DIETRO AGLI OCCHI AZZURRI

CAPITOLO VI:

SOFFERENZA

/ All the good things (came to an end) – Nelly Furtado /

Sono un giocatore d’azzardo, lo so. Sempre stato.
Dannazione, però, a volte forse sarebbe meglio non esserlo.
Mi tolgo gli occhiali e mi passo le mani sul volto mentre stringo palpebre e mi appoggio alla scrivania dell’ufficio di Mac dove sono rimasto senza reagire.
È stata dura, una parte mi diceva di non farlo che sarebbe finita proprio così, l’altra però mi diceva che era meglio questo piuttosto che rimanere in quello stato di sospensione terribile.
Ora… ora che ci sono, però, non sono più tanto sicuro di cosa sia meglio.
Smarrimento.
Volevo evitare di ritrovarmi in questo sentiero buio dove non riconosco più il paesaggio, dov’è che sono diretto?
Ecco, prima avevo le idee così chiare.
Sono venuto qua deciso a farlo scegliere, sapendo che ci sarebbe stato solo un modo.
L’ho fatto per rischioso che fosse e lui ha scelto.
Ha fatto proprio come volevo.
Dove sta il problema?
Non sono più un acrobata su un filo sospeso in un burrone.
Ora sono esattamente caduto dentro, a quel burrone. Il filo si è spezzato ed io precipito.
Sapevo che incontrandolo sarebbe successo qualcosa ed ora non mi resta che raccogliere i miei cocci e riprendere a camminare.
Eppure si può farlo ad occhi chiusi, senza vedere più nulla?
Quello che è sempre stato la mia luce ormai è la luce di un altro e sono stato io a spingercelo definitivamente.
Mi ha visto e mi ha toccato assicurandosi su ciò che provava per me ora, dopo ogni cosa. Poi quando l’ho messo davanti al bivio più grave per lui in quel momento, il suo istinto l’ha guidato.
Niente ragionamenti.
Mac ha passato tutti questi giorni da solo a ragionare ed usare il cervello, proprio come è da lui, ma non era giunto a nessuna conclusione accettabile. Doveva darsi al suo istinto, come faccio sempre io.
È quello che aiuta, in certi casi.
Gliel’ho fatto fare a forza ed ho avuto ragione.
Doveva lasciarsi andare.
Però ora a farci le spese sono stato proprio io.
In un certo senso l’ho liberato io da quel muro dietro cui si era rimesso di nuovo, aveva paura di ferire noi a cui teneva ed allora si è allontanato pensando e ripensando, analizzando a fondo e riflettendo. Ma nessuna conclusione l’ha aiutato ad uscire.
Sono arrivato io e con la mia irruenza e precipitosità l’ho fatto uscire, però ad accoglierlo là fuori è Don, non io.
Non sarò più io a stare con lui, a sentire i suoi baci su di me, il suo corpo contro il mio, le sua mani che mi esplorano sicure.
Non farò più l’amore con lui e forse non sarò nemmeno più protetto da lui.
Forse ora saremo solo degli estranei l’uno per l’altro perché dopo l’amore non esiste l’amicizia e non sono un idiota adolescente che crede ancora a queste favole.
Io non ci ho mai creduto, specie perché la mia adolescenza è stata passata in mezzo a bande rivali e giochi pericolosi a cui sopravvivere.
La mia adolescenza è stata una merda e mi ci stavo perdendo, poi è arrivato Mac e mi ha tirato fuori da un guaio grosso provocato da mio fratello e la sua banda.
Dopo di ciò mi ha aiutato per altre cose ed altre ancora, dandomi consigli sempre più ed è finita così, che non mi sono più separato da lui e che ora sono nella sua squadra.
Però è stato lui la mia stella cometa, ed ora ha scelto un altro.
Mi ha rimesso in piedi e dopo che ha visto che ero in grado di camminare da solo, mi ha lasciato.
Ora sono di nuovo solo.
Perché è questo che sono, solo.
Ho detto che mi sarei preso Don perché era il solo mezzo per provocargli una reazione shockante. O per me o per lui.
Alla fine è stata per lui.
Anche se non me lo sarei mai preso.
Me lo sarei preso solo se Mac ci avesse lasciati entrambi.
L’avrei fatto, lo so.
Ed anche lui.
Ci saremmo di nuovo leccati le ferite l’un l’altro a quel modo e l’avremmo fatto fino a che non avremmo capito di esserci ripresi e di essere di nuovo abbastanza forti.
Perché quando soffri e sei lasciato e ti senti solo è questo che cerchi, cerchi esattamente ciò che ti è venuto a mancare, l’amore, un contatto fisico che compensi quell’intimità dell’anima che non esisterà più.
Cerchi un pezzo della tua anima sperduta e lo fai così.
Col calore umano, da sempre l’unica vera cura per il dolore dell’amore.
Sarei andato da Don solo per questo e magari poi mi sarei reso conto che è una bella persona, dentro e fuori, ed il nostro legame si sarebbe solidificato, di volta in volta sarebbe stato di più, mentre facendo sesso insieme ci saremmo visti a farlo con Mac e non fra di noi.
Sarebbe stato così.
Però così non potrà essere.
Questa notte loro due saranno felici mentre io continuerò a piangere queste mie dannate lacrime da solo, come un povero idiota.
Vorrei sparire da qua, non dover scontrarmi con gente che non sa nulla di me e mi chiederà perché sono in questo stato, vorrei che nessuno mi chiedesse nulla, vorrei non dover parlare, vorrei sparire per un attimo, annullarmi e stare solo.
