Fade To Black
CAPITOLO 6:
CUORI
IN FIAMME
I giorni
che passarono dopo quell’evento, tutti li passarono ognuno
per conto proprio, si parlavano col contagocce e sempre con la testa
fra le nuvole, in un mondo proprio. L’istinto di Genzo era
stato quello di prendere a pugni Tsubasa ma si conosceva, in fondo, e
sapeva che avendolo davanti si sarebbe sciolto lui stesso e non ce
l’avrebbe mai fatta. In fondo sembrava forte ma non lo era,
per debolezza preferiva non affrontarlo ancora, rimandare e rimandare
quel fatidico momento sembrava essere l’unica cosa che gli
riusciva! Girovagava come uno zombie per la villa di Jun chiedendosi
quando sarebbe stato il tempo di tornare alla sua vita normale,
tuttavia l’unica cosa che sapeva con certezza era una sola:
finchè Tsubasa non si sarebbe ripreso da
quell’affondo in cui era, non sarebbe tornato a
casa…da Karl. Pensare ad una persona, a lui, come a casa
sua, la legittima e vera, gli suonava strano ma non pensava mai alla
Germania come alla su nuova patria, al suo rifugio, al luogo in cui
tornare…ma solo a Karl. Ormai era così ed andava
avanti a chiamate con lui, rivelando l’uno verso
l’altro, una sensibilità insperata ed
insolita…che mai nessuno avrebbe loro affibbiato.
Taro
non si sarebbe più sognato di su iniziativa, di tornare da
Tsubasa, aveva deciso di metterci una pietra sopra, sicuro con la
disperazione del momento, di non poter fare veramente più
nulla, senza sapere che invece aveva fatto veramente molto. Si era
imposto la lontananza da lui ma nonostante questo lui stava
lì, in Giappone, e non ci pensava minimamente a tornare in
Francia. Proprio per niente! Aspettava, in cuor suo lo sapeva.
Aspettava il ritorno di quella persona di cui si era innamorato giorno
dopo giorno.
Jun
invece sembrava il più normale fra tutti. Continuava le sue
solite attività, i suoi studi, i suoi allenamenti speciali,
le chiacchierate con chi veniva da lui per sapere notizie di
Tsubasa…sembrava essersi ripreso e non aveva parlato con
nessuno di quanto accaduto fra lui e l’ex giocatore. Con
nessuno tranne colui che in un modo un po’ strano,
l’aveva consolato ed aiutato. Quella volta in cuor suo aveva
sperato che nessuno lo vedesse in quelle condizioni, poi vedendo
proprio Kojiro arrivare, si era preparato allo scoppio e a cercare di
fermarlo dall’ammazzarlo, ma poi chissà cosa era
scattato nel moro, non aveva proprio reagito come si era
immaginato…e si era sentito sostenuto proprio da lui. Si era
accorto che in modo alquanto personale lo stava consolando
perché solo la sua vicinanza lo aveva subito fatto sentir
meglio. Jun faceva perfette analisi su sé stesso e sugli
altri: su di sé sapeva di essere forte, DOVERLO essere, di
sembrare una persona un po’ snob e distinta, calma e sempre
perfettamente in sé ed in forze. Su Kojiro vedeva invece una
vera e propria tigre, un forza autentico inesauribile, un fuoco ed una
passione per ogni cosa che mai si spegneva, l’aveva spesso
invidiato per quegli impulsi che seguiva, per le esplosioni e per la
vita che mostrava. Quando era stato accanto a lui e poi
l’aveva baciato era stato sorpreso in un primo momento ma poi
si era sentito invaso di quell’essenza che lo caratterizzava
ed aveva quasi sperato che non se ne andasse. Aveva capito in un
momento la natura dei suoi sentimenti, di quelli di Kojiro, del
rapporto che si era instaurato in quella situazione così
strana e anche dei motivi per il quale accadeva tutto quello.
