CAPITOLO V:
INASPETTATAMENTE

/ I belong to you – Lenny Kravitz /

E’ complicato e difficile ma quello che mi sconcerta è la consapevolezza che non dovrebbe essere così.
Ne sono certo.
Non sono una persona esageratamente indecisa, anzi, faccio un lavoro in cui il minimo dubbio significa uno sbaglio inaccettabile. Però nella mia vita privata ho sempre avuto un po’ questi problemi, eppure non è normale, non va bene.
Faccio fatica a cedere ai miei sentimenti ma una volta che ci riesco mi lascio andare completamente con la persona che scelgo, che capisco di amare. Perché mi arrendo a qualcosa più forte di me.
Quando non riesco proprio a lasciarmi più andare è solo perché in realtà non si tratta di quel forte amore che mi spinge ad agire ed aprirmi.
In realtà, ora, il mio problema non è: cosa provo per loro e chi amo di più nel modo giusto.
In realtà il mio problema ora è: li amo?
Appurato poi che non si possono amare due persone contemporaneamente nello stesso modo, devo fare qualcosa.
Stavo con Danny e stavo bene, l’ho aiutato a capirsi e a farsi chiarezza spingendolo fra le mie braccia nel suo momento buio di bisogno, siamo stati una bella coppia, tutto sommato, e ci siamo dati tanto, passione, sentimento… amore… ma ora?
Ora è possibile che tutto possa finire?
Che basti l’arrivo di una persona per metterci in crisi?
Mettere me in crisi?
È Don la causa oppure è stata solo la scusa per rendermi conto che era sì amore per Danny ma non quello che pensavo.
Forse lo è stato nel momento in cui entrambi ne avevamo bisogno.
È stato un periodo della nostra vita particolare ed abbiamo avuto necessità di quel rapporto, di quella relazione, di quello scambio intimo di emozioni… ma in realtà ciò che abbiamo dovuto chiamare amore per sentirci bene poteva anche essere solo affetto e senso fisico.
Senso fisico riguardo alle volte in cui abbiamo fatto l’amore.
Senso fisico riguardo ai momenti in cui ci baciavamo e stavamo insieme. Non è stato solo un riempire i nostri minuti ed i nostri vuoti, non solo un riscaldarci a vicenda… penso che sia stato più un farci capire che non eravamo veramente aridi come pensavamo di essere.
Lui a causa di suo fratello e della sua tragedia, io perché ancora non riuscivo a superare il lutto di mia moglie rinchiudendomi in uno strato di ghiaccio spesso.
Penso che siamo stati l’uno la cura dell’altro.
Ciò che ci serviva per uscire dalle nostre buie stanze, ma ora che siamo fuori è arrivata un'altra fase. La fase di far entrare nelle nostre vite l’amore, quello vero.
Credo sia questo, ora, da fare.
Don è stato un modo per capire che per Danny non era quello che pensavo, che era importante sì ma non al punto da non mettermi nemmeno in discussione al presentarsi di qualcun altro.
Ero uscito da un momento difficile, una notte infernale in cui stavo per perdere il mio migliore amico, al contempo ho combattuto con alcuni miei fantasmi ed ho vinto ma il tutto mi ha scosso profondamente. Quando mi ha dichiarato quel che provava mi ha preso alla sprovvista e mi sono trovato a riconsiderare tutto di me, perché ero smarrito.
Ho voluto essere sicuro, capire bene di cosa si trattava, pensarci e ripensarci ed ora che l’ho fatto senza nemmeno vederli, ora posso dire che in fondo sono indispensabili come amici e come persone ma non come mie metà.
Il passo successivo che ho bisogno di fare non è né Don né Danny.
Il mio passo successivo, per ora, è solo un po’ di solitudine.
Un po’.
Il resto verrà da sé.
Però penso di doverne parlare con loro, non posso lasciarli in questo stato di incertezza, non è corretto da parte mia.
Li affronterò e spiegherò loro quel che mi è successo e la mia decisione, sono certo che capiranno e prima o poi fra tutti noi le cose torneranno al meglio.”


Smarrimento.
Eppure ero pronto a tutto, dannazione.
