Follia Omicida A New York
CAPITOLO I:
SANGUE E LACRIME
/
Lux Aeterna – Kronos Quartet /
Le prime gocce cominciarono a scendere dalle nuvole
mentre anche qualche lampo cominciava a farsi vedere rischiarando a
tratti l’ambiente. I tuoni erano lontani e nessun fragore
irrompeva ancora scuotendo gli animi di coloro che ancora viaggiavano
fuori casa senza riparo.
Non furono calcolate molto, quelle gocce, da Danny
che stringendo il giornale del giorno fra le mani era ormai giunto
davanti casa di Mac. Come al solito aveva fatto un bel po' tardi ma
tanto Mac era abituato.
Non si soffermò a guardare la facciata
della casa che ormai era diventata praticamente anche sua visto tutte
le volte in cui ci andava e che aveva anche le chiavi, era troppo
intento a leggere l’articolo in prima pagina dove una bella
foto del viso poco felice del tenente Taylor faceva sfoggio per un
altro caso risolto. L’avrebbe preso in giro di
nuovo… Mac odiava finire sul giornale od in televisione
eppure ultimamente sembrava diventata una moda!
Arrotolando il giornale e mettendolo sotto il
braccio, si fermò davanti alla porta d’ingresso
cercando nelle tasche le chiavi per aprire. Sicuramente era in casa, la
sua macchina era parcheggiata fuori, ma gli avrebbe risparmiato il
viaggio alla porta. L’aveva fornito del mazzo di scorta
appunto per non dover sempre fargli da portinaio.
Una volta trovate diede un occhiata al cielo ed
alla pioggia che ormai cominciava a cadere regolarmente e con un
sorrisino si immaginò all’asciutto ad osservare il
temporale con il suo uomo che gli preparava qualcosa di buono da
mangiare. Mac era un ottimo cuoco e non solo… sapeva fare un
sacco di cose, tutte che andavano a suo favore. Specie la
più importante di tutte!
“Ormai farei prima a trasferirmi qua ma che
vuoi, il mio appartamento mi piace… non penso che mi farebbe
tenere una moto da collezione in casa ed un biliardo… lui
è così rigoroso riguardo casa sua. Guai se la
personalizzo! Però è anche
vero che ormai la uso poco la mia…”
Con quest’ultimo pensiero nella testa
infilò la chiave nella toppa realizzando con stranezza che
non aveva fatto nemmeno mezzo giro.
- Strano… era solo accostata…
- Disse con sorpresa cercando di immaginare quale evento unico e raro
avesse potuto impedire a Mac di chiudere per bene casa sua.
Con entrambi i sopraccigli alzati si decise ad
entrare e messo appena un piede dentro, la voce gli morì in
gola riuscendo a dire solo il suo nome:
- Ehi Mac… - Solo questo.
Poi il rumore che fece il giornale cadendo a terra
non fu nemmeno udito.
Impietrirsi.
Fermarsi.
Fermarsi è solo un utopia, una
presunzione.
Pensare di riuscire a fermarsi istantaneamente
sospendendo ogni funzione vitale, non muovendo nemmeno il minimo
muscolo, in realtà è impossibile.
Dire ‘sono rimasto impietrito’,
in realtà è mentire poiché
l’unica eccezione per cui effettivamente ci si blocca
completamente e veramente è quando si muore.
Lì, di morto, non era certamente Danny.
Anche se avrebbe voluto tanto.
Oh, se avrebbe voluto...
Quel che fece guardando l’interno
dell’abitazione, fu solo fermare i suoi passi
sull’ingresso e puntare i suoi occhi azzurri sgranati sulla
scena raccapricciante che stava proprio al centro del salotto davanti a
sé.
Quel che fece fu trattenere il fiato e dimenticarsi
la bocca aperta mentre nemmeno mezza imprecazione usciva da essa.
Quel che fece fu ascoltare i battiti del suo cuore
impazziti mentre anche le altre percezioni cominciavano ad andare
incontrollate e confondersi bruciandogli ogni cellula corporea, ogni
funzionamento necessario per agire in qualche modo.