Solo
che Jun aveva autocontrollo, Kojiro invece no. Questo fu determinante.
Perciò Jun capì subito tutto e riuscì
a gestire la cosa al contrario dell’altro.
Era
consapevole che si erano potuti scoprire e avvicinarsi così
solo perché erano stati profondamente cambiati da un
avvenimento shockante come quello.
Così
tutto quello che potevano fare tutti era aspettare.
Che
qualcosa cambiasse, che qualcuno di determinante risolvesse la cosa,
che la forza tornasse per poterli rimettere alla carica.
L’unico
che però nell’attesa non poteva stare solo e
semplicemente fermo e tranquillo era proprio Kojiro.
Dopo
il bacio con Jun aveva promesso di far fuoco e fiamme per Tsubasa, ma
poi non aveva più trovato lucidità, coraggio,
forza e senso…ma solo un enorme caos!
Con
la confusione più assoluta non si riconosceva
più, non capiva le priorità, che gli accadesse,
che volesse o dovesse fare…e per reazione aveva deciso di
tenersi il più occupato possibile e sfogarsi nello stesso
tempo, per cui era finito quasi 24 ore su 24 su un campo da calcio
deserto a calciare pallonate contro una rete sfondata e quindi su un
muro ormai crepato!
Era
tipico suo agire senza pensare e poi trovarsi a dover rimediare dopo
senza però sapere come fare, autodistruggendosi per questo,
era proprio da lui. Così finiva per fare l’unica
cosa che lo faceva stare meglio, lo faceva rilassare e riflettere senza
farlo sentire un imbecille: il calcio!
Così
ora era là sotto quel sole che gli illuminava la pelle
imperlata di sudore che cadeva dalla sua pelle abbronzata, i capelli
lunghi fino alle spalle erano selvaggiamente lasciati a se stessi fino
ad arrivare anche sul volto, dove un espressione aggressiva e
minacciosa vi era dipinta, rendendolo solo più affascinante,
complice anche quel fisico che si ritrovava.
Si
vedevano le vene del collo e delle tempie gonfie pulsare, i muscoli di
tutto il corpo tesi ed evidenziati e solo un ringhio di rabbia prima
dei tiri, seguiti da un forte botto, il pallone che finiva contro il
muro di cemento, ormai sgretolato.
Lui
ce la metteva tutta per non cacciarsi in quelle situazioni in cui da
solo non arrivava a cavare un ragno dal buco, ma non ci riusciva mai a
starne lontano. Li vedeva solo come guai, anche Jun in quel momento lo
era, lui e qualunque cosa fosse quella che l’aveva spinto a
baciarlo, forse solo propria debolezza per averlo visto così
triste, per averlo visto
piangere…per…bè, rimuginare non gli
faceva bene, l’aveva fatto fino a quel momento e
c’era anche Tsubasa che aspettava di essere pestato da lui,
quella testa di cavolo che insultava a destra e a manca…non
ne poteva più, pensava fossero tutti impazziti e lui per
primo.
Se
non si trattava di calcio finiva che non sapeva mai come muoversi!
Sperò
nell’aiuto di qualcuno di competente con cui potersi
confidare pur sentendosi stupido a raccontare che…che aveva
baciato Misugi.
Arrossì
pensandoci e con violenza crescente tirò un nuovo calcio.
Perché si sentiva così? Perché era
nell’incertezza e lui odiava esserci, ecco perché,
si ma del resto non era la prima volta che lo
era…però lo era per una cosa simile, mica si
baciava tutti i giorni un ragazzo…Misugi, poi…
Come
evocato dai suoi pensieri ecco che apparve la realizzazione delle sue
preghiere: l’esperto con cui confidarsi che
l’avrebbe aiutato: Genzo!
“Ecco,
è finita…”
Pensò
questo quando lo vide arrivare e con quel suo fare così
plateale ed egocentrico, parargli uno dei suoi tiri! Sbuffò
e sputò a terra imprecando in maniera esagerata.
