CAPITOLO III:
LA CURA
/Without you – Harry Nilsson /
“E’
passato ormai un mese da quando abbiamo litigato e non ci siamo
più rivisti, io ho evitato accuratamente la sua zona e casa
sua mentre lui ha fatto altrettanto con me. Che tristezza …
già, non ho bisogno di fingere con me stesso, non ne ho
nemmeno voglia. In realtà fa solo molta tristezza
… siamo fatti per stare insieme, insieme stiamo bene,
è nato del chiaro sentimento e non siamo capaci di vivere
tutto questo, di lasciarci andare.
Alla fine credo sia solo questo, riuscire a
scioglierci.
Non c’è giorno che io non
pensi a lui, mi manca sempre più e aspetto che sia lui a
fare il primo passo perché non sono io in errore,
perché è lui quello che non riesce a lasciarsi
andare nei miei confronti fino in fondo e ad ammettere che siamo una
coppia, a fare quindi anche tutte le cose che una coppia fa.
Io sono pronto a questo ma lui no, aspetto che lo
sia, che capisca le mie parole e che venga da me per procedere nella
nostra relazione, aspetto perché ha bisogno di
libertà e non costrizioni, però mi fa male,
vorrei vederlo e … e sentirlo, sentirlo veramente, Sentirlo
dentro.
Ho bisogno di lui, della sua
scontrosità, dei suoi sguardi, del suo calore, delle sue
mani, della sua presenza forte e decisa, delle sue insicurezze
irrazionali e nascoste. Non si rende conto di come sia in
realtà, sotto la sua scorza. Non se ne rende conto e non
vuole nemmeno capirlo.
Gli sta bene così, libero ed aggressivo
ma solo?
Io non credo.
Dovrei, dovrei veramente andare da lui e fregarmene
se lui non vuole vedermi, fregarmene delle parole che ci siamo detti e
di quel limite che abbiamo passato.
D’altro canto anche lui ha ragione
… nemmeno io sono pronto a lasciarmi andare ma non nel suo
stesso modo. Non riesco ad aprirmi intimamente a lui, a mostrare il mio
animo. Quando qualcosa non va mi chiudo per non ferirlo e lui non lo
sopporta, lui preferisce parlare .. bè, l’abbiamo
fatto e vedi come è andata a finire? Alla fine avevo ragione
io a tacere.
Però si poteva chiamare reale relazione?
Aspettare che lui capisse da solo i suoi errori,
ciò che mi infastidiva e mi feriva è efficace
solo in certi casi … non quando di mezzo
c’è qualcosa che somiglia ad amore.
Io non credo che lo sia il nostro, non ancora.
È presto.
Sono uno di quelli che fanno fatica a chiamare
‘amore’ qualcosa, lui fa fatica a provarlo e basta.
Siamo uguali ma diversi … ognuno ha
limiti enormi che allontanano gli altri.
Mi alzo dal letto su cui sono steso da gran parte
del pomeriggio freddo. L’inverno è alle porte,
guardo fuori dalla finestra, il cielo è nuvoloso, credo che
questa stagione nevicherà molto … oggi
però si prepara un bel temporale. Proprio come il mio umore
ultimamente.
Faccio così fatica ad essere sorridente,
mi controllo perché nessuno di quelli che mi circondano
c’entrano con questo mio stato d’animo, non
è comunque facile.
Vorrei sfogarmi con qualcuno, forse dovrei chiedere
consiglio, chissà.
Tsubasa capirebbe ma forse Taro è
più indicato. Con Tsubasa ci parlavo spesso, è
lui l’amico ma ormai le cose sono così cambiate
che non so più come considerarlo, chissà come
sta. Potrei chiamarlo così ne approfitterei per parlare con
Taro.
Guardo il telefono.
È solo un apparecchio inanimato,
è una sciocchezza esprimere attraverso un oggetto simile i
miei dubbi e i miei sentimenti.
Preferisco farlo di persona.
Quando sarà, sarà;
è solo che io ho bisogno ora di parlare.
Fra quelli che ho qua non so proprio con chi potrei
parlare: Hikaru è lontano e poi non sa nulla di questa
relazione, Yayoi … bè, con lei ci ho sempre
parlato tranquillamente, anzi … però non posso
certo dirle certe cose. Non è giusto, sarebbe indelicato.
