FRAMMENTI

CAPITOLO IV:

FORSE DOMANI

will

'Mai piangere. Compostezza, aristocrazia, eleganza e grazia anche nel dolore. Reggere il peso senza provare nulla. Morire dentro ma non darlo mai a vedere. Un mondo, quello della nobiltà, pieno di pagliacci.'

Gli ordini erano stati chiari.
Ai funerali della Principessa Alicia, loro della famiglia reale, avrebbero dovuto tenere un contegno più che unico ed encomiabile. Non manifestazioni di sentimenti o dolore, nessun modo per i giornalisti di ricamare storie o notizie.
Quella gente aveva fatto abbastanza e poi l'immagine per loro era tutto.
In sequenza davanti a tutti prima la Regina, poi il Principe Alberth, quindi i figli William ed Andrew, di seguito i fratelli minori di Alberth, per finire con altri membri della famiglia.
Tutto ben calcolato, nei minimi dettagli. Tutto perfetto come sempre.
Nel luogo si era radunata una folla incredibile per assistere alla funzione, la più fitta e numerosa della storia di quella città e forse oltre.
Fece impressione vedere tutta quella gente al di là delle recinzioni preparate che aspettavano e consegnavano fiori ovunque.
La tiritera William ed Andrew l'avevano imparata a memoria.
Mai mostrare il dolore; compostezza, aristocrazia, eleganza e grazia anche in esso.
Il giovane tredicenne era semplicemente lì col corpo ma non con la mente, ancora di ghiaccio non mostrava segni di cedimento o tristezza. Non aveva ancora pianto tanto meno si era sfogato.
Accanto a lui, fra il fratello e il padre, c'era William.
Il giovane da un’altezza notevole che superava quella di entrambi, camminava composto e dritto nel suo completo identico a quello di Andrew. Nero con camicia bianca. Tipico per un funerale di nobili.
I biondi capelli erano sistemati sul capo in modo che le ciocche leggermente mosse non sfuggissero spettinate sulla fronte.
Un principe in piena regola.
Entrarono nella cappella reale. La bara era già davanti all'altare, in mezzo alle due fila di banchi, era ricoperta di fiori e ghirlande molto belle ed elaborate. La chiesa era addobbata in modo maestoso, mai vista una cosa simile nemmeno per un matrimonio. L'aria che si respirava, però, non era perfetta. Tutt'altro. Era pesante, troppo.
La funzione ebbe una lunghezza media durante la quale l'unico della stretta famiglia a cantare fu William.
Sembrava che nulla lo avesse toccato.
Sembrava perfettamente in sé e talmente controllato da non provare sentimenti.
Stava bene, era calmo, tranquillo. Viveva il suo dolore dentro e nel complesso sembrava solo un bel quadretto di ipocriti.
Lui per primo ne era consapevole, però se l'immagine che dovevano dare era quella, quella sarebbe stata.
Non si interrogò su cosa sarebbe accaduto ora, sperò solo che finalmente stesse bene, sua madre, lontano da quella massa di gente incomprensibile.
Non scappava con la mente, non si rifugiava in una menzogna, non fuggiva quei sentimenti forti che esplodevano in petto. Li viveva ma a modo suo, con razionalità e compostezza perché la gente che lo circondava non era degna di vedere quanto si agitava in lui.
Lontano. Dovevano stargli lontano.
Nessuno avrebbe mai capito.
Nessuno.
Eppure non si nascondeva.

