FOLLIA OMICIDA A NEW YORK

CAPITOLO IV:

FUOCO CONTRO FUOCO

/My Decembar – Linkin Park /
Non servì nessuna sveglia, quella mattina.
Finalmente non pioveva più anche se per tutta la notte non aveva fatto altro che quello. Fuori ancora l’aria fresca faceva fatica a cedere il passo al sole che timidamente cercava di prevalere in quelle ore del giorno. L’asfalto così come tutto il resto del terreno esterno, era ancora tutto bagnato e molte pozzanghere finivano per lavare i soliti passanti che a piedi giravano indaffarati per le vie della città.
Ma nell’appartamento di Danny ancora nessuno dei due uomini si era nemmeno affacciato all’esterno, occupati a cercare di realizzare dove fossero e come mai fossero insieme, nudi nello stesso letto.
Appena capito in che situazione si trovavano, rimasero in silenzio a guardare il soffitto evitando accuratamente i rispettivi sguardi, poi sentendo entrambi gli occhi arrossati che bruciavano e una lucidità non da postumi di sbornia, dovettero rendersene conto.
Non era stato il frutto di un ubriacatura.
Nulla di tutto ciò che era successo la sera prima poteva essere un ricordo sballato di qualche alcolico.
Nulla.
E il lampo di tristezza e dolore tornò vivo in entrambi a restituire ogni singolo ricordo, attimo per attimo che a fatica era stato cacciato dal mondo dei sogni.
Un mondo in cui v’era stato a far visita un Mac vivo che non chiedeva altro di essere aiutato.
Di essere trovato.
E che poi tornava semplicemente da loro e che si sostituiva nel letto al posto del compagno con cui invece nella realtà era.
Stessi desideri, stessi sogni, stessi sentimenti, stesse sofferenze.
Aperti gli occhi gonfi di lacrime, la consapevolezza che non erano con Mac li colpì come un pugno in pieno stomaco, così con difficoltà, una difficoltà non indifferente, si convinsero a girare lentamente il capo e ad appoggiare le pupille stanche in quelle dell’altro. Stanche di essere bagnate di lacrime anche in un sonno crudele che li aveva solo saputi illudere.
Nonostante tutto. Nonostante le ancore a cui si erano aggrappati per evitare quello stato terribile, alla fine comunque era successo.
E non poteva rimanere che quello.
Una serie di dolorosi rimpianti e pensieri in comune.
Pensieri svuotati, senza più rabbia e ira. Solo tristezza e desiderio di non avere quell’impotenza crudele nelle mani.
Desideri.
Molti.
E’ come camminare in un sentiero stretto sotto cieli fumanti. Un posto in cui si distingue a malapena la differenza fra il buio e la luce. Così non ci rimane che chiederci in cosa crediamo, dunque? Cos’è che ci fa andare avanti e dire che non è finita? Ma soprattutto… abbiamo fede in ciò che crediamo?
E’ difficile credere che tutto andrà bene in una situazione simile, quando l’amore ti viene strappato in questo modo e tu ti sei solo illuso di averlo ritrovato gettandoti nelle braccia di chi è come te e ti capisce e non ti giudica.
Ti dici solo che non pioverà per sempre, il cielo non cadrà sempre e anche se la notte sembra lunga le nostre lacrime non cadranno per sempre.
Sto disteso con gli occhi aperti e guardo i suoi sperando possano trasformarsi nei tuoi, ma non succede. Vorrei solo che tu fossi qui, mi manchi… è semplice, no? Semplicissimo… mi manchi…
Così la domanda successiva è se c’è qualcos’altro in cui credere o se è tutto qui.
Sai, Mac, dopo di te mi sembra difficile credere ancora in qualcosa. Molto. Anche perché mi trovo a fare l’unica cosa che posso. Sognarti. Entravi nella stanza, mi prendevi fra le braccia baciandomi e dicendomi di credere ancora. Di cercarti, di trovarti. Di non mollare, che hai solo me.
Nel sogno mi sembravi così reale, mi sono illuso che fossi veramente tu e mi sono sentito finalmente al caldo e al sicuro.
Mi sono addormentato fra le tue braccia e quando mi sono svegliato ero qua, con la voglia di piangere ancora perché la presenza che avvertivo accanto a me non era la tua. E nemmeno la grazia di pensare che te ne eri semplicemente andato. Nemmeno quello, mi è rimasto. No, perché tu qua con me, stanotte, non ci sei mai stato.
Mi senti, Mac?
Non sarà sempre così, devo crederlo con tutte le mie forze. Devo. E anche se tu non ci sei qua, da qualche parte mi stai aspettando, nulla si frapporrà a lungo fra me e te. Nulla, nessun figlio di puttana che aspetta l’inferno.
