AMBIENTAZIONE: puntata 14 della quinta serie, chiamata Internal Affairs. In questa puntata succede che l'FBI indaga sulla squadra di Gibbs poiché è stato trovato morto la Rana. Inizialmente sembra che sospettino di Jenny ma poi durante l'interrogatorio che viene fatto a Tony, si capisce che sospettano di lui, tanto per cambiare. Ovviamente Gibbs si sbatte non poco per scagionarlo. Anche se un grande contributo lo da Jenny quando parla con Jeanne. Ebbene si, viene fuori che era lei che aveva accusato Tony di omicidio dicendo che era stata testimone. Ma Jenny le fa dire che non è così e quindi scagionano Tony. Poi arriva Gibbs con KORT e lui spiega che ad uccidere la Rana era stato un collega dello stesso, ovviamente tutti capiscono che è stato Kort ma non hanno prove per accusarlo ufficialmente. Poi quando Kort se ne sta per andare, becca Tony che lo colpisce con un pugno, parecchio incazzato. Stanno per prendersi a botte ma alla fine non lo fanno. Tony è arrabbiato perché la Rana era il padre di Jeanne e Kort non nega che sia stato lui ad ucciderlo. Dopo di che se ne va e Tony incrocia Jeanne. Inizialmente non vuole dirgli nulla ma poi cambia idea e le dice che gli dispiace per tutto, lei gli chiede cosa era vero di tutto quello che li ha legati e lui dice 'niente'. Quindi lei se ne va dicendo che avrebbe voluto non incontrarlo mai. La cosa finisce così, dunque. Da qui parte la mia fanfic.
FINE ED INIZIO

/Dice – Finley Quaye/
Ora che questa storia è veramente finita, mi rendo conto del nodo che avevo dentro, mi rendo conto che è davvero grande.
È veramente finito tutto, ora.
Kort ha praticamente ammesso ufficiosamente di aver ucciso la Granuille, io e Jeanne abbiamo parlato un ultima volta e le ho mentito molto bene convincendola che quello che era successo fra noi era tutto menzogna, lei si è convinta che deve dimenticarmi. È andato tutto bene, in fondo. Anche se non posso dire di essere contento per la morte del padre di Jeanne, in fondo, appunto, era suo padre.
Sono proprio stanco, sfinito mentalmente.
Volevano accusarmi, dannazione.
Volevano incastrare me per l'omicidio di quel dannatissimo uomo la cui missione principale era mentire a tutti in continuazione, persino alla figlia. È stato lui a metterla in pericolo. Lei lo era in continuazione e nemmeno se ne rendeva conto. E solo perché era la figlia di un criminale. Per arrivare a lui passavano da lei.
Non credo che l'abbia mai capito davvero ma come giustamente ha detto Fornel, è quello che ho fatto io. Ordini o no. Potevo rifiutarmi, Gibbs l'avrebbe fatto, non si sarebbe spinto così oltre. E non c'entra che era la missione, per quanto fossi legato a Jenny non mi sarei spinto così in là se non ci avessi davvero preso la mano. Anche se mi sono sentito una schifezza volta dopo volta, se ho pianto quando abbiamo fatto l'amore e quando le ho detto che l'amavo. Ogni volta che è successo qualcosa che ci ha avvicinato, io stavo male e non sapevo cosa fare. Non riuscivo a chiudere la storia in quel momento e sono arrivato a ferirla. Ho fatto solo ora quello che avrei dovuto fare da tempo. Le avrei evitato molte sofferenze.
Ed ora l'ho pugnalata definitivamente.
Ora potrà ricominciare, dimenticare e ricominciare.
Glielo auguro.
Quanto a me... io sono stanco.
Veramente.
Non so cosa voglio davvero. Ho bisogno di qualcuno che mi riporti bruscamente sulla retta via.
Sono troppo perso in questi rimorsi, ricordi, passato... mi stanno divorando.
