FADE TO BLACK
CAPITOLO 8:
PER NOI QUALCOSA
ANCORA
L’aeroporto gremito di gente che andava e
veniva era un punto d’incontro e saluto per molta gente,
troppa per alcuni, non abbastanza per altri. L’andirivieni
era impossibile da seguire senza farsi venire mal di testa. La voce
metallica dell’annunciatrice iniziò in tutte le
lingue possibili a richiamare i passeggeri del volo diretto in Francia,
poco dopo richiamarono quelli della Germania.
Fra tutti non si sarebbero distinti facilmente 5
ragazzi giunti a Narita per salutarsi e separarsi, per andare ognuno
nella propria strada, nuova vita o tornare a quella vecchia.
- Sarà strano…-
Aveva iniziato a dire Hyuga lasciando
però la frase a metà per non sembrare
sentimentale.
- Cosa?-
Chiese quindi Genzo strafottente con
l’intenzione di farsi l’ultimo battibecco prima di
andarsene e non vederlo per chissà quanto!
- Penso che intendesse: sarà strano
sapere Tsubasa in Francia con Taro!-
Tradusse per lui Misugi vedendo il compagno in
difficoltà, tutti li guardarono contemporaneamente,
incuriositi e stupiti dal vedere per l’ennesima volta Jun che
veniva in soccorso a parole a Kojiro. Solo Genzo sapeva che si erano
messi insieme, gli altri, probabilmente, non l’avrebbero mai
saputo ma anche se la cosa si fosse sparsa fra il giro stretto, a
nessuno dei due sarebbe dispiaciuto, entrambi erano tipi menefreghisti
a modo proprio…Kojiro per la serie: ‘non me ne
sbatte un ca**o di nessuno!’ Invece Jun era più:
‘Io vado avanti lo stesso per la mia strada!’
- Bè, la cosa più strana
sarà che non giocherò più a calcio,
no?-
Aveva improvvisamente detto Tsubasa stesso,
togliendo dall’impaccio chiunque pensasse la stessa cosa
senza osarla dire. Tutti l’ammirarono in quel momento, anche
se l’aveva detto con un aria molto tirata e malinconica.
Aveva fatto dei grandi passi in avanti rispetto a pochi giorni prima,
si era ripreso in parte e sentirlo parlare in quel modo era una buona
ricompensa dopo tutto quello che avevano passato!
La paura di non saper cosa dire però
ormai era viva in loro e cercando di dosare sempre le parole, finivano
sempre per parlare solo Jun e Taro.
- Ora?-
Chiese improvviso Genzo, facendosi serio.
- Ora si ricomincia…-
Aveva risposto Taro serenamente, il solito sorriso
era tornato e a tutti parve di riuscire a respirare meglio.
-
Già…-
Fecero eco gli altri
con una giustificata tristezza nella voce e nello sguardo. Le cose
erano cambiate molto per tutti, perfino per Hyuga e Misugi che
sarebbero semplicemente tornati alla vita di prima, in
realtà le cose erano cambiate anche per loro, non solo per
quanto accaduto a Tsubasa che li aveva resi coscienti di una visione di
vita diversa, specie alla tigre, ma soprattutto per il sentimento che
era nato e si stava sviluppando fra loro stessi. Non si chiamavano
ancora fidanzati, prima di farlo ce ne sarebbe voluto un bel
po’ visto il caratteraccio di Hyuga, ma il frequentarsi e
ammettere che il lato fisico c’era, eccome, era un gran passo
in avanti che cambiava quindi molto. Anche per Jun era nuovo quel
rapporto ma lui gestiva le situazioni decisamente meglio, dopo la
malattia si era sempre preparato subito a ricevere qualunque
novità, era molto più adulto degli altri e sapeva
accettare sia le cose belle che quelle brutte, Kojiro era fra quelle
belle anche se insolite, strane e pesanti…sarebbe stata una
nuova vita anche per lui, tutto sommato…una nuova vita
difficile ma piacevole.
Genzo? Bè,
lui pensava già insistentemente a quando avrebbe rivisto
Karl all’aeroporto, non vedeva l’ora, cominciava ad
essere terribilmente impaziente anche se avrebbe dovuto lasciare quegli
amici con cui stava bene. Era sincero, però. Stare con
Tsubasa, da ora in poi, sarebbe stato ancor più difficile di
quanto non lo erano stati quei giorni. Tsubasa doveva ancora
risollevarsi e scoprirsi, capire cosa fare della propria vita,
rinascere e risalire, diventare qualcuno…era alla ricerca di
sé stesso e di una ragione di vita, non era facile, specie
quando si passa tutti gli anni a convincersi che sarà una
che invece ora non puoi più percorrere. Di strade,
però, ce ne sono tante per ognuno.