Il
moro gli ripassò la palla senza però
l’intenzione di continuare ad allenarsi con lui, non aveva
l’umore adatto. L’aveva spinto lì una
specie di richiamo, una forza d’ira pari a quella che solo la
famosa tigre poteva avere, ormai lo sentiva anche a distanza quando lui
era in quegli stati d’animo!
Alzò
la lattina di birra che aveva appoggiato a terra per parare la sfera e
l’aprì, poi gli disse:
-
Che è successo?-
Kojiro
stava apprestandosi ad un altro tiro e su quella domanda
inciampò spalancando gli occhi e cadendo con il sedere a
terra, facendo una figura non buffa ma peggiore!
Genzo
ridacchiò senza ritegno, a volte poteva lasciarsi andare e
riusciva anche a fare quello di sempre. Ma solo a volte.
Gli
andò davanti coprendogli il sole col corpo e guardandolo
dall’alto mantenne il suo sorrisino sornione divertito:
-
Sei sparito, di solito venivi quasi ogni giorno…che
c’è? –
Kojiro
sentitosi messo già con le spalle al muro, cosa che non
gradì affatto, prese una manciata di erba e gliela
tirò addosso, essa però si disperse prima di
arrivare a lui e non sortì alcun effetto, poi impulsivamente
si affrettò a rispondere infervorato:
-
Cosa ti fa pensare che io debba avere qualcosa con Misugi anche se non
vado a casa sua per qualche giorno?-
Il
solito che per difendersi attaccava per primo senza pensare!
Genzo
alzò un sopracciglio e lo fissò incuriosito, poi
con malizia chiese senza lasciarsi perdere l’occasione di
punzecchiarlo:
-
Io non ho mai nominato Misugi…cosa sarebbe successo con lui?
Cioè…litigare con lui ce ne vuole…-
Poi
alzò gli occhi pensando all’altro interessato, in
realtà lui sembrava quello di sempre, in quei giorni, nulla
che gli facesse pensare a qualche cosa di strano accaduto, ma per quel
che lo conosceva poteva essere perfettamente normale!
Il
ragazzo a terra quindi si prese le ginocchia fra le mani e si
incrociò le gambe mettendosi in posa battagliera, sapeva che
in piedi non avrebbe retto per molto visto l’argomento che
lui stesso come un fesso aveva tirato fuori, si insultò da
solo e senza gentilezze.
-
Nulla, cosa vuoi che sia successo?-
Su
tutti proprio lui…perché? Se lo chiese una decina
di volte di fila, ma non lo capì mai! Chi aveva deciso che
sul suo cammino doveva sempre finirci quel rompiscatole di un portiere?
L’altro
però non si perse d’animo e con una certa furbizia
si accovacciò davanti a lui osservandolo bene, era
più fascinoso del solito, così
trascurato…lo dovette ammettere e si chiese se in effetti
non fosse proprio diventato gay del tutto. Accantonò il
pensiero e tornò alla malizia e al sadismo che dopo quei
giorni di tensione e arrabbiature varie, era proprio un insolito
rilassamento per uno come lui.
-
Che è successo? Perché sei così
strano? Lui sembra normale, il solito enigmatico e superiore
principe…ma tu…tu sembri morso da una
tarantola…-
Genzo
aveva un che di divertito negli occhi mentre gli faceva questa domanda,
come se intuisse chissà cosa. Certo non avrebbe mai
immaginato la verità.
Hyuga
però sembrava arrivato al limite, sentiva il bisogno di
parlarne, aveva una tale confusione in testa, non era abituato ad avere
a che fare in quel campo. Si sentì per l’ennesima
volta un imbecille ma decise che nonostante il rossore e la figuraccia,
ne avrebbe fatto parola con lui. Solo con lui. Non pensava di potersi
fidare, semplicemente sapeva che Genzo era gay e fidanzato e magari
qualcosa di utile poteva dirgliela.
