Follia Omicida A New York
CAPITOLO II:
CAVALCA
IL FULMINE
/
Hide and seek – Imogen Heap /
Pioggia
sempre più fitta.
Appena
il freno dell’auto si udì sull’asfalto
bagnato davanti a casa di Mac, da che i piedi di Don toccarono terra
schiaffeggiando i piccoli fiumi che correvano, a che l’uomo
giunse in casa di corsa bagnandosi ma non del tutto, era corso solo il
tempo che andava dalla saetta che illuminava tutto al rombo assordante
del tuono.
Quand'egli,
già coperto di alcune gocce che gli correvano lungo il viso
staccandosi dai capelli quasi completamente infradiciati,
varcò la soglia dell’abitazione familiare del suo
amico, il boato del fulmine giunse con lui.
Le sue
orme rimasero limpide sul pavimento dell’ingresso accanto al
giornale caduto minuti prima dall’altro ragazzo lì
presente.
- Ma
che diavolo… -
Danny
in ginocchio fu un altro lampo che rese l’atmosfera
più sinistra, mentre il sangue e le immagini di quel dannato
video sul muro furono il nuovo tuono, potente, vicino, spaventoso.
Come
se i loro stati d’animo si fossero manifestati nel tempo
atmosferico e nelle ore serali così buie.
Quel
video mostrava qualcosa, ma era vero o frutto distorto della sua mente
agitata e alterata?
Poteva
dirsi realtà?
Si
impietrì ma anche per lui, sicuramente, non sarebbe corretto
dirlo a giudicare dalle mille accelerazioni corporee esplose insieme
con la portata della follia imminente.
Durò
il tempo di un altro lampo fra lo scroscio della pioggia, un altro
fulmine, e lui che iniziò a muoversi come un pazzo per la
casa in cerca di indizi, di aiuti, di risposte e spiegazioni.
In
cerca di qualche bastardo da far fuori, in cerca di qualcosa che sapeva
non c’era.
In
cerca del suo corpo.
I suoi
passi accompagnati unicamente da un rumore roco e profondo di gola,
come un lamento, un ringhio rabbioso.
E dei
pensieri che come cataclismi atmosferici si abbattevano nella sua testa
facendogliela pulsare disperatamente col respiro corto ed i battiti
impazziti.
“Passo
dopo passo, cuore a cuore, sinistro destro sinistro. Devo andare
avanti, non posso fermarmi, anche se lui non c’è
ci deve essere qualcosa da qualche parte che mi faccia capire che
diavolo è successo!
Deve!
Perché
nessuno fa un crimine simile e si porta via il cadavere se non ha
qualcosa da dire!
Porca
miseria!
Danny
sta là immobile e nemmeno l’ho guardato in viso,
forse non mi ha nemmeno sentito… non è possibile.
Questo
che vogliono farmi credere non è possibile.
Qualcosa
ci sarà da fare.
Qualcosa
di sensato, di utile, di veramente efficace ci sarà pur da
fare, no?
Anche se noi tutti cadiamo in battaglia come dei soldati giocattolo e
pezzo dopo pezzo ci troviamo solo più distrutti di prima,
anche se noi non vinciamo mai realmente, la battaglia va avanti.
Siamo soldati giocattolo, no?
È
così che tutti ci vedono.
E
ciò mi fa doppiamente rabbia perché per nessuno
dei cittadini è un problema quel che è successo
stanotte finché hanno dei soldati in prima linea pronti a
morire per loro.
Ed
io dovrei essere quel tipo di soldato che non perde mai la sua
compostezza e che segue il protocollo e le regole sempre e comunque,
anche se mantengo un peso inaccettabile sulle mie spalle. Non posso
comunque permettermi di mostrarlo.
Gli uomini che lavorano con me, che io comando, e gli stessi cittadini
che difendo non devono sapere che io sto così di merda e a
volte non ce la faccio, anche se questo significa finire faccia a terra
e corrodersi lentamente. Perché c’è
sempre un bene più grande del mio.
Ho
sempre ragionato in questo modo.
Non ho mai trascinato nessuno in battaglie che ero in grado di
sostenere da solo.
Devo fare da esempio, devo essere il leader, molte persone cercano in
me quel qualcuno che li guidi.
Se salta fuori qualche casino, devo affrontarlo insieme a loro.
Però ora c’è un problema.
Nella
vita di ognuno c’è sempre una particolare linea
che non va oltrepassata, qualcuno ci è andato decisamente
oltre.
