovava, riusciva a fare progressi, dal suo
punto di vista.
- Non sto parlando?
–
- Non di quello di cui
dovevamo parlare … -
- E di cosa dovevamo parlare?
– Non lo si poteva biasimare, era veramente impagabile
stuzzicarlo in quel modo.
Tony, dal canto suo, stava
cominciando a sentirsi decisamente stupido pur sapendo di non esserlo.
Sciolse le braccia dal petto per aprirle in un gesto ovvio:
- Di noi? – Ed
infine l’aveva fatto, era caduto nella sua trappola parlando
al suo posto e per primo.
- Vedo che non te ne sei
dimenticato! – Affermò improvvisamente severo
Gibbs, non innervosito o seccato, semplicemente più serio,
non scherzava più e la tazza quasi vuota posata sul
tavolino, dimenticata, ne fu la prova.
- Io no e tu? – Fu
spontanea anche quella risposta e questo perché non lo
vedeva più come un capo, era passato alla famosa fase
successiva: lo cominciava, seppur con fatica, già a vedere
come un compagno. Questo piacque molto a Gibbs e capendo che Tony aveva
superato il test, un suo personale test, si tranquillizzò
interiormente alzandosi dalla sedia, trovandosi in un batter
d’occhio davanti a lui. Incuteva facilmente timore ma non
perché fosse sempre arrabbiato, quella era la semplice
presenza fisica di Gibbs.
- Ti sembra che l’ho
dimenticato? – Sussurrò con un tono di voce
più basso e penetrante. Le cose si stavano facendo serie e
Tony si drizzò rimanendo appoggiato al mobile dietro di
sé, i palmi sul ripiano, ai lati del suo corpo.
- Sei qua … - Sussurrò a sua volta
mantenendo la stessa serietà. Non ne aveva paura,
normalmente l’avrebbe avuta ma al momento non era il suo
capo, era la persona che gli interessava di più al mondo.
- Già …
- Fece eco Gibbs nel medesimo modo. L’avvicinamento fu
impercettibile ma ci fu, infine dopo un lungo silenzio nel quale di
nuovo entrambi si erano rivisti la sera precedente a baciarsi,
aggiunse: - Non pensi che ieri sera hai dimenticato un particolare da
dirmi? –
Fu qua che Tony
aprì la bocca con stupore e senza fiato, e parole, rimase
sospeso non sapendo poi cosa dire. Non capì al volo a cosa
si riferisse e ricordando quei momenti tornò a desiderare
solo una cosa: che lo rifacesse.
Ed ecco che tornò a
pregare, fra sé e sé, di ritrovarsi con le labbra
contro le sue.
- Particolare? Come posso
dimenticarmi proprio io di cose talmente importanti da poter essere
invece dimenticate? – Gli venne spontanea l’uscita,
non la disse ironicamente ma con la speranza di sdrammatizzare, non gli
piaceva non saper cosa dire ed essere invece alle strette. Lo faceva
sempre esporre ma lui non lo faceva mai, non era facile.
Lo sguardo eloquente gli fece
capire che non l’avrebbe accettata come risposta,
così riprovò:
- Gibbs, ormai sai tutto di
me, cosa c’è che non ti ho detto e che non sai da
te? – Non era stufo ma stralunato, voleva ardentemente che la
tortura finisse e che quella persona che gli stava davanti la smettesse
di fare tanto l’enigmatico. Con le donne faceva
così o andava dritto al sodo? Tony si adattava alla donna,
era un camaleonte ma Gibbs non gli dava quell’idea.
Però era anche vero che il paragone continuo con le
relazioni normali con le donne non andava bene, quella situazione era
veramente troppo diversa ed anche se ci si trovava nel nuovo millennio
e i gay erano di moda, purtroppo continuava a rimanere tutto
particolarmente anormale. Aggiungendoci che loro erano Anthony DiNozzo
e Jethro Gibbs il quadro era completo!
- Cosa hai capito dopo il
bacio nel bunker? – Diretto come una lama di rasoio sulla
pelle. Non faceva giri di parole e non si imbarazzava per dire o
ricordare certe cose.
Tony inghiottì a
vuoto ma continuò a difendere la sua linea di pensiero
alquanto logica per lui, con calma e attenzione ma lo fece:
- Non pensavo potesse
interessarti. Tu hai detto solo che volevi che mi togliessi dalla testa
quell’ossessione, quel dubbio, che capissi …. Ho
capito e quindi le cose sono tornate a posto. Non pensavo volessi
sapere cosa. –
Un sospiro di poca pazienza da
parte dell’altro ancora fermo davanti a lui, vicini, occhi
negli occhi.