Inizialmente
mugugnò qualcosa di incomprensibile con la testa bassa e la
voce impercettibile, poi spinto da un disinvolto Genzo che beveva la
birra in lattina, lo disse chiaro ma sempre pieno di vergogna:
-
Io e lui…-
-
Tu e Misugi…-
-
Si…io e Misugi…ci
siamo…baciati…per caso,
credo…lui…lui
era…scosso…aveva
pianto…deluso…litigato con
Tsubasa…e…insomma, che ne so, ci siamo baciati!-
All’udire
ciò il portiere sputò tutta la sorsata che aveva
in bocca, in faccia al ragazzo di fronte a lui e con un espressione di
chi sembrava avere davanti un extraterrestre, disse sconvolto ed
incredulo:
-
Cosa?! Tu e Misugi vi siete baciati?-
Hyuga
bagnato di birra in volto e nei capelli, assunse un aria seccata ed
offesa, forse non era stata una grande idea parlarne con
lui…ma che diamine…era gay, se non ne parlava con
lui con chi doveva farlo?
-
Che c’è di male in due ragazzi che si baciano?-
Sbottò
subito sulla difensiva mente si asciugava con la maglia il viso.
-
In due ragazzi nulla…ma in TE E MISUGI ammetti che lo
stupore è il minimo…-
-
Siamo strani?!-
-
Insieme si!-
La
tigre incrociò le braccia al petto e lo fissò con
aria di sfida, l’imbarazzo gli faceva quell’effetto!
-
Ma parliamo di Jun Misugi, il ricco e nobile ragazzo che soffre di
cuore ma è un campione di calcio e lo chiamano Campione di
vetro o Principe del Calcio? Delicato, saccente, superiore,
intelligente, a modo, educato, acuto, sveglio, indecifrabile,
gentile…-
-
Si si, lui, lo conosco, sai? Abitiamo nella stessa città,
sei tu che te ne sei andato da anni!-
Lo
interruppe sgarbato e punto sul vivo. Genzo rimase ancora inebetito a
guardarlo provando ad immaginarsi la scena, senza successo. Se
c’era qualcuno che non riusciva nemmeno lontanamente ad
immaginarsi insieme, erano proprio loro
due…eppure…eppure pensandoci bene, loro come
persone, magari, si completavano. Sarebbero stati divertenti!
Fu
così, in un secondo, che decise di aiutarli a sistemarsi, di
dar loro una leggera spinta.
Assunse
la sua aria sicura, il suo sorriso sarcastico e la luce di chi sta
macchinando qualcosa, poi disse:
-
Come è stato?-
Il
rossore nell’amico abbronzato si vide eccome:
-
In…in che senso come è stato? Come vuoi che sia
stato? Un ba-un ba-un bacio!-
-
So come si bacia, volevo dire cosa ti ha trasmesso, ti è
piaciuto, ti è sembrato che piacesse anche a
lui…chi ha avuto l’iniziativa, cosa avete fatto
dopo, cosa ha detto lui, vi siete parlati…non voglio la
descrizione tecnica del bacio, come avete mosso la lingua e dove avete
messo le mani!-
-
Cavolo, parli troppo, va piano, una cosa alla volta!-
Cercò
di prendere tempo mentre boccheggiava, almeno non doveva fargli la
cronaca del bacio in sè! Anche se avrebbe voluto sapere
anche lui come era andato…doveva chiederlo a Jun, forse?
