APOLOGIZE
Mi
sto reggendo sulla tua fune
Mi
tieni dieci piedi sopra la terra
E
sto sentendo cosa dici ma non riesco ad emettere un suono
Mi
dici che hai bisogno di me
Poi
vai e mi smonti, ma aspetta
Mi
dici che sei dispiaciuta
Non
pensavi che mi sarei voltato, e detto…
Che
è troppo tardi per scusarsi
È
troppo tardi
Ho
detto è troppo tardi per scusarsi
È
troppo tardi
Correrei
un rischio, mi prenderei la colpa
Faccio
una foto per te
E
ho bisogno di te come un cuore ha bisogno di battere
Ma
non è niente di nuovo – si
Ti
amavo con un rosso fuoco –
Ora
sta diventando blu, e tu dici…
“Mi
dispiace” come un angelo del paradiso lasciami pensare che
fossi tu
Ma
sono spaventato…
È
troppo tardi per scusarsi, è troppo tardi
Ho
detto è troppo tardi per scusarsi è troppo tardi
È
troppo tardi per scusarsi, è troppo tardi
Ho
detto è troppo tardi per scusarsi è troppo tardi
È
troppo tardi per scusarsi, si
Ho
detto è troppo tardi per scusarsi, si
Mi
sto reggendo sulla tua fune, mi tieni dieci piedi sopra la terra
/
Apologize – Timbaland & One Republic /
Ed
ora?
Smarrimento.
Confusione.
Dio,
cosa faccio?
Cacciato
dalla scientifica, dalla polizia, da tutto.
Cosa...
cavolo... faccio?
Esco
lentamente dall'edificio dentro cui ho lavorato fino ad ora e questo
senso allucinante che opprime ogni parte di me stesso mi toglie il
respiro.
Non
posso crederci che mi stia succedendo.
Non
posso.
Mi
fermo e mi giro con quest'aria che cerca risposte, cerca... qualcosa...
o qualcuno... che possa mi risvegli da questo incubo e affacciato alla
finestra vedo Horatio, mi sta guardando e questo sguardo che ci
scambiamo io non so proprio interpretarlo, come non so cosa
farò da ora in poi, dove andrò, cosa
sarà...
Non
voglio andarmene.
Ho
iniziato perché questo era profondamente quello che volevo
fare, l'unica via percorribile per me, ma ora che non posso, ora come
faccio?
Come
vorrei almeno saper leggere nei suoi occhi impenetrabili. Forse avrei
dovuto parlargli del mio problema, chiedergli aiuto invece di cercare
di risolvere tutto da solo. Ci ho provato, oh se ci ho provato... ho
fatto tutto quello che in quel momento mi sembrava possibile... eppure
volevo solo tenerli fuori dai miei errori del passato, volevo solo...
Però
ormai è tardi e nel volto di Horatio una maschera si forma,
se sapessi capirlo forse riuscirei a sentirmi un po' meglio,
chissà.
Ma
ormai è troppo tardi ed io ora sono fuori. Ed io ora non so
cosa fare.
Da
chi vado?
Cosa
faccio?
Ho
bisogno di qualcuno, ho bisogno di saper cosa fare, ho bisogno di...
Mi
rendo conto di essere salito in auto e di essermi messo a guidare solo
quando fermo il mezzo.
La
fermo e guardo dove sono finito.
Se
esistesse qualcuno in grado di capirmi e di dirmi cosa dovrei fare
ora...
Se
esistesse mi aggrapperei a lui con tutte le mie forze ma forse anche se
razionalmente non capisco cosa sto facendo e non riesco a ragionare,
dentro di me invece lo so. Lo so o non starei suonando con quest'aria
smarrita il campanello di casa sua.
Mi
apre la porta e lo sguardo che mi lascia rispecchia quello che vede nei
miei occhi e lo stupore iniziale lascia spazio alla domanda: cosa
è successo? È questo che si chiede.
Lui
ancora non sa e dovrei essere io a dirgli... a chiedergli... forse a
scusarmi...
Scusarmi
perché mi sono tenuto tutto dentro e perché in
passato ho sbagliato tanto... scusarmi per aver fatto quello che ho
fatto, anche se in fondo avevo buone intenzioni, oggi, quando ho pagato
quel maledetto affinché se ne andasse.