- Ora te lo sto chiedendo.
–
Avrebbe potuto pensare e
riflettere, in fondo si ha sempre quella possibilità. Il
punto è che a Tony infastidiva non arrivare subito alle cose
e non accontentare nell’immediato Gibbs, era un fattore di
rapporto personale, non tanto di capo e sottoposto. Quel particolare
legame che avevano rafforzato di anno in anno.
Gibbs gli aveva fatto una
domanda semplice, non poteva non rispondere. Si sentì come
ipnotizzato dal suo sguardo penetrante così vicino e forse
fu proprio quello che successe. Come in trance, con un tono leggero e
sorpreso per tutto ciò che stava accadendo, rispose:
- Che tu mi piaci. Sei la
persona che cerco. – Si interruppe per lasciare il tempo alla
frase importante di fare effetto, cercò di studiare le
impercettibili reazioni dell’altro nei suoi occhi azzurri ma
non facendocela preferì mettere le mani avanti, normalmente
lo faceva con lui. E senza accorgersene tornò a fare
l’errore che aveva fatto all’inizio,
tornò a guardarlo come fosse il suo capo: - Ma non ti chiedo
nulla in cambio, voglio lasciarti in pace. Per questo non volevo dirti
nulla. Solo trattami come hai sempre fatto. –
Fu una prova di grande forza e
coraggio da parte sua, considerando tutto e a mettere le cose
definitivamente a posto fu ancora una volta la sicurezza e la decisione
di Gibbs:
- Chiedimelo invece.
– Lo disse avvicinandosi ulteriormente a lui e fu
così fermo e penetrante che i brividi attraversarono Tony
dalla testa passando per ogni parte del corpo. Rimase stupito e ancora
ammaliato da lui, poi senza nemmeno pensarci un attimo, convincendosi
che era la cosa giusta poiché glielo chiedeva Gibbs, lo fece:
- Stai con me. –
La sua non fu una domanda e
nemmeno una richiesta, tanto meno, però, un ordine, fu solo
il suo pensiero certo, lo disse come se lo sentì dentro,
come se non avesse fatto altro che ripeterselo mentalmente e non
vedesse l’ora di dirlo. Uscì liberatorio e deciso
anche lui. In quel momento, non lo sapeva, Tony somigliava
già molto a Gibbs. Accadeva quando era messo sotto pressione.
Furono le sue mani vicino alle
sue, appoggiate dietro, e il contatto lieve dei loro corpi, fu anche il
volto intenso e sicuro e la vicinanza ulteriore delle loro labbra a
convincerlo che le cose, invece, sarebbero andate esattamente nel modo
per lui più insperato fino alla sera precedente.
Infine a persuaderlo a fondo
fu il suo sussurrato e certo:
- Si. –
Non glielo spiegò,
non gli disse le sue motivazioni, cosa gli aveva fatto cambiare idea e
capire che lo ricambiava. Quale processo mentale avesse fatto Gibbs
rimase un mistero per Tony ma in quel momento e premergli maggiormente
fu realizzare coscientemente il desiderio che gli era venuto appena
l’aveva visto quella mattina.
Poi la distanza rimanente fu
annullata e come da entrambi voluto, le loro labbra si unirono ancora e
questa volta con lentezza consapevole, lasciando ad entrambi il tempo
di capire cosa accadeva, cosa provavano e come fosse possibile.
Quali fossero le loro
risposte, però, il gesto non cambiò.
Quando posarono la bocca
l’una contro l’altra il respirò
evaporò e ogni pensiero connesso svanì dando solo
il tempo di pensare a quel bacio che stava di nuovo accadendo. Diverso
dal primo e diverso dal secondo.
Lì appoggiati alla
cucina di Tony, l’uno a sfiorare l’altro,
seriamente sicuri di quello che stavano facendo, che le teste
leggermente piegate, mantenendo invariata per lo più la loro
posa e superando la soglia dei denti con la lingua, dopo essersi
assaggiati piano piano. Un assaggio completo mentre poi dalla loro
unione partiva una piccola gara anch’essa molto lenta e
calma.
Godendosi a fondo quel momento
e tutti gli altri che sarebbero arrivati.