AMBIENTAZIONE:
Puntata 5X15, quella in cui Erik rischia di morire e viene operato alla
testa.
NOTE:
Dopo aver rivisto quella puntata mi sono resa conto di quanto ci stesse
bene una fanfic su quella parte e non ho potuto evitare. Per me era
lampante ciò che provava Ryan. Decisamente lampante!
Così è uscito questo, spero che vi piaccia, so
che in molti attendevano un'altra mia incursione in questa serie ed
eccola qua. Penso che ne farò altre poiché
ovviamente voglio anche farli concludere in modo completo, prima o poi,
cosa che mi sono accorta mi manca. E questo non va bene! Comunque
questa fanfic non è collegata alle altre due (che ricordo
sono: Apologize e Selvatico ma fragile). Ora vi auguro buona lettura.
Baci Akane
DEDICHE:
A Taila che tanto attendeva questa nuova scappata in CSI Miami e a
tutte le altre che come lei aspettavano altrettanto! Ah si…
e naturalmente a Yukino che guardando la puntata con me si è
resa conto di quanto abbia ragione su questi due!!! ^_______^
ALLA
VELOCITA’ DEL SUONO
/Running up that hill
– Placebo/
È
come se le mie ossa ed ogni organo si fosse raggelato
all’istante per poi andare in pezzi.
Così,
velocemente e prepotentemente, inarrestabile come il suono di un
missile che da lontano si avvicina sempre più per colpirti,
io mi sono sospeso andando in frantumi per un istante indefinito.
Non so
dopo quanto tempo il mio cuore ha ripreso a battere andando da lento a
veloce, aumentando sempre più, non so nemmeno quando io mi
sia messo a correre in macchina come un pazzo per arrivare in fretta in
ospedale. Non so proprio manco come Calleigh ci sia finita in macchina
con me.
Non so
se ha parlato o ha fatto qualcosa.
Non
so, non so persino quante infrazioni ho fatto.
So
solo che ora il fiato mi fa esplodere i polmoni per quanto è
irregolare e che il cuore mi fa impazzire, lo sento in gola e sembra
voglia uscire, grida e urla.
Come
è possibile che una notizia perfettamente confusa e per
nulla certa mi mandi così nel pallone?
Che mi
faccia sentire in questo modo?
Sono
bastate le parole ‘Erik’ e ‘vittima di
una sparatoria’ nella stessa frase per gettarmi in questo
stato.
Dannazione.
Dannazione.
Cosa
gli è successo ad Erik?
Ci
precipitiamo alla reception per ottenere notizie con la speranza di
aver capito male, col cuore che ancora martella troppo forte per farmi
sentire qualcosa, e quando lei non sa darci notizie e fa la vaga mi
altero, oh se mi altero. Faccio per prenderla e farla parlare con la
forza ma Calleigh fortunatamente mi precede e riesce ad ottenere
qualcosa.
Qualcosa
che forse sarebbe stato meglio non sapere, non so.
Se fra
5 minuti Erik non risponderà alla rianimazione,
morirà.
Dai
Erik, ti prego.
Non ci
fanno entrare, solo Orazio è là ad assistere a
quello che sarà un inferno ed io, onestamente, non so quanta
forza avrei per osservare tutto.
Non lo
so affatto.
Stringo
i pugni e tendo ogni muscolo del mio corpo fino allo spasmo, non
capisco più nulla.
Per un
istante cado di nuovo in quello stato confusionale che mi gela, mi
manda in pezzi e poi mi brucia totalmente.
Sento
le giunture molli e la testa mi gira, ho la sensazione di non farcela,
di crollare. Crollerei se non mi conficcassi le unghie nei palmi e non
sentissi un vago dolore. La vista è come se non esistesse
più, guardo e non vedo nulla.
So
solo che sto per impazzire, tutto qua.
Solo
questo.
Se non
mi danno subito la notizia che Erik ce l’ha fatta non so cosa
sarà di me.
Oh
Dio, se ci sei ti prego aiutami.
Salvalo.