L’idea
di farlo gli fece andare il sangue al cervello e senza ragionare si
alzò di scatto preferendo camminare nervoso su e
giù per l’erba, nervoso iniziò a
parlare a macchinetta:
-
Bene, cioè, bello, no, aspetta, non ne sono sicuro, non
ricordo bene, è stato inaspettato, non so se pensavo a come
fare oppure a cosa provavo…ero un po’ nel caos,
non capivo che facevamo. Lui si è sfogato con me
perché aveva litigato con Tsubasa, poi ci litigo anche io
appena mi riprendo, è
insopportabile…l’aveva sminuito, offeso,
aggredito, gli aveva detto che non poteva capirlo, che non ha passato
quello che passa lui, che è diverso non avere le gambe, che
è peggio…e insomma queste cose, Misugi mi ha
incontrato subito dopo questo, così si è sfogato
con me ed io mi sono arrabbiato perché non era giusto che
qualcuno alleggerisse quello che lui ha passato, anche se non mi
è mai stato troppo simpatico e non siamo mai stati amici ho
sempre riconosciuto il suo genio e il suo dramma, ha avuto la mia stima
e la mia ammirazione, in segreto ma l’ha avuta, non mi
è andato bene che uno amico suo come Tsubasa lo trattasse
così, lui è crollato dopo tutto questo periodo
pesante ed ha pianto, non voleva farsi vedere, io l’ho visto
piangere solo un'altra volta e mi ha fatto impressione...volevo
aiutarlo, tirarlo su. Abbiamo parlato un po’ e lo vedevo
diverso da sempre, la sua forza era fragilità, volevo fare
qualcosa così non so cosa mi sia preso, ho solo agito. Gli
ho preso la mano e lui me l’ha stretta a sua
volta…in seguito…bè in seguito non so
come e perché, diavolo, ma ci siamo baciati, avvicinati
insieme e baciati. Lui non mi ha respinto. Dopo…boh, dopo
nulla, ci siamo guardati stupiti e nessuno ha detto niente, me ne sono
andato di corsa, cosa dovevo fare? Cosa dovevo dire? Non ne abbiamo
più parlato…anzi…non ci siamo
più visti!-
Terminò
il monologo notando l’espressione interrogativa di Genzo,
come se guardasse un completo imbecille!
-
Gli hai preso la mano? -
Di
tutto il discorso l’aveva catturato quello, ognuno aveva le
sue, no? Del resto era comprensibile. Se fosse stato Jun a farlo era
una cosa, ma era stato Hyuga…si pentì di non aver
visto la scena!
L’altro
non rispose, cosa doveva dire?
Lo
guardava male e basta!
-
Dovreste parlarne, non posso dirti io che vuoi da lui o
viceversa…ti è piaciuto?-
-
Lui o baciarlo?-
-
Entrambi….-
Il
moro si fermò pensandoci attentamente, aveva un leggero mal
di testa e i capelli lunghi arruffati.
Dopo
una riflessione parlò:
-
Si. Il bacio mi è piaciuto. Altrimenti l’avrei
interrotto. -
Genzo
quindi si azzardò, ci godeva come un indecente a torturarlo
così, a fare il dottor stranamore.
-
E lui?-
Hyuga
aprì la bocca per rispondere ma rimase proverbialmente senza
parole.
-
Lui…non so…ho provato come…un senso di
protezione, cioè di volerlo proteggere anche se è
uno che sa proteggersi da solo, mi ha dato fastidio quel che Tsubasa
gli aveva detto, vederlo così fragile e
nudo…è una persona che merita molto, anche se non
l’avrei ammesso facilmente. L’ho sempre visto come
di un altro mondo, irraggiungibile, non per
me…però averlo così vicino e scoperto
mi è piaciuto, c’è molto da vedere di
lui, vorrei vederlo ancora di più…-
Il
portiere sorrise un po’ meno strafottente di sempre,
più comprensivo, come se ricordasse cose simili accadute a
lui poco tempo prima e con esse gli arrivò la nostalgia di
quei momenti e di quella persona.
-
Allora è lui che ti piace. Parlagliene. Non lo conosco
abbastanza ma è un tipo con un cervello che funziona bene,
al contrario del tuo ritardato…-
Hyuga
apprezzò le sue parole, specie quelle che sdrammatizzavano.
Non era convinto ma in sé sentiva che non erano palle quelle
che diceva…poteva fidarsi. In fondo lo sentiva.
