Dietro Agli Occhi Azzurri

CAPITOLO IV:

CONSOLARSI

/ Apologize – Timbaland & One Republic /

“’Duro’ non rende.
Veramente.
Penso che definire ‘duro’ ciò che ho passato è sminuire tutto.
Dannazione… fare ciò che si deve fare non sempre è ciò che si vuole fare, però non ce la facevo più. Stavo per scoppiare lì con lui, non avrei resistito un attimo di più. Ho dovuto farlo uscire. Ho dovuto.
In quel momento le lacrime mi bruciavano gli occhi, ho fatto una fatica bestiale a trattenerle ma non sapevo se ci sarei riuscito, ecco perché l’ho fatto uscire. Se avessi pianto lì con lui come avrei fatto?
Ci stavo litigando, non va bene piangere in situazioni simili… e poi che diavolo c’era da piangere?
Si piange per cose più serie, io stesso non ho la lacrima facile perché penso che nella vita ci sia sempre di peggio… capita che ogni tanto mi scappi ma è successo comunque raramente.
Lì con lui ho sentito un nodo salirmi da dentro ed espandersi fino a scoppiare, un nodo di rabbia e dolore. Non ci sarei riuscito a trattenermi oltre, lo so.
Però appena è uscito ho dato un pugno al sedile accanto al mio, dove era seduto lui, e le lacrime sono tornate indietro.
È stata dura ma ce l’ho fatta. Gli ho dato tempo e l’ho evitato con cura per aspettare che fosse lui a venire da me e dirmi cosa prova, una volta per tutte.
A spiegarmi.
Dargli tempo era l’unica cosa sensata che potessi fare però dentro ho ancora una tale rabbia ed un dolore così grandi che mi bruciano ancora, mi sembra di essere come una bomba ad orologeria.
Sono lì lì per scoppiare ed è pericoloso.
Oh, se lo è.
Specie perché in questi giorni di lavoro mi sono ritrovato a lavorare sempre in casi separati dai suoi, specie perchè non ci siamo mai parlati e nemmeno visti, quasi.
Specie perché oggi che è tornato Flack siamo finiti proprio insieme.
Specie perché ora Mac evita sia me che lui.
Cosa ha intenzione di fare, dunque?
Ci sono cose che vanno affrontate, anche se non si è abituati, se non si è pratici, se si sta male all’idea, se non si vorrebbe per ferire qualcuno.
Ci sono cose che vanno fatte o qualcuno ne soffrirà comunque.
Non è giusto essere così sospesi nel vuoto, come un acrobata che cammina su un filo. Una folata di vento e cado.
Una folata di vento e scoppio.
Ma non assicuro nulla, in quel caso.
Quel che però mi risulta più pesante, dopo tutto, è lavorare con Flack, la causa del mio dolore, in un certo senso.
No, mi correggo… non è solo pesante, è allucinante. Lo è perché lui mi tratta come sempre, come se non sapesse nulla di me e Mac, come se non sapesse che ora rischio di perderlo definitivamente per colpa sua. Mi parla amichevole, si rapporta come nulla fosse ed allora io mi chiedo… è la persona più falsa del pianeta oppure mi prende per il culo?
Certo che non riesco a trattarlo bene come dovrei, anzi… non dovrei proprio niente… l’unica cosa che dovrei veramente è prenderlo a calci per essersi intromesso e aver causato la nostra rottura.
Mac è tutto per me, mi ha dato la vita che ho ora, mi ha risollevato dalle tenebre in cui ero quando ci siamo incontrati, mi ha fatto diventare la persona che sono ora. Mac è tutto per me e Flack mi sta portando via questo mio ‘tutto’.
Come posso essere amichevole con lui?
Far finta di nulla?
Proprio io!
Io che sono la persona più schietta e diretta del pianeta, che non riesco a fingere nemmeno fra un milione di anni, che la pazienza arriva al centro della terra.
Io, Danny Messer.
Cosa vuole da me, Flack?
Perché mi rivolge anche la parola?
Era il migliore amico di Mac e questo non gli bastava più… si sono sempre detti tutto, lo so, così quando Mac sarà riuscito a dirgli di me lui ha pensato bene di imitarmi, forse.
O chissà che diavolo gli è passato per la testa!
Va bene, cazzo.
Ok, piace anche a te, te ne stai innamorando… perfetto, lo capisco.