Tutti hanno mille
possibilità nella propria vita, così come ci sono
più di una persona che potrebbe vivere con ciascuno, ma se
ne sceglie solo una, basta saperle riconoscere e accettare, dedicarsi
anima e corpo prima che fuggano e non tornino più, prima di
perdere il treno.
Genzo non avrebbe
cambiato una virgola della propria vita, aveva trovato subito la sua
strada e la persona giusta con cui percorrerla, non avrebbe cambiato
nessuna delle due nemmeno per tutto l’oro del mondo ed anche
se a volte ci si deve fermare per aiutare gli altri,
l’importante è saper ritornare in carreggiata,
recuperare i propri bagagli e il compagno di viaggio e continuare a
camminare andando avanti e mai indietro. Genzo era per questa filosofia
e per quanto bene volesse a Tsubasa, Misaki, Hyuga…e
perché no, ora perfino al poco più che estraneo
Misugi, non avrebbe mai cambiato l’oro che aveva trovato in
Germania, per qualcos’altro.
Tsubasa e Taro si
apprestavano per lo più ad una vita completamente diversa,
sia perché finalmente la percorrevano insieme con la
scoperta di nuovi sentimenti, sia perché Tsubasa dovendo
cambiare ogni cosa di sé stesso, aveva coinvolto in questo
inevitabilmente anche il compagno. Tsubasa non avrebbe mai preteso che
Taro rinunciasse al calcio per lui, gli chiedeva solo di stargli
accanto, così sarebbe stato e chissà cosa il
futuro avrebbe posto sul loro cammino…l’ex numero
10 avrebbe atteso poiché era l’unica cosa che gli
rimaneva. A volte con uno sguardo spento, altre triste e malinconico,
altre ancora piangendo di nascosto…altre però
riuscendo addirittura a sorridere, non come un tempo ma comunque
qualcosa sarebbe riuscito a fare…senza bugie. Solo
ciò che si sentiva. Fra tutti lui ce l’avrebbe
avuta più dura però il sollievo,
l’unico che poteva avere, veniva dalla persona che mai
più l’avrebbe lasciato.
Alla fine
è così.
Sono i sentimenti con
cui si affrontano le cose, ciò che cambiano, non cosa si fa
e nemmeno se lo si fa bene o male…solo se quando lo si fa si
è felici e si sta bene. Come si fa ad esserlo? Amando ed
essendo amati. Il tipo di amore non ha importanza, ce ne sono molti e
per molti, ma sempre di amore, alla fine, si tratta.
- Allora alla
prossima, ragazzi…-
Disse Genzo
interrompendo il silenzio pesante in cui erano calati, un sorriso
tirato, non strafottente, e uno sguardo sinceramente dispiaciuto di
lasciarli…ma fino ad un certo punto. Si capiva che era anche
contento di poter tornare nel suo angolo di paradiso, da qualcuno che
in un modo o nell’altro tutti avevano capito essere Karl.
- Si, alla
prossima…è meglio che ci avviamo o chiudono il
chek in…-
Aveva detto Taro
pratico di viaggi, prese l’iniziativa salutando tutti con una
stretta di mano, un abbraccio e un bacio ciascuno, come era nel suo
stile, qualcuno si salutò con una semplice stretta, altri
addirittura con uno scambio di sguardi ed un ‘ciao detto fra
i denti, ma tutti si salutarono e quando Tsubasa ebbe concluso, disse
con un filo di voce e occhi lucidi, l’ultimo consiglio da
capitano della squadra:
- Ragazzi, fate
ciò che io avrei voluto fare ma non come l’avrei
fatto io, bensì come lo fareste voi…-
Nessuno ebbe il
coraggio o la forza di dire niente, nessuno tranne Jun che con una
nobile espressione e un controllo ammirevole, rispose:
- Realizzeremo le
nostre aspirazioni anche per te. -
- Certo, detto da te
suona come una barzelletta, sai?-
non era riuscito a
trattenersi Kojiro, anche se non aveva parlato con un ghigno sadico,
tanto meno con l’intenzione di
sdrammatizzare…però tutti risero accentuando la
battuta involontaria del moro che fece una smorfia sentitosi preso in
giro.