Salvalo
perché lui non può morire, non può
lasciarmi, non può andarsene.
Lo
capisco solo quando comprendo che può morire e non posso
accettarlo così, non ora.
Perché
le persone devono andarsene per far capire quanto sono importanti?
Non so
realmente che sto facendo, come mi muovo e cosa faccio, io e lei
aspettiamo davanti alle porte attendendo che qualcuno arrivi a dircelo.
Che
qualcuno compia il miracolo mentre noi non sappiamo ancora nulla, nulla.
Solo
che c’è stata una sparatoria e che Erik
è stato colpito alla testa.
Come
può farcela?
Comprendo
la follia solo in questo momento, quando la mia raggiunge picchi
altissimi e di nuovo quel suono di prima torna a far capolino.
È
veloce e crescente, stride ferendo gli orecchi. Un missile che da
lontano mi raggiunge per colpirmi. Spero che non ci riesca, spero che
mi sveglino prima.
È
alla stessa velocità, la velocità del suono, che
me lo dico.
Lo
amo, per me non è solo importante. Ti prego, apri gli occhi,
voglio dirtelo.
Stringo
le labbra convulsamente facendole sbiancare, poi finalmente
l’infermiera di prima torna da noi, quanto sarà
passato? Ho perso la cognizione del tempo.
Guardo
le sue labbra cercando di leggervi prima che si muovano ma lei non mi
fa attendere oltre e lo dice.
Ce
l’ha fatta. Ha reagito alla rianimazione e si
salverà, o meglio dice che ci sono buone
probabilità per farcela. Non mi resta che aggrapparmi ad
esse.
Ora lo
stabilizzeranno e poi l’opereranno al cervello cercando di
togliergli il proiettile che gli è entrato.
Dannati.
La
pagheranno.
Mi
riprendo con questa consapevolezza e questo giuramento.
L’hanno
quasi ucciso e finché non si sveglierà e non mi
guarderà, non sarò veramente tranquillo.
Non
finirà così.
Non so
dire nulla, non mi esce nessun commento e non sento Calleigh accanto a
me, forse lei qualcosa è riuscita a dirlo, è
sempre più distaccata di me, sa sempre come comportarsi, io
spesso mi lascio prendere dall’impulsività e dalla
rabbia. Tendo a cercare di controllarmi e rimanere freddo e distaccato
il più possibile, ma accade che mi imbatto in situazioni
insopportabili ed esco di senno, lo ammetto. Però cerco di
tenermi ben salda la mia maschera di imperturbabilità
addosso per impedire che altri capiscano cosa penso e cosa mi succede
dentro. Le emozioni sono letali, possono compromettere qualunque cosa.
L’ho sempre pensato ed ora ne ho la conferma.
I
sentimenti possono portarmi alla follia, ora.
Però
posso lasciarli andare.
Se lui
si sveglierà li lascerò andare ma solo davanti a
lui, perché dopo aver rischiato di perderlo senza mai
averglieli mostrati, non voglio più trovarmi nello stesso
incubo.
Ed ora
eccomi finalmente qua, davanti a lui a vegliarlo. Devono operarlo
nuovamente, non si sveglierà ancora. È tutto
fasciato e sembra irriconoscibile, però il suo viso sembra
rilassato mentre dorme.
Dorme.
In
realtà è in coma però cerco di pensare
che invece riposi e basta.
Il
suono del suo cuore è regolare ed è
l’unico rumore che si sente in questa sterile e bianca stanza
d’ospedale.
Rimango
in piedi appoggiato al muro, non oso avvicinarmi. Per quanto riesca a
convincermi che dorme e basta e che presto si sveglierà,
penso che se lo vedo da più vicino, finirei per notare tutto
il dolore che prova e che gli rimarrà. Cosa sarà
di lui?
Che
conseguenze avrà tutto questo su di lui, dopo?
Non
riesco a smettere di pensarci così con le braccia incrociate
al petto ed una mano che sostiene la mia testa, coprendomi in parte le
labbra serrate piegate verso il basso, non gli stacco gli occhi di
dosso.
