CAPITOLO
V:
INASPETTATAMENTE
/
I belong to you – Lenny Kravitz /
“E’
complicato e difficile ma quello che mi sconcerta è la
consapevolezza che non dovrebbe essere così.
Ne
sono certo.
Non
sono una persona esageratamente indecisa, anzi, faccio un lavoro in cui
il minimo dubbio significa uno sbaglio inaccettabile. Però
nella mia vita privata ho sempre avuto un po’ questi
problemi, eppure non è normale, non va bene.
Faccio
fatica a cedere ai miei sentimenti ma una volta che ci riesco mi lascio
andare completamente con la persona che scelgo, che capisco di amare.
Perché mi arrendo a qualcosa più forte di me.
Quando
non riesco proprio a lasciarmi più andare è solo
perché in realtà non si tratta di quel forte
amore che mi spinge ad agire ed aprirmi.
In
realtà, ora, il mio problema non è: cosa provo
per loro e chi amo di più nel modo giusto.
In
realtà il mio problema ora è: li amo?
Appurato
poi che non si possono amare due persone contemporaneamente nello
stesso modo, devo fare qualcosa.
Stavo
con Danny e stavo bene, l’ho aiutato a capirsi e a farsi
chiarezza spingendolo fra le mie braccia nel suo momento buio di
bisogno, siamo stati una bella coppia, tutto sommato, e ci siamo dati
tanto, passione, sentimento… amore… ma ora?
Ora
è possibile che tutto possa finire?
Che
basti l’arrivo di una persona per metterci in crisi?
Mettere
me in crisi?
È
Don la causa oppure è stata solo la scusa per rendermi conto
che era sì amore per Danny ma non quello che pensavo.
Forse
lo è stato nel momento in cui entrambi ne avevamo bisogno.
È
stato un periodo della nostra vita particolare ed abbiamo avuto
necessità di quel rapporto, di quella relazione, di quello
scambio intimo di emozioni… ma in realtà
ciò che abbiamo dovuto chiamare amore per sentirci bene
poteva anche essere solo affetto e senso fisico.
Senso
fisico riguardo alle volte in cui abbiamo fatto l’amore.
Senso
fisico riguardo ai momenti in cui ci baciavamo e stavamo insieme. Non
è stato solo un riempire i nostri minuti ed i nostri vuoti,
non solo un riscaldarci a vicenda… penso che sia stato
più un farci capire che non eravamo veramente aridi come
pensavamo di essere.
Lui
a causa di suo fratello e della sua tragedia, io perché
ancora non riuscivo a superare il lutto di mia moglie rinchiudendomi in
uno strato di ghiaccio spesso.
Penso
che siamo stati l’uno la cura dell’altro.
Ciò
che ci serviva per uscire dalle nostre buie stanze, ma ora che siamo
fuori è arrivata un'altra fase. La fase di far entrare nelle
nostre vite l’amore, quello vero.
Credo
sia questo, ora, da fare.
Don
è stato un modo per capire che per Danny non era quello che
pensavo, che era importante sì ma non al punto da non
mettermi nemmeno in discussione al presentarsi di qualcun altro.
Ero
uscito da un momento difficile, una notte infernale in cui stavo per
perdere il mio migliore amico, al contempo ho combattuto con alcuni
miei fantasmi ed ho vinto ma il tutto mi ha scosso profondamente.
Quando mi ha dichiarato quel che provava mi ha preso alla sprovvista e
mi sono trovato a riconsiderare tutto di me, perché ero
smarrito.
Ho
voluto essere sicuro, capire bene di cosa si trattava, pensarci e
ripensarci ed ora che l’ho fatto senza nemmeno vederli, ora
posso dire che in fondo sono indispensabili come amici e come persone
ma non come mie metà.
Il
passo successivo che ho bisogno di fare non è né
Don né Danny.
Il
mio passo successivo, per ora, è solo un po’ di
solitudine.
Un
po’.
Il
resto verrà da sé.
Però
penso di doverne parlare con loro, non posso lasciarli in questo stato
di incertezza, non è corretto da parte mia.
Li
affronterò e spiegherò loro quel che mi
è successo e la mia decisione, sono certo che capiranno e
prima o poi fra tutti noi le cose torneranno al meglio.”
“Smarrimento.
Eppure
ero pronto a tutto, dannazione.
