AMBIENTAZIONE: Puntata 5X15, quella in cui Erik rischia di morire e viene operato alla testa.
NOTE: Dopo aver rivisto quella puntata mi sono resa conto di quanto ci stesse bene una fanfic su quella parte e non ho potuto evitare. Per me era lampante ciò che provava Ryan. Decisamente lampante! Così è uscito questo, spero che vi piaccia, so che in molti attendevano un'altra mia incursione in questa serie ed eccola qua. Penso che ne farò altre poiché ovviamente voglio anche farli concludere in modo completo, prima o poi, cosa che mi sono accorta mi manca. E questo non va bene! Comunque questa fanfic non è collegata alle altre due (che ricordo sono: Apologize e Selvatico ma fragile). Ora vi auguro buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: A Taila che tanto attendeva questa nuova scappata in CSI Miami e a tutte le altre che come lei aspettavano altrettanto! Ah si… e naturalmente a Yukino che guardando la puntata con me si è resa conto di quanto abbia ragione su questi due!!! ^_______^

ALLA VELOCITA’ DEL SUONO

/Running up that hill – Placebo/
È come se le mie ossa ed ogni organo si fosse raggelato all’istante per poi andare in pezzi.
Così, velocemente e prepotentemente, inarrestabile come il suono di un missile che da lontano si avvicina sempre più per colpirti, io mi sono sospeso andando in frantumi per un istante indefinito.
Non so dopo quanto tempo il mio cuore ha ripreso a battere andando da lento a veloce, aumentando sempre più, non so nemmeno quando io mi sia messo a correre in macchina come un pazzo per arrivare in fretta in ospedale. Non so proprio manco come Calleigh ci sia finita in macchina con me.
Non so se ha parlato o ha fatto qualcosa.
Non so, non so persino quante infrazioni ho fatto.
So solo che ora il fiato mi fa esplodere i polmoni per quanto è irregolare e che il cuore mi fa impazzire, lo sento in gola e sembra voglia uscire, grida e urla.
Come è possibile che una notizia perfettamente confusa e per nulla certa mi mandi così nel pallone?
Che mi faccia sentire in questo modo?
Sono bastate le parole ‘Erik’ e ‘vittima di una sparatoria’ nella stessa frase per gettarmi in questo stato.
Dannazione.
Dannazione.
Cosa gli è successo ad Erik?
Ci precipitiamo alla reception per ottenere notizie con la speranza di aver capito male, col cuore che ancora martella troppo forte per farmi sentire qualcosa, e quando lei non sa darci notizie e fa la vaga mi altero, oh se mi altero. Faccio per prenderla e farla parlare con la forza ma Calleigh fortunatamente mi precede e riesce ad ottenere qualcosa.
Qualcosa che forse sarebbe stato meglio non sapere, non so.
Se fra 5 minuti Erik non risponderà alla rianimazione, morirà.
Dai Erik, ti prego.
Non ci fanno entrare, solo Orazio è là ad assistere a quello che sarà un inferno ed io, onestamente, non so quanta forza avrei per osservare tutto.
Non lo so affatto.
Stringo i pugni e tendo ogni muscolo del mio corpo fino allo spasmo, non capisco più nulla.
Per un istante cado di nuovo in quello stato confusionale che mi gela, mi manda in pezzi e poi mi brucia totalmente.
Sento le giunture molli e la testa mi gira, ho la sensazione di non farcela, di crollare. Crollerei se non mi conficcassi le unghie nei palmi e non sentissi un vago dolore. La vista è come se non esistesse più, guardo e non vedo nulla.
So solo che sto per impazzire, tutto qua.
Solo questo.
Se non mi danno subito la notizia che Erik ce l’ha fatta non so cosa sarà di me.
Oh Dio, se ci sei ti prego aiutami.
Salvalo.
Salvalo perché lui non può morire, non può lasciarmi, non può andarsene.
Lo capisco solo quando comprendo che può morire e non posso accettarlo così, non ora.
Perché le persone devono andarsene per far capire quanto sono importanti?
Non so realmente che sto facendo, come mi muovo e cosa faccio, io e lei aspettiamo davanti alle porte attendendo che qualcuno arrivi a dircelo.
Che qualcuno compia il miracolo mentre noi non sappiamo ancora nulla, nulla.
Solo che c’è stata una sparatoria e che Erik è stato colpito alla testa.
Come può farcela?
Comprendo la follia solo in questo momento, quando la mia raggiunge picchi altissimi e di nuovo quel suono di prima torna a far capolino.