-
Non farmi pentire di avertelo detto!-
Genzo
assunse un aria da finto innocente e con un gran divertimento lo
stuzzicò ancora per riportarlo a quello di sempre, alzandosi
a sua volta:
-
La prossima che gli prendi la mano chiamami, per nulla al mondo me la
perdo la scena…avrei voluto esserci!-
Lo
spinse amichevolmente insultandolo. Si sentiva meglio, se fosse stato
Misugi l’avrebbe anche potuto ringraziare, ma era Wakabayashi!
Dopo
questo discorso fu quest’ultimo a cambiare repentinamente,
l’espressione si incupì molto e portando i suoi
occhi neri in quelli dello stesso colore dell’altro, lo
fissò facendogli passare dei brividi.
Stava
pensando a Tsubasa e Hyuga l’aveva capito subito, per questo
era cambiata l’atmosfera e lui non aveva parlato
più.
-
Hyuga, tocca a noi. È arrivato il tempo di andare da lui e
sistemare le cose una volta per tutte.-
Non
era una domanda, non chiedeva il suo parare, ma non era nemmeno un
ordine, era più che altro un affermazione. Un cosa giusta e
come tale Kojiro la prese, infatti assumendo il medesimo tono e volto,
disse:
-
Si, adesso basta.-
Era
sul punto di non farcela, veramente Tsubasa era sul punto di non
farcela più. Prima aveva pensato di aver toccato il fondo
quando era stato pronto a lasciarsi andare, a lasciare il mondo, ad
uccidersi…poi con Taro l’ira si era ingigantita ma
era stato con Jun che aveva cominciato a capire che il fondo era ben
altra cosa e lo stava vedendo davanti a sé, conscio che
così ci avrebbe sbattuto il volto.
Si
guardava le gambe ed era l’unica cosa che era in grado di
fare ormai. Aveva rotto tutto il possibile, ormai non veniva
più nessuno da giorni e sua madre sporadicamente riusciva a
stare lì più di qualche minuto per volta. Aveva
fatto tutto ed ormai gli era rimasto solo l’arrendersi al
sentimenti di non farcela, di sapere di non farcela
veramente…era rimasto…il nulla…era
rimasto il vero vuoto e il panico:
-
Cosa posso fare adesso?-
Aveva
riflettuto e si era ripetuto fino alla nausea le parole di Taro, il suo
Taro, che aveva detto di amarlo, sapere di averlo ferito
l’aveva fatto morire dentro e questa reazione
l’aveva gettato nel caos.
Certo,
aveva fatto tutto tranne accettarsi e piangere per sé
stesso, piangere e dirsi: ‘vado avanti’.
Nel
panico più assoluto poteva solo guardarsi le gambe e
cacciare chiunque entrasse, insultandosi, dandosi fastidio da solo,
continuare a disperarsi e a auto compatirsi senza più
riconoscersi.
Poteva
solo assaggiare la solitudine che da solo si era costruito e procurato.
L’arrivo
di Hyuga e Genzo li aveva stupiti, insieme, nemmeno uno per
volta…spalancò gli occhi e conscio che
l’espressione che avevano così shockata era per
lui e per lo stato in cui si era gettato, sentì solo una
vaga vergogna che gli fece ancora perdere la testa, chiuse gli occhi e
voltò il capo dicendo solo di andarsene.
Perché
erano venuti?
Vergogna
per sé stesso, ira per questo, agitazione e
contrarietà di conseguenza, mala reazione in finale.
Stava
per aggiungere qualcosa che l’avrebbe segnato definitivamente
ma appena Hyuga lo vide così pietoso gli bastò,
si montò in lui una tale rabbia ceca che forse in rari
momenti poteva dire di aver provato ed in un attimo solo, un fulmine
l’attraversò e gli occhi erano quelli di una tigre
feroce, Genzo stesso accanto a lui lo vide di sfuggita e ne ebbe paura,
non l’avrebbe mai ammesso ma fu così.