Sospiro
alzandomi del tutto dal materasso, alzo le braccia in alto prendendo un
paio di respiri profondi, mi stiro i muscoli della schiena e delle
braccia che poi rilasso facendole cadere lungo i lati del corpo.
È difficile ammettere di aver bisogno di
parlare, figurarsi farlo … anche se trovavo qualcuno con cui
parlare non credo ci sarei riuscito.
Sono un bravo conversatore solo se si tratta degli
altri.
Muovo qualche passo, non ho voglia di vedere i
miei, dovrei mostrarmi gentile e sereno per non preoccuparli, non mi
va’.
Apro la porta-finestra in vetro, dopo aver scostato
i tendoni lunghi, esco sul terrazzo e mi appoggio alla ringhiera.
Un vento gelido mi accoglie scostandomi i capelli e
raffreddandomi la pelle.
Già, credo che oggi pioverà
molto forte a giudicare dai lampi in lontananza.
È con le prime gocce che rientro, un
attimo e si sta già scatenando il finimondo.
C’è molto vento, dovrebbe
finire presto però raffredderà molto
l’ambiente.
Un temporale non rispecchia molto il mio umore
quanto la persona globale di Hyuga.
Lui è un costante temporale che tuona
contro tutto e tutti, col vento si ribella alla corrente che non gli
piace e fa sì di cambiare ciò che non gli
aggrada, anche se sono cose oggettivamente giuste, anche se sono cose
di natura. A lui non gli stanno bene ed allora si cambiano. Con la
pioggia scrosciante e potente fa in modo di lavare via i pensieri
altrui per dar spazio solo a ciò che per lui conta.
Riesce a trascinare tutti nei suoi umori, nelle sue
sfide, nei suoi ingarbugliati momenti di passione.
Mi sembra di capirlo così bene, mi
sembra veramente però non so … sembriamo
così distanti, sembriamo di altri pianeti. Io lo comprendo,
gli leggo dentro, so com’è fatto eppure
… eppure non riesco ad aiutarlo.
Forse capirlo non basta, forse dovrei mettermi nei
suoi panni.
Forse si tratta di questo.
Ha passato una vita movimentata e difficile,
particolare ma in piena salute, è riuscito a prendersi con
le unghie ciò che voleva ma ha dovuto piegarsi alla forza
altrui che superava la sua.
Chissà se è questo.
Chissà se è solo un senso di
inferiorità verso gli altri.
Non so … è un lampo.
Se io venissi battuto in ciò che ritengo
la mia vita, il calcio, mi sentirei debole, avrei voglia di migliorarmi.
Però se vincere per me fosse questione
di vita o di morte come sembra sia per lui, allora lì forse
farei fatica ad accettare la realtà.
Eppure la realtà si deve accettare.
Mi siedo sulla sedia della scrivania e apro uno dei
libri scolastici trascurati in questi giorno.
Forse è meglio che mi concentri in
qualcos’altro.
Ci ho pensato e ripensato a lui e alla cosa
migliore da fare.
La cosa più giusta non è
sempre quella migliore ma soprattutto non è sempre quella
che verrà eseguita.
Non sono uno che aspetta però nella mia
vita ho fatto solo questo.
Alla fine sono così.
Solo uno che aspetta.
Cosa, però, ancora non mi è
ben chiaro.
Hyuga, ho voglia di rivederti.
/
Kiss the rain – Billie Myers/
È qua che il telefono squilla,
è il mio cellulare, quando lo prendo in mano è un
lampo l’idea che possa essere lui.
No, sarebbe assurdo, è impossibile che
mi chiami … ormai è andata così ...
Ne sono certo.
- Pronto? –
Silenzio.
C’è solo una cosa
dall’altro capo del telefono che mi fa capire.
Capire cosa?
Che chiunque sia è là fuori.
Si sente solo la pioggia scrosciare, è
anche forte … forse parla e non sento per la pioggia,
chissà.
Ripeto con la voce incerta, mi stupisco da solo
… mi stupisco anche perché nel dire il secondo:
- Pronto? –
Mi sono anche alzato in piedi e diretto alla
porta-finestra.
