CAPITOLO IV:
LA PRIMA NOTTE
/Sistemazioni/
La notte era ormai inoltrata quando si
decisero a fermarsi in un albergo per pernottare comodamente. Non erano
persone che si privavano dei comfort, non ritenevano utile una fuga da
pazzi di quelle in cui non ci si fermava mai nemmeno per fare i bisogni
fisiologici. Tanto nessuno sapeva chi fossero e dove fossero diretti,
potevano prendere le decisioni che volevano, quindi dopo aver guidato
per diverse ore ed essersi avvicinati molto alle famose Terre del Sole,
scelsero un comodo hotel come nido notturno.
Preferirono scaricare i bagagli
nonostante l’indomani sarebbero ripartiti subito alla volta
della tappa prestabilita, quindi chi più assonnato chi meno,
attesero di ricevere le proprie camere tutte da due ad eccezione di una
che era da tre… naturalmente Tsubasa non poteva stare da
solo, dopo tutto era il protetto.
La discussione ovvia nacque per
questo: chi se lo sarebbe preso?
Anzi, non proprio visto che era logico
che Taro lo voleva con sé, erano anche più legati
rispetto a quanto l’Auror lo era con gli altri. Normalmente
tendeva a stare di più con lui quindi non ci fu nemmeno la
domanda ‘chi vuole stare con Tsubasa?’. Tanto
sarebbe stata inutile.
L’affermazione che nacque e
che portò tensione fra qualcuno di loro fu:
- Ma deve per forza stare sempre con
noi? – Pronunciata con zero tatto e proprio davanti
all’interessato mortificato. Chi l’aveva detta?
Hikaru naturalmente!
- No, guardate, posso anche stare da
solo, non serve che vi disturbiate sempre… - Aveva iniziato
con un filo di voce Tsubasa cercando di sistemare in qualche modo la
situazione per non pesare su nessuno.
- Ovvio che non puoi, sei quello in
pericolo, cosa ti lasciamo solo a fare? Mica siamo partiti per hobby!
– La voce sgarbata e spazientita di Kojiro si
inserì subito, seguita di nuovo da quella di Hikaru:
- Perché non sta con Kojiro
e Jun? Loro due non hanno nessun rapporto che richiede un po’
di privacy! – Un modo contorto per dire che non stavano
insieme e non gli serviva intimità!
Jun
si strinse nelle spalle dicendo che per lui era indifferente mentre il
moro trasformando gli occhi neri in due palle infuocate si
affrettò infervorato a rispondergli come se volesse
mangiarselo:
- Stai scherzando, vero? Io con lui?
Mai! Piuttosto sto solo con quel principe rompiscatole! – Jun
veniva anche soprannominato principe per via dei suoi modi
aristocratici e distinti e per l’eleganza che metteva in ogni
cosa. Questi, sentendo l’uscita della sua non molto dolce
metà spirituale, scosse la testa come per dire che era un
caso senza speranza, mentre Taro, cercando le parole più
adatte per evitare l’esplosione di una guerra cosmica, si
inserì appoggiando una mano sulla spalla di Hikaru che stava
per mangiarsi Kojiro.
- Purtroppo lui non ha un gran
rapporto con Tsubasa, da parte sua, lo sai… -
- Ecco, appunto! –
Ribatté immediato la tigre gesticolando animatamente.
- Ma non capisco perché
dobbiamo sempre essere noi a sacrificare la nostra intimità.
Non lo trovo giusto! Va bene ogni tanto, ma sempre… per una
volta potrebbero anche essere loro a sforzarsi e…- Proporre
Genzo e Karl era sicuramente fuori discussione, loro nemmeno si erano
messi in mezzo con già la chiave della loro camera doppia in
mano. Li aspettavano per sapere dove si sarebbero messi in caso di
bisogno, ma fremevano, specie il moro, per andare a rilassarsi,
finalmente.
Hikaru voleva solo che andasse da Jun
e Kojiro che non stavano insieme, era più logico metterlo in
stanza con loro… era sicuro che il problema non fosse il
moro… spesso la sua volontà veniva più
che calpestata, non riceveva quasi mai tutti quei riguardi. Non era
sciocco, sapeva bene che Taro preferiva avere Tsubasa con sé
anche se, essendoci anche lui, non poteva succedere assolutamente
nulla.