-
Ryan... ? -
Dice
il mio nome senza credere ai suoi occhi, non sono mai stato qua, non
sono mai venuto da lui anche se dopo quella volta in cui mi hanno
ferito all'occhio abbiamo seppellito le asce di guerra, non siamo
comunque mai diventati così intimi.
Eppure
mi sembra come se lui possa capirmi.
Forse
è così, ne ha passate molte ed abbiamo la stessa
dedizione per il nostro lavoro. Entrambi abbiamo sempre fatto di tutto
per difendere il nostro laboratorio, no?
O
non so, ma io sono qua e non so nemmeno cosa dirgli. Sto in silenzio
mentre cerco risposte alla sua muta domanda, poi finalmente col nodo in
gola che cerco di non sciogliere glielo dico:
-
Erik... mi hanno sbattuto fuori. - Così, semplicemente
così.
Sgrana
gli occhi e di nuovo l'idea che sia un sogno si affaccia nella sua
espressione, sono certo che stia pensando che non è
possibile... ed è bello riuscire a capire cosa pensano gli
altri, è bello...
-
Cosa? - Mi chiede incredulo, pensa di aver capito male ma al mio
silenzio riprende: - Perché? - Però ancora il
vuoto nella mia mente mi impedisce di parlare, mi mordo le labbra
nervoso mentre fisso gli occhi nei suoi neri, sono così
scuri che fanno quasi impressione. Ho paura che se parlo il nodo esce e
non riesco più a controllarmi.
Ecco
qua il punto.
Non
ho più il controllo della mia vita.
Mi
piace averlo ma mi è capitato di perderlo e sono stati i
momenti in cui ho sbagliato e mi sono cacciato nei guai.
Ora
ci sono di nuovo.
Ho
perso il controllo ed è terribile.
Mentre
cerco di dargli una risposta capisce che non riesco così si
fa da parte dicendo con un tono più basso e delicato:
-
Dai, entra... -
Non
si chiede perché sono venuto da lui, gli sta bene che ci sia
ed io onestamente non so più nemmeno cosa pensare...
è solo che mi brucia l'idea che possano mal giudicarmi. Mi
brucia... che lui possa chiudermi la porta in faccia e pensare che sono
uno squilibrato e che hanno fatto bene a cacciarmi.
In
un momento ci troviamo seduti e lui aspetta.
Aspetta
da me qualcosa, aspetta una motivazione ma non insiste, è
disposto anche semplicemente a stare qui con me in silenzio a sentire
le parole che non riesco a dire.
Non
sono uno che generalmente parla di sé, non l'ho mai fatto,
ho sempre fatto in modo da risolvere tutto da solo, ecco
perché Horatio è caduto dalle nuvole quando
è venuta fuori questa faccenda e sicuramente nessuno
capirà.
Ma
vorrei che lui capisse.
-
Ho fatto... delle cose di cui non sono fiero. Cose che ho cercato di
seppellire ma che sono venute fuori. -
Con
un certo sforzo tiro fuori una parte anche se nemmeno facendo violenza
su me stesso arrivo a spiegarmi di più. Non ce la faccio.
Non
riesco nemmeno a guardarlo più in viso.
Mi
tormento le mani sudate e fredde e chissà se il respiro e i
battiti del mio cuore riusciranno mai a tornarmi regolari?
Vorrei
svegliarmi...
-
Tutti noi ne abbiamo fatte ma non credo che la tua fosse
così grave da non poter essere risolta da Horatio. - La sua
fiducia in quell'uomo è enorme e forse è questo
che a me è mancato. Fiducia in coloro che in fondo ho voluto
proteggere con quel mio gesto.
-
Non ne ho parlato con lui, mi ha chiesto di farlo ma ho preferito
lasciarlo fuori. Pensavo di poter risolvere da solo. -
Lo
sento sospirare, cosa pensa? Perché lo fa?
È
per capire cosa gli giri per la testa che alzo la mia e torno a posare
i miei occhi sui suoi, con ansia scruto ogni particolare del suo viso
ma la confusione che sempre più mi attanaglia non mi
permette di capire più niente, non sono in me, non lo sono
ed è una cosa inaccettabile.
Continuo
a mordermi il labbro e lui finalmente parla, non ha un tono di
rimprovero, cerca di rimanere comprensivo...