Quando lo sento parlare il cuore mi manca un
battito ma non è nulla di allarmante …
è … piacevole!
- Pronto … riesci a sentirmi?
–
Ora lo sento chiaro … ora lo sento.
Ora capisco con chiarezza.
È lui.
Hyuga.
Appoggio una mano al vetro davanti a me che subito
crea l’impronta appannata.
È sotto la pioggia e parla con me
… è pazzo, il telefono che usa, qualunque sia
perché lui non ha cellulare, potrebbe rompersi, lui potrebbe
ammalarsi, non si può andare in giro così ed
inoltre ci sono dei tuoni sempre più vicini. Non dovrebbe.
- Sto parlando con te? –
La sua voce in apparenza impaziente come al solito
mi riporta a lui, mi protendo all’apparecchio che stringo, mi
sento … diamine, mi sento emozionato solo per aver risentito
la sua voce.
- Si … -
Sussurro solo, vorrei parlare di più e
farmi sentire più deciso ma non riesco, vorrei veramente ma
non ce la faccio è assurdo.
Io … io non pensavo di essere
così, non è da me.
Però voglio che parli, la pioggia ci
distrae, lo cerco là fuori tentando di superare con lo
sguardo l’immenso giardino. Perché dovrebbe essere
qua?
Parla, ti prego.
Fallo.
- E’ tardi? –
Non parla dell’ora, vero? No, lui
è una persona diretta, non fa giri di parole per dire
ciò per cui è qua.
Improvvisamente capisco che mi è bastato
sentirlo per crollare su tutte le mie certezze e fortezze.
Mi sento come la gelatina.
So solo una cosa, io ora lo voglio ancora di
più e lo capisco solo ora che lo risento. Vorrei parlare e
dirgli che non lo è e che non importa nulla di quel che
è stato ma la voce mi muore in gola.
Non credo riuscirò a parlare per tutta
la durata della telefonata.
Che sciocco che sono.
- C’è silenzio da te. Sembri
solo … no, è che sto cercando di spiegare
… qualcosa non funziona. –
Dovrei interromperlo ma non credo
riuscirò a farlo.
Cosa non funziona, Hyuga?
- Solo niente sembra lo stesso rispetto a prima
… perché prima c’era Tsubasa che
giocava come al solito a calcio ed ora non c’è
più ed io pensavo di poterlo sopportare perché
c’eri tu. Ma ora sento che non funziona. Ora che non ci sei
più con me non ce la faccio. –
Sta in silenzio per un po’, si sente di
nuovo solo la pioggia ed io rimango senza parole ad ascoltarlo, posso
immaginare le sue labbra che vengono baciate da queste grandi gocce. Si
ammalerà ed io sono ancora io se riesco a pensare a questo
genere di cose. Vorrei che lo dicesse, vorrei che continuasse
perché anche così è bello sentirlo.
Anche così percepisco il reale Hyuga che a fatica si fa
strada. Piangeresti se non ci fossi più?
Hai bisogno di me e stai sotto la pioggia, ti fai
baciare da essa quando vorresti – vorrei – essere
io a farlo.
Ora il mio cuore batte sempre più forte,
non è mai stato così vivo.
Vorrei parlare ma non arrivo, appoggio la fronte al
vetro freddo
- Pronto? –
Silenzio. Un nodo mi cresce dentro, sale in gola.
Dillo.
- Ti manco? Credo di si, ma non nel modo in cui tu
manchi a me. –
Mi fa incassare il colpo. Forse ho sentito male.
Forse non credo che l’abbia detto e darò la colpa
alla pioggia … forse basterebbe che uscissi anche io per
sentirlo … basterebbe se fosse qua fuori ma sarebbe troppo
bello.
Mi mancava da morire ed ora sono io a non farcela
più, perché sono pronto ad ammetterlo solo ora.
- Cosa c'é di nuovo? –
C’è che forse è ora
che tu me lo dica.