Quindi niente più lacrime, devo trovarti e abbracciarti e curarti e dirti che credo ancora che non sempre va tutto di merda, come pensavo da ragazzino, prima di incontrarti.
Tutto ciò che voglio è che questo freddo sparisca e solo per un attimo lui è stato capace di illudermi che fosse andato via. Un attimo.
Mac, aspettami… non ti lascio.”
Con un sospiro ed uno scatto fu Danny il primo ad alzarsi, imitato quasi subito da Don. Si sedettero dandosi rispettivamente la schiena nuda come il resto dei loro corpi e ignorando la stanza circostante, si presero il viso fra le mani sfregandoselo per cercare di trovare le parole adatte a quel momento. Eppure non ne avevano mai avuto bisogno, no?
Si erano comunque sempre capiti al volo, dopo Mac erano l’uno il migliore amico dell’altro. Tutto sommato non sarebbe dovuto essere troppo difficile.
Ma poi lì, così, di schiena, in silenzio… dopo aver fatto l’amore insieme con tanta disperazione e tante lacrime. Lì, cosa dirsi, alla fine?
Cose inutili che già sapevano, superflue.
Un ulteriore dimostrazione che non servivano le parole nemmeno fra loro.
- In mezzo a tutta la merda di ieri, sei stato l’unico che ho accettato. Per un attimo ho creduto di avere Mac lì con me… per un attimo molto lungo… - Iniziò Danny come ogni volta tendeva a fare. Quindi si alzò in piedi e cominciò a camminare così com’era per la stanza, impossibilitato a stare fermo. I piedi scalzi non facevano che un lieve rumore sul pavimento della camera.
Il respiro pesante ed i tatuaggi in vista sul corpo muscoloso che guizzava a scatti irregolari davanti agli occhi azzurri di Don; ancora seduto non smetteva di guardarlo pensando di avere davanti una tigre ferita in gabbia.
Ora va solo liberato. Ecco come troverò Mac. “
Pensò solo questo Don, un lampo di pensiero mentre serrando le labbra si accinse a rispondere con sincerità, afferrando i lembi delle lenzuola sotto di sé e torcendoli con un certo nervosismo.
- E’ stato lo stesso per me. Razionalmente non l’avrei fatto ma era come se fossi uscito di me. Ho creduto di stringere Mac… - Che Danny sapesse dei sentimenti di Don per Mac non era una novità, tuttavia il moro non li aveva mai ammessi così apertamente. Un certo sforzo l’aveva fatto ma non per dire che era innamorato di Mac, o comunque alluderlo. Bensì per parlare proprio di lui.
Danny strinse pugni e denti, si fermò un attimo, puntò gli occhi sulla moto da collezione che aveva in soggiorno e sembrò come bruciarla con lo sguardo.
Uno sguardo di fuoco sempre più acceso che non vedeva veramente ciò che guardava.
L’aveva sempre saputo di Don ed in fondo si erano solo feriti a vicenda, anche se fra quello e lo stare soli, avevano sicuramente scelto il male minore. Sicuramente.
Poi dopo un istante di turbini mentali, Danny tornò a girarsi verso Don e lo guardò privo di pudore e vergogna. Diretto quanto già l’altro lo era nel fissarlo senza problemi. Con serietà.
Poi disse incisivo, basso e penetrante, con una sorta di ringhio sottile nella voce:
- Sai cosa penso? Che quelli che hanno il potere non fanno che alitarti sul collo con le regole ed i protocolli. Che quelli li ho seguiti abbastanza e che magari sono proprio quelli la rovina di Mac.
Penso che dobbiamo tirare fuori le palle.
Perciò, Don, lascia stare le regole, lascia stare la routine. Sono stanco di non vivere per essere vivo, sono stanco di essere sottomesso per poter tirare avanti. Qua non si parla di vita quotidiana, non è un caso comune. È Mac che dobbiamo trovare, non un cadavere, ma una persona viva. E sarà pure ferito ma nessuno mi toglie dalla testa che è vivo, perché lui se la cava sempre.
Non chiedo molto. Solo di non essere controllato.
Questo e’ tutto ciò che voglio. Lasciami libero di agire e seguimi.
Perché sono stufo. Quella gente che indaga per lui non lo conosce, non sa nulla di lui e sgarferà nella sua vita privata violando ogni intimità che possiede. Non voglio. Però quanti morti devono esserci prima che qualcuno ascolti quello che dico?
Ho provato ad essere chiunque io dovessi essere, a modificarmi e seguire ogni consiglio, ho giocato secondo le regole di tutti quelli che mi sono passati accanto. Ora sta agli altri provare le mie.