Si
erano immaginati molte parole e cose da poter fare, ma il solo vederlo
le avevano gettate tutte al vento, poche falcate e Kojiro gli
arrivò addosso e dimenticandosi della condizione del ragazzo
a letto, lo prese per il colletto della maglia bianca e lo
colpì con un pugno di media potenza.
Avrebbe
potuto essere più leggero e avere più riguardo ma
questo sarebbe stato peggio, non sarebbe riuscito a far sentire
“l’imputato” come ora in quel momento si
sentiva, nel modo giusto.
Kojiro
era stato l’unico a trattarlo come un tempo, come sempre,
come tutti gli altri, a non usargli occhi di riguardo, a non vederlo
come un povero ragazzo perseguitato da chissà quale sfortuna.
E
quando sentì il dolore per l’impatto, un forte ed
acuto male allo zigomo del volto girato verso il muro, gli occhi si
serrarono vedendolo.
No,
non il muro.
Quello
che videro lo sconvolsero.
Eccolo
lì in tutta la sua angoscia, bruttezza e marcio quel famoso
fondo che aveva pensato di aver visto e toccato mille altre volte.
Eccolo
che invece solo ora vi era sbattuto con tutta la sua faccia disperata.
Vide
com’era fatto, era uno specchio e ciò che
riflettè fu la sua immagine: un Tsubasa perdente, sconfitto,
arreso…un immagine che gli fece schifo a sé
stesso per primo e gli accese il desiderio di risalire dal pantano in
cui si era cacciato da solo a forza.
Voleva
risalire ma aveva speso tutte le forze ad affondare in quel buio, in
quel nero che era la melma e l’inferno.
Ora
non ne aveva più ma voleva tornare su. Lo voleva
perché quell’immagine non gli piaceva, lui non era
quello, non poteva esserlo perché se c’era ancora
qualcuno che lottava per riaverlo, che lo trattava come sempre, che
tornava da lui nonostante tutto, allora significava che non poteva
rimanere in quel oscuro luogo solitario.
Ma
come.
Come
fare?
Se
lo chiese e se lo richiese e se lo chiese di nuovo fino alla nausea
senza ottenere risposta, senza sapere, senza capire più,
solo sapendo che era affondato in quel nero e non voleva più
starci, il culmine, il massimo dell’autodistruzione, il
peggio nel quale un uomo può arrivare.
-
Hyuga!-
Lo
ammonì Wakabayashi dopo aver sperato che le buone intenzioni
elencate per strada sarebbero state rispettate…tanto
l’aveva immaginato che sarebbe finito così,
perché lui era così ed andava bene
com’era…perché in fondo era anche
grazie a queste intuizioni che ci si tirava fuori dai guai, a volte.
Gli
andò vicino e lo allontanò lasciando
però che le urla uscissero dalla sua bocca per colpire il
protagonista di tale ira ceca:
-
SAI COSA SEI? NIENTE DI SPECIALE, SOLO UN COMUNE PEZZO DI MERDA! TE
L’HANNO MAI DETTO INVECE DI FARE TANTO I GENTILI CON TE SOLO
PERCHE’ NON PUOI PIU’ CAMMINARE? SI, ASCOLTAMI
BENE, LO DICO E NON NE HO PAURA: NON PUOI PIU’ CAMMINARE, LO
SAI? TE L’HANNO SPIEGATO? TE LO SEI DETTO? È
BRUTTO MA LA REALTA’ E’ ESATTAMENTE QUESTA, ALLORA
CHE SI FA? NON ME NE FREGA SE CAMMINERAI O MENO, MA LA SOSTANZA
E’ QUESTA E LA TUA E’ QUELLA DI UNO STRONZO CHE SI
CREDE CHISSA’ CHI E SI METTE AD INSULTARE CHI NON NE HA
BISOGNO! MA CHI TI CREDI DI ESSERE? LO SAI QUANTI HANNO PASSATO LE TUE
TRAGEDIE O ALTRE MA SEMPRE DRAMMATICHE? E COSA VUOI DA NOI? LO SAI CHE
NON SEI NESSUNO PER DIRE CERTE COSE? VUOI STARE SOLO? STACCI, MI HAI
ROTTO I COGLIONI, PRIMA DI ANDARMENE VOLEVO DIRTELO!-
In
tutto il momento dello scoppio Genzo aveva dovuto trattenerlo per le
braccia per non farlo andare di nuovo contro Tsubasa, però
si era chiesto anche lui che dovesse fare…forse era giusto
trattarlo così per scuoterlo, la classica terapia
d’urto, ma in fondo quello di cui aveva bisogno era di
piangere e ammetterlo…cosa estremamente difficile, fare come
faceva Hyuga poteva essere giusto ma come saperlo con certezza? Per un
attimo, quindi, se lo chiese anche lui…poi si chiese solo
come fermare quel carro armato!