Dopo tutto questo tempo di silenzio mi aspettavo anche una cosa simile, eppure viverla è diverso dall’immaginarla.
Non sono uno che si perde in parole, scenate o disperazioni, però sono un uomo ed ho bisogno di qualcosa.
Ora, subito, ho bisogno di qualcuno che sappia quello che sto passando, che mi capisca, non mi faccia sentire solo, mi dia del calore, non abbia paura di toccarmi, guardarmi, stare con me… mi sappia dire la cosa giusta senza darmi fastidio… qualcuno che sappia che ho solo bisogno di contatto umano e non discorsi.
Mi sembra di essere un automa mentre mi aggiro per le vie di New York a piedi. Mi ha chiesto di vederci a fine giornata al nostro solito locale e lì mi ha spiegato tutto.
È stato chiare ed esauriente e me l’ha detto nel modo più giusto per me, però… però ho bisogno di qualcuno perché se sto solo penso e sento e sto male. Non voglio, non voglio star male, non voglio stare così di merda da solo perché ho paura di non aver più voglia di uscire di casa.
Perché se mi chiuderò in camera mia finirò per piangere come un bambino mentre dentro mi brucerà tutto così tanto da farmi impazzire.
Non voglio stare così male, non sono uno che si butta così giù, non sono uno che sta così.
Sono uno che combatte, che rimane a galla e che in un modo o nell’altro ce la fa ed ora è così che devo fare.
Devo farcela.
Perché è giusto, perché sono Don.
E senza rendermene conto mi trovo a suonare al campanello dell’appartamento di Danny.
Non so in che condizioni sono, com’è il mio sguardo quando lui mi apre e mi vede con stupore, però vedo lui.
Lui ed i suoi occhi inconfondibilmente azzurri e lucidi. Lucidi di stupore e di sofferenza.
Lucidi di ferita appena aperta.
Lucidi di oppressione e rifiuto, un pizzico di rabbia e un bisogno che è così uguale al mio che mi vengono i brividi.
Ecco perché è stupito.
Credo che stesse pensando alla stessa cosa che pensavo io e sono arrivato.
- Don… - Mormora con voce roca rimanendo immobile davanti alla porta.
Rimaniamo un attimo a guardarci così cercando di immaginare come deve stare l’altro, perché sappiamo cosa è successo, sappiamo cosa prova, sappiamo che è dura e che il bisogno che sentiamo è uguale.
Sappiamo come andrà a finire e sappiamo che forse è l’unico modo, al momento, per non impazzire.
- Posso entrare? – Sussurro a mia volta, la mia voce non è migliore della sua ma mentre cerco qualcosa di intelligente da dirgli, non mi esce assolutamente nulla. Nulla.
Solo il vuoto più totale seguito dal desiderio di calore umano che magari può sopraffare il vuoto ed il freddo interiore.
Sembra riscuotersi dai suoi pensieri quando si fa da parte per farmi entrare, così mi faccio avanti continuando a guardarlo fisso negli occhi. Fa altrettanto come se una calamita ci impedisse di distogliere le pupille incatenate, gli passo davanti entrando e subito l’odore di sigaretta mi arriva facendomi capire che deve aver fumato non poco.
Non sono mai stato a casa sua, non siamo mai stati così intimi da chiamarci per nome, né da considerarci amici.
Ma ora ci chiamiamo per nome non perché siamo amici.
Ora non siamo amici.
Siamo altro.
Siamo l’uno la cura.
Perché anche se non so come dirlo perché al momento la mia gola è annodata, lui lo sa che sono qui perché sono stato lasciato da Mac, proprio come lui, e che ho bisogno di qualcuno che possa farmi dimenticare almeno per un momento che sono solo e che per un bel po’ nulla sarà più come prima.
Che comunque qualcosa alla fine l’ho persa.
Come lui.
- Non ero pronto. – Inizia lui che invece le parole gli escono come un impellente bisogno per ammettere a sé stesso cosa è successo.
Mi guardo intorno distogliendo lo sguardo da lui e preparandomi ad ascoltarlo mi appoggio al tavolo da pranzo che separa la zona cottura da quella del salotto dove sono i divani.
