Dietro Agli Occhi Azzurri

CAPITOLO II:

LITIGIO

/ What i’ve done - Linkin Park /

Come un martello pneumatico che fa i lavori nella stanza accanto impedendomi di dormire e pensare liberamente, le parole di Don mi tornano alla mente tormentandomi senza mai abbandonarmi.
Non riesco a cacciarle e a smettere di ripetermele.
Come anche non smetto di ripetermi che si trattava dell’effetto della morfina, non a tutti fa così, c’è chi la regge bene ed altri che proprio li fanno andare fuori fase. Don sicuramente è fra questi ed ha straparlato, non avrà nemmeno capito cosa ha detto.
Non può che essere così, siamo amici da molto, non mi avrebbe nascosto così a lungo una cosa simile per poi spararla così.
Per lo meno credo…
Lo conosco bene e da molto, abbiamo lavorato insieme ai casi più disparati, non penso proprio che lui possa essersi innamorato di me di punto in bianco. Fra noi due sono io quello che maschera le cose, non lui. Lui non ne è capace, proprio come Danny.
Già, Danny…
- Ehi, Mac! Come sta Flack? – La voce sicura proprio di colui a cui stavo pensando, mi distoglie dai miei pensieri e dal mio mal di testa facendomi quasi spaventare. Lo scatto che controllo a fatica non se lo fa sfuggire e fermandosi mentre si avvicina a me, alza un sopracciglio incredulo dicendo:
- Non dirmi che ti ho spaventato! – Non ci potrebbe mai credere, immagino.
Poso il mio sguardo serio e penetrante sul suo cristallino che cerca di leggere in me. Chissà se ci riesce?
Sembra lo faccia spesso e fra noi a volte è come se riuscissi solo io a scrutare in lui. A volte sembra che nessuno riesca a leggere in me… tranne forse Don, a volte. Ma anche Danny.
Ci sono volte però in cui nessuno riesce a penetrarmi e rimango un mistero per tutti.
- Ero soprappensiero e non ti ho visto arrivare. Si, Don si è appena svegliato. Non è il caso di disturbarlo, per ora. – Liquido il discorso così, non vorrei che si dichiarasse anche a lui…
Danny non sembra farne un problema e si fida ciecamente di me, tanto che alzando le spalle come a dire ‘pazienza’, riprende affiancandomi mentre riprendiamo la camminata fuori dall’ospedale.
- Va bene, andiamo a fare colazione prima del nostro turno? Avresti bisogno di andare a casa a riposare ma so che non lo farai, quindi ti rimetto in sesto un po’ io! – Lo guardo di sottecchi a quest’affermazione e lui lo nota visto che si mette a ridacchiare dandomi una pacca affettuosa sulla schiena. - Ehi, hai capito male! In un bar non possiamo mica fare nulla… ma se vuoi prenderti un permesso andiamo a casa… - Continua malizioso divertendosi parecchio. È sempre il solito, deve metterci dell’ironia ovunque, anche senza accorgersene, magari. Lui credo sia nato facendo battute ironiche.
Ma devo ringraziare che le faccia, almeno alleggerisce le situazioni pesanti in cui mi trovo sempre, se non ci fosse sarebbe comunque da inventare.
Sospiro mantenendomi serio, poi rispondo con la mia calma perenne:
- Va bene un bar, anche se onestamente ho ancora lo stomaco chiuso. –
- Stella è andata a casa, alla fine? – Chiede conducendomi alla sua macchina.
- Si, l’ho mandata a casa dopo che si era addormentata lì fuori… - Sorride immaginandosi la scena e giungiamo all’auto dove saliamo, solo una volta dentro mi rendo conto di quanto effettivamente mi sia mancato. È riuscito subito a distogliermi dal pensiero di Don… che ora è tornato prepotente. Però ci è riuscito almeno per un po’. Aggrotto la fronte per un attimo, il tempo necessario per fargli capire che c’è qualcosa che non va.
È proprio vero, magari non sempre vengo capito, ma spesso si, dalle persone giuste.
- Che succede? Sei preoccupato per Flack? –
Infilando la chiave dell’accensione, fa cadere la mano posticipando la partenza, mi guarda assicurandosi sulle mie condizioni e subito controllo la mia espressione facciale tornando apparentemente tranquillo e composto.
So essere un gran bugiardo, volendo.
- Si, bè… immagino di si… - rispondo vago evitando il suo sguardo. I suoi occhi azzurri sono così onesti e diretti che non penso riuscirei a non dirgli cosa mi ha detto Don. E so come è fatto, farebbe una gran confusione per nulla, si ingelosirebbe sicuramente e nascerebbero ulteriori tensioni.
Non voglio, ci tengo ad un clima sereno, specie fra loro due. Sono sempre andati d’accordo e fra noi tre le cose devono continuare ad andare bene.
Ci tengo troppo ad entrambi, anche se… anche se in modo diverso, ovvio.