- So bene che io sono
l’ultimo che può pronunciare un concetto simile,
ma dal momento che nessuno di voi la proferiva, ho risolto io la
situazione! -
Ribattè
quindi pronto il compagno senza scomporsi. Tutti apprezzarono lo
scambio, sicuri, ormai, che fra loro le cose erano proprio cambiate!
- Grazie…-
Concluse
così timidamente Tsubasa e con un ultimo cenno ricambiato da
sorrisi diversi fra loro, fu condotto via da Taro sulla sedia a rotelle
con cui avrebbe dovuto fare più che amicizia!
Poco dopo fu seguito
da Genzo che dopo un pugno amichevole a Hyuga si congedò
lasciando la nuova coppia, o quanto più di somigliante ci
fosse, a vedere anche la sua schiena forte allontanarsi. Nessuno dei
due avrebbe mostrato occhi lucidi, tanto meno emozione e tristezza per
il termine di quel periodo a tratti doloroso, altri felice.
- Bè, ora
tocca a noi…-
Mugugnò
con una certa sicurezza nella voce il tenebroso Kojiro.
-
Già…avviamoci anche noi.-
Fece eco Jun
lanciandogli una fugace occhiata, ogni volta che ammirava il suo bel
profilo deciso, differente dal suo più delicato, di attimo
in attimo gli piaceva sempre di più, sarebbe stato un
crescendo di consapevolezza e sentimenti veloce e piacevole, era
contento di aver riscoperto Hyuga, l’unico che in quella
situazione poteva in effetti stargli concretamente accanto. Si
avviarono verso l’uscita del grande aeroporto, entrambi non
erano tipi da manifestare il loro affetto reciproco, soprattutto in
pubblico, pur essendo diversi, erano uguali in alcuni punti, anche se
comunque distinti in quelle
date uguaglianze!
Una volta a casa,
ormai era quasi sera, Jun invitò a cena Kojiro con fare
disinvolto, questo lo fece arrossire ed imbarazzare anche se non
quanto, una volta rifiutato, sempre il bel principe gli aveva detto con
un fondo di malizia:
- E non mi saluti
prima di andartene?-
La tigre si era messa
a tossire e scomposto come se fosse appena tornato da una corsa di 10
ore filate, si guardò intorno a disagio, sentendo gli occhi
ancora puntati su di sé, i suoi occhi, lo guardò
di sottecchi studiandolo, prendendo tempo, cercando di capire che
diavolo fare, cosa intendesse con quella frase. Aveva uno sguardo
cristallino eppure così adulto ed ironico, misterioso quasi,
si spostò sulle labbra e su quell’inclinazione
saccente e sorniona che avevano, si notava il pallore della pelle anche
alla luce fioca del crepuscolo ma nonostante tutto lui era sempre
composto e tranquillo, non un capello in disordine. Quel tipo amava
provocare gli altri affinché raccogliessero le sue sfide!
Bè, di per sé non era male…se le sfide
si fossero limitate al calcio! Non era preparato a quel genere di
cose…tuttavia anche se non aveva proprio ben sviluppato il
senso della bellezza, cioè non la distingueva più
di tanto, riusciva a sentirsi attratto da quel ragazzo particolare di
cui si vedeva solo la punta dell’iceberg. Sarebbe stato
interessante trovare anche il resto. Finì di imbarazzarsi e
sempre rosso come un pomodoro si assicurò che non ci fosse
nessuno nei paraggi, poi gli si avvicinò e chinandosi
leggermente, non avevano una grande differenza d’altezza, gli
posò un leggero e velocissimo bacio sulle labbra, senza
soffermarsi ed approfondire…era il meglio che potesse fare
per ora! L’altro ridacchiò divertito e mutando la
malizia in qualcosa di enigmatico ed intraducibile, quando Kojiro si
stava allontanando per poter scappare da quella scena, lo
fermò prendendogli la mano, il contatto bloccò
all’istante l’altro tanto che catalizzò
totalmente la sua attenzione sulle loro dita allacciate,
cos’era poi quel fastidioso tamburo che rullava nei suoi
timpani? E perché il fiato non gli veniva più a
pieni polmoni? Faceva una fatica…era nervoso? Agitato? Non
lo capì, non capiva mai che gli succedeva, soprattutto
ultimamente! Però anche se si vergognava gli sembrava bello,
una cosa giusta, gli ricordò quando si erano baciati la
prima volta…ora era diverso. Mentre lui era attento alle
loro mani sentì poi le sue labbra che si avvicinavano al
proprio orecchio e istintivamente si ritrasse di qualche centimetro,
sentendolo troppo vicino, tanto da avere il suo fiato addosso, ma non
lo allontanò, Jun gli andò ancor più
vicino e gli sussurrò:
- Ci vediamo domani?-
Gli vennero i brividi
e i peli del corpo si drizzarono, come se gli fosse passato del
ghiaccio lungo la spina dorsale, si dimenticò quindi di
ascoltare le sue parole tanto che dovette dire:
- C-che?-
Lo sentì
sorridere lieve ed aumentare di poco la stretta della mano, mentre
l’altra la posava sul petto…certo, se questo era
il suo modo per riportarlo alla realtà allora erano a posto!