Dopo
tutto questo tempo di silenzio mi aspettavo anche una cosa simile,
eppure viverla è diverso dall’immaginarla.
Non
sono uno che si perde in parole, scenate o disperazioni,
però sono un uomo ed ho bisogno di qualcosa.
Ora,
subito, ho bisogno di qualcuno che sappia quello che sto passando, che
mi capisca, non mi faccia sentire solo, mi dia del calore, non abbia
paura di toccarmi, guardarmi, stare con me… mi sappia dire
la cosa giusta senza darmi fastidio… qualcuno che sappia che
ho solo bisogno di contatto umano e non discorsi.
Mi
sembra di essere un automa mentre mi aggiro per le vie di New York a
piedi. Mi ha chiesto di vederci a fine giornata al nostro solito locale
e lì mi ha spiegato tutto.
È
stato chiare ed esauriente e me l’ha detto nel modo
più giusto per me, però…
però ho bisogno di qualcuno perché se sto solo
penso e sento e sto male. Non voglio, non voglio star male, non voglio
stare così di merda da solo perché ho paura di
non aver più voglia di uscire di casa.
Perché
se mi chiuderò in camera mia finirò per piangere
come un bambino mentre dentro mi brucerà tutto
così tanto da farmi impazzire.
Non
voglio stare così male, non sono uno che si butta
così giù, non sono uno che sta così.
Sono
uno che combatte, che rimane a galla e che in un modo o
nell’altro ce la fa ed ora è così che
devo fare.
Devo
farcela.
Perché
è giusto, perché sono Don.
E
senza rendermene conto mi trovo a suonare al campanello
dell’appartamento di Danny.
Non
so in che condizioni sono, com’è il mio sguardo
quando lui mi apre e mi vede con stupore, però vedo lui.
Lui
ed i suoi occhi inconfondibilmente azzurri e lucidi. Lucidi di stupore
e di sofferenza.
Lucidi
di ferita appena aperta.
Lucidi
di oppressione e rifiuto, un pizzico di rabbia e un bisogno che
è così uguale al mio che mi vengono i brividi.
Ecco
perché è stupito.
Credo
che stesse pensando alla stessa cosa che pensavo io e sono arrivato.
-
Don… - Mormora con voce roca rimanendo immobile davanti alla
porta.
Rimaniamo
un attimo a guardarci così cercando di immaginare come deve
stare l’altro, perché sappiamo cosa è
successo, sappiamo cosa prova, sappiamo che è dura e che il
bisogno che sentiamo è uguale.
Sappiamo
come andrà a finire e sappiamo che forse è
l’unico modo, al momento, per non impazzire.
-
Posso entrare? – Sussurro a mia volta, la mia voce non
è migliore della sua ma mentre cerco qualcosa di
intelligente da dirgli, non mi esce assolutamente nulla. Nulla.
Solo
il vuoto più totale seguito dal desiderio di calore umano
che magari può sopraffare il vuoto ed il freddo interiore.
Sembra
riscuotersi dai suoi pensieri quando si fa da parte per farmi entrare,
così mi faccio avanti continuando a guardarlo fisso negli
occhi. Fa altrettanto come se una calamita ci impedisse di distogliere
le pupille incatenate, gli passo davanti entrando e subito
l’odore di sigaretta mi arriva facendomi capire che deve aver
fumato non poco.
Non
sono mai stato a casa sua, non siamo mai stati così intimi
da chiamarci per nome, né da considerarci amici.
Ma
ora ci chiamiamo per nome non perché siamo amici.
Ora
non siamo amici.
Siamo
altro.
Siamo
l’uno la cura.
Perché
anche se non so come dirlo perché al momento la mia gola
è annodata, lui lo sa che sono qui perché sono
stato lasciato da Mac, proprio come lui, e che ho bisogno di qualcuno
che possa farmi dimenticare almeno per un momento che sono solo e che
per un bel po’ nulla sarà più come
prima.
Che
comunque qualcosa alla fine l’ho persa.
Come
lui.
-
Non ero pronto. – Inizia lui che invece le parole gli escono
come un impellente bisogno per ammettere a sé stesso cosa
è successo.
Mi
guardo intorno distogliendo lo sguardo da lui e preparandomi ad
ascoltarlo mi appoggio al tavolo da pranzo che separa la zona cottura
da quella del salotto dove sono i divani.