Dire che Danny si impietrì, in
realtà, fu una metafora poiché quel che gli
accadde veramente fu un’accelerazione totale di ogni senso ed
organo che fu soppresso da delle morse allucinanti fino a provocargli
dolore fisico che avrebbe piegato in due chiunque.
Davanti ai suoi occhi dove le pupille dilatate
mostravano lo shock e l’incredulità ma non solo,
oltre al disordine ed al sangue al centro della stanza, tanto sangue da
far venire conati di vomito, stavano anche delle immagini che si
proiettavano sul muro bianco.
Immagini da un proiettore semplicissimo che
componevano un video senza voci e suoni che si riavvolgeva
all’infinito riprendendo dall’inizio ogni volta.
Un video che mostrava il massacro di un uomo legato
che lottava per sopravvivere e poi cadeva al suolo immobile privo di
vita, colpito dal proiettile di una pistola in pieno ventre.
- Oh mio Dio. Mac. – Fu tutto quello che
disse senza nemmeno rendersene conto, lo sussurrò con un
suono di voce non suo proprio mentre capiva di cosa si trattava.
Il massacro di Mac.
E sicuramente non l’avrebbe mai detto
nemmeno per sbaglio anche se le prove sarebbero state tutte evidenti.
Non l’avrebbe mai detto perfino se tutti
l’avrebbero messo per inciso.
Quella non era la morte di Mac.
Mac non poteva essere morto
così… così… senza nemmeno
salutarlo.
Non poteva.
Lui che moriva così, aggredito da dei
delinquenti qualunque e sconosciuti… lui che finiva in
quelle condizioni… lui che non poteva più calmare
le sue sparate o precedere le sue battutacce… lui che era
tutto il suo mondo e che lentamente gli aveva dato quella luce che non
aveva mai pensato di avere.
Lui.
Mac.
Non poteva essere morto.
Quella non era la sua morte.
Non poteva.
No.
Rimase per un tempo indefinito a rivedersi il video
mentre la consapevolezza che il corpo non era lì ma che se
lo erano portato via, era ormai chiara.
Ed i piedi si mossero nuovamente febbrili, e il
fato gli gonfiò fino allo spasmo il petto, e gli occhi
presero a bruciargli insieme alla propria testa, alle proprie giunture,
alle proprie mani, al proprio cuore… alla propria
anima…
E le ginocchia fecero un rumore sordo quando si
schiantarono col pavimento perché la forza, davanti a tutto
quel sangue, il sangue di Mac, gli aveva tolto ogni forza possibile,
tutto.
E le lacrime parvero come acido corrosivo mentre
uscendo sulle guance automaticamente, non si fecero nemmeno notare dal
proprietario che vedeva e rivedeva quella scena inconcepibile e
nauseante.
Una scena dolorosa che mai, in tutta la sua vita,
avrebbe dimenticato.
Mai.
Perdendo per un lunghissimo istante tutti gli
istinti omicidi che sapeva possedere, tutto il fuoco bruciante che ogni
volta lo faceva esplodere, perdendo quella sua tipica carica
pericolosa. Sporcando le proprie ginocchia col sangue di Mac sul
pavimento, intorno a lui e a quella confusione e a
nient’altro.
Nemmeno la grazia di stringerlo, baciarlo, morire
coprendo il suo stesso corpo.
Nemmeno quella grazia.
Nulla di nulla.
Solo lui e quel dannatissimo video di morte.
“Oh Mac… che ti hanno fatto?
Non è possibile che tu vada
davvero in un posto in cui io non posso seguirti.
No, non esistono posti simili.
Ho sempre creduto che prima o poi ci
saremmo separati per la morte… ma ora che sembra sia
arrivato quel momento mi rendo conto che nemmeno quella basta a darmi
per vinto.
Se sei morto nemmeno
l’aldilà sarà in grado di allontanarmi
da te.
E sai perché?
Ora che dovrei affrontare l’idea
di vivere in un mondo in cui tu non ci sei, capisco quanto giusta sia
quella della mia, di morte.
Insieme alla tua.
Perché non potrei mai vivere
così… consapevole che se non avessi tardato
così tanto non te ne saresti andato.
Oh Mac… non ti
lascerò là in quel posto da solo… se
tu sei là, ovunque sia il là, io ti
raggiungerò.