Ma non venirmi a parlare, porco mondo!
È così all’ennesima mia rispostaccia che sembra non starci più e in un momento in cui siamo soli in un posto tranquillo e affronta l’argomento, chiedendo piuttosto seccato con le mani ai fianchi e sguardo risoluto:
- Ehi, io e te abbiamo un problema? –
- Vuoi sapere se abbiamo un problema? – Ripeto subito senza nemmeno ragionare. Mi manda in bestia e si capisce dal mio tono identico al suo. Come può farmi una domanda simile?
- Si! – Fa lui senza abbassare il tono né lo sguardo. Io mi avvicino a lui rimanendo a poca distanza, soliti modi di fare fra uomini irosi…
- Certo che abbiamo un problema! Puoi scommetterci! - Gli punto anche un dito contro il petto, lui lo ignora, cerca di domarsi, credo. Onestamente vorrei che scoppiasse e mi desse modo di sfogarmi come si deve. Ne ho bisogno… di uno sfogo vero che mi aiuti.
L’idea che lui possa farlo mi balena improvvisamente alla mente, così penso di star facendo assurdamente la cosa giusta.
Non si scappa dai problemi, noi due ne abbiamo e far finta di nulla è solo sciocco, non ci riuscirei comunque.
- Quale? – Chiede quindi sempre con un aria corrucciata, sembra proprio non capire… e questo è molto peggio!
- Quale?! Davvero non ci arrivi da solo? – Sono proprio al culmine e il nervosismo che dimostro gesticolando e alterandomi sempre più, ne è la prova.
- No, non ci arrivo! Ci troviamo a lavorare insieme dopo tanto tempo di assenza e mi trovo te che mi tratti in questo modo. Se hai qualcosa che non va parliamone e risolviamo. Non abbiamo mai avuto questi problemi, no? –
- Centrato! – Esclamo improvviso interrompendolo subito. Allargo le braccia enfatizzando la parola e la mia espressione risulta ancor più esasperata. Non ne posso più. Non può continuare a prendermi così in giro. Poi proseguo allo stesso modo: - Non abbiamo mai avuto di questi problemi, ma prima di cosa? –
- Prima di cosa?! Ma che stai dicendo? Messer, parla chiaro! –
È molto seccato anche lui e proprio non lo capisco, mi sfugge da ogni logica, non che io sia sempre in grado di usarla lucidamente, ora meno di sempre, però forse sono su una Candid Camera…
- Non ti sei nemmeno chiesto perché ora non lavoriamo con Mac nonostante di solito succedeva praticamente sempre? –
È esattamente in questo momento che i suoi occhi azzurri cambiano luminosità e da arrabbiati diventano increduli e mentre assume quest’espressione che non dovrebbe, anche le nubi su di me si schiariscono e comincio a capire.
Capisco che due occhi azzurri così non possono mentire e che lui stesso ora capirà perché mi sono così infuriato con lui.
Capisco che prima non poteva saperlo.
Capisco di essere stato precipitoso come sempre nel non aver preso in considerazione un piccolo particolare.
- Tu e Mac… - Non riesce nemmeno a finire la frase, la sussurra con un filo di voce e rimane impietrito davanti a me, lasciando cadere le mani dai fianchi.
Non ho considerato che Mac potesse non avergli mai detto che stava con me.
Sospiro passandomi le mani sul viso sudato e poi sui capelli chiari.
Maledizione.
- Si, io e Mac stavamo insieme. – Però non conosco altri modi di dire le cose e dare le notizie. Specie se io stesso non sono in vena di riguardi verso nessuno. Mi sento stanco. Stanco di vivere questo incubo che volta dopo volta continua a ritorcersi contro.
Cosa è successo?
Come diavolo sono arrivato a questo?
Anzi, SIAMO.
Dio, come vorrei che si potesse cancellare ogni cosa.
Indietreggia di un passo mentre fa un espressione tipica di uno che ha ricevuto uno sparo in pieno petto. Vedendolo così posso anche dispiacermene… perché in fondo ora so che lui non centrava, o meglio si, c’entra, ma non come pensavo io.
Non da poterlo prendere a pugni e demolire.
Nemmeno lui sarà il mio sfogo, il mio aiuto…
Come faccio?
È sempre stato Mac la mia forza, ora che non posso rivolgermi a lui perché è lui che mi fa star male, come cavolo faccio?