Fu il suo turno di rendere omaggio alla madre, alla donna, alla principessa.
Il primogenito si sedette dietro un pianoforte posto nella cappella per l'occasione e si accinse a suonarvi qualcosa.
Ci aveva pensato a lungo.
Non aveva toccato il piano da quel giorno, alla comunicazione del padre di dover suonare qualcosa per la funzione, il cuore aveva preso a martellare così veloce da essere quasi assordante, non avrebbe voluto ma sapeva che l’avrebbe fatto ed ora infatti era lì, non ricordandosi più del motivo che l'aveva spinto a suonare una sonata non da chiesa.
Qualcosa che gli ricordasse la madre, unica vera nobile là dentro. Nobile d'animo e di cuore, ai suoi occhi.
Chopen.
Chiuse gli occhi e mantenendo il volto alto su un espressione fiera nella quale non passavano sentimenti contrastanti ed evidenti, solo qualcosa di effimero ed invidiato da molti, posò delicato le dita sui tasti pregiati.
All'inizio delle flebili note suonate si immaginò un filo su uno sfondo stellato. Vedeva l'universo attraversato da un lungo filo bianco che spiccava. Pareva delicato e fragile. La prima nota arrivò e con essa il filo si increspò.
Pensò che le note potessero essere le azioni delle persone e che in realtà esistesse un filo per ogni uomo. Il suono cominciò a prendere forma e come un elettrocardiogramma continuava a suon di musica delicata e sfumata. Con un intensità più forte sentiva che quel filo si sarebbe potuto rompere.
A chi era collegato?
Non corrugò la fronte di un millimetro anche se cercava di capire cosa vedesse, senza comprendere subito.
Lasciava le dita correre nel modo giusto sul piano e nel silenzio generale sentiva solo sguardi che lo fissavano ammirati.
A lui non importavano.
Non li calcolava, non se ne faceva nulla.
Dietro alle iridi azzurre nascoste dalle palpebre, William, con forte volontà proseguì la dedica con la musica che pensava per sua madre, la mente continuava a tessere l'immagine di quelle stelle suggestive su un blu cupo e quel filo che attraversava tutto pieno di guizzi dolci, leggeri, forti, avvolgenti; ripensò alla madre e al fatto che non sarebbe dovuta arrivare in quella famiglia. Erano stati belli i momenti passati con lei ma non se l'era goduta abbastanza.
Come ogni figlio che perdeva la madre a quell'età, aveva rimpianti, tuttavia con una maturità fuori dal comune a testa alta era passato oltre senza fermarsi a disperarsi. Sarebbe stato normale, giusto, comprensibile, no? Ma non lui, non William, il William cresciuto da lei.
Però doveva ammetterlo… la sua adorata madre sarebbe stata più felice in un altro posto, con un'altra vita. Non si era capito perché però non era stato un incidente comune o casuale, quel pensiero l’avrebbe tormentato per tutta la vita.
A causa delle storie che erano già venute fuori dalla tragedia, l’immagine della donna aveva già cominciato a sporcarsi e logorarsi… e un incondizionato senso di repulsione per tutti coloro che lo circondavano, presenti e non, lo avvolse da quel momento.
Un principe non doveva provare quei sentimenti negativi, però l'ipocrisia che dopo quell'evento sentiva intorno, era tanta e palpabile.
Partiva dalla Regina Madre e dal Principe Alberth.
Il volto della giovane donna delicata sovrapposto al filo bianco che suonava una vita, lo portò poi a comprendere.
Avrebbe voluto piangere e lasciarsi andare.
Lo sapeva perché su un pianoforte lui rischiava di perdersi e sul finale il filo si ruppe come la sua anima quando non vide più la madre nella sua mente. Rimase solo il silenzio, le mani sospese nell'aria, un universo solitario e tutt'un tratto poco illuminato.
Vuoto.
Smarrimento.
Nostalgia.
Incompletezza.
Insoddisfazione.
Sentimenti nuovi per lui, non da lui.
Avrebbe voluto essere un figlio qualunque che perdeva la madre troppo presto, ma non poteva.
Rimase solo un principino che perdeva sua madre, una principessa.
Non gli era concesso soffrire come un ragazzo normale poiché, lo comprese a fondo e totalmente solo in quell’istante, lui non lo era.
Aprì gli occhi e brividi percorsero tutti per l'azzurrità troppo pura e allo stesso tempo macchiata.
C'erano nuvole nel suo sguardo.
Nuvole che non si diradarono ma rimasero con una grazia e un continuo controllo.
Freddo.
L'impressione fu quella.
Un dolore molto contenuto e composto.
Criticabile ugualmente, come tutta la famiglia.
Si alzò e tornò al suo posto attraversando l'arcata in una concentrazione di sguardi e silenzio.
Dio, come avrebbe voluto scappare, in quel momento. Con corpo e mente.
L'unica volta in tutta la sua vita che provò un sentimento negativo identificabile vicino all'odio.
Proprio lui.