Il signore dell’ordine
sentiva molto chiaramente la gelosia acuta del proprio compagno, ma
nonostante si sforzasse sempre di placarlo il meglio possibile, era
più forte di lui. Tsubasa per lui era importante e non si
sentiva tranquillo saperlo in stanza con uno che, oltre ad essere il
signore della morte, era anche quello che ce l’aveva di
più con lui!
Certo, però non era tutto
qua… la verità era che anche se non poteva
lasciarsi andare con lui, cercava almeno di stargli il più
vicino possibile. Non riusciva davvero a stargli lontano, non ce la
faceva proprio. Come non ci riusciva a staccarsi da Hikaru a causa
della loro complementarietà. Verso Hikaru era un fattore
fisico, nel senso che standogli troppo distante si sentiva male, mentre
verso Tsubasa era un fattore interiore, sentimentale. Stargli lontano
era come uccidere la sua anima.
La lotta che minuto per minuto il
giovane faceva in sé stesso, era forse la peggiore di tutte.
E la faceva da anni.
Tsubasa, dal canto suo, nonostante
amasse Taro e lo sapesse, era consapevole del fatto che la loro storia
non sarebbe mai potuta esserci proprio per rispetto verso Hikaru che,
come per tutti gli altri, provava per lui un forte sentimento di
amicizia. Per lui quello sarebbe sempre stato sopra tutto, anche
sé stesso. Gli faceva male sentire quell’astio nei
suoi confronti ma sapeva anche, percependolo proprio da loro, che non
era vero e proprio odio o risentimento, solo frustrazione. Sia quella
di Hikaru che quella di Kojiro.
Si inserì di nuovo alzando
la mani in avanti cercando di placarli di nuovo:
- Vi prego, davvero, non litigate. Per
me va benissimo stare da solo… - In fondo quello era il suo
destino… la solitudine per tutti i lunghi secoli della sua
triste e malinconica vita. Mentre tutti potevano e dovevano avere un
compagno per la vita, lui era l’unico che non doveva, a cui
non era concesso. Lui era il solo Auror.
E questo, di anno in anno, continuava
a divorarlo sempre più, cosa che era bravo a mascherare con
gran sorrisi sereni.
- Non se ne parla, starai con noi. Non
mi fido di Kojiro, potrebbe involontariamente farti del male, mentre
Hikaru… bè, SO che non ti farebbe mai nulla.
– Certo, poiché se l’avrebbe fatto poi
avrebbe perso Taro e quindi sé stesso. Non era un ricatto ma
solo un dato di fatto.
Era vero e Hikaru, ancora una volta,
seppur con un ringhio, si rassegnò voltando loro le spalle e
allontanandosi di un po’. Jun scosse la testa comprendendo
perfettamente la situazione non avendo comunque intenzione di
intervenire, per una volta, mentre Genzo e Karl esultarono dentro di
loro perché finalmente avevano deciso. Anche Kojiro con un
ghigno di vittoria espresse la sua contentezza per aver ottenuto quel
che desiderava. Solo Taro e Tsubasa si guardarono con un espressione
dispiaciuta per più motivi. Per loro stare insieme era bello
eppure straziante e nonostante questo, non riuscivano a rinunciarci
mai.
- Sbrigatevi allora o viene giorno!
– Bofonchiò Genzo battendo il piede a terra
spazientito.
Nel giro di poco anche gli altri
ebbero le rispettive camere.
/Luce ed Ombra/
Finalmente in camera, Genzo e Karl si
concessero un sospiro di sollievo, erano davvero stufi di stare sempre
in mezzo agli altri. Loro, a contrario del resto della Triade, avevano
un rapporto che andava a gonfie vele quindi non vedevano sempre l'ora
di stare un po' da soli.
Posate le rispettive valigie, una a
testa, le aprirono tirando fuori il necessario per una doccia
rilassante che avrebbero fatto subito prima di andare a dormire, dopo
avere in mano tutto l'occorrente che non comprendeva il cambio per la
notte, osservarono il letto matrimoniale che avevano richiesto.
Sembrava che aspettasse solo loro e Genzo sorrise malizioso a quel
pensiero.