Il
moro seduto si teneva la guancia colpita con una mano e tornatosi a
girare verso la tigre infuriata dal cuore in fiamme, era letteralmente
paralizzato, senza reazioni o cambiamenti, una statua di marmo che sta
per essere distrutta con un calcio, che sarebbe finita a terra e si
sarebbe rotta. Un solo calcio, uno solo. E sarebbe successo.
Ad
impedirlo fu il portiere che facendo appella a tutte le sue forze lo
strattonò spingendo il compagno iroso contro il muro dietro
di loro.
-
BASTA!-
La
botta che si prese non fu trascurabile ma poi a mente fredda tutti si
dissero che quelle reazioni sarebbero potute essere fatte solo da loro
due.
Ed
erano entrambe giuste.
Genzo
di avvicinò al letto dove Tsubasa privo di espressione
sembrava sprofondato in un posto di non ritorno, avrebbe voluto fare la
stessa cosa di Hyuga, ma l’aveva già fatta
l’altro…si passò la mano fra i capelli
e decise solo di sedersi accanto a lui nel materasso, gli
dedicò il suo sguardo più serio e sincero e
provando a penetrarlo allungò la mano sull’altra
guancia del ragazzo, gliela toccò titubante e sentendolo
freddo pensò che forse l’aveva perso
definitivamente.
-
O cazzo, e ora che faccio?-
Mormorò
infatti agitato.
-
Tsubasa…? Hey…non devi prendertela ma in
fondo…cioè vorrei dirti che è uno
stupido ma questa volta va detto…ha
ragione…però devi capire perché ce
l’ha…nessuno ti lascerà solo ma tu devi
dirtelo…Tsubasa, non camminerai, certo magari un domani
potrei tornare a farlo con qualche miracolo della medicina, ma ora come
ora no. Dittelo e rialzati. Rialza la tua testa. Hai capito? Da qui
tutto cambierà…tutto…-
Era
stato convinto di non essere stato ascoltato, ma così non
fu, quello che captò l’altro fu la frase
‘non camminerai’, qualcosa che nessuno gli aveva
detto dopo il medico, che nessuno aveva ammesso ad alta voce
accettandolo prima di lui, che nessuno aveva semplicemente provveduto
ad assicurarsi che lui l’avesse semplicemente compreso.
Solo
questo.
Nessuno
aveva mai osato dirglielo, gridarglielo o sussurrarglielo.
Anzi,
lui non se lo era detto veramente e nessuno aveva avuto solo quello da
dirgli.
Gli
occhi scuri di Tsubasa si spalancarono di nuovo riprendendo tono e
colore, diventando sempre più lucidi tornarono a fissarsi
sulla persona che aveva davanti e non su un punto vuoto…e lo
mormorò lui stesso senza il secondo fine di auto compatirsi
o cose simili, solo perché era vero e non c’erano
altri significati dietro.
-
…non camminerò più…-
E
su questo sussurro scesero finalmente le lacrime di Tsubasa.