Sono ancora su questi pensieri che sue due dita si posano decise sul mio mento, dalla parte opposta a lui, e mi gira la testa verso di lui senza lasciarmi scelta. Ha questi modi di fare che mi stordiscono nonostante sia io, normalmente, quello che gestisce le relazioni.
Mi trovo a fissare gli occhi nei suoi, abbiamo un colore molto simile anche se di sfumature diverse. Il suo azzurro è più cupo mentre il mio probabilmente più gelido. Ma chissà, credo dipenda dai punti di vista e da tante altre cose come l’umore.
Già, da cosa pensano.
I pensieri di Danny, nonostante l’apparenza, sono spesso molto scontrosi e bruschi, mentre i miei… bè, i miei sono fin troppo controllati e legati.
Don?
Anche lui ha il nostro stesso colore ma in lui risaltano molto di più che su di noi. Sono color cielo e sono limpidi, come lui e i suoi… pensieri…
Fin troppo limpidi…
E se non era per la morfina che ha detto quello?
- Mac, vedrai che andrà tutto bene. Ti vedo pensieroso più del solito. È successo qualcosa? – Ci guardiamo ancora da così vicino ma rendendomi conto di essere finito di nuovo a pensare a Don, incupisco irrimediabilmente lo sguardo, lo vedo attraverso lui che non si perde un dettaglio di me. Dovrei dire qualcosa, tranquillizzarlo, depistarlo… non voglio dirgli cosa è successo, non deve essere importante, non deve essere motivo di…
- Si, ma non mi va di parlarne. – Da quando in qua non riesco più a fare quel che decido?
Mi stupisco da solo di quel che ho detto, onesto, troppo. Deve essere Danny, non riesco a non esserlo con lui.
Rimane così vicino a me e mi fa capire che invece vorrebbe sapere non per curiosità ma perché è preoccupato per me.
- Dovresti, sai? Non fa bene tenerti certe cose dentro, me l’hai detto tu. –
L’ascolto con attenzione, sa che riesce a dirmi le cose giuste, è un nostro dono. Ha un tono così dolce, però, che mi colpisce. Sembra mi tratti come un diamante prezioso. Questa delicatezza da Danny mi stupisce ma è bello come la dimostra solo con me.
Familiarità e dolcezza, come se volesse proteggermi. Eppure succede sempre il contrario.
Come faccio a non dirgli cosa ho?
Lui è Danny… stiamo insieme, è giusto che lo sappia. Anche se non vorrei perché so come reagirà e non voglio.
- Io vorrei saperlo. – Aggiunge poi con voce più bassa e decisa, i brividi per un attimo mi accarezzano, qualcosa che mi sconvolge. Sono gli stessi che ho provato prima quando è successo tutto quello con Don e mi ha detto che si sta innamorando di me.
Gli stessi.
Cosa significa?
Cosa succede?
Anche se non l’ha detto intenzionalmente e non lo pensava quel che mi preoccupa e mi confonde è come mi sono sentito io mentre me lo diceva.
Cos’è?
Credo di stare per sciogliermi, Dio, non ce la faccio più.
È un momento critico, sono successe troppe cose una dietro l’altra, non arrivo a starmene al mio posto.
Qual è?
Ho bisogno di… di capire…
Non rispondo a parole anche se lui aspetta questo, lasciando perdere tutto, per puro egoismo gli prendo la mano che ha ancora sul mio viso e gliela stringo tendendomi verso di lui. È breve la distanza, appoggio le labbra sulle sue e lui con un po’ di stupore mi accoglie. Non è il nostro solito bacio, lo capisce bene, ecco perché sulle prime è titubante e non risponde molto. Lo conduco io aprendogli meglio le labbra e quasi con disperazione che non ho mai dimostrato, cerco la sua lingua fino a che non la trovo e mi accontenta muovendola a sua volta contro la mia.
È un bisogno forte che lui capta subito, non capisce cosa mi succeda ma sa che mi succede qualcosa. Continuiamo a baciarci mentre in me cerco le risposte.
Cos’è stato quel brivido mentre Don mi diceva che provava qualcosa per me?
Cos’è quello che ora provo stando con Danny?
Sono sempre emozioni, emozioni molto forti che però non mi fanno capire che differenza abbiano.
Ho bisogno di altro, anche di Don, di più, per capirmi.
Ho sempre fatto così fatica a lasciarmi andare ai miei sentimenti ed infatti le storie che ho avuto non sono mai state facili.
Ora ho bisogno di aiuto.
Ci stacchiamo ansimanti e aggrappati l’uno all’altro mentre quel bruciore martellante continua a divorarmi da dentro sconvolgendomi.
Da sempre la mia rovina sono solo i sentimenti.
Appoggio la fronte alla sua e lui la corruga, non capisce cosa mi sia successo e mi fissa mentre io mantengo gli occhi chiusi, aspetta, mi lascia i miei tempi ed i miei silenzi ma vorrebbe che io parlassi.