Al diavolo, Don. Troviamo quei bastardi e facciamogliela pagare. A modo nostro. Così come vorremmo. Giocando secondo le nostre regole. Arrivando prima degli altri. Seguimi. –
E con uno sguardo che fece rabbrividire per un istante perfino Danny stesso, Don si illuminò di un espressione non propriamente minacciosa, bensì quasi maligna, da brivido.
Don non chiedeva altro.
Finalmente aveva ottenuto quello che aveva cercato.
Aveva svegliato la belva.
- Sono con te. – Solo questo. Sicuro, basso e deciso.
Senza rimpianti, rimorsi o stonature.
Perfetto.
Semplicemente perfetto.
La caccia all’uomo stava cominciando.


/Open your eyes – Guano Apes/
- Ci muoviamo insieme, no? - Disse Don dirigendosi alla sua auto parcheggiata sotto casa di Danny. Il ragazzo annuì mantenendo uno sguardo molto cupo e concentrato, poi salì senza far caso a ciò che lo circondava, né alle persone lì intorno.
Salì e basta, così come Don.
E decisamente col senno del poi, magari avrebbero guardato meglio sia la macchina che le persone lì intorno.
Avrebbero decisamente cercato con maggiore attenzione.
Ma così non fecero e misero in moto partendo con un certo fare spedito insieme ai loro stati d'animo rabbiosi e non più trattenuti.
Con una certa liberazione Don accelerò velocemente superando il limite consentito, per prima cosa si sarebbero diretti in centrale e alla scientifica per vedere i progressi della prima notte e cercare una pista da seguire a modo loro.
- Sono due. Quei figli di puttana sono almeno due. Uno che filma e l'altro che agisce. Ma li troveremo. Oh, se li troveremo... - Asserì Danny dando come sempre voce ai suoi pensieri poco fini e controllati. Era una persona che faceva sempre fatica a controllarsi, quindi quando si lasciava liberamente andare non era consigliabile stargli accanto... figurarsi dargli man forte e alimentare il suo fuoco come invece faceva Don.
- Avranno sicuramente lasciato una traccia su cui lavorare. È una sfida, vogliono fare il film del secolo. Questo genere di criminali sono vanitosi e vogliono la fama, altrimenti non agirebbero in quel modo con la telecamera. Riprendono i loro crimini per dimostrare quanto sono superiori alla legge. - Continuò il detective ragionando freddamente mentre come un fulmine faceva sfrecciare la sua auto nelle strade di New York.
- Occhio per occhio. Se vogliono la fama, gliela daremo. Se è una sfida e devono fare il loro film, allora non sono nascosti. Non puntano a far perdere le loro tracce. Anzi... - Iniziò il ragionamento Danny che fu finito immediatamente dall'altro:
- ... è probabile che ci abbiano seguito se ci hanno identificato come quelli più pericolosi ed intenzionati a trovare Mac. Se hanno spiato la situazione di ieri avranno capito un bel po' di cose. - Bastò quello.
Solo quello. E lo sguardo che si scambiarono fu di due persone che avevano appena capito che prendere la macchina era stato l'errore più grande della loro vita.
Errore che probabilmente avrebbero pagato in qualche modo.
Lo scambio di sguardi che si lanciarono al volo mentre l'esterno andava velocissimo diventando una macchia indefinita, fu di chi aveva appena previsto qualcosa che avrebbero dovuto prevedere prima.
Troppo tardi?
Fu esattamente in quel momento che la vettura cominciò a tremare e a fare un rumore molto chiaro.
Rumore di gomma che con un ulteriore botto si staccava definitivamente rotolando via, lontano dalla macchina.
Fu tutto molto veloce.
Da che realizzarono cosa stava succedendo, a che effettivamente successe non intercorse nemmeno un millesimo di secondo e subito si trovarono a reggersi forte e ribaltarsi con tutto il veicolo. Trovarono la fine di quella pericolosa giostra impazzita contro degli alberi a lato del viale che stavano percorrendo. Intorno a loro odore di gomme bruciate e rumori, molti rumori.
Ma nemmeno un pensiero.
Non il tempo di realizzarne solo l'ombra.
Solo un minuto prima sei lì che guidi e ragioni e quello dopo di nuovo lì ma a testa in giù a tenerti stretto e con gli occhi chiusi. E preghi, anche se non l'hai mai fatto e magari nemmeno ci credi.
Preghi di essere vivo e di poter continuare ad occuparti di ciò che ti preme tanto.
Ciò per cui correvi come un pazzo senza esserti accorto della ruota che era manomessa e mollata.