- L’avevo immaginato, dopo tutto. Non sono stupido. Però non ero pronto e l’ho capito quando è venuto qua e me l’ha detto. – Continua cominciando a camminare nervosamente a casaccio per la stanza, non è frenetico, è molto lento come anche le parole che dice, sembrano il frutto di un sogno, così prosegue con le mani sprofondate nelle tasche della tuta. – è così definitivo che mi toglie anche le energie per arrabbiarmi. Arrabbiarmi con chi, poi? Nemmeno la grazia di poter dare la colpa a qualcuno o qualcosa. Le cose sono andate così… però… - Mentre cerca il finale adatto si ferma davanti a me a mezzo metro di distanza e tornando a fissarmi diretto come se lo facesse per la prima volta, conclude smarrito: - … fa così male lo stesso… brucia… è insopportabile… come posso superarlo, dopo quello che è stato fra me e lui? –
Credo che per lui sia anche più difficile, o forse è solo diverso. Leggermente.
Lui è stato con Mac e rinunciare a quello che avevano mi rendo conto che è terribile quanto il non poter avere quello che invece hai desiderato ardentemente senza mai avere.
Mi colpisce questo suo stato, non avevo mai visto Danny così. Non l’avevo mai visto in altre vesti che non fossero quelle di un collega di lavoro.
Però ora non siamo mai stati così vicini e finalmente il mio nodo comincia a sciogliersi e le parole escono dalla mia bocca:
- Non si supera né si dimentica. Semplicemente si cambia. – Non pensavo nemmeno di essere in grado di dire una cosa simile ma dicendola mi rendo conto che è vero. Non si può rifiutare il dolore o dimenticare un sentimento così forte da farci mettere in gioco. Lo si può vivere in modo da farci cambiare ed andare avanti, plasmare in un certo senso.
Ma lo si deve vivere.
Tutto quello che ci distrugge dentro, o non cresceremo mai.
Ho superato una mia probabile morte e sono ancora qua, ne ho superate molte ed anche se ora credo che sarà comunque dura, so che non sarà impossibile.
Però non voglio farlo da solo.
Non voglio cambiare e superare nulla da solo.
Ora non voglio.
Ora voglio del calore perché lui mi ha lasciato freddo.
Finiamo per stare in silenzio a guardarci negli occhi così simili in questo momento…
Lo facciamo consapevoli che ci capiamo, che sappiamo cosa ha bisogno l’altro.
Consapevoli di tutto.
Allungo quindi una mano verso di lui e prendendo con le dita la sua canottiera bianca stretta l’attiro verso di me con decisione ma lentezza, lui lascia le mani nelle tasche mentre io piego la testa di lato sentendo il suo corpo combaciare docilmente contro il mio.
Sono le nostre labbra che si incontrano che mi fanno sentire una vampata che si propaga in tutto il corpo, proprio come volevo.
Prendo un respiro profondo e trattenendolo schiudo la bocca cominciando a giocare con calma con la sua, ci assaggiamo l’un l’altro senza approfondire subito, succhiandoci prima la parte superiore e poi quella inferiore, cercando i diversi modi in cui possiamo combaciare e con questa sensazione di umidità e morbido provocato da questo contatto, apriamo le labbra lasciando libertà anche alle nostre lingue che si intrufolano incontrandosi a metà strada. Quando si toccano sono i nostri pensieri a cancellarsi e sospendersi e di conseguenza ogni funzione vitale è alterata e lasciata a sé stessa. Non sappiamo esattamente cosa succeda ai nostri corpi che si premono meglio, alle nostre mani che si aggrappano alla vita di uno e alla nuca dell’altro.
Non sappiamo proprio nulla se non che il bacio è diverso da quello istintivo e bisognoso dell’altra volta, si tratta di un bacio dove le nostre lingue si conoscono con calma e approfondiscono con giochi che sanno d’erotico.
E mi piace.
Mi piace come i brividi mi percorrono dopo che sento i legamenti farsi molli ed il corpo diventare simile a gelatina.
Mi piace come le sue mani, che torno a sentire chiaramente, mi slacciano la camicia febbrili e giungono ai miei pantaloni aprendoli anch’essi, senza paura, senza esitazione.