-
L’avevo immaginato, dopo tutto. Non sono stupido.
Però non ero pronto e l’ho capito quando
è venuto qua e me l’ha detto. – Continua
cominciando a camminare nervosamente a casaccio per la stanza, non
è frenetico, è molto lento come anche le parole
che dice, sembrano il frutto di un sogno, così prosegue con
le mani sprofondate nelle tasche della tuta. – è
così definitivo che mi toglie anche le energie per
arrabbiarmi. Arrabbiarmi con chi, poi? Nemmeno la grazia di poter dare
la colpa a qualcuno o qualcosa. Le cose sono andate
così… però… - Mentre cerca
il finale adatto si ferma davanti a me a mezzo metro di distanza e
tornando a fissarmi diretto come se lo facesse per la prima volta,
conclude smarrito: - … fa così male lo
stesso… brucia… è
insopportabile… come posso superarlo, dopo quello che
è stato fra me e lui? –
Credo
che per lui sia anche più difficile, o forse è
solo diverso. Leggermente.
Lui
è stato con Mac e rinunciare a quello che avevano mi rendo
conto che è terribile quanto il non poter avere quello che
invece hai desiderato ardentemente senza mai avere.
Mi
colpisce questo suo stato, non avevo mai visto Danny così.
Non l’avevo mai visto in altre vesti che non fossero quelle
di un collega di lavoro.
Però
ora non siamo mai stati così vicini e finalmente il mio nodo
comincia a sciogliersi e le parole escono dalla mia bocca:
-
Non si supera né si dimentica. Semplicemente si cambia.
– Non pensavo nemmeno di essere in grado di dire una cosa
simile ma dicendola mi rendo conto che è vero. Non si
può rifiutare il dolore o dimenticare un sentimento
così forte da farci mettere in gioco. Lo si può
vivere in modo da farci cambiare ed andare avanti, plasmare in un certo
senso.
Ma
lo si deve vivere.
Tutto
quello che ci distrugge dentro, o non cresceremo mai.
Ho
superato una mia probabile morte e sono ancora qua, ne ho superate
molte ed anche se ora credo che sarà comunque dura, so che
non sarà impossibile.
Però
non voglio farlo da solo.
Non
voglio cambiare e superare nulla da solo.
Ora
non voglio.
Ora
voglio del calore perché lui mi ha lasciato freddo.
Finiamo
per stare in silenzio a guardarci negli occhi così simili in
questo momento…
Lo
facciamo consapevoli che ci capiamo, che sappiamo cosa ha bisogno
l’altro.
Consapevoli
di tutto.
Allungo
quindi una mano verso di lui e prendendo con le dita la sua canottiera
bianca stretta l’attiro verso di me con decisione ma
lentezza, lui lascia le mani nelle tasche mentre io piego la testa di
lato sentendo il suo corpo combaciare docilmente contro il mio.
Sono
le nostre labbra che si incontrano che mi fanno sentire una vampata che
si propaga in tutto il corpo, proprio come volevo.
Prendo
un respiro profondo e trattenendolo schiudo la bocca cominciando a
giocare con calma con la sua, ci assaggiamo l’un
l’altro senza approfondire subito, succhiandoci prima la
parte superiore e poi quella inferiore, cercando i diversi modi in cui
possiamo combaciare e con questa sensazione di umidità e
morbido provocato da questo contatto, apriamo le labbra lasciando
libertà anche alle nostre lingue che si intrufolano
incontrandosi a metà strada. Quando si toccano sono i nostri
pensieri a cancellarsi e sospendersi e di conseguenza ogni funzione
vitale è alterata e lasciata a sé stessa. Non
sappiamo esattamente cosa succeda ai nostri corpi che si premono
meglio, alle nostre mani che si aggrappano alla vita di uno e alla nuca
dell’altro.
Non
sappiamo proprio nulla se non che il bacio è diverso da
quello istintivo e bisognoso dell’altra volta, si tratta di
un bacio dove le nostre lingue si conoscono con calma e approfondiscono
con giochi che sanno d’erotico.
E
mi piace.
Mi
piace come i brividi mi percorrono dopo che sento i legamenti farsi
molli ed il corpo diventare simile a gelatina.
Mi
piace come le sue mani, che torno a sentire chiaramente, mi slacciano
la camicia febbrili e giungono ai miei pantaloni aprendoli
anch’essi, senza paura, senza esitazione.