-
Qualunque sia stato il tuo sbaglio, quello più grande
è stato questo. Non fidarti di lui. Avresti dovuto
chiedergli aiuto. - Dopo di questo aspetta una mia reazione ma lo
sguardo che ricambia sul mio gli fa capire che non riesco ancora a
parlare, così riprende mentre continuo a stringere le mie
stesse mani: - Anche io mi sono cacciato spesso nei guai ma
è sempre stato lui ad aiutarmi e a tirarmene fuori. Sempre.
È questo che ti manca, Ryan. Noi non sappiamo nulla di te ed
è questo che all'inizio non mi piaceva di te. Come potevo
sapere che eri una brava persona? Ma se vuoi fiducia devi comunque
mettere a disposizione una piccola parte di te per primo, o non
riceverai mai quello che speri. - è un discorso molto
profondo, come lo sono queste sue iridi. Non ho mai visto due occhi
così neri e mi ci perdo per un secondo a fissarle. Io ho
capito subito di non piacergli ma al tempo stesso è stato
chiaro che era un ottima persona, buona dentro... solo un po' irruento
in alcuni momenti. Però è vero. Se non permetto a
nessuno di guardarmi dentro per quello che sono, nessuno
potrà aiutarmi e fidarsi di me.
-
Se domani sentirò solo sguardi di biasimo sarà
solo per colpa mia. - è questa la mia conclusione, una
conclusione che mi fa male, mi fa troppo male. Mi trovavo bene qua, con
loro, con tutti... e realizzandolo quel nodo cresce.
Mi
passo nervosamente le mani sul viso, mani che tremano e che tentano
ancora di nascondere questa mia fragilità. Non ho mai
parlato con nessuno dei miei rapporti, della mia vita privata, delle
mie scelte, di me stesso... mai... ed ora doverlo fare mi lascia in
crisi. Come si fa?
Ma
poi...
-
E poi ormai è tardi... - Aggiungo seguendo questa mia linea
di pensiero.
-
Per cosa? -
-
Per scusarsi. Lo farei, credo di doverlo fare, ma ormai è
tardi. Le cose non torneranno indietro. Ormai sono solo... - Lo esprimo
in un sussurro mentre combatto con me stesso per non far uscire questo
nodo che è giunto fino agli occhi, li stringo e continuo a
premermi le mani sul viso. Controllo, Ryan.
Devi
controllarti, non è impossibile, l'hai sempre fatto...
però ora ti senti solo, smarrito, senza nessuna porta da
poter aprire, senza nessuna via da imboccare. Al centro di un incrocio
pieno di vie sbarrate.
Eccomi
qua, io coi miei segreti, i miei errori e... la mia solitudine...
Ho
dedicato anima e corpo a questo lavoro perché l'ho sempre
reputato una vocazione, non ho avuto una vita privata e lo sfogo che ho
trovato nel gioco mi ha rovinato. Non mi era rimasto null'altro che il
mio lavoro, la gratitudine della gente nell'arrestare gli assassini dei
propri cari. Ed ora niente più di tutto questo.
Niente
più nemmeno loro... Erik...
-
Sbagli di nuovo. - Lo dice con certezza, questa volta, ma io ancora non
libero il mio viso. Vorrei riuscire a sparire. - Ryan! - La sua voce
decisa si accompagna alla sua mano che afferrandomi il polso me ne tira
via una scoprendomi in parte il volto. Si fa guardare e siamo vicini,
ora. La sua presa è forte e la sua pelle calda.
Per
un momento rimaniamo così a fissarci senza dire altro ma poi
quando riprende mi sembra come se qualcuno mi avesse preso a pugni.
-
Non sei solo, Ryan. Devi imparare a fidarti... di Horatio, degli altri
della squadra, di me... so che non è facile se non l'hai mai
fatto, ma devi. Ti vogliono tutti bene, ti sono affezionati ma tu devi
permettere loro di coltivare questi sentimenti per te. Devi permetterlo
tu. Ma non sei solo. E credimi, ne ho passati tanti di momenti simili
ma alla fine ho capito che è così come ti sto
dicendo. Che non siamo mai soli, anche se sembra. E le tue scuse le
devi fare ad Horatio per non avergli permesso di proteggerti e
aiutarti. - Conclude così continuando a tenermi il polso e a
fissarmi negli occhi da vicino. Non capisco come mai... come mai questo
calore... come mai mi sembra di essere al posto giusto... come mai sto
così...