Avrei potuto evitare un sacco di sofferenza a tutti, mi sento così in colpa che questo senso di oppressione mi sta schiacciando davvero. Il nodo mi impedisce di respirare regolarmente e lo stomaco mi si è attanagliato dall'inizio di questa faccenda.
Ora è tutto davvero finito.
E quindi?
Esco dall'edificio dell'NCIS dopo la fine del mio turno, se ne sono già andati tutti da un pezzo ma sono rimasto qua a pensare senza rendermi conto del tempo che passava. Forse avevo paura di rivedere Jeanne andando via subito, o magari di incontrare di nuovo Kort e avere la tentazione di ucciderlo davvero. L'ho colpito con un pugno pieno di rabbia ma non è forse vero che avrei dovuto colpire me?
Giro in macchina per le vie di Washington con la testa completamente da un altra parte e l'espressione contratta per il fastidio e il dolore che sento dentro. Non sono contento di me stesso, non sono contento di nulla di ciò che è successo oggi ed in passato, in questa dannatissima storia.
Forse dovrei andare a casa, ma allora perché sono arrivato a casa di Gibbs?
Sospiro spegnendo il motore, mi passo le mani in viso strofinandolo per cercare di mandare via quest'espressione contrita, non ho certo diritto di sentirmi così, sono solo un bastardo, in fondo. È questo che sono. Ho sbagliato completamente in questa storia.
Finisco per spettinarmi i capelli che poi così corti non si spettinano più di quanto non lo siano già, infine con un imprecazione fra i denti esco dall'auto dirigendomi verso la sua porta d'ingresso. Vedo che è a casa, sarà sicuramente in cantina a lavorare alla sua barca. Anche lui ha il suo hobby per non pensare troppo, per non farsi divorare dai rimorsi. Io avrei il cinema, non mi fa pensare, mi permette di rinchiudermi in sogni fasulli e credere in ciò che non è realtà. Però quando il film finisce io sono di nuovo io e non è cambiato nulla.
Suono il campanello ma noto con piacere che è ancora rotto, quindi busso e, sempre con piacere, noto che non viene ad aprire. È di sotto, è ovvio che non senta.
C'ho questo nodo e non posso fare a meno di cercare di scioglierlo. Penso irrazionalmente che forse solo lui può aiutarmi, perché ne ha passate tante ed è ancora qua, nonostante tutto.
Ha tentato di mollare ma è tornato. Si, so che lui è l'unico che può aiutarmi.
Ma non è solo per questo che varco questa soglia, no? Ho mentito abbastanza fino ad ora ed oggi l'ho fatto per tutta la mia vita. Specie nei momenti in cui ho mentito a me stesso.
Entro in casa sua perché lui è l'unico che non mi dà fastidio vedere in questo istante. Anzi, diciamola bene. È l'unico che VOGLIO vedere ora.
Mi guardo intorno e vedo che non c'è mentre la luce della cantina è accesa e sento dei rumori, sta trafficando con la barca.
Non so, è come se ora che mi sto avvicinando a lui questo nodo mi si stesse ingrandendo.
Mi sento come se... come se la colpa maggiore che provo è proprio nei suoi confronti. Forse è per questo che sono qua, stasera.
Mi fermo sulla porta che dà di sotto e mi fermo a guardarlo da qua. È piegato che lavora, sembra sereno anche se in fondo ha quell'espressione vita natural durante. Potrebbe essere che pensa anche lui a quello che è successo oggi.
Non mi sbagliavo, mentre lo fisso questo peso comincia a salire, mi ostruisce la gola, non credo riuscirei a parlare. Cos'è, questa?
Voglia di cosa?
Bisogno di cosa?
- Pensi di scendere o rimarrai lì sopra per tutta la notte? - La sua voce proviene dall'interno della barca, mi ha sentito allora. Bè, del resto lui è Gibbs, sente e sa tutto!