Ecco cosa significa perdere completamente la testa…
È
quando stai lì, guardi lo scempio che si consuma davanti ai
tuoi occhi e non puoi fare nulla perché è
già accaduto e non hai nessun figlio di puttana su cui
scaricare il caricatore della pistola.
E
speri, mentre non sai star fermo e quei dannati fulmini ti perforano il
cervello al pari del tuo stomaco che si contorce, che sia un sogno o
che arrivi qualcuno a sparare anche a te.
Lo
speri perché non puoi pensare di vivere oltre un altro
minuto in questo stato di assoluto caos e dolore totale, sia mentale
che interiore.
Cosa
c’è di sopportabile in tutto questo?
Cercare
di seguire qualche protocollo è come bestemmiare.
Cos’è
quello?
Sembra
la morte di qualcuno.
E
lui?
Sembra
proprio Mac.
Ma
è veramente lui?
E
dov’è ora?
Quella
quindi sarebbe la morte di Mac?
Quello
è Mac Taylor che muore?
Non
ci posso credere.
Non
è lui, non gli sarebbe successo così facilmente
se io fossi stato con lui per prendere parte del casino.
Sono
sempre riuscito ad esserci, dannazione… anche se lui
è sempre riuscito ad esserci per Danny…
Però
una cosa è certa, non
permetterò che la bara di Mac pesi sulla mia coscienza
perché non ci sarà nessuna bara.
Non
può.
NON
PUO'!
Ci
DEVE essere qualcosa che io possa fare, che NOI possiamo fare.
Merda!
Danny,
reagisci, maledizione!”
Il suo
fiume di parole durò solo una frazione di secondo, il
necessario per comprendere che non c’era veramente
più niente e nessuno… e per capire che aveva
appena dimenticato, per un famoso proverbiale minuto e forse per la
prima volta in vita sua, i protocolli riguardo le emergenze.
Non
aveva ancora chiamato nessun rinforzo.
-
Danny! DANNY! – Cominciò quindi ad urlare Don
fermandosi furioso davanti a lui, con anche i suoi piedi sul sangue del
loro compagno. L’afferrò con violenza per le
spalle e chino su di lui l’alzò leggermente
scuotendolo con forza. Guardare i suoi occhi e vedere solo le lacrime
scendere dal vuoto che li riempiva, lo fece rabbrividire ma non per
questo si fermò.
Ciò
che lo dilaniava era troppo potente per essere fermato in qualche modo.
La
persona che amava per cui si era messo da parte dopo la sua scelta su
Danny, non c’era al contrario di quel filmato che dimostrava
la sua morte. Quel filmato ed il sangue sul pavimento e sul divano ed i
mobili rovesciati per una colluttazione violenta.
Rabbia
e furia per Don che lo vedeva. Vedeva Danny davanti a lui che stava
cadendo e non poteva permetterselo.
Non
poteva perché non era da lui, gli serviva infuriato,
rabbioso, fuori da ogni grazia divina, pronto a tutto.
Pronto
a tutto.
-
Danny! PARLA, DANNAZIONE! CHE E’ SUCCESSO, QUI? –
Tuttavia
il nulla ancora una volta fu tutto ciò che
l’invase, così lo alzò di peso dal
pavimento e mettendolo in piedi provò l’impulso di
prenderlo a pugni.
Poteva
comprendere che era distrutto dall’idea che fosse morto, lo
amava, stava con lui, ma sapeva benissimo che la sua reazione di
lì a poco sarebbe stata l’odio più
totale. Era solo quello a cui lui puntava.
Voleva
che l’odio di Danny esplodesse.
/
In the Shadow – Rasmus /
Quando
la polizia e la squadra della scientifica di turno giunse sul posto,
fece fatica a togliere il caso ai compagni di Mac giunti
anch’essi appena sentita la notizia.
Alla
fine c’era stato poco da fare, era stato un ordine, non
potevano essere loro ad indagare.
La
pioggia ed il temporale imperavano ancora incessanti disturbando
ulteriormente i loro animi e Stella e gli altri, dopo non aver
sopportato oltre la vista di quelle immagini atroci, si erano
più o meno nascosti nell’illusione che potesse
essere in qualche modo non vero e Mac ancora vivo.
Però
le tipiche frasi sul coraggio della ‘povera’
vittima, arrivarono.
Arrivarono
eccome.