- Ho detto se ci
vediamo anche domani…non vorrei che ora che non ci sono
più loro, tu torni a sparire…-
Forse era una sorta
di accertamento su quanto stava accadendo fra loro, anche se Jun non ne
aveva bisogno, in effetti…magari voleva solo che Kojiro
l’ammettesse. Chissà…a volte, anzi
sempre, il bel giovane era incomprensibile!
A fatica, molta,
l’altro capì lontanamente il senso della frase e
piegando la testa verso la spalla per togliersi quei formicolii sulla
pelle, arrivando così più vicino al volto del
compagno, rispose balbettando:
- B-boh, c-che n-ne
so…s-s-si, dannazione!-
Misugi
accentuò il sorriso divertito e staccandosi gli
lasciò un bacio sulla guancia in fiamme, poi lo
lasciò definitivamente andare beandosi un ultima volta del
suo volto imbronciato e scontrosamente imbarazzato.
Sarebbe stata molto
lunga, con lui…dura e difficile, ma a lui le sfide piacevano
eccome!
Anche le ore del
viaggio gli sembrarono interminabili, con forte, fortissima impazienza,
però, arrivò anche l’atterraggio
dell’aereo e dopo un altro paio di minuti, nemmeno pochi in
effetti, il bel tenebroso riuscì ad uscire dalla porta degli
arrivi fuori dalla quale familiari ed amici aspettavano la gente appena
giunta a destinazione. Si fermò un attimo per trovarlo ma
non gli ci volle molto anche se erano quasi tutti biondi. Sapeva dove
l’avrebbe aspettato, indietro rispetto alla folla, appoggiato
ad una colonna o qualcosa di simile, dove rispetto al resto
dell’edificio, c’era meno gente. Infatti eccolo
là. Lo vide e senza volerlo, i suoi occhi si illuminarono
come ancora in quei giorni non era successo. L’istinto gli
disse di precipitarsi da lui ma siccome era uno che il sangue freddo lo
manteneva fin troppo bene, riuscì a domarsi, anche se a
stento, e semplicemente gli andò incontro, lui fece a sua
volta qualche passo e quando si incontrarono si chiesero se potessero
mai abbracciarsi in mezzo a tutta quella gente…lasciando che
la loro già labile privacy svanisse a quel modo.
L’avrebbero fatto. Oh, se l’avrebbero fatto! Anche
se avevano quei caratteri così controllati e tutti
d’un pezzo che non amavano manifestazioni sdolcinate
d’affetto, anche se si sarebbero sentiti un po’
stupidi, anche se c’erano molti motivi per non farlo
l’avrebbero fatto se non fosse stato veramente per tutta la
gente che improvvisamente li osservava riconoscendoli. Presi
singolarmente poteva essere una coincidenza, una somiglianza con quei
calciatori popolari quali erano, ma insieme si capiva benissimo che
dovevano essere proprio loro…così ci volle una
grande forza di volontà per non mandare tutti al diavolo,
non si toccarono nemmeno per non accendere strane voglie
d’abbracci e simili…dissero solo:
- Ehi,
ciao…-
- Sei tornato,
allora…-
- Pensavi che non
venissi più?-
- No, pensavo che
l’aereo non atterrasse più!-
-
Uhm…è meglio però se
andiamo…-
Così il
dialogo terminò anche perché perfino le parole
sarebbero presto state compromettenti…il desiderio di dirsi
che si erano mancati era grande, in fondo!