Questa
potrebbe essere l’ultima immagine sua.
No,
non voglio, non deve essere così.
Voglio
che la sua ultima immagine che avrò, sia del suo sorriso, di
lui che scherza oppure che mi guarda serio pensando a qualcosa.
Voglio
che sia tutto per me.
Voglio
che abbia quella luce che lo contraddistingue, indimenticabile.
Non
così.
Non
sospeso fra la vita e la morte.
Scavo
dentro di me aggrappandomi a tutte le volte che ho lavorato con lui, le
volte in cui abbiamo parlato e ci siamo chiariti.
All’inizio
non mi sopportava e a me di rimando non mi interessava entrare nelle
sue grazie, ma poi lentamente abbiamo imparato a conoscerci meglio fino
a capirci, a far luce l’uno sull’altro. Fino a
chiamarci amici, confidarci, scherzare insieme e sostenerci. Ci siamo
coperti l’un l’altro diverse volte ed anche se sono
risorte tensioni nel periodo in cui cercava di aiutare la sorella
assentandosi spesso da lavoro, poi abbiamo sempre fatto pace, ci siamo
sempre tornati a parlare ed io capendo ciò che gli succedeva
mi sono addirittura offerto di aiutarlo se gli sarebbe servito
qualcosa. È stato incredibile il nostro riavvicinamento dopo
che mi sono ferito l’occhio, si è sempre sentito
in colpa e sono riuscito a preoccuparlo non poco. Non gli avrei mai
parlato se fosse stato per me, ma lui testardamente ha tanto fatto
finché non si è fatto perdonare.
Quella
notte per poco non ci siamo baciati.
Lo
ricordo bene.
Ci
siamo sorpresi e scossi profondamente senza avere il coraggio di andare
fino in fondo e ammettere che eravamo fortemente attratti
l’uno dall’altro. Abbiamo bloccato tutto e per non
cedere realmente l’ho fatto andare via.
Per
tutta la notte non ho chiuso occhio sentendo il mio controllo sfuggire
inevitabilmente dalle mie mani. Mancava qualcosa, un piccolo tesserino
a quel puzzle e poi la mia maschera sarebbe crollata, non sarei
riuscito a guardarlo in viso e non sentirmi male, a non mostrare quel
che pensavo e provavo, qualunque cosa fosse.
Non
sono mai stato così confuso ed ho deciso, sul punto di
trovare quella parte mancante, di chiudere tutto a chiave e lasciare le
cose così com’erano.
Non
avrei mai voluto diventare qualcuno che non conoscevo e che non sapevo
gestire.
A
volte mi capitava di cadere in quei tranelli e non mi piaceva affatto.
È
stato davvero difficile superare lo shock che sarei potuto diventare
ceco e perdere il lavoro, ho tentato di tenere nascosti i miei problemi
ed andare avanti come sempre in modo impeccabile, ma quando ho capito
che le cose mi stavano per sgusciare via come olio, sono andato nel
caos e pieno di rabbia mi sono sfogato come non mi capitava da tempo.
Ho rotto il mio armadietto a lavoro. Però non mi sono
sentito meglio.
Erik
mi ha aiutato a superarlo e quando sono guarito mi sono sentito
talmente leggero che non sono riuscito a trattenere il mio entusiasmo,
proprio davanti a lui. È rimasto stupito, non pensava,
probabilmente, che sarei stato mai in grado di esternare certi
sentimenti a quel modo.
Bè,
l’ho detto… lentamente nel corso di questi anni ci
siamo conosciuti sempre più, avvicinandoci ed unendoci.
Già, unendoci.
Ed ora
quel tesserino è stato liberato dalla mia coscienza ed
è andato a posto alla stessa velocità di quel
suono.
Inconfondibilmente
amore.
Per
ora ogni sentimento di vendetta è passato in secondo piano.
Ho
appena ammesso a me stesso di amarlo e volergli bene e forse tutto
quello che mi rimarranno sono dei ricordi di un amicizia turbolenta e
non molto facile. E queste ore passate a vegliarlo senza ottenere da
lui nessun risveglio.