Arrivarono
perché tutti credevano di conoscere il grande Mac, cosa che
ovviamente non poteva essere. Ma soprattutto tutti quelli che
indagavano credevano ad una cosa, principalmente.
Che
Mac fosse morto.
- Era
la persona che fra tutti non se lo sarebbe meritato…-
- Come
è possibile? –
-
Però ha lottato fino all’ultimo, cercando di
farcela. –
- Era
proprio da lui non arrendersi fino alla fine. –
E in
un momento di drammatico crescendo in cui senti la ragione abbandonarti
insieme ad ogni sensata intenzione, qualcosa scatta e non te lo sai
spiegare. Succede e basta e mentre un istante prima sei perso nei tuoi
labirinti di follia e di dolore, nell’istante dopo ne sei
uscito, da quei labirinti, ma sei solamente più
dolorosamente folle di prima.
Furono
le patetiche ultime parole famose, le gocce da non provocare mai per
non far uscire tutta l’acqua.
E
sempre come un lampo seguito dall’imminente tuono, finalmente
Danny si svegliò e reagì rivoltandosi come un
animale feroce appena uscito dalla gabbia verso l’ultimo che
aveva osato parlare.
Avventandosi
contro di lui veloce, imprevedibile e furioso, obbligando Don ad
afferrarlo al volo per le braccia e successivamente ad abbracciarlo
completamente da dietro per impedirgli di massacrare qualcuno che non
c'entrava veramente.
- Fino
alla fine? FINO ALLA FINE? FINO ALLA FINE DI COSA? SOLO
PERCHE’ DELLE STUPIDE IMMAGINI MOSTRANO IL SUO MASSACRO E QUA
E’ PIENO DI SANGUE E LUI NON C’E’ NON
SIGNIFICA CHE QUELLA SIA LA SUA FOTTUTISSIMA FINE! E SE DEVONO INDAGARE
PER LUI IMBECILLI COME TE CHE LO DANNO GIA’ PER MORTO E
CREDONO DI CONOSCERLO COSI’ BENE DA SAPERE COSA E’
DA LUI, BE’, FANCULO IL SISTEMA, ALLORA! E FANCULO TUTTI
QUELLI CHE CREDONO CHE SIA MORTO E CHE CERCHERANNO UN CADAVERE INVECE
CHE UN VIVO DA CURARE IL PRIMA POSSIBILE! –
Fu
difficile per Don trattenere Danny in preda a quella furia ceca e
rabbiosa, l'aveva afferrato al volo e per poco non gli era sfuggito.
Non avrebbe facilitato le cose se l’avesse lasciato far fuori
qualcuno che semplicemente doveva far luce su quell’incubo.
Fece
veramente fatica e diede fondo a tutte le forze che in quel momento,
dopo tutto, riuscì a trovare. Cancellando per un istante
tutto il proprio dolore, la propria agitazione e il proprio personale
inferno e lasciando venire dei flash della sera in cui Louie era stato
massacrato a sangue da Tony Sassone e Danny, se non fosse stato per lui
rimasto tutto il tempo a sorvegliarlo su ordine di Mac, si era quasi
fatto giustizia da solo trasformato in una macchina piena di follia
omicida.
Follia
omicida, proprio quella che finalmente albergava nel suo sguardo.
Quella
che Don aveva cercato di svegliare.
Fu
difficile trattenerlo ma ci riuscì e appena finita la
sfuriata lo trascinò con decisione fuori
dall’abitazione piena di agenti, buttandolo nel giardino sul
retro, lontano da sguardi indiscreti.
-
Danny, non così. Non contro di loro. – Disse
quindi Don con fermezza mentre ancora in lui l’istinto gli
chiedeva solo di urlare e lasciarsi andare di nuovo a qualche sfogo
utile per sé stesso.
Fare
qualcosa.
Fare
veramente qualcosa per non impazzire.
Oh,
come capiva Danny… e soprattutto come sapeva di essere
capito perfettamente da lui.
Così
vicini in un momento di simile drammaticità…
Senza
avvicinarlo lo guardò camminare frenetico sotto la pioggia
lasciandosi bagnare dall’acqua che impetuosa scrosciava su di
loro appesantendo gli abiti ed i capelli.
