ABSOLUTION
CAPITOLO 5:
THE WAY YOU MAKE ME FEEL
/Sora/
Lo
specchio manda la mia immagine riflessa. Un ultimo ritocco ai capelli e
poi sono pronta. Metto dei fermagli per tenerli più
ordinati, il cignon morbido ormai è la mia acconciatura di
lavoro, per andare allo studio non posso permettermi di lasciare questa
cascata arancione sciolta… ordini del capo!
Mi
liscio l’abito, il tajeour non fa per me, non mi sarei mai
sognata di indossare una cosa così elegante, anche se ho
sostituito la gonna ai pantaloni, ma lo faccio esclusivamente per
lavoro. È espressamente richiesto un certo stile
d’eleganza e perfezione e se voglio aprire un giorno uno
studio di stilista tutto mio devo stare a tutte le regole di quello in
cui lavoro oggi.
Esco
dal bagno pensando che già non vedo l’ora di poter
rimettermi comoda coi soliti vestiti da casa e i capelli
sciolti… e la giornata è appena iniziata!
Entro
nella camera e prendo in braccio Joji dal box dove l’avevo
lasciato intanto che mi preparavo.
Mi
guarda coi suoi occhioni blu poco birichini per uno bambino di 2 anni.
Ha un aria sveglia, questo si, ma non monella. Sospiro. Ho la vaga idea
che mi somiglierà ben poco, però a volte fa certe
cose che mi lasciano interdetta… è come se avesse
una doppia personalità, non riesco ancora ad inquadrare mio
figlio!
Pazienza,
è delizioso comunque.
-
Andiamo, ora la mamma deve andare a lavorare, tu invece sai dove vai? -
Mi
fissa ascoltandomi attentamente, si porta un ditino alla bocca e sembra
pensarci. Poi con la sua vocina sottile e infantile, con le lettere che
non riesce a pronunciare, risponde:
-
Giochi? -
Breve
e conciso.
Gli
stampo un bacio sulla guanciotta piena sorridendo:
-
Esatto! -
Sull’uscita
di casa ci fermiamo perché sentiamo la porta aprirsi, guardo
l’ora. Ha fatto tardi oggi, il suo turno doveva finire
prima… come al solito l’hanno trattenuto per degli
straordinari ed ovviamente con il suo senso del dovere è
rimasto.
-
Joji, saluta papà… hai visto chi
c’è? -
Appena
vede suo padre tende le braccia verso di lui che sorride affettuoso
prendendolo a sua volta. Lo bacia e saluta:
-
Ciao… state uscendo? -
-
Joe… ma insomma, quante volte te lo devo dire? Il tuo turno
di notte finisce ad una certa ora, non puoi fare tutte queste ore in
più! -
Sospira
con un sorriso di scuse, ormai non sa più cosa dire, lo fa
sempre.
-
Lo so, ma non posso lasciarli nei guai, se hanno bisogno, hanno
bisogno… sai che… -
Lo
interrompo sospirando a mia volta:
-
Si, so come funziona un ospedale! -
Decido
di lasciar perdere.
-
Ora vai a riposarti! -
Torna
sereno e tranquillo, con la sua eterna calma che ormai mi ha trasmesso
e solo quando fa queste espressioni noto la somiglianza di quei due. Il
piccolo Joji ha gli stessi capelli del padre, lisci come spaghetti e
neri dai riflessi blu, occhi anch’essi blu, aria
intelligente: pur essendo così piccolo, Joji, da
quest’impressione quando sta con Joe.
-
Joji, vieni, dobbiamo andare che papà ora è
stanco e va a fare la nanna. -
Faccio
per prenderlo ma lui si appende ai capelli lunghi di Joe, li ha
accorciati rispetto a qualche anno fa, ma li ha lasciati lo stesso
lunghi fino al collo in un taglio scalato che gli dona, ora con
quest’altra montatura fine e sottile di occhiali, sta molto
meglio.
Riesco
a portarlo via e ancora una volta rimango interdetta: questo esserino
che sembra buono e gentile come il papà, a volte, mostra un
lato preoccupatamente pestifero. Penso abbia un mix fra i nostri
caratteri ed è una cosa sorprendente perché
riesce a far credere ai grandi quel che vuole con quel suo faccino da
bravo bimbo.
Sorrido…
darà del filo da torcere a chiunque da grande!
È
ora che sento la mano grande e calda posarsi sulla mia spalla e un
bacio lieve che si posa sul mio capo, successivamente anche su quello
di Joji.
-
Buon lavoro e buon divertimento a voi! -
Ricambio
il gesto con uno sguardo che vuole solo trasmettergli quello che non
sempre si può dire a voce e a gesti.
Pian
piano è diventato importante, quest’uomo...
l’uomo che è diventato e che ha saputo stupirmi.
Ho
lasciato mio figlio da mia mamma dopo avermi fatto promettere che
domani andrà a trovare Miho. Ha una capacità di
convincimento molto acuta nonostante sappia qualche parola in
croce… quelle che sa le usa tutte e bene.