È veloce e crescente, stride ferendo gli orecchi. Un missile che da lontano mi raggiunge per colpirmi. Spero che non ci riesca, spero che mi sveglino prima.
È alla stessa velocità, la velocità del suono, che me lo dico.
Lo amo, per me non è solo importante. Ti prego, apri gli occhi, voglio dirtelo.
Stringo le labbra convulsamente facendole sbiancare, poi finalmente l’infermiera di prima torna da noi, quanto sarà passato? Ho perso la cognizione del tempo.
Guardo le sue labbra cercando di leggervi prima che si muovano ma lei non mi fa attendere oltre e lo dice.
Ce l’ha fatta. Ha reagito alla rianimazione e si salverà, o meglio dice che ci sono buone probabilità per farcela. Non mi resta che aggrapparmi ad esse.
Ora lo stabilizzeranno e poi l’opereranno al cervello cercando di togliergli il proiettile che gli è entrato.
Dannati.
La pagheranno.
Mi riprendo con questa consapevolezza e questo giuramento.
L’hanno quasi ucciso e finché non si sveglierà e non mi guarderà, non sarò veramente tranquillo.
Non finirà così.
Non so dire nulla, non mi esce nessun commento e non sento Calleigh accanto a me, forse lei qualcosa è riuscita a dirlo, è sempre più distaccata di me, sa sempre come comportarsi, io spesso mi lascio prendere dall’impulsività e dalla rabbia. Tendo a cercare di controllarmi e rimanere freddo e distaccato il più possibile, ma accade che mi imbatto in situazioni insopportabili ed esco di senno, lo ammetto. Però cerco di tenermi ben salda la mia maschera di imperturbabilità addosso per impedire che altri capiscano cosa penso e cosa mi succede dentro. Le emozioni sono letali, possono compromettere qualunque cosa. L’ho sempre pensato ed ora ne ho la conferma.
I sentimenti possono portarmi alla follia, ora.
Però posso lasciarli andare.
Se lui si sveglierà li lascerò andare ma solo davanti a lui, perché dopo aver rischiato di perderlo senza mai averglieli mostrati, non voglio più trovarmi nello stesso incubo.

Ed ora eccomi finalmente qua, davanti a lui a vegliarlo. Devono operarlo nuovamente, non si sveglierà ancora. È tutto fasciato e sembra irriconoscibile, però il suo viso sembra rilassato mentre dorme.
Dorme.
In realtà è in coma però cerco di pensare che invece riposi e basta.
Il suono del suo cuore è regolare ed è l’unico rumore che si sente in questa sterile e bianca stanza d’ospedale.
Rimango in piedi appoggiato al muro, non oso avvicinarmi. Per quanto riesca a convincermi che dorme e basta e che presto si sveglierà, penso che se lo vedo da più vicino, finirei per notare tutto il dolore che prova e che gli rimarrà. Cosa sarà di lui?
Che conseguenze avrà tutto questo su di lui, dopo?
Non riesco a smettere di pensarci così con le braccia incrociate al petto ed una mano che sostiene la mia testa, coprendomi in parte le labbra serrate piegate verso il basso, non gli stacco gli occhi di dosso.
Questa potrebbe essere l’ultima immagine sua.
No, non voglio, non deve essere così.
Voglio che la sua ultima immagine che avrò, sia del suo sorriso, di lui che scherza oppure che mi guarda serio pensando a qualcosa.
Voglio che sia tutto per me.
Voglio che abbia quella luce che lo contraddistingue, indimenticabile.
Non così.
Non sospeso fra la vita e la morte.
Scavo dentro di me aggrappandomi a tutte le volte che ho lavorato con lui, le volte in cui abbiamo parlato e ci siamo chiariti.
All’inizio non mi sopportava e a me di rimando non mi interessava entrare nelle sue grazie, ma poi lentamente abbiamo imparato a conoscerci meglio fino a capirci, a far luce l’uno sull’altro. Fino a chiamarci amici, confidarci, scherzare insieme e sostenerci. Ci siamo coperti l’un l’altro diverse volte ed anche se sono risorte tensioni nel periodo in cui cercava di aiutare la sorella assentandosi spesso da lavoro, poi abbiamo sempre fatto pace, ci siamo sempre tornati a parlare ed io capendo ciò che gli succedeva mi sono addirittura offerto di aiutarlo se gli sarebbe servito qualcosa. È stato incredibile il nostro riavvicinamento dopo che mi sono ferito l’occhio, si è sempre sentito in colpa e sono riuscito a preoccuparlo non poco. Non gli avrei mai parlato se fosse stato per me, ma lui testardamente ha tanto fatto finché non si è fatto perdonare.