Sempre
con quella consapevolezza di prima.
Ed
è inspiegabile descrivere come ci si sente quando sappiamo
che baciandoci pensiamo alla stessa persona.
Agendo
allo stesso modo gli faccio scivolare via i pantaloni mentre gli sfilo
la canottiera che si unisce ai miei vestiti già volati in
terra senza fretta; mi spinge fino a sedermi del tutto sul tavolo
cominciando a dedicarsi anche al mio collo e al resto del mio collo. Mi
assaggia leccando e tormentandomi deciso e languido fino a farmi
sospirare dai piaceri che mi provoca.
Sono
anche le mie mani ad approfondire il nostro contatto, mani che
risalgono le spalle muscolose e passano sulla schiena
d’atleta, comprendo bene cos’ha che piace tanto a
chi sta con lui.
Lascia
un notevole conforto in questo scambio di fisicità, un
conforto che sa di fuoco e di intimo, che cancella ogni remora e
morale, che fa addirittura dimenticare il sentimento di smarrimento e
dolore con cui eravamo entrati.
Un
conforto che diventa esattamente quello che cercavo quando mi stendo
sul tavolo dopo essermi fatto stimolare con lentezza esasperante in
ogni parte del corpo. È quando giunge alle mie parti intime
che sentendomi senza forze non riesco più a stare dritto e
appoggio la schiena al ripiano orizzontale che ho sotto di me ed
alzando le gambe gli lascio un accesso più che comodo ed
esplicito.
Chiudo
gli occhi e mi lascio sfuggire gemiti rochi di piacere, sa come darne
ma soprattutto ero arrivato qua così aperto che ammetto ha
dovuto lavorare poco per portarmi a questo stato a dir poco indecente.
È
sesso.
Si
chiama sesso, questo.
Stare
insieme e darsi l’un l’altro senza amore.
Solo
per non stare soli a soffrire, non sentirsi vuoti, per condividere
quanto accaduto.
Per
stare insieme e alleviare questo fuoco che Mac ha acceso in entrambi.
Dopo
avermi preparato mi fa allacciare le gambe intorno alla sua vita e
attirandomi ulteriormente a sé entra con lentezza che
comunque sembra uccidermi.
Per
me un rapporto simile è la prima volta, lui lo sa, forse, ma
prima di tutto sono io che mi rendo conto di cosa significhi.
Stringo
gli occhi ed i pugni mentre spingo la testa all’indietro
inarcando la schiena. È un momento difficile ed intenso
mentre trattengo il fiato e gli occhi cominciano a bruciarmi.
Mi
lascia il tempo per abituarmi a lui ma quando ricomincia a muoversi
è l’immagine di Mac a farmi star peggio.
È ora che penso a lui, con questo senso di lacerazione
fisica che si rispecchia nel mio animo e nei miei sentimenti.
Non
l’avrò mai, forse. Ma sicuramente non ora.
Se
fosse stato per lui sarei rimasto solo dopo così poco tempo
che la sincerità si era appropriata di me facendomi
ammettere che ne ero innamorato.
Se
fosse stato per lui, ora, non saprei nemmeno dove sbattere la testa ed
invece no, sono qua con uno che prova le mie stesse sensazioni e che mi
riempie per non lasciarmi vuoto.
Continua
a muoversi dapprima lentamente e poi via via sempre più
veloce, cercando di prendere un ritmo che anche se mi fa male
l’aiuto a sostenere. Non è una cosa ragionata, che
mentre la fai pensi a come fare. La fai e basta.
Fa
male, ora, e assurdamente mi va bene così perché
è proprio così che doveva essere.
Però
è ora che continua a stare dentro di me e ad andare sempre
più veloce, che sento anche un lontano piacere a livello
fisico.
E
mi concentro su quello aggrappandomi ad esso con tutto me stesso,
perché non voglio stare come uno schifo per tutta la vita,
perché voglio riuscire ad affrontare questo cambiamento.
Voglio
farcela.
Mi
aggrappo a Danny che si muove in me e per un istante non mi fa
più pensare a Mac ma mi fa stare addirittura un
po’ bene.
E
piango capendo che forse, forse, le cose dovevano andare
così, che forse vanno bene...
Che
probabilmente se dovesse essere stato diverso ora avrei sentito solo
repulsione per tutto questo.