Svincolandosi
abilmente dagli ammiratori che si erano raccolti per guardarli(e
chiedere autografi)Genzo si chiese come mai lì erano stati
notati mentre in Giappone erano passati inosservati!
Nemmeno quando
giunsero in auto poterono lasciarsi andare, sempre sguardi, sempre
occhi…era snervante e man mano che la loro relazione
procedeva, lo era sempre più…ma potendo farci
poco, Karl con una sgommata lasciò il parcheggio e con
pazienza che non pensava di avere fu subito in autostrada…il
silenzio era calato, del resto sulla permanenza a Tokyo avevano
già abbondantemente parlato per
telefono e dirsi romanticherie non era nel loro stile,
stavano bene anche senza parlare in continuazione, il punto era che ora
avevano la testa rivolta così tanto verso il compagno
accanto che dovevano rivolgere le loro attenzioni allo stare fermi.
La cosa,
però, non durò a lungo. Quando Karl si
fermò improvvisamente su un area d’emergenza,
Genzo non ebbe il tempo di capire che accadesse, si girò
verso il compagno e si trovò subito le labbra sulle sue. Fu
così che si rilassò tornando a respirare.
Gli era mancato.
Baciarsi con lui,
stare con lui, sapere che una volta a casa avrebbero fatto
l’amore, stare bene seppur in silenzio con lui…gli
era mancato ogni singolo particolare purchè fosse fatto con
lui, Gli era mancato Karl ed ora se lo sarebbe goduto in tutti i modi
possibili.
Per assicurarsi che
fosse lì portò la mano al volto del biondo
affondandoli sui capelli nella nuca, poi scivolò sulla
spalla e l’esplorazione continuò scendendo
giù, giocò un po’ con la sua mano e le
sue dita, poi il bisogno di toccargli le gambe fu grande,
andò sulle cosce e senza fretta le percorse leggero. Non era
un istinto sessuale, era una ricerca, ricerca di sicurezza. Sicurezza
che Karl non sarebbe mai crollato, sarebbe stato sempre lì
come l’aveva conosciuto, lì con lui, senza
cambiare, senza allontanarsi, senza soffrire.
Il compagno
capì quel bisogno che era arrivato improvviso,
capì anche che avrebbe potuto colmarlo meglio a casa
così a malincuore, dopo aver lasciato libero sfogo alle loro
lingua che si toccavano giocando con cura e lentezza, per gustarsi
meglio, si staccò da lui guardandolo finalmente meglio, come
avrebbe voluto fare prima. Ora l’aveva vicino e solo con lo
sguardo poteva assorbire quei lineamenti orientali così
delicati ma allo stesso tempo decisi, gli occhi neri dallo sguardo
tenebroso, ora pieni di desiderio e anche un po’ smarriti. Si
accorse così del reale stato d’animo del compagno
e lasciò le proprie mani andare su quel volto
dall’aria tirata, lo sfiorò arrivando ai capelli
neri che spettinò ulteriormente, poi disse:
- Non ne potevo
più.-
Genzo non
riuscì a sorridere o a mostrare la sua espressione di
sempre, parve improvvisamente insicuro.
- Anche
io…ho bisogno di toccarti, sentirti di
più…-
Non lo
scambiò come sesso. Aveva perfettamente capito cosa
intendeva. In fondo era bello così, che Genzo si lasciasse
andare solo con lui. Smarrito, ecco cos’era. Lo vide del
tutto smarrito, senza bisogno di farlo spiegare, farlo parlare,
l’aveva capito subito e semplicemente
l’abbracciò. Gli fece nascondere il volto
nell’incavo del suo collo e gli carezzò impacciato
il capo. Non tremava esteriormente ma nell’animo
sì.
Si era trattenuto in
maniera spasmodica ed ora la sua paura si ingigantiva, diventava quasi
insostenibile, pressione che lo schiacciava. Genzo si
aggrappò con tutte le sue forze al ragazzo che gli donava
quel rifugio che aveva cercato in quei giorni.