Lo so.
E glielo devo.
So anche questo.
Sospiro.
- Prima Don ha detto che si sta innamorando di me. –
Così lo dico semplicemente, senza prepararlo in altro modo o avere certi riguardi. Riguardi per cosa, poi? Non è un fatto grave. Non dovrebbe esserlo.
- Mi dispiace per lui… cioè, lo capisco bene, ha dei buoni gusti. Ma non vedo come questo possa crearti problemi. – No, non è che è ottuso, è solo Danny. Non l’ha nemmeno fatto apposta, non voleva sdrammatizzare anche se alla fine sembra sia stato proprio così.
E mi piace anche per questo, speravo lo facesse, lo sapevo e non mi ha deluso.
Però ora il problema è tutto mio.
Sospiro di nuovo temporeggiando e mi stacco da lui distogliendo lo sguardo, posso immaginare la sua espressione d’incomprensione. Lui non voleva creare dilemmi su questo fatto, lo so, si è controllato al meglio vedendola con gli occhi più positivi possibili, dicendosi che tanto io sto con lui e non deve pensare ad altro.
Però non è così perché ora mi brucia, mi sta dentro, mi fa pensare, mi confonde e mi… emoziona… e non dovrebbe essere così.
- Lui è Don, siamo molto amici… non credo che sarà tutto come prima. – Cerco di fare un ragionamento che non ha una pecca ma lui non ci casca.
- Mac, non si tratta di questo. – Dovrebbe essere una domanda ma gli esce come un affermazione e al contrario di me non smette di guardarmi. Cerca di domarsi ma si sta alterando, lo sento. Fa del suo meglio ma Danny è Danny… Mi passo nervoso una mano sul viso facendola scivolare fin dietro sulla nuca. Non è facile anche perché vorrei sapere cosa dirgli, cosa chiedergli.
- Dov’è il tuo problema se lui si innamora di te? Tu non stai con me? Non dovrei essere io a ricordartelo… o quel bacio era proprio per questo? Per ricordarti che stai con me? – Ecco, non ci ha messo molto ad accendere i toni. È normale e non posso nemmeno biasimarlo.
Non sono chiaro, non lo sono mai. Mi rendo conto che avere rapporti con me è la cosa più complessa che si possa fare ma non posso farci nulla. Faccio difficoltà a relazionarmi anche io con me stesso!
- Danny… - Inizio alzando il viso e guardandolo, fanno male ora i suoi occhi. Dietro al suo azzurro c’è dolore per ferite che gli sto aprendo proprio io. È una cosa insopportabile… è insopportabile anche venir capiti poco, perché quando succede è forse peggio delle altre volte.
Lui ha capito fin troppo cosa sto cercando di dire e nemmeno io lo so bene.
- Mi dispiace… -
Non volevo.
- Cosa? – Chiede continuando ad alterarsi.
- Non voglio farti male. – Io invece sussurro.
- Dispiace anche a me, allora, perché me ne hai già fatto. Non dovevi dirmi questo, ora. Dovevi dirmi che sono un idiota a dire queste cose e magari prendermi a pugni! Era questo che dovevi fare! Non dispiacerti! – Ma lui ora è visibilmente arrabbiato tanto che quasi grida gesticolando, i suoi occhi sono lucidi di rabbia ed il suo viso dimostra ampiamente ciò che pensa e che prova.
Vorrei essere come lui.
Riuscirci così bene anche io.
Non ha nemmeno paura di piangere, quando deve farlo…
Però ora non so cos’altro dire e lo vedo sull’orlo di una crisi isterica, credo non ce la faccia più a stare con me in questo momento ed io stesso, onestamente, ho bisogno di pensare.
Gira la testa dall’altra parte e con il respiro alterato stringe i pugni sul volante con forza, poi dice secco con voce tremante:
- Esci. Vattene, per favore. – Il ‘per favore’ è un attenzione che mi riserva solo perché sono io, me ne rendo conto. Come anche il non avermi sfiorato o investito con una valanga di insulti.
Solo perché sono io e mi vuole bene, profondamente.
- Non era così che doveva andare. –
Mormoro prima di uscire dall’abitacolo.
È come se fossi fatto di piombo, non riesco a muovere un passo, rimango qui fuori e guardo la porta che richiudo, guardo tutta l’auto e sto fermo senza muovermi. Dimenticandomi di farlo, mentre di nuovo quel bruciore interiore mi divora facendomi quasi esplodere la testa.
Sono cose che mi fanno male ma che provo e non so gestire poi così bene.
Sono cose che vorrei cancellare e non so come fare.
Sono cose che capitano, immagino, ma che lasciano una tale lacerazione da desiderare di riportare indietro il tempo.
Sono cose che uccidono dentro.
Voglio bene a Danny, sono certo di amarlo.
Ma Don…
Don?”