- Andiamo? - Disse poi senza mutare la
sua espressione che la diceva lunga sulle sue intenzioni. Karl non
annuì nemmeno limitandosi a precederlo nel bagno di medie
dimensioni che dava sulla stanza. Senza aspettarlo né
guardarlo cominciò a prepararsi per la doccia aprendo subito
l'acqua calda nell'ampio box coi vetri smerigliati. Sembrava
indifferente a quanto stava per fare, come se fosse normale
amministrazione e non ci fosse nulla di strano: in effetti era proprio
così. Eppure osservando il volto da lupo famelico del suo
compagno, dietro di lui, si aveva tutt'altra idea. Come se non vedesse
l'ora di fare una cosa che adorava e che non faceva da moltissimo. In
realtà non era così poiché la facevano
spessissimo.
Senza dirsi nulla cominciarono a
spogliarsi, entrambi non erano di molte parole ma per Genzo dipendeva
dai momenti, era sicuramente più loquace di Karl, poco ma
sicuro!
I loro tatuaggi scoperti si
richiamavano in un ulteriore unione, uno sulla schiena e uno sul petto.
Qualcosa di vivo.
Quando i rispettivi corpi furono
liberi dai vestiti bianchi e neri che indossavano e furono
accuratamente appesi all'appendino dietro la porta poiché
ancora puliti, scambiandosi uno sguardo a modo loro complice, lo era di
più da parte del moro naturalmente, entrarono nel box
chiudendosi lo sportello dietro di loro.
Una volta sotto si fecero bagnare
dall'acqua calda che accarezzandoli lieve li bagnò
appesantendo i capelli intorno ai loro visi dai lineamenti diversi. Uno
dalla bellezza tenebrosa mentre l'altra angelica, anche se dura per le
espressioni che continuava ad assumere. Il ghignetto che incurvava gli
angoli delle labbra di Genzo fu quanto di più eloquente e
sensuale potesse esserci.
- Era ora, non ne potevo
più! - Disse infatti con una certa eccitazione crescente
nella voce profonda, facendo scivolare le mani sui fianchi del
comapgno. Questo non si ribellò ed anzi lo lasciò
fare prendendo con le braccia alzate il doccia shampoo con cui si
sarebbero lavati e, spostando il manico della doccia lateralmente,
cominciò con calma ed imperturbabilità ad
inschiumare il suo ragazzo che, prendendogli dalle mani la bottiglietta
di plastica al profumo di pino selvatico, cominciò a fare
altrettanto solo con tutt'altra verve. La luce che illuminava i suoi
occhi oscuri era qualcosa di singolare ma che esprimeva a fondo il suo
desiderio acuto di impossessarsi dell'altro.
Dopo aver grossolanamente passato il
sapone sul corpo muscoloso del biondo, soffermandosi particolarmemte
sulle parti basse, spostando le proprie mani fra i capelli lisci e
più lunghi dei suoi, si attaccò completamente a
lui per inschiumarlo meglio e più approfonditamente
accendendo le prime magiche sensazioni eccitanti che solo Genzo sapeva
trasmettergli. Karl, con le loro intimità già a
contatto che si strofinavano, arrendendosi a non poter continuare ad
insaponarlo meglio, decise di lasciarlo fare per dedicarsi ai suoi
capelli corti e immergendo le dita fra i fili di seta nera che adorava
tanto spettinare, chiuse gli occhi per trattenere quelle sensazioni che
erano già troppo grandi per essere lasciate andare. Se si
lasciava trasportare completamente rischiava di esagerare e di
sprigionare una luce troppo forte quando ancora l'altro non era pronto
a contrastarla con la propria per proteggersi.
Quando loro due facevano l'amore erano
luce ed ombra a fondersi e probabilmente era lo spettacolo
più meraviglioso a cui un essere vivente potesse assistere.
Quando Genzo lo vide chiudere gli
occhi in un espressione chiaramente trattenuta e non più
distaccata, sorrise sensualmente capendo quanto fosse ricambiato il suo
desiderio.
Anche Karl non ne poteva
più nonostante non l'avesse dimostrato.
Approfittando del fatto che non lo
guardasse, prese il sopravvento a sorpresa e spingendolo contro la
parete piastrellata, di nuovo sotto il getto dell'acqua loro complice,
si abbassò soffermandosi a leccargli il tatuaggio sul petto
col simbolo della luce che era già rovente, poi
continuò a scendere inginocchiandosi davanti a lui senza
perdere tempo in preliminari 'a mano'. Accompagnandosi coi palmi sulla
sua pelle liscia e scivolosa che spaziavano libere sull'addome
cesellato, sulle gambe tese ed infine sui suoi glutei sodi,
andò subito a leccare via l'acqua che dal suo membro tentava
di cadere via. Come fossero sotto la pioggia, ma molto meglio in
realtà.