Come
un anima in pena Danny cominciò a camminare per
l’esterno deserto e a respiri ancora corte e affannati, denti
stretti, pugni serrati ed espressione contratta per l’ira, si
fermò improvvisamente alzando semplicemente il viso verso il
cielo nero, facendosi baciare dalle gocce fredde e fitte che come
proiettili gli colpivano il viso lavandolo, lavando via tutto, persino
le lacrime ed il sangue ma non la sua disperazione.
Ancora
quella fatica a trattenersi, a gestirsi, a respirare… ancora
il cuore che gli impazziva e la testa che gli martellava.
Ancora
l’idea di non farcela.
Non
farcela assolutamente.
“Cosa
diavolo devo fare, ora?
Non
sopporto più nulla… anche se gli altri respirano
in casa nostra o pensano a cosa ti possa essere successo, mi irrita.
Sono scattato come un posseduto, dannazione. Ammazzerò
qualcuno solo perché ha osato pensare qualcosa di sbagliato
su di te… qualcosa di generalmente positivo ma sbagliato per
me.
Finirò
per ammazzare le persone sbagliate ed impazzire nel tentativo di non
farlo.
Finirò
per cercarti in ogni persona, per chiedermi ogni istante dove tu sia,
come stia, quando ti rivedrò, come finiranno le
cose… finirò per camminare di nuovo come ho
appena fatto e lo farò senza di te.
Finirò
per bere e mangiare e sempre senza di te.
Non
lo vorrò fare, giurerò di non farlo, ma lo
farò e solo con la promessa di ritrovarti, ma intanto lo
farò senza te.
Oh,
Mac… cosa… cosa dovrei fare?
Mi
diresti ‘scava più a fondo’, ma io ci
sto impazzendo in quel fondo.
Come
finirò?
Come?
Qual
è il prossimo passo sensato da fare?
Il
punto è uno, devo solo vivere e farlo in mezzo ad altre
persone vive che stanno tutte bene e non capiscono, non sanno, non
hanno idea…
Ed
io dovrò vivere con il pensiero che al 90 % tu sei morto ed
io non potrei più rivederti vivo.
Ecco
cosa dovrò fare, no?
Vivrò
senza te anche se non so come visto che dovrebbe essere senza te.
Comunque
dovrò fare altre cose, senza te…
importanti… vitali…
Da
solo continuerò e dormirò, mi
sveglierò, camminerò, lavorerò,
sentirò parlare di te, io stesso parlerò con
qualcun altro, andrò avanti al fianco di qualcuno che non
sia tu nell’attesa di ammazzare le persone giuste e trovarti
e capire se devo morire o vivere. E nel frattempo continuerò
così, da solo… e qualche cosa
farò…
A
parte stringere i pugni, i denti, il respiro, il mio cuore, il mio
sangue, la mia ragione, farmi bagnare ed illuminare dai fulmini,
guardare il cielo che viene attraversato dalle saette e sentire i tuoni
che irrompono.
A
parte impazzire qualche cosa di sicuro io farò e mi
dannerò perché la sto facendo senza di
te…
Eh
si… senza te…
Eppure,
io, senza te posso fare solo una cosa, ancora una volta…
Piangerò
e griderò.
Mac,
ti amo. Come faccio, ora?”
E con
essi, insieme alla pioggia che lo infradiciava ed alle lacrime che di
nuovo scendevano per la rabbia e la disperazione, uscì anche
un urlo. Un urlo o il ringhio di un animale feroce ferito che in preda
al dolore morale meditava vendetta.
Impossibilitato
più a trattenersi.
Don,
sentendo questa tale manifestazione totale e sconvolgente di sentimenti
e sofferenza, in concomitanza ad un altro fulmine ed altrettanto
infradiciato, gli si avvicinò istintivamente senza
più nessun ragionevole motivo se non quello più
sensato.
L’abbracciò
con forza e senza paura né imbarazzo.
L’avvolse
pieno, voluto, deciso, cercato e mentre riusciva a pensare svuotato ed
arreso:
“Amo
anche io Mac e, maledizione... come si sopravvive a questo?“
Dai
suoi occhi incredibilmente azzurri e sinceri, le lacrime scesero.
E poi
un solo biglietto con due uniche parole.
Parole
di morte non classiche, come normalmente si sarebbe in grado di
immaginare.
Parole
criptiche che dissero tutte e nulla, fungendo comunque da pugnale.
‘Ciak
si gira!’.
Tutto
lì.
Una
promessa di morte.
Già
successa o che sarebbe dovuta succedere?
Una
corsa contro il tempo o il nulla?