Però ho bisogno di uno sfogo, di aiuto ed io non so proprio come fare.
Non lo so perché l’unico da cui, ora, sarei potuto andare è felice con la persona che amo, con la mia luce ed io sono di nuovo solo.
Una manciata di ricordi felici è tutto ciò che mi rimane.
Le volte in cui lo stressavo al punto da farlo diventare gelidamente secco, o quando in cui di proposito lo facevo ingelosire e lui la sera mi puniva ogni volta a modo suo, con quel suo modo di prendermi e marcare il suo territorio su di me.
Oppure le occasioni in cui mi ha tirato fuori dai guai, o sentivo mio fratello e mi intristivo e lui mi tirava su.
Stavamo insieme.
Stavamo insieme in ogni modo in cui due possano stare insieme e forse, probabilmente, l’errore è stato proprio questo.
Lasciarmi andare a questo modo con lui, darmi a lui così totalmente.
Stare con lui anima, mente e corpo.
Dio.
Non si dovrebbe amare così.
Non dovremmo avere il permesso di unirci a questo modo.
Non dovrebbe proprio essere così, perché alla fine le cose belle hanno sempre una fine e più belle sono e peggio è.
Brucia.
Brucia il mio interno, brucia la mia testa, bruciano queste lacrime che escono dagli occhi fermandosi sulla mano che stringo a pugno contro la mia bocca. Brucia questa sensazione di solitudine.
Brucia e dà fastidio, non voglio stare qua, così furtivo esco asciugandomi gli occhi e vado almeno al bagno.
Sicuramente sarà meglio.
Un po’ d’acqua andrà bene.
È dura, questo masso che ho dentro mi appesantisce e mi impedisce di respirare ma non voglio mostrare le mie lacrime agli altri, non voglio parlarne con nessuno, voglio essere lasciato in pace e dimenticare al più presto.
È questo tutto ciò che voglio.
Prendo l’acqua del rubinetto e me la butto sul viso, strofino gli occhi gonfi e rossi mentre ancora qualche cosa ne esce.
È difficile fermare il dolore e lo so bene, purtroppo.
Sin da piccolo è tutto ciò che ho sempre cercato di fare.
Sospiro e dopo un ulteriore sciacquata chiudo e alzo il viso bagnato, le gocce corrono sul mio viso arrossato che asciugo, poi mi guardo allo specchio un attimo, ho un aspetto terribile e si capisce subito che chiunque oserà rivolgermi la parola riceverà una bella valanga di insulti, ma non posso farci nulla.
Però meglio non mi ci sento.
Come diavolo si fa a dimenticare?
Se avessi capito questo ora starei meglio ma penso che non si possa fare.
Ricorderò per sempre?
L’espressione che cerco di domare rimane cupa con un retro di sconsolatezza. Non ci sono modi per evitare questa fase terribile.
Non ci sono.
Allora andiamo là fuori, in quel palcoscenico affollato a recitare la mia parte giornaliera fino a stasera, poi mi lascerò di nuovo andare ma solo per stanotte.
Poi tornerò il Danny di sempre.
Sarà così.
È appena fuori dal bagno, però, che una figura mi viene incontro, cammina sostenuta e non ha intenzione di fermarsi, eppure non so come ma capisco che mi riguarda.
Ho ancora la mente annebbiata e non metto a fuoco le persone intorno a me, però ciò che sento è che lui c'entra con me.
Alzo ulteriormente lo sguardo ed incrocio degli occhi color cielo dove la gioia è solcata da una piccola luce di sincero dispiacere. Non è per sé stesso.
Dopo di questo sento la sua mano posarsi sulla mia testa come un fratello maggiore a volte fa col minore per dargli un messaggio particolare che a parole non sarebbe capace.
Un ringraziamento, una rassicurazione, un apprezzamento… ma chissà come interpretare nello specifico questo gesto?
Lui è più una folata di vento che appena trova me e mi carezza a quel modo affettuoso la testa e la fronte, si gira di nuovo e torna indietro senza dirmi nulla, solo lanciandomi quello sguardo insieme a quel gesto.
Uno sguardo che mi rimarrà dentro e che significa ‘grazie’, ma anche ‘scusa’ e ‘mi dispiace’.
Rimango così a guardare la schiena di Don allontanarsi lasciandomi solo questo tepore caldo sul punto che ha toccato ed un altro ricordo con lui, del nostro bacio confortevole.
Un bacio che penso rimarrà per sempre fra noi e basta.
Come questo gesto della sua mano sul mio capo dai capelli corti e la sensazione del suo sguardo sul mio.
Un po’ meglio, forse, posso dire di sentirmici, tutto sommato.
No, non è come Mac, magari ricorda me per qualcosa ma non siamo nemmeno noi due uguali.
Ognuno avrà la sua, stanotte.
Semplicemente la peggio è toccata a me, come ai bei vecchi tempi, quando da piccolo cercavo solo di essere considerato da mio fratello Louie ed invece venivo sempre e solo rifiutato.
Come allora.
Eppure non si fa mai l’abitudine.
Sospiro di nuovo mentre la folla di questo piano divora Don.
Rimarrà tutto in noi, dietro a questi occhi azzurri.
La mia storia con Mac e il lampo con Don.
Tutto qua dietro, come anche dietro ai loro occhi.”