Quella volta in cui Louie è stato ferito gravemente, ce l’ho fatta solo perché con me c’era Mac. Né Flack, né Stella, né nessun’altro, nemmeno i miei genitori sono riusciti ad aiutarmi e darmi la forza necessaria. Solo Mac… che quando ho visto mi ha fatto uscire le lacrime che mi opprimevano tanto da farmi quasi impazzire.
È stato lui.
Ed ora è lui che mi fa stare così.
Onestamente non so cosa stia passando Flack davanti a me, sembra perso nel vuoto, come se rivivesse chissà quale momento, poi come se si svegliasse mormora sempre incredulo e profondamente colpito da quel che gli sto dicendo:
- Stavate? –
Eppure pensi che non possa mai andare peggio di così. Eppure ti trovi sempre a ricrederti.
- Si. Ci siamo lasciati per colpa tua, Flack. – Nemmeno la grazia di poterlo dire con rabbia ed accusarlo liberamente. È vero, è stata colpa sua, le cose stanno così. Però lui è una vittima di tutta questa situazione quanto me.
Forse ho solo sbagliato ad aprirmi con qualcuno tanto da innamorarmi, ho sbagliato a consegnare la mia felicità nelle sue mani.
Forse sono proprio io quello da biasimare, alla fine… chissà.
Non sono così maturo da capire il punto di vista più oggettivo.
Non ce la faccio proprio.
Però mi sembra come di aver sparato a Flack una seconda volta. E questa volta oltre a stupore e shock dimostra anche dolore, dolore puro.
Si, perché dietro ad occhi così azzurri e lucidi che sembrano proprio stiano per piangere, non si può non comprendere cosa pensi, cosa provi.
Fanno impressione, sono addirittura più belli di sempre.
Diversi dai miei e quelli di Mac.
I suoi occhi sono dei cieli limpidi ed ora sta piovendo, in quei cieli.
Tanto da farmi sentire una merda.
Porca vacca, cosa significa?
Corrugo la fronte improvvisamente e lo chiamo cauto:
- Flack? –
Non risponde ma lascia che due lacrime furtive scendano dai suoi occhi, non se ne cura, forse nemmeno se ne accorge. È di nuovo perso nel suo mondo e sembra stia male, non volevo, non mi interessava farlo stare così. Volevo solo stare bene io, ma così non succede.
Si gira di schiena nascondendo probabilmente altre lacrime, sfogo di un duro momento tenuto represso fino ad ora.
Alla fine siamo più uguali di quello che siamo disposti ad ammettere.
In realtà non c’è nessun colpevole.
Nessuno, dannazione.
E questo certo non mi aiuta.
Serro i pugni lungo i fianchi mentre l’idea di essere un leone in gabbia mi divora dentro, di nuovo quel senso di bruciore.
Ho bisogno che qualcuno mi faccia star bene, in qualche modo e lo penso mentre sto zitto a guardare la sua larga schiena possente scuotersi impercettibilmente. Cerca di trattenersi ma non sono idiota.
Ignoro il suo completo stato d’animo, cosa pensi di preciso e perché ora pianga. Non lo capisco così bene, però so che anche lui ci sta male e che non posso più puntargli contro nessun dito.
Solo mi chiedo come mai succede ora con me. Perché?
- Mi dispiace. Non lo sapevo che stava proprio con te… o non mi sarei mai… - Prova a dire controllando non molto bene la sua voce. Però sta dicendo una castronata, quindi va interrotto, anche se ora non ho proprio voglia di parlare. Non ne ho.
- …innamorato di lui? Sarebbe stato possibile? – Non è che lo stia provocando, però non sono nemmeno troppo dolce. Alla fine i se e i ma non servono mai a nulla, nemmeno a farci star meglio. Quindi sono del tutto inutili.
- No. – Risponde subito voltandosi di scatto verso di me dandomi infatti ragione. Però rimango un attimo stordito, è diverso dal Flack di sempre, uno molto deciso ed impaziente. Ora è smarrito e il potere che ha è quello di farmi sentire un verme. Merda.
- Non avrei potuto evitarlo. No. – Lo riconferma avvicinandosi di nuovo a me, abbiamo più o meno la stessa altezza e nessuno sovrasta nessuno.
Ci fissiamo meglio nei nostri occhi rimanendo seri e sconvolti.