Sospiro e cerco di rispondere allegramente scendendo le scale. Non ce la faccio, così non emetto alcun suono nonostante la mia bocca sia aperta e cerchi di comunicare. È meglio di no, sento che sarebbe peggio. Non riuscirei a tenere sotto controllo questo... dannato qualcosa che mi opprime. Vorrei comprendere a fondo perchè sto così. Per Jeanne? Perchè questa storia è finalmente definitivamente chiusa? Perchè?
Mi siedo alla fine degli scalini e non vado oltre, lui si raddrizza e mi guarda diretto come suo solito, mi penetra come fa di solito ed io so che con questo unico sguardo ha già capito tutto di me. Ecco perché sono qua, perché veramente solo lui può comprendere quello che succede in me. Sa quando mento, quando dico la verità, quando faccio solo l'idiota o quando le mie idiozie sono rivolte ad ottenere qualcosa di specifico. Sa quando sto male e quando sto bene e se sto male perché.
Voglio che mi aiuti.
Voglio stare bene.
Dopo avermi osservato occhi negli occhi per un istante torna alla sua attività, forse aspetta che dica qualcosa, del resto sono io che sono venuto da lui.
Prendo un profondo respiro e mi faccio forza, devo parlare anche se mi costa e non so come potrebbe finire. È giusto che parli, mi farà bene. E con lui posso parlare sinceramente, essere me stesso. Lui è uno dei pochi, se non l'unico, ad avermi visto davvero in me.
- Cosa pensi di quello che è successo oggi? - No, così non va bene, devo essere io a sfogarmi, non è lui che deve parlare!
Non smette di trafficare, risponde con una certa calma ed incisività nella voce, quella che usa normalmente quando non è eccessivamente seccato ma che è sulla buona strada.
- Che come al solito cercavano di metterti fuori gioco, tanto per cambiare. - Alzo un sopracciglio. Vista sotto questo punto di vista effettivamente risulta addirittura comica, in effetti. Non avevo ancora considerato questo particolare. Di solito sono io quello che lo fa notare per primo, mi piace essere al centro dell'attenzione ed ogni cosa che mi succede faccio in modo che venga sottolineata. Normalmente la sottolineo da solo.
Mi stupisce un po' questa sua osservazione, vorrei dire una battuta e sfoderare un espressione ed un tono degni di DiNozzo, ma non mi esce nulla del genere e mantengo quest'espressione seria.
- Ci sono così abituato che non ci ho fatto nemmeno caso. - Bè, non è male dopo tutto. Lui mi accarezza di nuovo con lo sguardo e i brividi mi colpiscono in un lampo. Mi è sempre piaciuto questo suo modo di guardarmi, sembra che mi spogli, dentro e fuori. Certo, mi innervosisce e mi mette soggezione, però mi piace lo stesso.
- E tu? - Ecco, aggiungi al suo sguardo penetrante ed intimo questo tono, altrettanto penetrante e intimo. Una vampata mi sale, quel nodo è troppo in alto, ora, per essere controllato.
- Tutta questa storia mi ha inspiegabilmente lasciato un nodo dentro. Non so... - Ecco, questa volta la mia voce ha tremato leggermente, non gli sfugge infatti mi si avvicina senza distogliere un attimo gli occhi azzurri dai miei altrettanto chiari. Mi sento smarrito. Ora che ce l'ho davanti lo capisco chiaramente. E penso che si noti.
Fermo innanzi a me, finalmente mi parla di nuovo e questo suo tono mi muove ancora qualcosa dentro:
- E' voglia di piangere. Dovresti farlo, ogni tanto serve. Dicono così. - Non credo che l'abbia sperimentato su di sé, questa teoria, ma se me lo dice lui posso anche crederci che sia vero. Trattengo il fiato e mi sembra quasi che cominci a girarmi la testa, tanto è potente e confuso ciò che provo.
Dopo che l'ha detto sento che è vero. Si tratta di questo. Voglia di piangere.
Inghiotto a vuoto ma non serve, quindi apro la bocca e mentre emetto il primo impercettibile suono, sento che gli occhi mi vanno a fuoco così come ogni altra particella di me. E le guance si rigano di gocce bagnate e salate.