Non
posso crederci.
È
qualcosa che non posso controllare. Guardare e basta.
E
sperare.
Sperare
solamente.
Che
cosa stupida.
Ho
paura ad avvicinarmi.
Ho una
paura immensa.
Spero
solo che riapra gli occhi e che mi guardi. Allora glielo
dirò.
Andiamo,
apri gli occhi, Erik.
Ti
prego, fallo per me.
Riprenditi,
non permettere che nulla ti rovini.
Torna
quello di prima.
Torna.
Abbiamo
chiuso il caso e preso il suo assassino ed il responsabile di tutto
quello che c’era dietro.
Solo
dopo mi sono deciso a venire. Anzi, molto dopo a pensarci. In
realtà ho saputo che si è svegliato e che
lentamente si stava riprendendo ma non ho avuto il coraggio di andare
ancora.
Non
l’ho fatto perché penso sempre che possa essere un
sogno, il suo risveglio, o che lui non si ricordi di me.
Hanno
detto che alcune cose della sua memoria sono state cancellate ed io ho
paura di essere fra questi. Ho paura che dicendogli che lo amo poi
finisca per credermi un pazzo o per schifarmi. Ho paura che mi rifiuti
e che il nostro rapporto difficilmente ottenuto si rompa
irreparabilmente.
Ho
solo paura e preferisco lasciare che tutto si sistemi da solo, che la
sua memoria si ristabilizzi, che Orazio e Calleigh riempino i suoi
vuoti, che… che la luce di un tempo torni nei suoi occhi.
Ho
solo paura che non sia quello di un tempo.
Però
ora è passato veramente troppo e scaricati tutti i
sentimenti negativi prendendo i colpevoli del suo stato, non mi
è rimasto che questo senso schiacciante di mancanza e di
paura.
Non la
provo nemmeno quando affronto degli assassini, agisco e basta con
l’adrenalina in circolo.
Ora
però è diverso.
Ora
potrei giocarmi tutto.
Sono
sicuro di voler togliere la mia maschera da dosso?
Sospiro.
Oggi
viene dimesso e continuerà la convalescenza a casa. Ha
lottato bene e non può che riprendersi sempre meglio, da ora.
Non
può che andare bene, no?
Spero
che sia così.
Il
nervosismo mi mangia.
Perché
ho detto a tutti che sarei andato io a prenderlo e portarlo a casa?
Potevo
lasciare che lo facesse Orazio… stringo le labbra nuovamente
cercando di domare il resto dell’espressione del mio viso.
Sono
contrariato da ogni cosa che provo però la provo e per
quanto sia un azzardo, tutto ciò, non posso tirarmi indietro.
Gliel’ho
promesso.
Mi
sarei tolto la maschera, per lui.
Lui ce
l’ha fatta, è uscito dal suo incubo.
Pochi
metri mi separano da lui.
Mi
fermo un attimo dietro l’angolo del corridoio e prendo un
profondo respiro.
Mi
sento troppo emozionato, non è da me, non mi sento
più io.
Andiamo,
Ryan, muovi questi passi e raggiungilo.
Varca
la sua soglia, guardalo e sorridigli!
Fallo!
Sospiro
ancora e stringendo i pugni che sprofondo nelle tasche per mascherare
quanto più posso almeno questa tensione, infine mi muovo
raggiungendolo.
Entro
nella sua stanza e finalmente lo rivedo dopo quella volta in cui era in
coma.
Pensavo
quasi che l’avrei trovato davvero ancora in quelle
condizioni… ed invece no, è in piedi davanti alla
finestra che guarda fuori. C’è un bel panorama da
qua.
Rimango
fermo sulla soglia osservando la sua schiena ampia avvolta da vestiti
attillati, è pronto per uscire, aspettava qualcuno che
venisse a prenderlo.
Sembra
così naturale.
Da qua
però si vede la garza applicata sulla ferita. È
un bel taglio che fra qualche settimana sarà visibile.
Tutto
qua?
Tutto
qua quello che è rimasto di quell’incubo?