Quella notte per poco non ci siamo baciati.
Lo ricordo bene.
Ci siamo sorpresi e scossi profondamente senza avere il coraggio di andare fino in fondo e ammettere che eravamo fortemente attratti l’uno dall’altro. Abbiamo bloccato tutto e per non cedere realmente l’ho fatto andare via.
Per tutta la notte non ho chiuso occhio sentendo il mio controllo sfuggire inevitabilmente dalle mie mani. Mancava qualcosa, un piccolo tesserino a quel puzzle e poi la mia maschera sarebbe crollata, non sarei riuscito a guardarlo in viso e non sentirmi male, a non mostrare quel che pensavo e provavo, qualunque cosa fosse.
Non sono mai stato così confuso ed ho deciso, sul punto di trovare quella parte mancante, di chiudere tutto a chiave e lasciare le cose così com’erano.
Non avrei mai voluto diventare qualcuno che non conoscevo e che non sapevo gestire.
A volte mi capitava di cadere in quei tranelli e non mi piaceva affatto.
È stato davvero difficile superare lo shock che sarei potuto diventare ceco e perdere il lavoro, ho tentato di tenere nascosti i miei problemi ed andare avanti come sempre in modo impeccabile, ma quando ho capito che le cose mi stavano per sgusciare via come olio, sono andato nel caos e pieno di rabbia mi sono sfogato come non mi capitava da tempo. Ho rotto il mio armadietto a lavoro. Però non mi sono sentito meglio.
Erik mi ha aiutato a superarlo e quando sono guarito mi sono sentito talmente leggero che non sono riuscito a trattenere il mio entusiasmo, proprio davanti a lui. È rimasto stupito, non pensava, probabilmente, che sarei stato mai in grado di esternare certi sentimenti a quel modo.
Bè, l’ho detto… lentamente nel corso di questi anni ci siamo conosciuti sempre più, avvicinandoci ed unendoci. Già, unendoci.
Ed ora quel tesserino è stato liberato dalla mia coscienza ed è andato a posto alla stessa velocità di quel suono.
Inconfondibilmente amore.
Per ora ogni sentimento di vendetta è passato in secondo piano.
Ho appena ammesso a me stesso di amarlo e volergli bene e forse tutto quello che mi rimarranno sono dei ricordi di un amicizia turbolenta e non molto facile. E queste ore passate a vegliarlo senza ottenere da lui nessun risveglio.
Non posso crederci.
È qualcosa che non posso controllare. Guardare e basta.
E sperare.
Sperare solamente.
Che cosa stupida.
Ho paura ad avvicinarmi.
Ho una paura immensa.
Spero solo che riapra gli occhi e che mi guardi. Allora glielo dirò.
Andiamo, apri gli occhi, Erik.
Ti prego, fallo per me.
Riprenditi, non permettere che nulla ti rovini.
Torna quello di prima.
Torna.


Abbiamo chiuso il caso e preso il suo assassino ed il responsabile di tutto quello che c’era dietro.
Solo dopo mi sono deciso a venire. Anzi, molto dopo a pensarci. In realtà ho saputo che si è svegliato e che lentamente si stava riprendendo ma non ho avuto il coraggio di andare ancora.
Non l’ho fatto perché penso sempre che possa essere un sogno, il suo risveglio, o che lui non si ricordi di me.
Hanno detto che alcune cose della sua memoria sono state cancellate ed io ho paura di essere fra questi. Ho paura che dicendogli che lo amo poi finisca per credermi un pazzo o per schifarmi. Ho paura che mi rifiuti e che il nostro rapporto difficilmente ottenuto si rompa irreparabilmente.
Ho solo paura e preferisco lasciare che tutto si sistemi da solo, che la sua memoria si ristabilizzi, che Orazio e Calleigh riempino i suoi vuoti, che… che la luce di un tempo torni nei suoi occhi.
Ho solo paura che non sia quello di un tempo.
Però ora è passato veramente troppo e scaricati tutti i sentimenti negativi prendendo i colpevoli del suo stato, non mi è rimasto che questo senso schiacciante di mancanza e di paura.
Non la provo nemmeno quando affronto degli assassini, agisco e basta con l’adrenalina in circolo.
Ora però è diverso.
Ora potrei giocarmi tutto.
Sono sicuro di voler togliere la mia maschera da dosso?