Quando
il turno di notte di Joe coincide con il sabato, giorno in cui
l’asilo nido è chiuso, lo porto da mia mamma, non
voglio disturbare Joe anche perché so che torna sempre
qualche ora dopo il suo turno. Il fatto che non sia ancora di ruolo ma
sia in prova è stressante, ma lui lo fa come fosse una
passeggiata. Non so come fa.
Mi
avvio in auto al mio studio che di sabato non chiude, inizia il mio
lavoro d’assistente grafica ad una casa stilistica non molto
conosciuta. Pian piano so che arriverò dove voglio e sono
tranquilla.
Nel
tratto che mi separa dal posto, ripenso alla mia piccola famiglia e al
senso di soddisfazione che giorno dopo giorno provo.
Non
avrei mai detto, anni fa, che sarebbe finita così.
Assolutamente.
Da
bambini, quando siamo capitati a Digiworld, era la prima volta che
conoscevo bene Joe… ed ho avuto modo di farmi un idea
precisa di lui quando siamo finiti insieme nel pezzo di isola di File,
laggiù.
A
quel tempo era solo un pauroso pessimista cosmico che sentiva il peso
dell’essere più grande. Era convinto di dover
essere più maturo e responsabile, ma non ci riusciva affatto
e soprattutto si sottovalutava alla grande andando in confusione sulle
cose più sciocche. Aveva molti punti a suo sfavore ma molti
anche a suo favore. Sempre in quell’occasione ho potuto
constatare che era perfettamente in grado di farcela nelle situazioni
difficili. Che quando serviva tirava fuori i cosiddetti. Che era
tremendamente sincero e leale e di lui ci si poteva fidare veramente
molto.
Ora
ha sviluppato un senso di dolcezza e protezione molto acuto.
L’ha sempre avuto, ma crescendo lo è stato ancora
di più.
Ora
sono riuscita a trasmettergli la forza necessaria per affrontare ogni
momento, per non avere più paura, per essere sicuro e
credere in sé stesso. Ora non è un pessimista
cosmico e incontrandolo è del tutto diverso da quel tempo.
Ha
trovato il suo equilibrio interiore e dal di fuori trasmette una grande
calma e sicurezza, ci si sente al sicuro ma non nello stesso modo in
cui ci si sentirebbe accanto a Tai… con lui ci si sente in
perenne pericolo… quell’incosciente…
Joe alla fine è maturato veramente ma non è una
maturazione che pesa.
Anche
io a quel tempo sentivo il peso del mio ruolo, mi sentivo
più grande di testa e in dovere di ‘tenerli da
conto’ e proteggerli come potevo. Ma non avevo i suoi stessi
problemi, non ero pessimista, non mi sottovalutavo. Pensavo solo che
non ero capace di provare l’amore che possedevo secondo il
simbolo, ma sapevo di essere forte e di poter aiutare i miei amici.
Detestavo essere un peso per loro e non mi arrendevo mai.
Mi
sono capitati momenti di sconforto assurdi a Digiworld, di ogni genere,
ma ne sono sempre uscita grazie ai miei amici e una volta tornata sulla
terra non mi sono più capitati, sono cresciuta anche io.
Parte del merito, gran parte oserei dire, è stato per la mia
famiglia. Joe, il nuovo Joe, ha saputo darmi quella calma e pacatezza
che mi mancava. Ero un maschiaccio da piccola, lo devo ammettere, non
avevo un carattere facile, anche se il difetto di dover proteggere
tutti e non pesare su nessuno l’ho sempre
mantenuto… nessuno è perfetto!
È
successo che per darci l’un l’altro quello di cui
avevamo bisogno, per completarci e trovare il nostro equilibrio, io e
Joe siamo diventati quello che siamo ora, trovando il nostro paradiso e
quello che siamo veramente. I veri noi stessi.
E
non sarebbe potuto essere con nessun altro, penso.
Sono
contenta di tutto quello che mi è capitato e non rimpiango
nulla, né le delusioni, né i momenti difficili e
di sconforto. Non me ne vergognerò mai perché mi
hanno forgiato.
Questa
è Sora.
-
Signora Kido, è arrivato una persona che sostiene di
conoscervi e di volervi parlare ma dal baccano che fa sembra
strano… -
Capisco
subito di chi si tratta, è sempre il solito, non
cambierà mai!
-
Lascia, lo conosco… vado io da lui… - per evitare
di essere licenziata!
Esco
di fretta e all’entrata lo vedo. Sapevo che era
lui…
-
Tai… non cambierai mai… -
-
Sora! -
Si
illumina vedendomi arrivare, poi sgarbato si rivolge ai custodi:
-
Ecco, visto che mi conosce? -
Faccio
un sorrisino di scuse e come è sempre successo lo tiro fuori
dai guai. Sarà il mio destino!
Quando
finalmente siamo fuori da soli possiamo parlare. Non è mai
venuto dove lavoro, chissà cos’avrà.
-
Come mai non mi hai telefonato, scusa? -
Lui
mi guarda come se fosse ovvio, quando ha quell’aria, che
conosco fin troppo bene, significa che non c’è
nulla di buono all’orizzonte. Eh già!
-
Eh, mi sembrava una buona idea farmi un giretto! -
Non
mi saranno mai chiare le sue trovate, ma poco importa.