-
Karl…promettimi che non baserai la tua esistenza su qualcosa
di fragile…qualcosa che se di sfugge ti
distrugge…promettimelo…-
Karl
rafforzò la stretta sentendo tutta la tristezza e il dolore
del fidanzato. Non era bravo a parole, non avrebbe saputo dire grandi
cose, ma una poteva:
- Si…sono
con te, non ti lascio…-
Sentirlo, ascoltarlo,
sapere che non parlava tanto per fare, farsi stringere, rassicurare,
curare da lui, averlo finalmente lì, riempirsi di quel
contatto, cedere, crollare, farsi accogliere, sentirsi deboli, fragili
e pieni di bisogni, avere qualcuno che riempie quei vuoti e quel caos,
sentirsi finalmente a casa, sé stesso, poterlo essere fino
in fondo, sfogarsi anche lui, farsi consolare.
- Grazie…-
Solo sentendo quelle
braccia intorno a lui con fare protettivo, riuscì a liberare
i sentimenti che aveva trattenuto violentemente, insieme ad essi le sue
lacrime. Lacrime per il fato che aveva travolto il suo migliore amico
Tsubasa, per la disperazione che aveva colto tutti, il cambiamento in
cui ora avrebbero dovuto andare avanti lo stesso, i sogni infranti, i
sogni mai realizzati, i sogni che sarebbero dovuti
cambiare…lacrime di cui si vergognava, lacrime prive di
senso, forse, o magari terribilmente sensate, lacrime per una forza
esaurita ed un sostegno dato a quanti ne avevano avuto bisogno.
Solo semplicemente
lacrime.
Le sue.
E nessuno
all’infuori di Karl avrebbe potuto vederle, scatenarle,
riceverle ed asciugarle.
- Ti amo, voglio che
tu lo sappia perché non voglio andarmene senza avertelo mai
detto…solo perché ho un ruolo da ricoprire!-
- Ti amo e te lo dico
perché lo sento.-
Sentimentali? Cose
non da loro?
Certi momenti possono
cambiare radicalmente le persone e i reciproci rapporti.
Se ne era andato
senza rilasciare interviste di alcun genere, ne aveva parlato solo coi
genitori e le persone a lui strette, poi semplicemente aveva fatto le
valigie e accompagnato dal compagno aveva preso l’aereo che
l’avrebbe portato lontano, verso la riscoperta di
sé stesso.
- E’ buffo,
sai? Il calcio quando ero piccolo mi salvò la
vita…ed ora me l’ha quasi tolta…come se
volesse riprendersi ciò che mi aveva dato…sembra
una storia comica…-
Tsubasa aveva detto
così mentre l’aereo entrava in territorio
francese, con aria malinconica e pensierosa, come se le nuvole che
aveva ammirato fino a quel momento, gli avessero suggerito
quell’idea. Taro accanto a lo guardò non molto
sorpreso, a pensarci poteva essere come diceva lui…oppure
no. Oppure con un po’ più d’ottimismo
poteva essere anche diversa:
- Oppure come se
volesse farti tornare alla realtà…in un certo
senso noi vivevamo in un mondo tutto nostro dove chiamavamo
‘migliore amico’ il pallone…ma una cosa
inanimata non può tentare di toglierti la
vita…come non può nemmeno
salvarti…forse c’è stato
‘qualcuno’ che ha voluto farci rivalutare le nostre
vite, le priorità ed i valori. Assegnare tanta importanza ad
un oggetto, a qualcosa di inanimato come è il calcio,
è qualcosa di irreale. Non avevamo i piedi per terra e
questo va bene ma solo fino ad un certo punto. Questa esperienza mi sta
insegnando questo…ed anche che il tempo corre e noi
aspettando il momento giusto, a volte, perdiamo qualche
treno…-
La visione completa e
matura delle cose avrebbe potuto dargliela solo lui, Tsubasa
ricambiò così lo sguardo mutandolo in uno di
gratitudine…gli sarebbe dispiaciuto riporre nello sport
tanto amato, tutto il suo risentimento e le colpe di quanto gli era
accaduto…la realtà era che pur sforzandosi non ci
sarebbe riuscito, non avrebbe mai potuto dare la colpa a qualcuno o
qualcosa se non a sé stesso…perché era
stato lui a correre per le strade col pallone ed anche se
l’aveva fatto milioni di volte, avrebbe dovuto saperlo che in
mezzo a tutta quella gente una percentuale di pericolosità
c’era sempre; perché era stato sempre lui a
perdere il controllo di quella palla e ad andare a prenderla con la
testa rivolta all’allenamento che avrebbe fatto di
lì a poco, senza controllare le auto, con una leggerezza
tale da identificarsi in stupidità; perché era
stato lui che si era fatto prendere sotto da quella macchina e dare la
colpa al calcio o a qualcun altro, al fato addirittura, era
infantilismo bello e buono.