Come
mai questo nodo ora mi si scioglie e mi bagna gli occhi facendomi
nascondere il viso sulla sua spalla, non mi piace farmi vedere
così, è terribile per me ma non arrivo
più a controllarmi, non ce la faccio...
Non
ce la faccio più.
-
Io non so più cosa fare... -
Ed
è solo questo che riesco a dire mentre le sue mani si
appoggiano sulle mie braccia ed una scivola dietro al mio collo per
trattenermi, per permettermi di non mostrare il mio pianto, qualcosa di
cui mi vergogno, qualcosa che non doveva essere.
-
Lo so. Dai, forza che non sei solo. - Risponde rafforzando la presa e
facendosi sentire fisicamente vicino a me. Non riesco a capirlo. Non
gli ho spiegato nulla, mi sono dimostrato degno di nessuna fiducia
eppure dopo tutti i nostri trascorsi sta qua con me e cerca di tirarmi
su. Non lo posso capire ma in questo momento non capisco nemmeno me
stesso... non capisco come mai con la mano mi aggrappo alla sua
maglietta attillata e poi alzo il viso rimanendo così vicino
a lui.
Non
capisco e forse cercare di capire qualcosa in situazioni come queste
è da folli. Perché ci si lascia prendere dalla
follia in attesa di un'assoluzione, di tornare a respirare, di smettere
di star male... di ritrovare la strada... però lui non mi ha
giudicato e anche se non sa dirmi cosa devo fare mi sta vicino.
Lui
semplicemente c'è.
Semplicemente
è con lui che non sono veramente solo.
Se
ci pensassi non lo farei e non so se va bene nascondersi dietro a
questo mio stato sconvolto, non so però annullo la distanza
e lasciandogli il tempo di reagire e allontanarmi, se lo desidera,
appoggio le labbra sottili sulle sue carnose. Gliele bagno di lacrime e
prima di rendermi conto che non mi sta mandando via, sento che me le
lecca bevendole, accettandomi come se non avesse voluto altro
dall'inizio.
Ed
io come in un rifugio sicuro lontano da dolori, smarrimenti e
oppressioni mi avvicino maggiormente a lui e al suo corpo scaldandomi e
prendendo tutto quel che riesce a darmi, ed è tanto.
Senza
rendercene conto stiamo già fondendo le nostre labbra in
questo bacio che vede anche le nostre lingue giocare febbrili, i nostri
respiri si mescolano e i sensi si annebbiano. Forse è la
prima sensazione piacevole di questa terribile giornata e mentre ci
baciamo me ne rendo conto. Non avrei mai sopportato il suo disprezzo
dopo tutto quello che ci abbiamo messo ad instaurare un rapporto che
lasci fuori sentimenti negativi.
Eravamo
come cane e gatto ma abbiamo saputo trasformarci lentamente ed ora...
ora che non lavorerò più con lui e che gireranno
chissà quante voci su di me, non vorrei, non sopporterei,
che lui fraintendesse e tornasse a odiarmi. Non vorrei. Non ce la farei
perché fra tutte le cose che mi sono guadagnato da quando
sono qua, la sua amicizia è stata la cosa migliore a cui non
potrei mai rinunciare.
Mai.
È
poi separandoci ansimanti che senza lasciarci e con ancora gli occhi
chiusi e sconvolti, glielo dico così come mi viene in mente,
capendo che ormai il controllo è proprio una cosa lontana
anni luce da me.
-
Non lasciarmi mai. - Credo che questa sia la mia parte più
nascosta, che non avrei mai osato liberare... e la cosa più
pazzesca che mi lascia inebetito è che sto incredibilmente
meglio.
-
Si. - Dice solo questo eppure basta per farmi capire tutto quello che
invece pensa lui.
È
probabilmente la cosa più assurda nata nel modo e nel
momento più assurdi che mi sia capitata... e decisamente
incontrollabile... però credo che andrà bene
così.
Anche
se ancora non so dove finirò domani, cosa farò e
come. Non so.
Spero
solo che lui non mi lasci.