Lacrime.
- Sai... la cosa più buffa è che non capisco se mi sento sollevato dal fatto che per chiudere del tutto con Jeanne l'ho ferita di nuovo, oppure se mi sento peggio. Non capisco... non capisco quale sarebbe stata la cosa giusta da fare. Mi aveva accusato di omicidio solo per vendicarsi ma nonostante tutto, quando le sono andato davanti per dirle qualcosa, mi sono sentito un verme e per contro mi sono proprio comportato come tale, pensando che dovevo fare ciò che andava fatto. Ma cos'era ciò che andava fatto? - Lo sfogo arriva in mezzo al mio pianto silenzioso, non grido, non alzo la voce, sussurro e basta mentre lascio finalmente scendere le mie lacrime che da troppo tempo penso di aver tenute chiuse. Abbasso la testa appoggiandola fra le mani ed i gomiti sulle ginocchia. Sono confuso, non capisco più nulla. Lui rimane lì a guardarmi con attenzione, non si perde un mio battito di ciglia. Vorrei però che facesse qualcosa, che mi parlasse. È solo dopo che lui ha parlato che mi è uscito il peso. - Ma sai qual è la cosa davvero comica? Che mentre mi sento così per averla ferita ed essermi comportato da bastardo, mentre mi chiedo se quello che ci ha uniti fosse stato davvero amore o fosse menzogna, visto come è poi finito tutto, io ora mi sento libero. Ora, qui, mentre piango come un idiota davanti a te. Mi sento libero da quello che mi opprimeva prima. È finita e mi sento libero. Cosa significa? -
- Che non sei diverso dagli altri. - Lo dice piano e quasi non lo sento. Sembra... dolce... ha un inclinazione che normalmente con me non usa. Continuo a non guardarlo, fissando un punto basso davanti a me, con i palmi delle mie mani che premono sul viso, sugli occhi e sulla fronte. Non so, questo non mi consola molto.
- Vorrei aver agito diversamente, non aver mai accettato questa missione. Mai. -
- Così rinneghi i tuoi sentimenti. - Parla ancora allo stesso modo, non muta e non si allontana.
- Si. Perché hanno ferito tutti. Jeanne, me... -
- Mettici pure anche me. - Afferma quindi con una decisione maggiore nella voce. Io mi fermo dal piangere e dal respirare, mi sento pietoso eppure mi sospendo. Ho capito bene? Separo leggermente il viso dalle mie mani ma non lo alzo verso di lui. Dovrei guardarlo per sapere se era serio, ma non credo di riuscirci.
Però è esattamente a questo punto che lo sento muoversi impercettibilmente, muove un altro passo portando i piedi vicino ai miei, appoggia una mano alla ringhiera delle scale e con un dito dell'altra che posa sul mio mento, me lo alza spingendomi a guardarlo in viso. Sposto quindi lo sguardo sul suo e vedo chiaramente che rimane colpito dai miei occhi pieni di lacrime che si sono sospese per la sua frase. Sono stupito e confuso insieme, però non riesco più a distogliere gli occhi dai suoi, sono così profondi e penetranti, non gli sfugge nulla, continua a spogliarmi ed io mi sento più nudo che mai, ora davanti a lui. Si china fino ad avvicinare il volto al mio, mi sfiora, sento il suo respiro sulle mie labbra. Manca un soffio per toccarci davvero e... baciarci...
Improvvisamente l'idea che possa davvero succedere non mi manda sotto shock e non mi fa schifo.
Lui è Gibbs, accetterei qualunque cosa venisse da lui.
Dimentico la bocca aperta ed ogni mia altra funzione per concentrarmi totalmente su di lui, sui suoi particolari affascinanti ed intensi.
Vorrei che non si fermasse.
- Non si rinnegano i sentimenti se quando li hai provati erano sinceri. - Mormora. Il suo fiato sulla mia pelle mi provoca dei brividi. Caos. È piacevole, dopo tutto. Viene per causa sua. Cosa sono questi modi?