Solo
quelle bende?
Muovo
un altro passo e col fiato sospeso non sento più nemmeno
battere il mio cuore, mi sento di nuovo in uno stato pietoso e solo
perché quando ora mi guarderà, io sarò
diverso nei suoi confronti.
Lo
vedrò in modo differente.
Come
sarà?
Se ne
accorgerà?
Riuscirò
a dirglielo?
A
mostrare tutto ciò che ho dentro?
Non
l’ho quasi mai fatto, ne sarò veramente in grado?
Inghiotto
a vuoto poi mi decido a fare rumore e chiamarlo.
Lui si
riscuote dal suo stato assorto e si gira. Vedendomi le sue labbra
carnose si aprono in un sorriso contento, i suoi occhi brillano ed il
suo bel viso ha un espressione veramente felice.
Mi ha
riconosciuto, sa chi sono, si ricorda di me… e si ricorda
che eravamo amici. Si ricorda un sentimento positivo se mi sorride in
questo modo…
-
Ehi… non sei mai passato a trovarmi! Pensavo ti fossi
dimenticato di me! – Dice quindi venendomi incontro. Io mi
stringo nelle spalle tirando fuori un sorriso di circostanza.
Dannazione, sono così impacciato che capirà
subito che c’è qualcosa che non va.
Faccio
violenza su me stesso e mi sforzo di migliorare la mia espressione,
quindi riesco a dire in un tono più o meno normale e sereno:
- Ho
avuto molto da fare, ho dovuto coprire anche i tuoi turni e
poi… insomma, sapevo che non ti avrebbero lasciato solo e
che eri in buone mani! – Spero che colga un pizzico di ironia
nelle mie parole come tendo a fare la maggior parte delle volte, io non
è che ce ne abbia messa con troppa convinzione, il mio
pensiero è da tutt’altra parte, del resto.
- Si
però una visita me l’aspettavo! –
Ribatte mantenendo la sua espressione contenta mentre ci scambiamo una
formale ma vigorosa stretta di mano.
Che
cosa idiota.
Una
stretta di mano.
Con
quello che vorrei fargli e dirgli mi limito a porgergli la mano.
Aggiungo all’ultimo una pacca alla spalla, più
amichevole della stretta, però faccio pena lo stesso.
- Sono
venuto ora, no? – Rimedio senza trovare di meglio da dire. Mi
sta gettando nel caos proprio come immaginavo.
Come
ho fatto a ignorare tutto questo, prima?
Gli
stavo vicino come semplice amico addirittura litigando con lui ogni
tanto… davvero ero convinto non fosse nulla di
più?
Ero
così bravo a convincermi di quel che volevo?
Ed ora
dov’è finita tutta quella bravura?
- Mi
porti tu a casa? – Annuisco cercando le sue cose, non ne
aveva molte ma qualcuno gli ha portato dei vestiti, quindi mi prendo la
borsa e puntando gli occhi dritti nei suoi, dico con un mezzo sorriso
divertito:
-
Allora, pronto a lasciare questo postaccio? – Ok, va
lentamente meglio. Forse per la fine della giornata riesco a parlare
decentemente!
- Non
vedo l’ora! Non ne posso più di stare chiuso qua
dentro! – Ribatte lui più allegro. È
sciupato, si vede, ha ancora delle occhiaie e risulta più
pallido del solito, però ha una gran voglia di riprendersi e
ricordare quel che ancora è cancellato dalla sua memoria.
È fiducioso di poter tornare alla vita di prima. Se non
credesse fermamente in ciò sarebbe finito, lo so.
-
Andiamo allora. – Affermo infine avviandomi davanti a lui.
Distogliendo lo sguardo lo porto in alto. Controllo, Ryan. Ti ci vuole
controllo… anche se teoricamente non è
esattamente quello che ti eri prefissato.
Almeno
fino a casa, poi là sarà un altro discorso.
Sento
che mi segue per poi affiancarmi. Ha già svolto tutte le
pratiche necessarie, quindi andiamo dritti verso l’uscita.