- Voglio sentire cosa hai da dirmi ora ma so che ci
vorrà tempo, dopo quanto ci siamo detti quella volta. So che
non ti è facile parlare e aprirti, so che siamo sbagliati e
pieni di difetti. So tutto. Ma vorrei ugualmente, senza chiederti scusa
o pretendere tu lo faccia, sentire la tua voce. Aspetterò
qua fuori finché non avrai voglia di parlarmi.-
Chiude la conversazione bruscamente senza darmi
modo di rispondere, per dire le cose che ha detto e nel modo in cui le
ha dette, deve essere passato per una nera crisi. Deve stare male. Deve
sentirsi … non riesco nemmeno ad immaginare come debba
sentirsi per parlare così.
Poi lo realizzo.
Lui è qua fuori e mi aspetta.
È un lampo e con esso io esco di corsa
dalla camera senza quasi respirare e pensare più.
Lui c’è.
Lui c’è.
Questo è ciò che
conta.”
/La cura – Franco Battiato/
“Ho passato un mese intero a lottare una
guerra violenta contro me stesso, contro gli insegnamenti che mi hanno
forgiato, contro le mie idee, contro ogni cosa immaginabile.
Ho passato momenti di merda.
Ho visto il fondo.
L’ho visto perché lui mi ha
detto cose che nessuno mi aveva detto, mi ha fatto a forza
riconsiderare tutto e se volevo stare con lui dovevo capirle e
accettarle, farle mie.
Ma si può cambiare una vita intera e
renderla l’opposto?
Mi ha chiesto l’impossibile …
proprio a me che pensavo di non avere imprese impossibili da compiere.
Ho sempre pensato di poter fare tutto.
Ho lottato, non volevo ma dovevo perché
senza di lui … senza di lui mi sono reso conto di non
reggere il cambiamento grave che avevamo appena passato, senza di lui
mi sono reso conto che ormai mi mancava qualcosa.
Senza di lui mi sono reso conto di troppe cose e
lui, ora deve renderne conto a me.
Sono giunto all’orlo e senza riuscire a
farcela più staccato da lui nel modo in cui ci eravamo
lasciati, ho camminato sotto la pioggia, non volevo arrivare qua ma il
fatto di essere uscito col cellulare di Takeshi e di averlo ignorato
quando mi aveva riempito di parole, doveva farmi capire dove sarei
finito.
Più veloce di un’aquila sono
arrivato fin qua, a casa di Hyuga.
Proprio io che avevo giurato non l’avrei
mai fatto, proprio io che odio cedere per primo, proprio io che mi
sentivo quello più ferito, proprio io che non volevo
ammettere i miei sentimenti.
Non so cosa devo ammettere ma sono pronto a farlo
se è per star meglio, per riprendere quanto interrotto.
Ora so che andare avanti non è un male,
ora so che sono pronto ed è ciò che voglio anche
io.
Ne ho paura perché è una cosa
mai passata, pericolosa, forse, incontrollabile. Non è una
cosa che posso cancellare con qualche pugno se non va, non è
una cosa che si può vincere con una partita di calcio, non
è una cosa gestibile con le mie solite maniere.
Io vorrei però solo una cosa, che lui
uscisse e mi dicesse cosa pensa, se vuole ancora stare con me e
proseguire.
Io vorrei solo … vorrei solo rivederlo,
lui e la sua maledetta saccenza, lui e le sue fastidiose parole da
principe, lui e la sua schifosa eleganza nello sguardo.
Lui per me e basta.
Sono strafondo e non so da quanto sono qua fuori a
guardarlo, l’ho chiamato senza sapere cosa gli avrei detto,
con una lavagna vuota ed un umore più nero di sempre.
Non si trattava di rafforzarmi e ritrovare la tigre.
Non si trattava di una cosa simile.
Si trattava di cambiare radicalmente e ammettere
d’aver bisogno di qualcuno che mi piace, mi piace
così profondamente da darmi la forza necessaria di
affrontare i duri cambiamenti che sono giunti.
Perché ora dopo Tsubasa ho riconsiderato
la mia visione della vita, le mie priorità e mi importa meno
giocare a calcio … mi importa più vivere bene
senza avere rimpianti, vivere in modo da non rischiare di lasciare
nulla di importante.
Io ho paura di legarmi a lui perché so
che diventerebbe importante ma se non lo facessi ed ora morirei, avrei
rimpianti.