Sospiro.
Oggi viene dimesso e continuerà la convalescenza a casa. Ha lottato bene e non può che riprendersi sempre meglio, da ora.
Non può che andare bene, no?
Spero che sia così.
Il nervosismo mi mangia.
Perché ho detto a tutti che sarei andato io a prenderlo e portarlo a casa?
Potevo lasciare che lo facesse Orazio… stringo le labbra nuovamente cercando di domare il resto dell’espressione del mio viso.
Sono contrariato da ogni cosa che provo però la provo e per quanto sia un azzardo, tutto ciò, non posso tirarmi indietro.
Gliel’ho promesso.
Mi sarei tolto la maschera, per lui.
Lui ce l’ha fatta, è uscito dal suo incubo.
Pochi metri mi separano da lui.
Mi fermo un attimo dietro l’angolo del corridoio e prendo un profondo respiro.
Mi sento troppo emozionato, non è da me, non mi sento più io.
Andiamo, Ryan, muovi questi passi e raggiungilo.
Varca la sua soglia, guardalo e sorridigli!
Fallo!
Sospiro ancora e stringendo i pugni che sprofondo nelle tasche per mascherare quanto più posso almeno questa tensione, infine mi muovo raggiungendolo.
Entro nella sua stanza e finalmente lo rivedo dopo quella volta in cui era in coma.
Pensavo quasi che l’avrei trovato davvero ancora in quelle condizioni… ed invece no, è in piedi davanti alla finestra che guarda fuori. C’è un bel panorama da qua.
Rimango fermo sulla soglia osservando la sua schiena ampia avvolta da vestiti attillati, è pronto per uscire, aspettava qualcuno che venisse a prenderlo.
Sembra così naturale.
Da qua però si vede la garza applicata sulla ferita. È un bel taglio che fra qualche settimana sarà visibile.
Tutto qua?
Tutto qua quello che è rimasto di quell’incubo?
Solo quelle bende?
Muovo un altro passo e col fiato sospeso non sento più nemmeno battere il mio cuore, mi sento di nuovo in uno stato pietoso e solo perché quando ora mi guarderà, io sarò diverso nei suoi confronti.
Lo vedrò in modo differente.
Come sarà?
Se ne accorgerà?
Riuscirò a dirglielo?
A mostrare tutto ciò che ho dentro?
Non l’ho quasi mai fatto, ne sarò veramente in grado?
Inghiotto a vuoto poi mi decido a fare rumore e chiamarlo.
Lui si riscuote dal suo stato assorto e si gira. Vedendomi le sue labbra carnose si aprono in un sorriso contento, i suoi occhi brillano ed il suo bel viso ha un espressione veramente felice.
Mi ha riconosciuto, sa chi sono, si ricorda di me… e si ricorda che eravamo amici. Si ricorda un sentimento positivo se mi sorride in questo modo…
- Ehi… non sei mai passato a trovarmi! Pensavo ti fossi dimenticato di me! – Dice quindi venendomi incontro. Io mi stringo nelle spalle tirando fuori un sorriso di circostanza. Dannazione, sono così impacciato che capirà subito che c’è qualcosa che non va.
Faccio violenza su me stesso e mi sforzo di migliorare la mia espressione, quindi riesco a dire in un tono più o meno normale e sereno:
- Ho avuto molto da fare, ho dovuto coprire anche i tuoi turni e poi… insomma, sapevo che non ti avrebbero lasciato solo e che eri in buone mani! – Spero che colga un pizzico di ironia nelle mie parole come tendo a fare la maggior parte delle volte, io non è che ce ne abbia messa con troppa convinzione, il mio pensiero è da tutt’altra parte, del resto.
- Si però una visita me l’aspettavo! – Ribatte mantenendo la sua espressione contenta mentre ci scambiamo una formale ma vigorosa stretta di mano.
Che cosa idiota.
Una stretta di mano.
Con quello che vorrei fargli e dirgli mi limito a porgergli la mano. Aggiungo all’ultimo una pacca alla spalla, più amichevole della stretta, però faccio pena lo stesso.
- Sono venuto ora, no? – Rimedio senza trovare di meglio da dire. Mi sta gettando nel caos proprio come immaginavo.
Come ho fatto a ignorare tutto questo, prima?
Gli stavo vicino come semplice amico addirittura litigando con lui ogni tanto… davvero ero convinto non fosse nulla di più?
Ero così bravo a convincermi di quel che volevo?
Ed ora dov’è finita tutta quella bravura?