Poi affiorò alla loro mente solo il nome di Mac e subito alzarono le palpebre tornando a sentire all'istante ogni parte di loro stessi.
Dolori non indifferenti ma non allarmanti.
Danny fu ovviamente il primo ad imprecare come uno scaricatore di porto e sentendo il proprio braccio dolergli come anche il ginocchio e la fronte, si chiese in che condizioni fosse Don.
Così girò la testa e lo guardò sveglio come lui che con viso malconcio ma non peggio del suo, cercava di trattenere una serie di esplosioni che probabilmente non avrebbero giovato a nessuno in quella situazione specifica.
Respiri profondi, molto profondi.
E anche se si era lesionato il viso e slogato qualche arto, sul momento non sentì dolore per quello solo grande fastidio per esserci cascato e per il tempo che avrebbero perso.
Tempo prezioso.
- Merda. - Disse solo questo mentre slacciandosi la cintura provvidenziale imitato da Danny, cercò di uscire dall'auto con molta calma.
Si erano ribaltati solo una volta per fermarsi contro un albero a testa in giù. Entrambi avevano del sangue che usciva da alcune ferite superficiali sul viso mentre Danny aveva tutto l'avambraccio tagliato grazie ai vetri del finestrino accanto al suo, la parte che era andata per prima contro la strada. Anche il ginocchio aveva subito un certo impatto ma nulla di allarmante.
Don oltre al viso si era slogato il polso destro con cui aveva cercato di reggersi al volante, per il resto diverse ammaccature superficiali.
Tutto sommato se l'erano anche cavata bene, considerando la pericolosità di quanto successo.
- Avrebbero potuto fare di meglio! - Ringhiò con una certa ironia Danny uscendo anch'egli dal finestrino rotto. Si trascinò sull'asfalto fino a sedersi ed immediatamente arrivò gente a soccorrerlo allo stesso modo con cui stavano già facendo con Don.
- Sono stati loro. - Disse Don nel caos fisico e mentale, mentre cercavano di aiutarlo peggiorando solo la situazione ed infastidendolo.
Non calcolarono i buoni samaritani che chiedevano agitati come stessero, non calcolarono nulla se non una cosa.
Il loro istinto.
- Sono tutti e due qua. - Fece a sua volta Danny senza guardare il collega ma cercando come un selvaggio fra la folla. Cercando con lo sguardo senza riuscire a muoversi come avrebbe voluto, cominciando a sentire i dolori dell'incidente e tremare per l'adrenalina che veniva a meno d'improvviso.
Sentire una cosa, volerla fare con tutta la volontà possibile e non riuscire a farla non era una passeggiata.
Non lo era e Don nelle sue stesse condizioni arrivò a mandar via infastidito le persone che cercavano solo di sincerarsi sulle sue condizioni ed asciugargli il sangue dal lato del viso.
- Lasciatemi in pace! - Ringhiò quindi sbrigativo cercando e selezionando uno ad uno tutti i soccorritori. Cercavano con ansia e nervoso nonché molta rabbia, una telecamera.
Una singolare e semplicissima telecamera. E due persone compiaciute dello spettacolo.
- Li vedi? -
- No, cazzo! Tu? -
- Potrebbero essere chiunque. -
- Merda! - La degna conclusione di Danny pensata anche da Don.
Poi solo la sirena dell'ambulanza mise termine a quella ricerca folle con gli occhi e con le fitte sulle parti lese, dovettero arrendersi alle cure. Arrendersi con fastidio e un certo disgusto.
- Non la passano liscia. Non ce la faranno. No. - Una sorta di litania mentre solo due braccia forti che lo sollevavano per farlo sedere sulla barella, gli fecero capire che i soccorsi erano arrivati e che di lì a breve l'inferno, un secondo insopportabile inferno, si sarebbe scatenato.
Volersi opporre, andarsene e continuare come volevano, ma non poterlo fare e dover rimanere lì alla mercé di persone che avrebbero fatto il terzo grado e avrebbero continuato a scavare nel privato, il famoso e sacrosanto privato a cui ormai, Danny lo sapeva, avrebbe dovuto rinunciare.
Tuttavia anche se loro non li videro per la confusione mentale in cui erano finiti e per tutta la gente che li aveva circondati per aiutarli, una telecamera con due uomini c'era e poco distante da lì li riprendeva senza perdersi una scena.
Mentre i loro sorrisi agghiaccianti e felici del loro lavoro li illuminarono, si mantennero nell'ombra di una macchina che aveva seguito tutta la loro corsa.
Una macchina su cui non c'era più Mac, appena posto al sicuro da dove sicuramente, ne erano proprio certi, non sarebbe potuto scappare.