Troverò il tuo corpo e ti
raggiungerò anche con l’anima.
Giuro.
Perché fra l’idea di
morire e quella di vivere in questo stato, preferisco morire.
Perché se prima pensavo che
qualcosa potesse separarci, ora che ci sta provando mi rendo conto di
quanto si sbagli.
La dannatissima puttana di nome morte non
ti porterà via da me.
Ti raggiungerò.
Troverò il tuo corpo, lo
curerò come merita e se è vero, se è
vero che qualcuno è riuscito a portarti via da me in modo
definitivo, se è VERAMENTE vero, solo quando avrò
messo il dito sul tuo cuore fermo e toccato la tua pelle gelida, io ti
raggiungerò all’istante.
Lo giuro, Mac.
E prima non permetterò a nessun
bastardo di sopravvivere al tuo massacro.
Nessuno.
È arrivato il tempo di morire
per molte persone.
Molte.
Ma tu non puoi essere veramente morto.
Se lo fossi lascerebbero il tuo corpo a
noi anche se avrebbero paura che così facendo riusciremmo a
trovarli, anche se… anche se il tuo corpo sarebbe una prova
troppo preziosa per essere lasciato nelle mani dei loro nemici. Se
fossi morto ti abbandonerebbero, ti butterebbero, no?
Non sei morto.
Vogliono che lo crediamo, vogliono che ti
abbandoniamo e così loro potranno fare i loro porci comodi.
Ma non succederà.
Tu sei vivo o saresti qua… o
anche se sto così male che forse sto già
assaporando la mia morte, io lo sentirei.
Lo sentirei meglio… meglio di
queste lacrime che mi escono in mezzo a tutto il tuo sangue, davanti
alle scene che ti ritraggono in quella sofferenza atroce…
Tu non sei morto, vero?
Non sono io ad essere ossessivo, testardo
e accanito come sono sempre.
È così, questa volta.
No?
Oh… che qualcuno raccolga la
mia speranza… qualcuno ci proverà a dimostrare
che è come dico io? Io ci riuscirò?
Perchè si è
spezzato, si è spezzato, qualcosa si è spezzato
ed è stato rubato.
E fa male, fa male…
Mac, penso di stare affogando,
soffocando… impazzendo…
E' solo uno scherzo… un incantesimo, una cazzata…
voglio rompere l’incantesimo, aprire gli occhi, rendermi
conto che non è così.
Tu non sei fra le braccia della mia morte.
Io non ti seppellirò perché sei vivo.
Vero?
Oh, dillo che sei vivo…
Non voglio seppellirti… non
voglio dirti addio… non voglio. Non posso porre fine a
quello che abbiamo ma sembra veramente che il nostro tempo stia per
finire.
Il nostro tempo sta per finire? O magari è già
finito?
No, non funziona così… non è una cosa
che semplicemente è in grado di finire. Quello che abbiamo
noi due non puoi ficcarlo sottoterra,non possiamo fermarlo urlando.
Ma se è vero che sei morto
– oh, io non credo… - così come
qualcuno ha spremuto via la vita da te, tu la spremerai fuori da me
prendendotela.
Perché non si sopravvive ad una
cosa simile.
Non succede.
Quando si è dentro è
diverso da quando si è fuori ed anche se tutti alla fine ce
la fanno e ripartono, quando sono dentro pensano di non farcela e la
mia non è solo un pensiero, è una certezza.
Non si sopravvive.
Io non sopravvivo se veramente te ne sei
andato.
Succhierai da me la vita e sai
perché?
Perché non sono più
in grado di reprimere più i sentimenti che con tanta fatica
ho trovato. Sei stato tu la mia luce stellare che mi ha domato ed
illuminato, mi ha ammaestrato a costo di complicarsi la vita ed andare
contro tutto e tutti per poi difendermi.
Ed ora che hai fatto un lavoro simile su
di me facendomi capire che esistono persone degne della mia fiducia
incondizionata, tu non puoi mollarmi.
Inseguirò la tua luce fino alla
fine della mia vita.
Mac… voglio solo stringerti tra le mie braccia e se non hai
più l’anima in te seguirti.
Ma prima mi precederanno quei figli di
puttana.”