Se morisse lui penso che … che non so
cosa farei.
Ma brucerei.
Vieni fuori, Misugi.
Vieni perché te l’ho chiesto e
parlami.
Fammi capire se ho fatto bene e se si
può andare avanti lo stesso.
Se sono in tempo.
Se ti mancavo.
Se tu ce la facevi.
Se mi vuoi ancora.
Cosa vuoi da me.
Vieni perché sono su una riva e non so
cosa accadrà al passo successivo. Potrei trovare terra
sicura oppure cadere.
Quando il portone si apre trattengo il fiato, ho le
braccia lungo i fianchi e le gambe leggermente divaricate, non sento i
tuoni e forse nemmeno la pioggia, dovrei provare freddo ma sono solo
concentrato su di lui, lui e il suo sguardo che si posa subito sul mio.
Che sguardo ho?
Non so, ma so quale ha lui. Bello e …
bagnato.
È bagnato anche lui ma meno di me
perché è uscito solo ora.
Non so … è strano. Si
avvicina ed ho come la sensazione che le sue guance non siano bagnate
da gocce di pioggia ma da ben altro.
Anche se così com’è
ora è pressoché incredibile.
È un lampo, come quello che attraversa
il cielo e ci illumina, non si è fermato, non mi ha dato
tempo di fare nulla, lui è solo arrivato da me correndo e mi
ha preso il viso fra le mani appoggiando con foga la fronte sulla mia,
è così vicino, era al caldo ed ora si
raffredderà … è colpa mia, sono uno
scemo.
Respira affannato, spero non abbia un attacco, non
lo sopporterei, lo fisso con attenzione e apprensione.
Però prima voglio capire cosa pensa
… sembra completamente proteso verso di me, anima, corpo e
mente. Proprio come volevo facesse.
- Ti proteggerò dalle paure delle
fortune infami, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
perché sta cambiando del tutto.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del nostro nuovo
tempo diverso e pericoloso per le scelte che stiamo per fare, dai
fallimenti che per tua natura normalmente attirerai, come hai sempre
fatto.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi
sbalzi d'umore violenti e bruschi, dalle ossessioni delle tue manie di
vincere e combattere con la forza. Supererò le correnti
gravitazionali, lo spazio e la luce quando saremo separati, rimarrai
forte, indistruttibile ed in salute ed anche se dovessi ammalarti
guarirai da ogni malattia, perché sei un essere speciale, ed
io, avrò cura di te.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la
pazienza che ti mancano, percorreremo assieme le vie che portano
all'essenza che non capisci.
L'amore che faremo insieme inebrierà i
nostri corpi, nulla potrà calmere i nostri sensi accesi, i
nostri sentimenti.
Conosco le leggi ed il sapere del mondo e te ne
farò dono in modo che non ti senta mai inferiore a me.
Ti salverò da ogni malinconia. Io
sì, che avrò veramente cura di te. –
Ora da così vicino posso capirlo, ma non
lo capisco perché ce l’ho vicino. Lo capisco
perché lo sto facendo anche io.
Non è la pioggia che bagna i nostri
volti ma le lacrime.
Se l’emozione potesse venir descritta lo
farei ma non credo ci riuscirei … io non sono
così bravo a parole … avrei voluto essere io a
dire ciò che mi ha detto ma forse … forse va bene
così, perché in un certo senso mi ha letto nel
pensiero e quindi sa che lo penso anche io.
Però è bello …
è semplicemente fantastico che qualcuno possa dirmi
ciò che nessuno è stato in grado di dirmi,
ciò che invece avrei voluto sentire.
Solo sentendolo so che avrei voluto sentirlo prima.
Non pensavo di averne veramente bisogno, come non
pensavo di averne di lui.
Porto a mia volta le mani sul suo volto nello
stesso modo che sta facendo con me e gli dico tutto ciò che
dopo un lungo momento potrei dire, dopo averlo ascoltato, dopo aver
provato tutto questo.