Per
lui ricomincerà una nuova vita, che lo voglia o no.
Però non sarà solo,
l’aiuterò in ogni modo e non lo farò
sentire solo e fuori dal mondo. Farò di tutto per sostenerlo.
Nel
tragitto parliamo del più e del meno conversando in generale
di diverse cose, per lo più sono aggiornamenti su
ciò che è successo da quando lui non
c’è. Io rispondo sorprendendo me stesso, sono
veramente bravo a far finta di nulla, lo devo ammettere.
Sto
ricadendo nel tranello del me stesso controllato e non va bene,
però è un abitudine dura da mandare via.
Una
volta a casa sua, si ferma sulla soglia e si guarda intorno cercando
assorto e serio, io gli rimango accanto aspettando che si riambienti,
poi dopo un po’ emette un sospiro e dice:
-
Eccomi di nuovo a casa. – Non so se l’abbia
riconosciuta o meno, non so veramente in che stato effettivo
è la sua mente, so però che da ora, per un bel
po’, nulla sarà facile.
Voglio
fargli sapere almeno che ha il mio sostegno.
Almeno
questo.
L’aiuto
a sistemarsi così lui mi offre qualcosa da bere per
ringraziarmi. Non capisco se sia solo questo oppure se abbia paura di
stare già da solo a casa sua, ad ogni modo mi sta bene ed
accetto.
Il
momento è questo.
Butta
via la maschera, Ryan, e parlagli onestamente. Capirà.
Potrei
rovinare tutto, potrebbe non essere più nulla come prima ma
avevo anche paura che lui non si ricordasse più di me ed
invece non è così… da come mi guarda
non è proprio così… quindi posso anche
provare a sperare che forse… forse andrà bene.
Ad
ogni modo non voglio nulla in cambio, voglio solo dirglielo per non
rischiare di perderlo senza avergli mai fatto sapere nulla.
Sento
che è giusto dirglielo.
-
Erik… se avrai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, non
devi fare altro che chiedermelo. Per te ci sarò sempre.
– Lascio un po’ di tempo per assimilare la cosa,
non è male come frase, va piuttosto bene. Non ho detto
ancora nulla di irreparabile.
Lui mi
porge un bicchiere e si ferma a guardarmi da vicino, mi lascia i suoi
occhi scuri sui miei, sembra scrutarmi profondamente, come se
cercassero di leggermi dentro ed è qua che mi sento nudo.
Veramente nudo.
Chissà
cosa pensa… come vorrei saperlo…
-
Grazie. – Dice solamente con un sussurro della sua voce
profonda. Non stacca gli occhi dai miei ed io stringo il bicchiere
senza sentirlo davvero.
Non
posso fermarmi qua.
Devo
andare avanti. Glielo devo.
Tuttavia
mi precede di un soffio proprio quando apro le mie labbra per
proseguire.
E
trattengo il respiro.
- Sai
Ryan… c’è una cosa che non capisco, che
cerco di mettere a fuoco ma che non arrivo chiaramente. Non so se si
tratta di un vuoto di memoria vero e proprio… - Cerca di
spiegarsi ma io pieno di possibili modi per continuare questa premessa,
preferisco tacere e smettere di pensare. Mi concentro sulle sue parole
sperando solo che siano buone per me. Quindi prosegue con
quell’aria confusa ma non imbarazzata: - è
più una sensazione che non riesco ad inquadrare
completamente. Riguarda te. Cosa ci legava? – Se bevevo mi
sarebbe andato di traverso ogni cosa.
Lo
chiede con innocenza credendo di non fare alcun danno particolare,
quindi continua a guardarmi aspettando una mia risposta sincera. Vado
un attimo nel panico. Ho dovuto trattenere troppe cose troppo
importanti, ora sto crollando e come un pero maturo!
Mi
sento le guance calde e capisco di essere arrossito. Proprio io!
Cosa
gli dico ora?
Credo
sia il momento adatto, non mi ha smontato del tutto, ho ancora qualche
possibilità e al di là di tutto glielo devo dire
comunque. Sospiro e mi decido appoggiando il bicchiere sul tavolo
accanto a noi.