Sempre con quella consapevolezza di prima.
Ed è inspiegabile descrivere come ci si sente quando sappiamo che baciandoci pensiamo alla stessa persona.
Agendo allo stesso modo gli faccio scivolare via i pantaloni mentre gli sfilo la canottiera che si unisce ai miei vestiti già volati in terra senza fretta; mi spinge fino a sedermi del tutto sul tavolo cominciando a dedicarsi anche al mio collo e al resto del mio collo. Mi assaggia leccando e tormentandomi deciso e languido fino a farmi sospirare dai piaceri che mi provoca.
Sono anche le mie mani ad approfondire il nostro contatto, mani che risalgono le spalle muscolose e passano sulla schiena d’atleta, comprendo bene cos’ha che piace tanto a chi sta con lui.
Lascia un notevole conforto in questo scambio di fisicità, un conforto che sa di fuoco e di intimo, che cancella ogni remora e morale, che fa addirittura dimenticare il sentimento di smarrimento e dolore con cui eravamo entrati.
Un conforto che diventa esattamente quello che cercavo quando mi stendo sul tavolo dopo essermi fatto stimolare con lentezza esasperante in ogni parte del corpo. È quando giunge alle mie parti intime che sentendomi senza forze non riesco più a stare dritto e appoggio la schiena al ripiano orizzontale che ho sotto di me ed alzando le gambe gli lascio un accesso più che comodo ed esplicito.
Chiudo gli occhi e mi lascio sfuggire gemiti rochi di piacere, sa come darne ma soprattutto ero arrivato qua così aperto che ammetto ha dovuto lavorare poco per portarmi a questo stato a dir poco indecente.
È sesso.
Si chiama sesso, questo.
Stare insieme e darsi l’un l’altro senza amore.
Solo per non stare soli a soffrire, non sentirsi vuoti, per condividere quanto accaduto.
Per stare insieme e alleviare questo fuoco che Mac ha acceso in entrambi.
Dopo avermi preparato mi fa allacciare le gambe intorno alla sua vita e attirandomi ulteriormente a sé entra con lentezza che comunque sembra uccidermi.
Per me un rapporto simile è la prima volta, lui lo sa, forse, ma prima di tutto sono io che mi rendo conto di cosa significhi.
Stringo gli occhi ed i pugni mentre spingo la testa all’indietro inarcando la schiena. È un momento difficile ed intenso mentre trattengo il fiato e gli occhi cominciano a bruciarmi.
Mi lascia il tempo per abituarmi a lui ma quando ricomincia a muoversi è l’immagine di Mac a farmi star peggio. È ora che penso a lui, con questo senso di lacerazione fisica che si rispecchia nel mio animo e nei miei sentimenti.
Non l’avrò mai, forse. Ma sicuramente non ora.
Se fosse stato per lui sarei rimasto solo dopo così poco tempo che la sincerità si era appropriata di me facendomi ammettere che ne ero innamorato.
Se fosse stato per lui, ora, non saprei nemmeno dove sbattere la testa ed invece no, sono qua con uno che prova le mie stesse sensazioni e che mi riempie per non lasciarmi vuoto.
Continua a muoversi dapprima lentamente e poi via via sempre più veloce, cercando di prendere un ritmo che anche se mi fa male l’aiuto a sostenere. Non è una cosa ragionata, che mentre la fai pensi a come fare. La fai e basta.
Fa male, ora, e assurdamente mi va bene così perché è proprio così che doveva essere.
Però è ora che continua a stare dentro di me e ad andare sempre più veloce, che sento anche un lontano piacere a livello fisico.
E mi concentro su quello aggrappandomi ad esso con tutto me stesso, perché non voglio stare come uno schifo per tutta la vita, perché voglio riuscire ad affrontare questo cambiamento.
Voglio farcela.
Mi aggrappo a Danny che si muove in me e per un istante non mi fa più pensare a Mac ma mi fa stare addirittura un po’ bene.
E piango capendo che forse, forse, le cose dovevano andare così, che forse vanno bene...
Che probabilmente se dovesse essere stato diverso ora avrei sentito solo repulsione per tutto questo.