Il punto in cui mi tocca va addirittura a fuoco.
- Io non so quanto fossero sinceri. Ora mi sembra di non sapere più nulla. Mi ha ferito sapere che voleva accusarmi di omicidio solo per vendicarsi. Non mi amava davvero se mi ha fatto questo, però io non ho diritto di criticarla così visto che io stesso ho fatto ben peggio. Quindi se penso che lei, per quello che mi ha fatto, non mi amava davvero, allora forse non l'amavo nemmeno io. - Questa riflessione accelerata dipende dai battiti del mio cuore che vanno troppo in fretta, grazie a questa sua vicinanza. Ha questo potere su di me, il capo... di spingermi a buttarmi in fretta e furia nelle cose e trovare istintivamente la soluzione senza rifletterci adeguatamente. Lui odia aspettare, quindi io cerco sempre di non seccarlo.
- Non conta più cosa è stato. Conta cosa sarà ora. Conta cosa vuoi ora. Cosa sai ora. - E' una cosa tipica sua, dopo tutto. Ed ha ragione. Rimuginare così sul passato non ha senso, qualunque cosa era, ora è finita. Bene. E se sto male non fa nulla, starò presto bene poiché non c'è altra scelta. È tutto veramente chiuso. Non ci sono possibilità di rimedi vari. Ammesso che debba rimediare qualcosa. Ma forse ad una cosa si... ho ferito Gibbs mettendolo da parte.
Da parte.
In quanti modi l'ho messo da parte, realmente?
Non solo professionalmente in quanto capo.
Lui cosa pensa in tutto questo?
- Perché ti ho ferito? È solo una questione professionale? - Penso di avergli fatto la domanda giusta visto che mi pare che i suoi occhi si illuminino impercettibilmente. È un guizzo che non so decifrare. Un guizzo così veloce che mi lascia spiazzato quando invece di rispondere mi dimostra a fatti cosa intende.
Semplicemente fluido come solo lui sa essere in certi momenti, con un che di suadente e seducente, annulla la distanza fra i nostri visi e appoggia le labbra sulle mie. Saranno sicuramente salate, sento di rimando il mio stesso sapore mentre lui lo prende assaggiandolo, riportandomelo quindi indietro. Rimango con le labbra schiuse ad accogliere le sue e a cercare anche il suo sapore che mi arriva quando mi cerca con la lingua. Si intrufola sicuro e languido nella mia bocca e quando mi trova ecco che apro meglio le labbra per permettergli un accesso migliore. Non ci penso davvero, lo faccio, lo lascio fare e lo assecondo perché non trovo proprio perché rifiutarlo.
Gibbs non si rifiuta visto che sono così rari i momenti in cui si avvicina intimamente da solo a qualcuno, tutti aspettano frementi che lo faccia e quando finalmente accade non si può non esserne contenti e non andargli incontro.
Ma non è solo per questo. Dietro a questo bacio inaspettato c'è molto di più.
Davvero molto.
E mentre allacciamo pienamente le nostre lingue premendo le bocche per non lasciar entrare nemmeno una fessura fra noi, sento la sua mano spostarsi dal mento al lato del mio viso, come una specie di carezza calda e decisa. Mi sento al sicuro fra le sue mani, mi sento bene.
Da quanto non ero così?
No, non lo sono mai stato.
Era questo il punto, allora.
Il nodo.
Per Jeanne ho messo da parte tutta la mia vita, cercando di provare a me stesso che ero normale e che avevo delle speranze. Ho messo da parte la mia vera natura, il mio vero io, ho sacrificato me stesso, i miei reali sentimenti e quelli di Gibbs. Ho sacrificato lui.