- Mi porti tu a casa? – Annuisco cercando le sue cose, non ne aveva molte ma qualcuno gli ha portato dei vestiti, quindi mi prendo la borsa e puntando gli occhi dritti nei suoi, dico con un mezzo sorriso divertito:
- Allora, pronto a lasciare questo postaccio? – Ok, va lentamente meglio. Forse per la fine della giornata riesco a parlare decentemente!
- Non vedo l’ora! Non ne posso più di stare chiuso qua dentro! – Ribatte lui più allegro. È sciupato, si vede, ha ancora delle occhiaie e risulta più pallido del solito, però ha una gran voglia di riprendersi e ricordare quel che ancora è cancellato dalla sua memoria. È fiducioso di poter tornare alla vita di prima. Se non credesse fermamente in ciò sarebbe finito, lo so.
- Andiamo allora. – Affermo infine avviandomi davanti a lui. Distogliendo lo sguardo lo porto in alto. Controllo, Ryan. Ti ci vuole controllo… anche se teoricamente non è esattamente quello che ti eri prefissato.
Almeno fino a casa, poi là sarà un altro discorso.
Sento che mi segue per poi affiancarmi. Ha già svolto tutte le pratiche necessarie, quindi andiamo dritti verso l’uscita.
Per lui ricomincerà una nuova vita, che lo voglia o no. Però non sarà solo, l’aiuterò in ogni modo e non lo farò sentire solo e fuori dal mondo. Farò di tutto per sostenerlo.
Nel tragitto parliamo del più e del meno conversando in generale di diverse cose, per lo più sono aggiornamenti su ciò che è successo da quando lui non c’è. Io rispondo sorprendendo me stesso, sono veramente bravo a far finta di nulla, lo devo ammettere.
Sto ricadendo nel tranello del me stesso controllato e non va bene, però è un abitudine dura da mandare via.
Una volta a casa sua, si ferma sulla soglia e si guarda intorno cercando assorto e serio, io gli rimango accanto aspettando che si riambienti, poi dopo un po’ emette un sospiro e dice:
- Eccomi di nuovo a casa. – Non so se l’abbia riconosciuta o meno, non so veramente in che stato effettivo è la sua mente, so però che da ora, per un bel po’, nulla sarà facile.
Voglio fargli sapere almeno che ha il mio sostegno.
Almeno questo.
L’aiuto a sistemarsi così lui mi offre qualcosa da bere per ringraziarmi. Non capisco se sia solo questo oppure se abbia paura di stare già da solo a casa sua, ad ogni modo mi sta bene ed accetto.
Il momento è questo.
Butta via la maschera, Ryan, e parlagli onestamente. Capirà.
Potrei rovinare tutto, potrebbe non essere più nulla come prima ma avevo anche paura che lui non si ricordasse più di me ed invece non è così… da come mi guarda non è proprio così… quindi posso anche provare a sperare che forse… forse andrà bene.
Ad ogni modo non voglio nulla in cambio, voglio solo dirglielo per non rischiare di perderlo senza avergli mai fatto sapere nulla.
Sento che è giusto dirglielo.
- Erik… se avrai bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, non devi fare altro che chiedermelo. Per te ci sarò sempre. – Lascio un po’ di tempo per assimilare la cosa, non è male come frase, va piuttosto bene. Non ho detto ancora nulla di irreparabile.
Lui mi porge un bicchiere e si ferma a guardarmi da vicino, mi lascia i suoi occhi scuri sui miei, sembra scrutarmi profondamente, come se cercassero di leggermi dentro ed è qua che mi sento nudo. Veramente nudo.
Chissà cosa pensa… come vorrei saperlo…
- Grazie. – Dice solamente con un sussurro della sua voce profonda. Non stacca gli occhi dai miei ed io stringo il bicchiere senza sentirlo davvero.
Non posso fermarmi qua.
Devo andare avanti. Glielo devo.
Tuttavia mi precede di un soffio proprio quando apro le mie labbra per proseguire.
E trattengo il respiro.
- Sai Ryan… c’è una cosa che non capisco, che cerco di mettere a fuoco ma che non arrivo chiaramente. Non so se si tratta di un vuoto di memoria vero e proprio… - Cerca di spiegarsi ma io pieno di possibili modi per continuare questa premessa, preferisco tacere e smettere di pensare. Mi concentro sulle sue parole sperando solo che siano buone per me. Quindi prosegue con quell’aria confusa ma non imbarazzata: - è più una sensazione che non riesco ad inquadrare completamente. Riguarda te. Cosa ci legava? – Se bevevo mi sarebbe andato di traverso ogni cosa.