Cominciava a piovere ma non del tutto, fra pochi attimi si sarebbe riempita la città d'acqua. Resisteva. Ancora un attimo, resisteva.
La messa era finita, la bara fu caricata a spalla da guardie per portarla fino al cimitero.
La regina, un'anziana signora con un cappellino largo sul capo, stava fuori dai cancelli avanti a tutti ad attendere il passaggio; accanto a lei stava il figlio coi suoi due ragazzi.
Era forte.
Tutto.
Incomprensibile, su cosa concentrarsi di più?
A William parve di impazzire per l'obbligo pesante di non far nulla, di non poter piangere.
Era un dovere e l'avrebbe rispettato perché era da lui ma probabilmente nessuno avrebbe capito il carico che portava.
Facili le chiacchiere e le fantasie sulla povera principessa Alicia, perfino in quel momento…
- Che schifo... -
Mormorò Andrew a denti stretti facendosi udire solo dal fratello accanto.
Li si sentiva benissimo: persone sconosciute che con un fiore in mano e tanto dispiacere in viso parlavano in continuazione dicendo cose che mai ad un funerale sarebbero state da dire.
Colpe su colpe, accuse su accuse.
Una repulsione ancor più grande della precedente colpì il giovane biondo.
Guardò suo padre accanto che li sentiva anche lui senza fare nulla. Evitava di proposito lo sguardo con quella gente, lo portò con cura a terra, alle proprie scarpe. Vergogna.
Detestabile.
Al massimo vertice.
Se lo chiedeva sempre più, da chi era circondato?
Dove stava la fierezza del nome al quale erano tanto attaccati?
Già da quel momento cominciavano a 'massacrare' la principessa con le parole velenose e solo perché erano personaggi pubblici. Cosa sarebbe successo dopo quel giorno?
Eppure nessuno, no, nessuno poteva permettersi di ‘toccarla’. Non lei.
Sussurri e supposizioni su quanto avrebbero fatto il marito, la regina ed i figli, su quanto era accaduto in realtà alla principessa Alicia, cosa stava facendo, perché era a Parigi…
Maledette supposizioni persino sulla vera morte.
Quando udì la parola suicidio per lui fu troppo.
Quando si dice la parola troppo non la si comprende mai pienamente, la si usa facilmente. Per lui mai nulla era troppo, tutto era sopportabile.
Lui pensava che si nasceva ove uno si meritava, anche se forse non sempre era così, sua madre era stata punita per qualcosa che non aveva compreso, aveva affrontato una vita che nonostante le apparenze non era da augurare a nessuno.
Si pensava solo che era ricca e non nobile, una passata alla famiglia reale con mezzi sporchi, una fortunata che successivamente stufa dello splendore, avesse cercato avventure come il marito, stufa poi anche di quello, infine, si era tolta la vita.
Come poteva la gente malignare in quel modo?
Una morsa gli prese lo stomaco dandogli una considerevole nausea.
La parola troppo, William, non l'aveva mai conosciuta ed usata fino a quel momento ove nessuno aveva avuto il coraggio di alzare la testa e far qualcosa per quelle voci.
Si mosse il sentimento.
La nobiltà d'animo di una persona non deve mai essere stuzzicata fino a svegliare un lato pericoloso che riposa in tutti.
Bisognava sperare dal profondo di non farla fuoriuscire dal giovane principe.
Non ci furono parole, urla, imprecazioni, accuse pubbliche.
Nulla di nulla.
Solo uno sguardo.
Solo due iridi color tempesta che si posarono come fulmini sottili nella folla.
Il chiaro volto disegnato ad arte da un pittore del romanticismo pareva levigato, un increspatura nelle labbra: indecifrabile.
Solo lo sguardo si spostò, nient'altro, e un silenzio innaturale cadde ovunque.
Un silenzio che probabilmente, come si dice in certe occasioni, non fu mai stato scritto.
Non vide chi lo guardò fra quelli che gli stavano accanto.