-
Non importa! Tu come stai? -
Mi
stupisce che se lo ricorda di chiedermelo.
-
Bene, come sempre… tu che mi dici? -
Sta
per arrivare la patata bollente. Viene a dire le cose di persona solo
quando sono serie!
-
Sora, domenica c’è una riunione a casa di Izzy e
Mimi… -
Alzo
un sopracciglio… lo sapevo, ormai lo conosco a mena dito, me
ne ha fatte sempre di tutti i colori, ora riesco a leggerlo al volo.
-
E come mai? -
Si
gratta il capo mentre pensa al modo più veloce per spiegare
la marea di parole che avrebbe da dirmi.
-
Uhm… te lo spiego domenica, dai. Diciamo che
c’è un nuovo pericolo legato ai digiprescelti ma
non a Digiworld! -
Un
nuovo pericolo? Bambini? Corrugo la fronte mentre mi faccio
attenta… ora mi farò spiegare per bene tutto.
-
Tai, dimmi quel che sai, per favore… -
Non
è un tono di favore ma più che altro una specie
di ordine. Non può dire certe cose e poi lasciare
così!
Si
decide a spiegarmi tutto, è piuttosto confusionario ma ormai
riesco a decifrarlo bene, alla fine del fiume di parole ho solo
più pensieri ma del resto l’ho voluto io.
Mentre
ancora ci penso noto che Tai si mette a fissarmi con un aria strana, ho
paura di sapere cosa sta pensando ora.
-
Tai, che c’è? -
-
Niente è che… sai… mi sembri
stranissima così! Non ti avevo mai visto in questa versione
e… mi sembri buffa! -
Per
finire poi scoppia a ridere come se fosse la cosa più
divertente del mondo. Mi ha appena raccontato una cosa simile e si
mette a ridere… e per di più sul mio aspetto!
Che
diavolo avrò di così buffo? Come al solito ha il
tatto di un elefante, lo prenderei a sberle, l’ha sempre
fatto e non ha mai smesso.
Pur
conoscendolo non mi ci abituerò mai ugualmente!
-
Tai! -
Lo
ammonisco senza avere idea di cosa dirgli dopo, ogni cosa è
inutile.
Oh,
è stancante vederlo!
Mi
passo una mano sulla fronte per trovare la calma e decido di tornare al
lavoro per evitare la solita confusione!
Lui
smette di ridere cercando di scusarsi:
-
No, scusa Sora… non volevo prenderti in giro, stai bene
così… mi ci abituerò…
credo. -
E
ancora a ridere. Ma sono così divertente?
-
Oh, fa come vuoi, ci vediamo domenica da Mimi e Izzy allora,
così Joji gioca un po’ con Miho, mi aveva
già fatto promettere di portarlo da loro! -
Finalmente
smette di ridere.
Sono
contenta di vederlo comunque bene, questo è uno di quelli
che non crolla più e a questo pensiero scuoto la testa come
a dire che è senza speranza, ormai non me la prendo
più, so che non lo fa apposta ma che è proprio
così.
-
Salutami Joji… come sta Joe? -
Cambia
discorso repentinamente e se non ci fossi abituata rimarrei spiazzata.
-
Bene, lavora troppo come sempre, ho paura di quando
diventerà medico a tutti gli effetti… ha smontato
stamattina dalla notte, ora dovrebbe dormire ma conoscendolo
avrà fatto un sonnellino ed ora sarà sveglio a
fare chissà quale lavoro o a studiare… giusto
perché non studia mai abbastanza! -
Mi
ascolta e seguendo uno dei suoi pensieri risponde con un ghigno:
-
Ah, per uno come lui solo un maschiaccio come te poteva cambiarlo come
effettivamente hai fatto. Vedrai che fra un po’ riuscirai
anche a non farlo lavorare così tanto! -
Mi
da una pacca sulla spalla… mah, convinto lui che
riuscirò anche in quel campo… certo non mi do per
vinta!
-
Senti, sicuramente è sveglio, va a fargli un po’
la predica, gli farà bene. Non ti vede da un po’! -
Consapevole,
tuttavia, che Tai non è mai stato capace di fare prediche ma
solo discorsi precipitosi ed incoscienti.
Magari
lo convince a fare un po’ di paracadutismo così si
svaga, è uno sport che gli ci vorrebbe proprio!
-
Va bene, allora passo, lo saluto volentieri! -
Ci
salutiamo e ognuno torna per la sua strada. Io e Tai ci becchiamo
spesso, ma con Joe è sempre stato difficile
perché come al solito lavorava sempre ma so che Tai fa bene
a tutti o non sarebbe lui il capo del gruppo. Anche se siamo cresciuti
è sempre rimasta così e il fatto di questi giorni
lo dimostra.
Porta
ventate d’aria fresca, ci vuole veramente.
Per
quel che mi riguarda do del mio meglio e so che ce la farò
ad arrivare dove voglio. Ho la forza necessaria per affrontare la vita
così come la desidero.
E
con le persone che contano intorno a me non c’è
più modo per ‘cadere’.
Sto
bene.