- Io … io non so parlare
così. Non conosco le definizioni. Non so cosa siamo, cosa
voglio diventare e come si chiama questo che sento ora per te. Non so
se ha un nome, se cambierà, se ci farà soffrire,
se sarà compreso … io non so nulla di nulla
… mi limito a fare quel che sento quando lo sento e quando
sento di poterlo fare alla grande. Ora so solo che voglio stare con te,
fino in fondo, in modo totale, in qualunque modo si possa stare
insieme. So solo che sono pronto a fare quel passo che dicevi. Lo sono
perché sei tu che fai il regista, io sono solo la punta che
segna grazie alle tue indicazioni preziose di regista. Basta solo che
non smetti mai di fare quello che fai. Gioca sempre nel tuo ruolo, con
me. –
Non so se l’ho detto nel modo giusto,
forse non andava così … so però che mi
ha capito, se c’era qualcuno che poteva capirmi quello
è solo lui.
Infatti fa ciò che ho desiderato
facesse, ciò che mi mancava.
Sorride.
Ed io torno a respirare, sento che il sole
scalderà presto la nostra pelle gelida.
- Non cambierò mai ruolo se anche tu
farai la stessa cosa. –
Che risposta scontata … questa
è facile:
- Ovvio! –
Accentua il sorriso, è rilassato anche
lui e trasmette la stessa cosa anche a me. Quando mi bacia mi lascia in
sospeso di nuovo un attimo.
Era da così tanto che non sentivo le sue
labbra, questa pioggia fredda non mi ha aiutato, lui non è
caldo ma è vivo. Lui è Misugi, ciò che
desideravo … ed è proprio come lo volevo.
È mio.
Accolgo subito le sue labbra e cerco la lingua con
la mia, la trovo e non la lascio più andare.
Non me ne frega.
Non me ne frega niente di chi potrebbe vederci
… dannazione, piove a dirotto, saranno ben in casa a non
romperci le scatole, no?
Faccio ciò che dovevo fare, come lo
dovevo fare.
Con trasporto e foga, non posso più
lasciarlo andare.
Qualunque cosa ci diremo, faremo o non faremo
cercheremo solo di stare insieme perché è
ciò che ci serve per andare avanti. Facile o difficile
è tutto ciò che dobbiamo fare … ci
riusciremo.
Non siamo così impediti, spero.
Eppure sentirlo ora contro di me che mi passa le
mani sulla schiena e continua a baciarmi mi fa accendere ogni desiderio
represso.
Lo voglio.
Ora.
/Little by Little – Oasis/
È stato confuso il momento in cui poi mi
ha preso per mano e mi ha trascinato in casa, ancora di più
quando mi sono trovato in camera sua.
L’ho guardato per tutto il tempo senza
staccargli gli occhi di dosso, è bagnato e affascinante, mi
chiedo che problema ci sia ad ammettere attrazione verso uno dello
stesso sesso. Se uno è bello è bello …
non capivo come certa gente poteva arrossire in presenza di altra dello
stesso sesso, ora posso capirlo. Alcuni provocano soggezione per
diversi motivi, potrebbe essere la bellezza, l’eleganza, i
modi di fare, il carattere o anche l’insieme. Quando
c’è anche una sola cosa che piace ci si sente in
soggezione e il fattore ‘maschio-femmina’ va a
farsi friggere.
Certi istinti sono incontrollabili.
Misugi è bello, cosa appurata da tutti i
fan che ha, ma non solo … ha un modo di fare che attira
veramente.
Mi ha trascinato in camera sua e so che non ha
‘quello’ in testa, lo capisco.
Anche se ammetto che non mi opporrei.
Sono passi importanti perché sono
decisivi e diversi, sono tanti e sono da fare poco a poco.
Mi ha fatto sedere nel suo comodo letto ad una
piazza e mezza e mi ha avvolto in un asciugamano grande e morbido,
nonché asciutto, cosa che apprezzo decisamente molto!
Mi asciuga con cura rimanendo in piedi, chino su di
me, strofina le mani sulla testa e scende sulle spalle larghe, va sulle
braccia abbandonate ai fianchi e sulla schiena curva, io
l’osservo con attenzione, come se non riuscissi proprio a
staccarmi dal suo viso dove delle gocce si staccano dai capelli e
corrono sulla pallida pelle.