Non vide nessuno. Solo volti sconosciuti che ammassati l'uno accanto all'altro guardavano improvvisamente altrove imbarazzati facendo cessare addirittura i flash continui dei giornalisti e fotografi.
Quando uscì la bara che lenta proseguiva il suo percorso verso il cimitero, niente musica e niente parole. Non vi era stato organizzato nulla per quel tragitto, nonostante le usanze. Nulla perché il simbolo più adatto, voluto dai due giovani figli, era proprio un semplice e regale silenzio.
Tutti si concentrarono su quel legno elaborato e pregiato che portava dentro il corpo della donna.
Tutti.
Assenza totale di rumori.
Concentrazione.
Su cosa?
Sui sentimenti.
Perché?
Per non farli fuoriuscire come volevano.
Respiro.
Respiro.
William scordò le male lingue, scordò tutto e si concentrò sul suo controllo, su ciò che provava e su una domanda.
Quanto dolore, quante lacrime, ancora, era in grado di trattenere in quel modo?
Non tese i muscoli, non palpitò, non si affannò, non dimostrò nulla col linguaggio del corpo.
Se non quando sentì lo stupore venire dalla folla. Si voltò cercando di capire che fosse successo e vide la regina inchinarsi lieve ma nettamente al passaggio della principessa Alicia.
Non sapeva se fosse organizzato o meno, se qualcuno se lo aspettasse o no, se fosse per ipocrisia o perché se lo sentiva, ma questo lo portò ancor più a cercare un controllo di sé maggiore.
In seguito il padre la imitò, furono seguiti da loro e dal resto della gente. Nessuno escluso.
Tutti al passaggio della bara si inchinarono profondamente colpiti dal gesto.
Brividi percorsero tutti i presenti che ebbero la sensazione di aver capito poco della persona che stava andandosene per sempre.
Fu un lontano sollievo che sentì William esercitando quell'atto, non come poter liberarsi del peso che le sue spalle e la sua anima sentivano, ma almeno qualcosa, un simbolo, un rispetto, un affetto... qualcosa… uscì da loro.
Non volle mai indagare sulla sincerità dell'azione.
Per non rovinare anche quello con la verità.
Tuttavia si potè capire quanto si agitava dentro di lui.
Iniziò a piovere in quel momento. Rimasero tutti fermi, aprirono gli ombrelli, tutti furono riparati, quando lo porsero anche a lui, lo rifiutò.
Fastidio.
Di seguito alla bara camminarono loro e il corteo li seguì in un giro della città nel quale vigeva il lutto nazionale.
L'unico a bagnarsi fu lui. Non gli importava nulla delle gocce fredde che gli arrivavano addosso, non gli importava nulla.
Pareva non sentirle.
In modo enigmatico ed indecifrabile più di sempre, pochi seppero leggere il dolore che trascinava con sé.
Molti, tuttavia, lo guardarono con occhi estranei non riconoscendolo più.
Solo osservandolo da vicino e attentamente si poteva notare lo smarrimento puro che regnava in quegli occhi lontani.
Voleva solo andarsene.


Se lo richiese quando finalmente da solo con suo fratello riuscì a vedere le prime lacrime di Andrew. Si era tenuto tutto dentro senza capire a fondo la situazione. Solo quando fu tutto totalmente finito aveva realizzato e potuto piangere abbracciato in solitudine a lui che non diceva nulla. Non azzardò parole giuste al momento giusto, non provò sensibilità o dolcezza.
Riuscì solo ad esserci poiché anche lui aveva perso momentaneamente ogni pensiero e razionalità.
Ma se lo richiese allora.
Quanto si poteva trattenere una persona, nel cuore, prima di scoppiare?
Quando la gente avrebbe capito ciò che non riusciva a capire?
Quale filo sarebbe stato abbastanza forte da non spezzarsi?
Perché l'ipocrisia pareva regnare in tutti?
Dove, in che luogo, si sarebbe potuti vivere in pace?
Un sospiro.
Sperò solo una cosa.
Che l'indomani arrivasse in fretta.