- Allora cosa sarebbe cambiato? – Chiedo quindi senza farmi ipnotizzare dal suo sguardo così particolare.
- Non mi sarei mai messo in mezzo a voi due. – Lo dice con determinazione mentre le lacrime calano lasciando solo un Flack che comunque non ho mai visto.
Però è così, le cose non sarebbero cambiate. Allora basta fare recriminazioni.
È bello però che lo dica e sono contento di sentirglielo dire. Non cambia il mio bisogno di sfogo, di comprensione, di… aiuto… però è bello che la pensi così.
Significa che non siamo mai stati del tutto estranei o solo semplici colleghi; questo, ora, mi può aiutare.
- So che non sei un carogna. Ora lo so. Grazie per l’onestà. Comunque è Mac che non parla mai, lo so. Non potevi evitarlo. In fondo anche tu ora ci stai male, no? – Mi sento in dovere di dirglielo ma faccio fatica a parlare. Suona come un atto di consolazione eppure voglio essere io quello consolato, cavolo!
Non sembra nemmeno la nostra storia, questa. Sta succedendo davvero a noi?
Pensando a questo mi rendo conto che la mia via da percorrere è di nuovo incerta come quando Mac non c’era e un devastante senso di disorientamento mi blocca paralizzandomi.
Vorrei solo che Mac fosse qui e sono certo che è la stessa cosa che desidera Flack.
Però uno di noi due ne soffrirà inevitabilmente. È un desiderio che forse si avvererà solo per uno di noi due. O per nessuno.
È guardando i particolari dei nostri volti che ci perdiamo nei nostri infiniti sentieri mentali e le emozioni certo non ci aiutano a tornare in noi, forti e decisi.
Si arriva a momenti in cui si ha bisogno di una persona acanto, qualcuno che ci capisca e raccolga le nostre lacrime, le nostre sofferenze, lecchi le ferite… si arriva lì e se quella persona non c’è perché è lui a ferirti allora ti aggrappi alla prima che incontri, che senti più vicina a te, che sai ti capisce perché magari passa la tua stessa cosa.
È lì che succede.
La trovi e la guardi fissa negli occhi come stiamo facendo noi.
Noto il suo dolore che cerca di domare, vedo che è la stessa cosa che sto cercando di fare io, così non ci separiamo l’uno dall’altro con lo sguardo ed infine ecco che qualcosa scatta, so che solo lui a questo punto potrà aiutarmi a cancellare questo freddo, perché anche lui è qui nella mia stessa situazione.
Dunque che male c’è?
Che male c’è se sono i corpi a dare ciò che cerchiamo, anche se non sarà il cuore perché è colui che ci fa male? Che male c’è?
Penso comunque che la consolazione ha molte forme e facce.
Questa è una di quelle e penso anche che sono arrivato al limite e non ce la faccio più.
Ho bisogno di Mac.
Lo amo.
È ora che senza più riflettere e rendermene conto prendo il suo viso fra le mani e sentendolo ancora umido per le lacrime, porto il mio al suo posando le labbra sulle sue in un bacio inaspettato e bisognoso.
Non so bene cosa stia succedendo, sento solo la sua bocca contro la mia e che dopo un momento di smarrimento in cui entrambi ad occhi semi aperti senza comunque vederci, senza nemmeno il fiato nei polmoni, con le labbra aperte le une sulle altre senza muoverci di un millimetro, pieghiamo le teste di lato per offrirci un miglior accesso e continuare il bacio cercandoci entrambi con le lingue.
Leccandoci le ferite.
Alleviando le nostre pene.
Senza sentire altro nei nostri corpi se non questo contatto e questo gioco pieno di foga e urgenza che ci brucia, ci scalda, ci toglie il fiato e ci fa smettere di pensare, di sentire dolore, di stare di merda.
È un attimo veloce in cui noi stessi senza rendercene conto prendiamo a muoverci l’uno contro l’altro smarriti e disarmati.
Aggrappandoci l’un l’altro con disperazione e caos, un caos dove si sta così male che tutto va bene pur di sentirsi, invece, un po’ meglio.
Perché comunque lui è l’unico che può capirmi e so che è così anche per lui, o non risponderebbe al bacio e non si terrebbe a me come fossi la sua ancora di salvezza.
Che qualcuno mi renda l’anima.
Mac, dove sei?
e finalmente piango.”