E
piango premendo il viso sulla spalla di Danny, dopo che mi sono tirato
su e mi sono tenuto a lui, bagnandogli questa parte di pelle accaldata,
facendogli aprire gli occhi e guardare verso di me.
Posso
immaginarli i suoi occhi azzurri.
Forse
sta piangendo anche lui per il mio stesso motivo, o non si spiegherebbe
questo suo tremare, queste sue scosse sconvolgenti, non si spiegherebbe
come mai lo sento così tanto da scuotermi dentro.
Non
si spiegherebbe.
Ma
penso che tutto questo caotico sentimenti misto a piacere e dolore sia
dovuto solo ad una cosa che capiamo ora, mentre raggiungiamo
l’apice stringendoci ulteriormente con forza e foga.
Con
Mac è tutto finito.
Ora
ci siamo solo noi.
Noi
a capirci e confortarci.
Noi
che non potremo mai nascondere niente dietro ai nostri occhi azzurri
troppo onesti e sinceri.
Occhi
che hanno bisogno di qualcosa che, forse, troveremo l’uno
nell’altro.”
“Si
crede di non farcela più, di non poter andare avanti, di
stare per morire dal dolore, di non voler nemmeno pensare ad un domani
senza l’amore che aveva preso parte della tua vita.
Si
credono molte cose, per lo più assolutiste ed esagerate,
dettate dalla passione che si aveva dato.
Si
crede di tutto ma sicuramente non che il tempo passa e che veramente,
alla fin fine, è colui che può far veramente
qualcosa.
Che
ti smentisce e ti fa capire che sbagliavi, che invece ce
l’hai fatta e che va bene così, che comunque
qualcosa ancora per te ci sarà e che da quel dolore sei
semplicemente cambiato. Non l’hai superato, né
accantonato.
Solo
tu l’hai vissuto e sei cambiato.
Come
diceva Don.
Credo
abbia una maturità maggiore della mia, o forse solo diversa.
Però
dopo tutto questo tempo ho imparato a conoscerlo e colui che prima
consideravo solo un semplice collega di lavoro, ora è
diverso.
La
testimonianza di come il tempo può cambiare tutto.
Mesi
fa mi ero ridotto a chiedermi se ce l’avrei fatta senza Mac
nella mia vita come mio amore.
Ora
invece non solo ho una risposta affermativa a quella domanda, ma
addirittura c’è un altro nome di cui lentamente ed
in modo strano ed inaspettato non posso quasi più fare a
meno.
Sono
uno abbastanza deciso ed istintivo, in linea di massima non perdo mai
tempo intorno a seghe mentali e paranoie varie, voglio trovare subito
le mie risposte e non perdere tempo. Ecco perché dopo quella
notte in cui io e Don abbiamo fatto sesso per riempire quel vuoto che
sentivamo, per fare l’unica cosa sensata, per assurdo, che ci
sembrava andasse in quel momento, abbiamo continuato a vederci senza
imbarazzo mantenendo quel rapporto insolito che si era creato, senza
troncarlo o far finta di nulla.
Facendolo
ogni qual volta che ne sentivamo la necessità senza negarci
nulla per qualche ragionamento razionale e maturo.
Ci
siamo reputati adulti ed in grado di fare le nostre scelte ed ecco poi
cosa è successo.
Così,
come per magia, qualcosa in cui non ho mai creduto ovviamente, il tempo
ha agito anche su di noi che continuavamo a darci questo lato fisico
che ci permetteva di non stare troppo male senza Mac.
Ha
agito dandoci questo.
-
Hai finito? – La sua voce mi raggiunge allegra mentre si
intrufola con me in ascensore, miracolosamente vuoto.
Gli
lancio uno sguardo che si riempie del suo viso sorridente e sicuro, fa
altrettanto con me.
-
Col lavoro si. – Rispondo quindi lasciando intendere che con
qualcos’altro invece non ho affatto finito. Continuiamo a
fissarci mentre la domanda nel suo viso si dimostra chiaramente. Sa che
sto per tirarne fuori una delle mie e appena
l’avrò detta mi darà il voto, come di
consueto.
-
Con cosa invece non hai finito? – Non sa bene se preoccuparsi
all’idea che potrei non essere ancora disponibile oppure se
aspettarsi qualche stupidaggine. Penso però che ormai mi
conosca abbastanza da optare per quest’ultima.