E piango premendo il viso sulla spalla di Danny, dopo che mi sono tirato su e mi sono tenuto a lui, bagnandogli questa parte di pelle accaldata, facendogli aprire gli occhi e guardare verso di me.
Posso immaginarli i suoi occhi azzurri.
Forse sta piangendo anche lui per il mio stesso motivo, o non si spiegherebbe questo suo tremare, queste sue scosse sconvolgenti, non si spiegherebbe come mai lo sento così tanto da scuotermi dentro.
Non si spiegherebbe.
Ma penso che tutto questo caotico sentimenti misto a piacere e dolore sia dovuto solo ad una cosa che capiamo ora, mentre raggiungiamo l’apice stringendoci ulteriormente con forza e foga.
Con Mac è tutto finito.
Ora ci siamo solo noi.
Noi a capirci e confortarci.
Noi che non potremo mai nascondere niente dietro ai nostri occhi azzurri troppo onesti e sinceri.
Occhi che hanno bisogno di qualcosa che, forse, troveremo l’uno nell’altro.”


Si crede di non farcela più, di non poter andare avanti, di stare per morire dal dolore, di non voler nemmeno pensare ad un domani senza l’amore che aveva preso parte della tua vita.
Si credono molte cose, per lo più assolutiste ed esagerate, dettate dalla passione che si aveva dato.
Si crede di tutto ma sicuramente non che il tempo passa e che veramente, alla fin fine, è colui che può far veramente qualcosa.
Che ti smentisce e ti fa capire che sbagliavi, che invece ce l’hai fatta e che va bene così, che comunque qualcosa ancora per te ci sarà e che da quel dolore sei semplicemente cambiato. Non l’hai superato, né accantonato.
Solo tu l’hai vissuto e sei cambiato.
Come diceva Don.
Credo abbia una maturità maggiore della mia, o forse solo diversa.
Però dopo tutto questo tempo ho imparato a conoscerlo e colui che prima consideravo solo un semplice collega di lavoro, ora è diverso.
La testimonianza di come il tempo può cambiare tutto.
Mesi fa mi ero ridotto a chiedermi se ce l’avrei fatta senza Mac nella mia vita come mio amore.
Ora invece non solo ho una risposta affermativa a quella domanda, ma addirittura c’è un altro nome di cui lentamente ed in modo strano ed inaspettato non posso quasi più fare a meno.
Sono uno abbastanza deciso ed istintivo, in linea di massima non perdo mai tempo intorno a seghe mentali e paranoie varie, voglio trovare subito le mie risposte e non perdere tempo. Ecco perché dopo quella notte in cui io e Don abbiamo fatto sesso per riempire quel vuoto che sentivamo, per fare l’unica cosa sensata, per assurdo, che ci sembrava andasse in quel momento, abbiamo continuato a vederci senza imbarazzo mantenendo quel rapporto insolito che si era creato, senza troncarlo o far finta di nulla.
Facendolo ogni qual volta che ne sentivamo la necessità senza negarci nulla per qualche ragionamento razionale e maturo.
Ci siamo reputati adulti ed in grado di fare le nostre scelte ed ecco poi cosa è successo.
Così, come per magia, qualcosa in cui non ho mai creduto ovviamente, il tempo ha agito anche su di noi che continuavamo a darci questo lato fisico che ci permetteva di non stare troppo male senza Mac.
Ha agito dandoci questo.
- Hai finito? – La sua voce mi raggiunge allegra mentre si intrufola con me in ascensore, miracolosamente vuoto.
Gli lancio uno sguardo che si riempie del suo viso sorridente e sicuro, fa altrettanto con me.
- Col lavoro si. – Rispondo quindi lasciando intendere che con qualcos’altro invece non ho affatto finito. Continuiamo a fissarci mentre la domanda nel suo viso si dimostra chiaramente. Sa che sto per tirarne fuori una delle mie e appena l’avrò detta mi darà il voto, come di consueto.
- Con cosa invece non hai finito? – Non sa bene se preoccuparsi all’idea che potrei non essere ancora disponibile oppure se aspettarsi qualche stupidaggine. Penso però che ormai mi conosca abbastanza da optare per quest’ultima.