Poi, semplicemente, la prima cosa che fu in grado
di realizzare era che doveva fare qualcosa.
Partire da un punto.
E l’unico nome che gli affiorò
alla mente ammettendolo nel suo dolore totale, fu l’unico che
l’avrebbe capito veramente, che avrebbe condiviso il suo
pensiero, che avrebbe fatto la sua stessa cosa andando anche contro
tutto e tutti.
Chiamò Don.
/
No easy way out – Robert Tepper /
Il telefono squillò in concomitanza
dell’aumentare dello scroscio della pioggia e di un fulmine
che attraversò nettamente il cielo di New York.
Con esso arrivò una strana sensazione
sul destinatario della chiamata.
Don prese in mano il cellulare e corrugando la
fronte lesse il nome del chiamante.
L’inquietudine era nell’aria
sempre più presente e nitida ma se avesse dovuto analizzarla
non avrebbe saputo definirla assolutamente.
Non era tipo da credere a certe cose, non vi faceva
proprio caso… anche se in diverse occasioni poco prima di
qualche evento particolarmente brutto per lui o i suoi amici, si era
sentito sgradevolmente nervoso.
Si morse il labbro e rispose:
- Danny? –
- Don, vieni subito. – Non ci volle
comunque un esperto per capire che dal tono di voce teso, basso e ad
ogni limite, stava succedendo qualcosa.
- Eh? Dove? – Chiese quindi subito
drizzandosi in piedi come una molla e prendendo la pistola senza
rifletterci oltre.
- Da Mac. – Criptico.
- Ma che è successo? - Agitazione e
nervosismo.
- Vieni. - Secco.
- Arrivo. – E poi veramente
nient’altro.
Solo questo.
Secco, veloce, incalzante come la pioggia che
aumentava sempre più innervosendo il detective che con aria
seria e concentrata, aspettandosi decisamente qualcosa di grosso,
andò semplicemente a rotta di collo verso casa di Mac, non
molto distante dalla sua, evitando anche qualche decina di incidenti.
Eppure si pensa che basti questo…
ricevere una chiamata, credere che sia arrivata in tempo e correre come
avendo il Diavolo appresso… si pensa che basti questo e che
tutto possa risolversi.
Si pensa molto e mille cose, in quei momenti in cui
ti senti sempre più allucinato senza saperne a fondo il
motivo. Sono per lo più cose associate alle persone che stai
per vedere, che senti dentro di te che sono in pericolo anche se non
hanno detto nulla.
Lo senti per il semplice fatto che quello che ti ha
chiamato non l’avrebbe mai fatto in quel modo se non ci fosse
stata una ragione di quelle potenti dietro.
Di quelle in grado di shockare la città
intera, probabilmente.
E senti parti del tuo corpo che fremono
così tanto che non pensavi fosse possibile prima di allora.
E imprechi perché ti da fastidio essere
così illogico, non sai ancora cosa è successo,
perché essere così catastrofico?
Forse perché si fa un lavoro in cui si
ha visto di tutto e non ci si finisce mai di stupire in peggio.
Forse perché appunto tu sei uno di
quelli che sa molto bene quanto è bestiale l’uomo.
Lo sai proprio.
Ma speri sempre non debba essere realmente
così.
Ci speri.
E corri veramente superando i limiti consentiti fra
la pioggia che colpisce i vetri della tua auto, mentre i fulmini
sembrano avvicinarsi inesorabili e l'agitazione diventa sempre
più grande insieme al fastidio e alla consapevolezza che
stai correndo come un pazzo proprio verso la casa della persona che ami.
Corri chiedendoti se riuscirai ancora a far finta
di nulla per amicizia, per rispetto, perchè sai che lui sta
con il tuo amico, perchè hai deciso che è quella
la cosa giusta.
Corri in mezzo a mille domande e dubbi e tormenti
richiamati da quella telefonata e da quella voce agitata.
Corri e continui a sperare mentre tendi tutti i
muscoli del tuo corpo e stringi con forza le mani sul volante e nemmeno
te ne rendi conto.
Corri e scampi alla tua stessa morte un sacco di
volte, perché vuoi solo arrivare presto.
Lo vuoi perché sai che qualcosa non va.
Lo sai.