È lui che dovrebbe essere asciugato in
fretta anche se ammetto che avevo freddo.
Non dico niente, sono anche un po’
impacciato … farmi accudire così è una
cosa che non ho mai fatto!
Prende un lembo della pezza e me la porta sul
volto, continua a passarmela con cura e attenzione sugli occhi, sulla
fronte, sulle guance e poi sulla bocca chiusa.
È così strano, veramente
strano ma piacevole, vorrei non smettesse più.
Si ferma guardandomi, i suoi occhi sono di uno
spettacolare castano caldo, sembra quasi cioccolata.
Dopo essere stato imbambolato a fissarlo prendo
parte del mio asciugamano e lo porto a lui, lo strofino come ha fatto
con me e in silenzio l’asciugo come posso sui capelli che si
arruffano, è strano vederlo in disordine, è
affascinante, poi vado sul viso così come ha fatto lui,
quando è asciutta almeno la testa mi dico che la parte
più importante da tenere calda sarebbe il petto, se si
prendesse una polmonite forse sarebbe un guaio, anche se sta guarendo
dalla sua malattia cardiaca.
È un pensiero che rimane tale
poiché il mio corpo non risponde agli ordini della mente,
senza toccarlo in altro modo mi protendo verso di lui e lo bacio,
è la prima volta che lo faccio io così, in piena
calma e tranquillità. Non l’avrebbe fatto lui e
comunque la situazione non lo richiedeva, come poco fa.
Semplicemente volevo farlo.
Lo bacio e lui rimane inizialmente sorpreso ma
supera subito la cosa venendomi incontro aprendo le labbra e
rispondendo al bacio.
È un bacio calmo e rilassato, lento, ce
lo stiamo gustando.
Mi piace.
Lo tiro per un polso facendolo sedere accanto a me
e sempre con lentezza gli slaccio la camicia togliendogliela,
è bagnata come anche la maglia intima che ha sotto, gliela
sfilo.
Non so se comprendo totalmente
l’importanza dell’atto che sto compiendo.
Credo però che finiremo per far sesso
eppure va bene, non vado in caos, o meglio si ma lo posso sopportare se
è per averlo.
Interrompiamo il bacio e ci guardiamo ancora,
abbiamo un aria un po’ stralunata, è il desiderio
che si è acceso dopo … dopo tutto quanto.
Non so come si definiscono certe cose, non so cosa
si fa, cosa si dice, forse si fa e basta, ecco perché
è ciò che farò.
Dopo averlo lasciato a torso nudo lo cingo con un
braccio per avvolgerlo nel mio asciugamano, lo scaldo, era freddo, lui
si stringe a me e mi toglie la felpa della tuta che indossavo,
slacciandomi la cerniera. Rimaniamo coi nostri corpi a contatto.
Credo che ci sia ancora qualcosa da fare.
Qualcosa come quello che le mie dita stanno
febbrilmente facendo, gli sto sbottonando i pantaloni che indossa, sono
bagnati, deve stare all’asciutto.
Sono di troppo.
Lui abbassa gli occhi sulle mie mani e su quel che
fanno, me ne sono reso conto dopo che avevano iniziato a farlo, non era
una mia intenzione netta, non un azione ragionata, mi sono trovato a
farlo e basta.
Non so come si fa, non l’ho mai fatto con
un uomo, sono impacciato e se mi metto a pensare mi blocco, ecco
perché decido ancora una volta di non farlo, non usare la
testa ma solo l’istinto.
Lo voglio.
Dopo aver capito mi torna a guardare e sento sempre
un brivido lungo la schiena quando lo fa, ha uno sguardo molto intenso,
non ha paura, sembra adulto.
Si alza e si fa sfilare meglio i pantaloni, quando
le gambe sono libere mi raggiunge mettendosi a cavalcioni sopra di me,
con una mano mi spinge il petto giù, il contatto mi fa
guizzare i muscoli istintivamente e a lui piace, avvicina il viso per
aiutare a stendermi, l’asciugamano è sotto la mia
schiena e presto viene dimenticato, sono concentrato per capire cosa
sento, sapere cosa devo fare.
Continua a studiarmi il viso corrugato,
è la mia espressione, selvatica di natura.