Quando in realtà era da molto che il mio istinto mi spingeva verso di lui. Ma io come ho già detto sono così bravo a mentire a me stesso che ormai non ero più capace di far luce. Mi ero convinto così bene, grazie a Jeanne, che non avevo nulla che non andasse poiché credevo di amarla, che non ho capito che era tutta finzione. Proprio come poi le ho detto oggi davanti all'ascensore.
Lei era la mia ultima chance prima di rischiare ad essere sincero con me stesso. Di guardarmi dentro e trovare l'ignoto. Ecco perché sono andato deliberatamente oltre a quello che avrei dovuto fare realmente.
Solo per questo.
O io oggi le avrei detto che l'ho amata davvero sapendo che lei sarebbe stata disposta a perdonarmi e ricominciare insieme. Oh, se lo sapevo... ma ho deciso così perché VOLEVO chiudere con lei. Non DOVEVO. Io VOLEVO.
Sposto le mie mani sulla sua maglia aggrappandomi ad essa e l'attiro a me con sicurezza finché non si appoggia con le ginocchia sugli scalini, uno fra le mie gambe ed uno a lato.
Lui si lascia fare mettendosi in un certo modo sopra, quindi sempre baciandoci con foga crescente ma al tempo stesso un sentimento molto forte che ci divora dall'interno, mi spinge indietro. Mi ritrovo quindi con la schiena sugli scalini, una mano dietro la mia nuca per impedirmi di staccarmi involontariamente e l'altra vicino sul gradino per appoggiarsi. Mi copre col suo corpo e sono certo che nessuno dei due pensa che siamo scomodi. In fondo stiamo facendo una cosa che di scomodo ha proprio poco.
Dopo questo lungo bacio, si separa dalla mia bocca per un istante e mantenendo il contatto, mormora a fior di labbra facendomi rabbrividire:
- Cos'era che non capivi? -
Ci fissiamo negli occhi e siamo così vicini che riusciamo a vedere ogni pagliuzza di queste nostre iridi così simili. I miei sono finalmente asciutti, solo leggermente lucidi per il pianto di prima. Liberazione. Ecco cos'era.
Ora sono libero. Libero di arrendermi ai miei sentimenti, libero perché so che anche lui li ricambia, che non sarò rifiutato e che non sono anormale. Non vado corretto. Non ho motivo di trattenermi e tentare di tutto per raddrizzarmi.
Libero di fare ciò che voglio davvero, di essere sincero con me stesso.
Davvero libero.
- Che ci siamo sacrificati troppo, in questa storia. E che finalmente che ora quella è chiusa del tutto, ora possiamo aprirne un altra. -
Sembra soddisfatto della mia risposta, lo capisco da questo secondo guizzo che i suoi occhi hanno assunto, mi piace. Mi piace ogni suo dettaglio che catturo sempre per cercare di capirlo sempre meglio. Mi piace stare con lui, ricevere LE SUE attenzioni, LA SUA approvazione, LA SUA soddisfazione per me, questo SUO sguardo pieno d'emozione e di sentimento.
Quindi aggiungo con un tono di voce che ricorda molto il suo:
- Che voglio stare con te ed avevo solo paura di ammetterlo. - In fondo Ziva ha ragione quando mi spiattella in faccia che ho paura dei legami seri. Era così. A tutto il macello che ho combinato si aggiunge anche questo tassello. Ma ora le cose stanno cambiando.
Ora non vedo l'ora di un legame serio. Ma con Gibbs!
Quindi alzo di questo piccolo millimetro la testa per tornare all'attività di poco prima. Non mi serve la sua risposta, la so già.
Finalmente adesso lo capisco a fondo.
Leggerezza, liberazione, benessere e addirittura gioia. Mi sembra di essere un altro mentre riprendo a baciarlo in questa posizione. Riposo le labbra sulle sue e senza nessun assaggio di mezzo le apro spingendolo a fare altrettanto con le sue, ci separiamo di un soffio piegando le teste e ottenendo un accesso migliore le riuniamo cercandoci con le lingue che, trovate a mezza strada, iniziano una piccola lotta sensuale a cui per molto non faranno a meno.