È con un sorrisino malizioso che gli rispondo:
- C’è un certo qualcuno che mi aspetta a casa per darci dentro fino a stabilire un nuovo record. Dovremo darci da fare perché il campione in carica dice d’averne fatto per sei ore di fila, non sarà uno scherzo! –
È qua che capisce di cosa si tratta e scotendo il capo mantenendo comunque la sua compostezza, senza per nulla arrossire, risponde severo come suo solito a queste mie battute:
- Sei meno meno, Messer. Non è la più brillante che hai detto! – Ridacchio alla sua risposta che mi aspettavo tale e quale a questa… quando mi da i voti mi chiama sempre per cognome ma soprattutto a quelle che dico su noi due ed il sesso non superano mai il sei!
È per non farmi montare la testa, lo so, ma mi piace così. È un gioco solo nostro e non vorrei mai condividerlo con nessuno.
Però torno all’attacco, sempre come di consueto, e girandomi verso di lui gli cingo il collo con una mano mentre l’altra l’afferra per il bordo della giacca attirandolo a me. Lo guardo con malizia crescente avvicinando il viso al suo e con occhi che brillano all’idea di cosa stiamo per fare, mormoro:
- Finché i tuoi voti si riferiscono solo alle mie battute vanno più che bene! –
Apprezza l'ironia che ricambia identica sorridendo al mio stesso modo, senza toccarmi né respingermi:
- Che ne sai che non sono anche per le tue prestazioni a letto? –
Lo sapevo che l’avrebbe detto ma non mi smonta:
- A giudicare dal casino che fai in quei momenti direi che il tuo voto è decisamente più alto del sei meno meno! –
- Hai troppa considerazione di te stesso, Messer. Non va mica bene. Sarà meglio ridimensionarti, caro. –
A questa alzo un sopracciglio cercando di immaginare come intenderà applicare questa specie di minaccia… ma appena me lo vedo ‘ridimensionarmi’ a fatti, la mia espressione muta diventando di pieno apprezzamento:
- Ah si? In questo caso non vedo l’ora! –
Realizzando il senso delle mie parole, e della mia espressione, stringe le labbra scotendo la testa in segno di disappunto:
- Sei il solito, non pensi ad altro! –
- Perché, tu si? –
- Mai specificato nulla a proposito. Ma so comunque trattenermi quando voglio. –
- In questo caso si vede che non vuoi trattenerti proprio mai! –
Ne abbiamo una per ogni risposta, andiamo avanti a battibeccare ironicamente anche per ore senza mai darla vinta all’altro… ecco perché finisce sempre che terminiamo a fatti questi simpatici siparietti privati, proprio come ora che ci tappiamo a vicenda la bocca premendo la rispettiva su quella del compagno in un bacio che decisamente era atteso da un bel po’ di ore.
Parte come sempre per gioco cercando una specie di supremazia, come facciamo sempre anche nel nostro rapporto, poi però nel sentire le lingue fondersi e addolcirsi in automatico lasciamo che anche il resto di noi stessi si sciolga allo stesso modo dicendo senza parole quel che per carattere non diciamo mai troppo facilmente.
Che ci amiamo.
Ecco cos’è la mia vita.
Un continuo susseguirsi di eventi inaspettati.
A partire dalla mia carriera di criminologo alla scientifica per proseguire nel rapporto che ho avuto con Mac ed infine in quello che ora ho con Don.
E pensare che ero solo un teppistello da quattro soldi che cercava di impressionare il fratello e la sua banda di schizzati…
Guarda un po’ invece cosa è capace di fare il tempo, se lo si lascia fare.
Bè, devo dire che non era nelle mie previsioni, nemmeno pochi mesi fa, però ora che ci sono dentro non posso dire che una cosa.
Va bene così, è perfetto.
Lo è perché non devo più combattere con dei muri insormontabili, non devo più cercare di capire cosa ci sia scritto dietro a dei misteriosi occhi azzurri, anche perché gli occhi azzurri con cui ho a che fare ora sono decisamente diversi. Altro che misteriosi… più chiari di così…
Ora lo so, ora posso dirlo, col senno di poi.
Non poteva andare meglio.”