Vorrei capire meglio ma spesso non serve.
Sento che si posiziona meglio sulle cosce rigide
che lo reggono e fa il medesimo atto che ho fatto io a lui, agilmente
scivolano a terra anche i miei pantaloni di tuta e ci troviamo
comodamente posizionati sul suo morbido letto, i capelli sono bagnati e
sconvolti, coprono parte degli occhi e incorniciano i nostri volti, a
me non piace stare sotto ed essere passivo nei rapporti, preferisco
gestire le cose però con lui … con lui
così sicuro non mi sembra male.
Non mi sembra male lasciarlo fare un po’,
è così piacevole quando mi esplora il corpo
carezzandomi, mi tormenta i capezzoli e presto sostituisce le dita con
la bocca, è delicato e lento, una tortura piacevole, non ha
fretta, questi sono i suoi modi di fare, non irruento ma elegante e
deciso, sensuale.
Mi mordo il labbro quando strofina il suo bacino
contro il mio, ci troviamo completamente nudi e non ho timore di
sentire le nostre parti intime così a contatto, è
come … è come se avessi bisogno, ora che lo sto
provando, di avere di più.
Non voglio che smetta, così
però sono eccitato, così non mi basta, chiudo gli
occhi e con sforzo mi trattengo, non posso resistere, mi serve di
più … lo sapevo che finiva così, forse
non volevo lasciarmi andare così per questo,
perché quando inizio perdo il controllo.
Lo prendo per i fianchi e lo spingo di lato
mettendomi sopra con uno scatto di addominali, vedo i miei capelli neri
che gli sfiorano il viso e la pelle chiara, è pallido ma
accaldato al contempo, il sapore che mi trasmette con la sua
eccitazione mi fa bere, ho voglia di andare avanti, devo farlo.
Mi chino su di lui e gli divoro le labbra, non sono
così dolce come lo è lui, non ho nemmeno
pazienza, sento questa mostruosa voglia esplodere in me, mi prende ogni
particella del mio essere e mi fa agire senza controllo.
È una cosa consueta per me, mi capita
spesso, è il mio carattere e non ci faccio mai peso, ora
però remotamente mi chiedo se vada bene, se per lui possa
andar bene.
Non è nemmeno tipo da lasciarsi fare,
è uno che controlla la situazione e la gestisce con
maturità e calma, è un regista ed infatti mi ha
portato a questo punto … io che non credevo sarei mai
arrivato a questo.
Mi piace e non riesco a fermarmi.
Ormai mi ha iniziato e andrò fino in
fondo … mi dispiace solo che sia a modo mio ma non sarei
riuscito ad aspettare che mi uccidesse con quella lentezza esasperante.
Dopo aver giocato voracemente con la sua lingua mi
stacco e mormoro sulle sue labbra umide e morbide:
- Io non so come fare … ma voglio averti
fino in fondo. Non ce la faccio più … -
Credo gli farò male, è
normale forse … spero però che possa anche
piacergli, io non so.
Ma devo farlo.
Lui ha uno dei suoi sorrisi, come adoro le sue
labbra che si piegano in quel modo enigmatico, sembra che sappia tutto
ciò che io invece non so.
Mi sto addentrando in un luogo buio, ma se non sono
solo penso che ce la farò, come ho sempre fatto …
andrò ad istinto.
Sono sicuro di vincere.
Questa volta, come le altre, lo so.
- Non preoccuparti … vieni, voglio
sentirti fino in fondo … -
È un bisogno impellente, qualcosa che
forse è osceno ma una spinta di ormoni o quel che sono, una
cosa basica.
Non so spiegarlo, la sua voce tremava
impercettibilmente, sa che non sarei riuscito a farmi gestire del
tutto, l’accetta.
Va bene.
Se è lui a dirmi che va bene allora
è così.
Prende un profondo respiro fra tanti che ne fa
corti, io faccio uguale ed entro piano piano laddove mi ha concesso il
passaggio.
Non is sa mai come va una partita, se sei
abbastanza preparato o meno, si inizia e si vede come va, a seconda di
quel che accadrà tu farai ma sai solo una cosa.
Comunque vada sarà un
successo.”
FINE