-
Bè… a legarci formalmente era solo
un’amicizia però, almeno da parte mia, devo essere
sincero fino in fondo. Dopo quello che ti è successo
l’ho capito chiaramente, come ho capito che potrebbe
succederci qualcosa in qualsiasi momento e che dobbiamo essere sempre
pronti. Non voglio avere rimpianti, in nessun caso. E voglio dirti che
ciò che mi lega a te è qualcosa che va al di
là dell’amicizia, Erik. È molto
più profondo ed incontrollato. Mi spiazza e non so come
gestirlo ma c’è e voglio fartelo sapere. Senza
nascondermi dietro a nessuna maschera di imperturbabilità
perfetta o di ironia. – Termino il mio discorso trattenendo
il fiato, quindi sentendomi contorcere completamente dentro, distolgo
lo sguardo dal suo. Non arrivo a guardarlo oltre.
E di
nuovo quei battiti tornano a farsi udire forti e prepotenti in me.
Penso che impazzirò prima o poi.
Realizzo
solo questo, poi lo sento toccarmi. Le sue dita si appoggiano lievi sul
mio mento e mi gira il viso verso di lui obbligandomi a guardarlo di
nuovo. Porto con fatica gli occhi sui suoi e mordendomi il labbro
inferiore dal nervoso l’ascolto cercando disperatamente di
domare i miei istinti.
- Era
esattamente questo che sentivo. Non capivo se era qualcosa che mi ero
perso oppure se avevo capito solo ora. Ora lo so, però.
C’era già tutto, è solo che non avevo
il coraggio e l’onestà di tirarlo fuori.
–
È
proprio il caso di dirlo… ci sono eventi estremi che
cambiano radicalmente la vita di una persona e spesso anche delle altre
che lo circondano. Questo lo segnerà tanto e già
lo sta facendo.
Non so
come stiano realmente le cose fino in fondo, se veramente lo pensava
anche prima o che… però ora è
così. E posso sollevarmi nel realizzare che nel rischio, nel
gioco d’azzardo, ancora una volta non ho perso.
La
leggerezza che mi solleva istantaneamente da terra insieme a lui, mi fa
bruciare gli occhi ed andare a fuoco ogni altra parte di me.
Non
pensavo si provasse una cosa simile nell’essere ricambiati da
qualcuno di così importante.
Non so
se sorrido, nuovamente non capisco bene cosa faccio, cosa dico e cosa
penso.
So
solo che, probabilmente senza muovere il mio corpo di un muscolo, mi
allungo verso il suo viso e appoggio le labbra sulle sue in un leggero
e semplice bacio che non oso approfondire oltre.
Trattengo
il fiato sentendo il piacere che mi danno le sue morbide e carnose ma
quando le schiude per fonderle e amalgamarle meglio con le mie, un
esplosione avviene in me.
Quante
sensazioni ed emozioni aspettavano solo di essere liberate e provate da
me.
Come
ho potuto trattenermi per tutto questo tempo?
Un
ondata di calore mi invade e mi piace da matti. Tanto che mi pare di
sentire le mie stesse mani che si aggrappano alle sue spalle larghe e
forti, mentre le sue scivolano sul mio collo e sulla mia nuca, fra i
capelli corti. Mi attira ulteriormente a sé con dolcezza ma
fermezza ed io mi lascio fare, quindi apriamo ulteriormente le labbra e
ci andiamo incontro con le lingue che si trovano a metà
strada e, senza più lasciarsi, iniziano una lotta che di
duro ha ben poco. È qualcosa di delicato, lento e dolce, che
non mi sarei sognato di poter avere per me.
E di
nuovo, come l’altra volta, alla velocità del suono
mi giunge un rumore.
Il
rumore di qualcosa di potente che si sta avvicinando sempre
più e che a momenti mi colpirà.
Bè,
questa volta che mi prenda pure, sono felice e realizzato,
null’altro che questo potrebbe importarmi!
FINE