Leccò fino a sentirlo
reagire sotto la sua lingua, quindi l'avvolse completamente con la
bocca come se fosse un cibo prelibato e succhiando avidamente e con una
certa esperienza lo sentì finalmente mugulare con la bocca
chiusa. Quando alzò gli occhi, senza staccarsi, lo vide che
stringeva gli occhi e si mordeva le labbra in segno di sforzo. Cercava
di trattenersi eppure quell'aria sul suo viso così bello gli
dava un incentivo in più ad andare oltre.
Era irresistibile ai suoi occhi, fu
così che si trovò ad abbassare in fretta le
palpebre e risalire svelto di nuovo su, giungendo alle sue labbra per
mordicchiarle. Tirò coi denti quello inferiore quindi lo
succhiò seducente ed eccitato esplorandolo ancora a piene
mani. Karl l'assecondò e parcheggiandole sul suo
fondoschiena invitante, con un sospiro impaziente tirò fuori
la lingua chiedendo di trovare quella dell'altro. Genzo
l'accontentò e mantenendo gli occhi chiusi come i suoi
giocherellò con la lingua senza unire subito le labbra, in
un gioco erotico che accaldò ulteriormente i loro corpi
frementi.
Quando il moro intrufolò le
dita nell'apertura dei suoi glutei per prepararlo, ottenne un effetto
ancor più devastante tanto che Karl si trovò
irrazionalmente ad aggrapparsi alle sue spalle con forza e premendo
sulla sua bocca, disse in un soffio roco:
- Ti prego... - Chiedendogli di
prenderlo subito che era da troppo che se ne era privato.
Il loro non era un semplice atto
d'unione fisica, quando quelli come loro facevano l'amore non era come
chi lo faceva con uno che non fosse il proprio complementare. Era un
unione totale dei rispettivi elementi opposti fra loro ma uniti prima
della loro nascita, era un tornare all'origine e più, dopo
averlo fatto, ne stavano senza, più era peggio. Per chi
invece non l'aveva ancora fatto, prima o poi sarebbe finito per farlo
lo stesso impossibilitato a non seguire quel richiamo troppo forte e
indistruttibile.
Così Genzo, d'accordo con
lui, lo voltò spingendolo a piegarsi e appoggiarsi ancora
contro il muro dalle piastrelle bagnate e con un movimento fluido,
senza perdere altro tempo, entrò in lui aprendo gli occhi
nello stesso istante in cui lo faceva anche Karl. In quel momento
cominciarono ad illuminarsi, uno di una luce nera mentre l'altro di una
luce bianca, entrambi accecanti ed ipnotici, in una bellezza mai vista
solo per il fatto che erano di nuovo una cosa sola. Cominciarono a
muoversi l'uno nell'altro e gemendo si lasciarono andare a quel piacere
primordiale nel quale riuscivano a riprovare quel senso d'appartenenza
e di indissolubile che separati non riuscivano a provare.
Per loro fare l'amore era quanto di
più divino potesse esserci e non si sarebbero fermati o si
sarebbero spenti. L'avrebbero rifatto in ogni ritaglio di tempo, in
ogni occasione, ad ogni notte e non per istinti fisiologici ma
bensì per amore e bisogno di unirsi e tornare come un tempo,
prima di nascere e separarsi.
Fu così che ancora una
volta luce ed ombra si fusero creando la perfezione in uno spettacolo
sempre più senza precedenti.
Ogni volta cresceva di
intensità.
Ogni volta era speciale.
Ogni volta stordiva di più.
Ogni volta era indispensabile.
- Ti amo... - Mormorarono insieme
nell'orgasmo che ebbero nello stesso momento arrivando a vedere un
pezzetto di aldilà fuso fra chiaroscuro. - Ti amo... -
Ripeterono senza sosta, scossi e stralunati, completamente da un altra
parte, in un altra dimensione, cercandosi confusamente le labbra. Una
volta trovate i loro cuori tornarono a battere. Ovviamente in sincronia
perfetta, proprio come loro in quel momento.