Taro aveva ragione,
fino a quel momento aveva vissuto con la testa fra le nuvole, senza
considerare la vita come realtà da affrontare, pensando solo
ed unicamente allo sport, a dedicarvi tutta la sua vita senza
esclusioni di forze. Perché era stato lui
l’avventato che aveva dato così tanta importanza a
qualcosa di immateriale ed insicuro.
Che riuscisse
già a dirselo nonostante fosse passato così poco
dalla tragedia, era un buon passo in avanti, un buon segno. Anche se
aveva vissuto con la testa altrove, avvolto nella bambagia, le
capacità per mostrarsi veramente maturo e non solo per
quanto riguardava il calcio e gli amici, le aveva e toccava a quel
momento tirarle fuori. Diventare adulto e forte, crescere dove non era
mai riuscito fino ad ora.
Da solo forse non ci
sarebbe riuscito, l’ammise. Ma con lui, con Taro, si.
Fu una lunga e
faticosa trafila per arrivare nell’appartamento di Taro, ma
ci riuscirono, una volta entrati la prima cosa che notarono fu il
pallone abbandonato insieme al borsone di calcio, si fermarono
guardandolo, poi l’amico guardò Tsubasa
chiedendosi se non fosse stato indelicato portarlo proprio a casa sua,
chiedendosi di nuovo se non fosse il caso di abbandonare il calcio
anche lui, se…e i dubbi aumentarono di secondo in secondo.
Poi proprio l’ex numero 10 disse improvviso e serio:
- Scusa…mi
puoi dare quello?-
Indicando con gli
occhi proprio il pallone. Ci fu un attimo di stasi generica in cui il
ragazzo si chiese se avesse capito bene, poi semplicemente si mosse e
decise di fare come diceva. Una volta avuto fra le mani, Tsubasa,
trattenne il respiro. Era da quel giorno che non ne vedeva uno e non ne
toccava nemmanco. Aveva uno sguardo molto concentrato, come se cercasse
di leggervi qualcosa in quell’oggetto sferico, per un attimo
Taro credette che sarebbe scoppiato di nuovo, che sarebbe caduto in una
seconda crisi, che…ma poi lo vide alzarlo e portarlo alla
fronte, appoggiarlo proprio in mezzo agli occhi, chiuderli a loro volta
ed espirare per poi inspirare nuovamente. Capì che stava
solo ricordando tutti i momenti passati in sua compagnia, tutte le
partite giocate, dalla prima all’ultima, le evoluzioni e le
persone incontrate grazie ad esso, capì che in
quell’istante stava rivivendo la sua vita, sempre in perenne
contatto col calcio…e che gli stava dando il suo addio, il
suo saluto. Chiedendosi se ci sarebbe riuscito a starci lontano
veramente. Chiedendosi se anche per lui ci fosse
qualcos’altro. Ci fosse qualcos’altro oltre quello
sport.
Dopo interminabili
attimi in silenzio dove a Taro vennero le lacrime agli occhi ma non si
mosse, Tsubasa mormorò staccando la testa dalla palla:
- Per me qualcosa
ancora…ci sarà…ne sono
sicuro…-
Si poteva
però catturare tutta l’immensa tristezza,
smarrimento e pesantezza con cui diceva quelle cose. Una parte della
sua vita era andata, l’aveva salutata, ora doveva chiudere
quel capitolo definitivamente ed aprirne un altro. Doveva. Si chiese se
ce l’avrebbe effettivamente fatta, poi sentì la
mano tiepida del compagno accanto a sé e il respiro, un
po’, tornò.
- Penso
anch’io. La troveremo…-
Fu così
che posò una mano sopra la sua facendosela stringere a sua
volta, mentre l’altra che ancora teneva la palla di calcio,
lentamente l’alzò fino a farlo cadere a terra, lo
vide scivolare e rotolare nel pavimento di quell’accogliente
appartamento, poi quando si fermò in un angolo si dissero
entrambi che il sipario sul calcio era calato.
Ora avrebbero cercato
e trovato quel qualcos’altro che aspettava Tsubasa.
FINE