È
con un sorrisino malizioso che gli rispondo:
-
C’è un certo qualcuno che mi aspetta a casa per
darci dentro fino a stabilire un nuovo record. Dovremo darci da fare
perché il campione in carica dice d’averne fatto
per sei ore di fila, non sarà uno scherzo! –
È
qua che capisce di cosa si tratta e scotendo il capo mantenendo
comunque la sua compostezza, senza per nulla arrossire, risponde severo
come suo solito a queste mie battute:
-
Sei meno meno, Messer. Non è la più brillante che
hai detto! – Ridacchio alla sua risposta che mi aspettavo
tale e quale a questa… quando mi da i voti mi chiama sempre
per cognome ma soprattutto a quelle che dico su noi due ed il sesso non
superano mai il sei!
È
per non farmi montare la testa, lo so, ma mi piace così.
È un gioco solo nostro e non vorrei mai condividerlo con
nessuno.
Però
torno all’attacco, sempre come di consueto, e girandomi verso
di lui gli cingo il collo con una mano mentre l’altra
l’afferra per il bordo della giacca attirandolo a me. Lo
guardo con malizia crescente avvicinando il viso al suo e con occhi che
brillano all’idea di cosa stiamo per fare, mormoro:
-
Finché i tuoi voti si riferiscono solo alle mie battute
vanno più che bene! –
Apprezza
l'ironia che ricambia identica sorridendo al mio stesso modo, senza
toccarmi né respingermi:
-
Che ne sai che non sono anche per le tue prestazioni a letto?
–
Lo
sapevo che l’avrebbe detto ma non mi smonta:
-
A giudicare dal casino che fai in quei momenti direi che il tuo voto
è decisamente più alto del sei meno meno!
–
-
Hai troppa considerazione di te stesso, Messer. Non va mica bene.
Sarà meglio ridimensionarti, caro. –
A
questa alzo un sopracciglio cercando di immaginare come
intenderà applicare questa specie di minaccia… ma
appena me lo vedo ‘ridimensionarmi’ a fatti, la mia
espressione muta diventando di pieno apprezzamento:
-
Ah si? In questo caso non vedo l’ora! –
Realizzando
il senso delle mie parole, e della mia espressione, stringe le labbra
scotendo la testa in segno di disappunto:
-
Sei il solito, non pensi ad altro! –
-
Perché, tu si? –
-
Mai specificato nulla a proposito. Ma so comunque trattenermi quando
voglio. –
-
In questo caso si vede che non vuoi trattenerti proprio mai!
–
Ne
abbiamo una per ogni risposta, andiamo avanti a battibeccare
ironicamente anche per ore senza mai darla vinta
all’altro… ecco perché finisce sempre
che terminiamo a fatti questi simpatici siparietti privati, proprio
come ora che ci tappiamo a vicenda la bocca premendo la rispettiva su
quella del compagno in un bacio che decisamente era atteso da un bel
po’ di ore.
Parte
come sempre per gioco cercando una specie di supremazia, come facciamo
sempre anche nel nostro rapporto, poi però nel sentire le
lingue fondersi e addolcirsi in automatico lasciamo che anche il resto
di noi stessi si sciolga allo stesso modo dicendo senza parole quel che
per carattere non diciamo mai troppo facilmente.
Che
ci amiamo.
Ecco
cos’è la mia vita.
Un
continuo susseguirsi di eventi inaspettati.
A
partire dalla mia carriera di criminologo alla scientifica per
proseguire nel rapporto che ho avuto con Mac ed infine in quello che
ora ho con Don.
E
pensare che ero solo un teppistello da quattro soldi che cercava di
impressionare il fratello e la sua banda di schizzati…
Guarda
un po’ invece cosa è capace di fare il tempo, se
lo si lascia fare.
Bè,
devo dire che non era nelle mie previsioni, nemmeno pochi mesi fa,
però ora che ci sono dentro non posso dire che una cosa.
Va
bene così, è perfetto.
Lo
è perché non devo più combattere con
dei muri insormontabili, non devo più cercare di capire cosa
ci sia scritto dietro a dei misteriosi occhi azzurri, anche
perché gli occhi azzurri con cui ho a che fare ora sono
decisamente diversi. Altro che misteriosi… più
chiari di così…
Ora
lo so, ora posso dirlo, col senno di poi.
Non
poteva andare meglio.”