Lo chiede con innocenza credendo di non fare alcun danno particolare, quindi continua a guardarmi aspettando una mia risposta sincera. Vado un attimo nel panico. Ho dovuto trattenere troppe cose troppo importanti, ora sto crollando e come un pero maturo!
Mi sento le guance calde e capisco di essere arrossito. Proprio io!
Cosa gli dico ora?
Credo sia il momento adatto, non mi ha smontato del tutto, ho ancora qualche possibilità e al di là di tutto glielo devo dire comunque. Sospiro e mi decido appoggiando il bicchiere sul tavolo accanto a noi.
- Bè… a legarci formalmente era solo un’amicizia però, almeno da parte mia, devo essere sincero fino in fondo. Dopo quello che ti è successo l’ho capito chiaramente, come ho capito che potrebbe succederci qualcosa in qualsiasi momento e che dobbiamo essere sempre pronti. Non voglio avere rimpianti, in nessun caso. E voglio dirti che ciò che mi lega a te è qualcosa che va al di là dell’amicizia, Erik. È molto più profondo ed incontrollato. Mi spiazza e non so come gestirlo ma c’è e voglio fartelo sapere. Senza nascondermi dietro a nessuna maschera di imperturbabilità perfetta o di ironia. – Termino il mio discorso trattenendo il fiato, quindi sentendomi contorcere completamente dentro, distolgo lo sguardo dal suo. Non arrivo a guardarlo oltre.
E di nuovo quei battiti tornano a farsi udire forti e prepotenti in me. Penso che impazzirò prima o poi.
Realizzo solo questo, poi lo sento toccarmi. Le sue dita si appoggiano lievi sul mio mento e mi gira il viso verso di lui obbligandomi a guardarlo di nuovo. Porto con fatica gli occhi sui suoi e mordendomi il labbro inferiore dal nervoso l’ascolto cercando disperatamente di domare i miei istinti.
- Era esattamente questo che sentivo. Non capivo se era qualcosa che mi ero perso oppure se avevo capito solo ora. Ora lo so, però. C’era già tutto, è solo che non avevo il coraggio e l’onestà di tirarlo fuori. –
È proprio il caso di dirlo… ci sono eventi estremi che cambiano radicalmente la vita di una persona e spesso anche delle altre che lo circondano. Questo lo segnerà tanto e già lo sta facendo.
Non so come stiano realmente le cose fino in fondo, se veramente lo pensava anche prima o che… però ora è così. E posso sollevarmi nel realizzare che nel rischio, nel gioco d’azzardo, ancora una volta non ho perso.
La leggerezza che mi solleva istantaneamente da terra insieme a lui, mi fa bruciare gli occhi ed andare a fuoco ogni altra parte di me.
Non pensavo si provasse una cosa simile nell’essere ricambiati da qualcuno di così importante.
Non so se sorrido, nuovamente non capisco bene cosa faccio, cosa dico e cosa penso.
So solo che, probabilmente senza muovere il mio corpo di un muscolo, mi allungo verso il suo viso e appoggio le labbra sulle sue in un leggero e semplice bacio che non oso approfondire oltre.
Trattengo il fiato sentendo il piacere che mi danno le sue morbide e carnose ma quando le schiude per fonderle e amalgamarle meglio con le mie, un esplosione avviene in me.
Quante sensazioni ed emozioni aspettavano solo di essere liberate e provate da me.
Come ho potuto trattenermi per tutto questo tempo?
Un ondata di calore mi invade e mi piace da matti. Tanto che mi pare di sentire le mie stesse mani che si aggrappano alle sue spalle larghe e forti, mentre le sue scivolano sul mio collo e sulla mia nuca, fra i capelli corti. Mi attira ulteriormente a sé con dolcezza ma fermezza ed io mi lascio fare, quindi apriamo ulteriormente le labbra e ci andiamo incontro con le lingue che si trovano a metà strada e, senza più lasciarsi, iniziano una lotta che di duro ha ben poco. È qualcosa di delicato, lento e dolce, che non mi sarei sognato di poter avere per me.
E di nuovo, come l’altra volta, alla velocità del suono mi giunge un rumore.
Il rumore di qualcosa di potente che si sta avvicinando sempre più e che a momenti mi colpirà.
Bè, questa volta che mi prenda pure, sono felice e realizzato, null’altro che questo potrebbe importarmi!

FINE