Intrufolo le mani sotto la sua felpa da casa e gli tocco la pelle della schiena, è calda e morbida.
Sento che con il ginocchio che tiene in mezzo alle mie gambe, spostandolo, comincia a strofinarlo sul mio inguine e attraverso i pantaloni che mi stringono sempre più sento queste sue carezze che mi spiazzano e mi eccitano. Il desiderio lentamente aumenta anche se è tutto dannatamente nuovo ed inatteso. Andare oltre sembra diventata la mia specialità, ma in fondo questo sono io.
Finisco sempre nei guai per questo motivo ma è anche vero che grazie a questi miei comportamenti, alla fin fine, si risolvono sempre molte situazioni complicate.
Mi sta bene.
In reazione al piacere che mi fa provare incurvo la schiena ed il bacino per spingerlo ulteriormente contro di lui e credo che sia un invito troppo esplicito per essere ignorato.
Specie quando scollegando il cervello seguo i miei ormoni e infilo la mano sotto l'elastico dei suoi pantaloni e della sua biancheria, giungo alla sua parte intima e appena lo tocco sempre più esplicitamente lui smette di muovere la lingua contro la mia per emettere un gemito con la gola. Gli piace. Questo incentivo a continuare si trasforma ben presto in un avvinghiarci maggiormente sentendo i nostri corpi completamente a contatto, sentendo anche il suo ginocchio sostituito con la sua mano che mi ha slacciato veloce i miei pantaloni. Entrambi stiamo provocando un piacere al compagno di una certa portata e con la mente sgombra da qualsiasi questione o riflessione, facciamo semplicemente quel che desideriamo davvero.
Scende sul mio collo e succhia la parte in cui la giugulare batte eccitata e so che mentre mi esplora vado a fuoco.
I gemiti escono più chiari dalla mia bocca mentre le nostre mani vanno a ritmo insieme sui nostri membri che non ce la fanno più. Smette quindi e con un certo fastidio si libera dei miei vestiti, così io febbrile mi tiro su togliendo i suoi, ci sfiliamo la maglia e la camicia che vanno a fare compagnia al resto dei vestiti sul pavimento, poi torniamo in quella strana posizione scomoda per chiunque, comodissima per noi, mi copre col suo corpo accaldato quanto il mio e senza esitazione mi divarica ulteriormente le gambe alzandomi una che spinge contro il mio petto, fra di noi, per facilitargli la via d'accesso a me. Una via che non avrei mai pensato di cedere a nessuno.
Sto facendo l'amore con lui e mentre per farlo con Jeanne mi sono fatto mille paranoie, per lui non c'è nemmeno mezzo problema. Non credo sia solo perché lo voglio come non ho mai voluto nessuno. Credo che sia anche perché con la persona giusta accade esattamente così. Se è lei la vuoi con tutto te stesso e subito, non senti di dover aspettare non si sa bene cosa. Non hai dubbi o incertezze. Sai esattamente che andrà bene e che sarà fantastico, che nulla finirà subito.
Infila un dito in me per prepararmi e invece di irrigidirmi mi piace ancora di più. È una sensazione nuova che grazie alla consapevolezza che è lui, mi fa stare bene.
Comincia a diventare più doloroso mentre aggiunge altre dita lubrificando, mi aggrappo a lui premendomelo addosso, cerco le sue labbra che succhio e mordicchio per trattenermi, credo che gli piaccia questa mia reazione e quando mi sente abbastanza pronto sostituisce le dita con il suo membro già eccitato da me in precedenza. Entra lentamente e non mi fa fretta, osserva il mio viso dove gli occhi sono chiusi e l'espressione contratta, spingo la testa all'indietro sullo scalino, lui rimane appoggiato allo stesso con una sola mano mentre con l'altra si accompagna dentro di me. Quando è del tutto dentro aspetta che mi sciolga e che i miei muscoli si allentino o non riuscirà a muoversi e mentre lui attende, apro mezzo occhio. Osservo come mi guarda intensamente, vedo chiaramente il suo dolore nel sentire il suo sesso stretto dal mio corpo che fatica ad accettarlo, so che fa male visto com'era eccitato e duro quando è entrato, conosco bene la sensazione ed anzi dev'essere ancora più insopportabile. Ma questo cambierà presto, lo farò diventare piacevole e con un espressione diversa da quella che ho avuto fin ora, prendo la sua mano e la metto sul mio membro ancora non del tutto soddisfatto. Mentre lui prende a muovere le sue dita capendo cosa voglio, mi aggrappo alle sue spalle e mi appoggio sui gradini inarcando la schiena, spingo il bacino contro il suo invitandolo a muoversi e mentre il dolore della sua penetrazione viene contrastato dal piacere sulla mia parte intima, i gemiti rochi escono da me.
Così lentamente si muove e lentamente il mio piacere cresce. Lentamente il piacere si trasmette anche a lui e sentendolo ansimare capisco quanto stia bene qui dentro. Capisco che il posto in cui stiamo salendo insieme è migliore di tutti quelli in cui eravamo stati fin'ora. E col ritmo dei nostri corpi e dei nostri piaceri che cresce sempre più, ci muoviamo insieme. Non pensavo che sarebbe potuto essere così, davvero... ma è meglio di quel che mi sarei mai immaginato.
È avendolo dentro, sentendolo muoversi, vedendo quanto gli piace che capisco che era ora, che ci eravamo davvero messi da parte entrambi per troppo tempo. Lui ad aspettare che io fossi pronto, io a cercare di capirmi davvero ed essere sincero con me stesso.
Ma ora è arrivato il momento, il nodo si è sciolto e non c'è più motivo di metterci da parte.
È finita. Qualunque cosa fosse successo, ora è passato.
Ora voglio stare con lui, prendermelo con tutto me stesso senza farlo più andare via.
Perché quando ti capita la cosa più giusta e preziosa della tua vita, lo capisci solo quando ce l'hai fra le mani. Non prima.
È raggiungendo insieme quel posto e aggrappandoci l'uno all'altro, abbracciandoci, che veniamo insieme.
Ci tendiamo fino allo spasmo perdendo per un istante consistenza di noi stessi, non sentiamo assolutamente nulla se non mille brividi di piacere che ci attraversano completamente lasciandoci scossi nell'intimo.
Non era mai stato così un orgasmo, per me.
Dopo un istante interminabile esce appoggiandosi su di me, completamente sfinito. Io lo circondo con le mie braccia sentendo ancora il calore che emanano i nostri corpi, abbiamo il respiro irregolare che lentamente rallenta.
Ora so come si è sentito Dio quando ha creato il mondo!
Sento impercettibilmente i nostri cuori andare insieme ancora emozionati e quando ci siamo ripresi un minimo, spostiamo i nostri visi ed aprendo appena gli occhi ci guardiamo, ci scambiamo un breve ma intenso sguardo in questa posizione, i suoi occhi trasmettono qualcosa di così bello che non sono in grado di nominare. Non l'avevo mai visto con questa espressione. Mi apre dentro.
Quindi insieme cerchiamo le nostre labbra e trovatele le uniamo in un altro bacio lento, calmo e delicato.
Non smetterà mai di stupirmi.
Chissà da quanto tempo maturava questi sentimenti, questa consapevolezza.
Non lo facevo tanto paziente e ragguardevole nei miei confronti.
Eh, è proprio vero... le persone cambiano... del resto sono cambiato io!
Certo, sono più responsabile, più maturo, più sincero con me stesso... anche se certe cose rimarranno tali e quali...
- Ce ne hai messo di tempo, però... - Sbotta poi impaziente Gibbs staccandosi dalle mie labbra. Ecco appunto.
Io sorrido malizioso accarezzandogli la schiena:
- Non posso renderti la vita troppo facile, o ti viene un colpo, no? -
Già... certe cose non DEVONO cambiare!