CAPITOLO 6:
FARE
PACE
La porta
si spalancò in un tonfo rumoroso mostrando un Rufy alquanto
alterato dall’espressione contratta dalla rabbia.
Il
fumo gli usciva dalla testa, dalle narici e dalle orecchie!
Tutti
quelli che fino ad un attimo fa erano rimasti davanti a quella porta
per origliare, saltarono all’indietro spaventati provando a
fare finta di nulla. Invano. Il ragazzo dal cappello di paglia
sbuffò come una teiera richiudendosi la porta dietro di se.
Infine
si diresse a passo di carica verso la cucina senza guardare nessuno,
richiudendosi dentro con un altro rumore sordo.
Gli
venne puntato addosso uno sguardo
freddo e indifferente. Gli occhi azzurri di Sanji, per
metà coperti dalla barriera di biondi capelli lisci e
ordinati, tornarono subito sul cibo quasi pronto.
-
già fatto?-
senza
tradire curiosità morbosa come gli altri.
Rufy
dal canto suo gli si parò accanto stringendo i pugni in un
espressione arrabbiata e al contempo in un certo senso
infantile…
-
dimmi…cosa hai fatto con Zoro?-
glielo
chiese mentre stava assaggiando l’ultimo
piatto…sputò tutto in faccia al capitano che
impavido rimase immobile ad attendere la risposta.
Lo
fissò dopo aver tossito.
L’impassibilità dal biondo venne meno
all’udire una tale domanda.
Ma
era convinto?
Fece
attenzione…eh si…altrimenti si sarebbe
già divorato tutto.
Ma
possibile che non ci fosse arrivato?
-
e quando? -
effettivamente
o si allenava, o mangiava o stava con Rufy…c’era
ben poco da fantasticare su lui e qualcun altro…
specie
se quel qualcun altro era Sanji il
‘donne-dipendente’.
-
e che ne so…rispondi! Zoro ha detto che tu lo sapevi!-
-
e cosa sono, un indovino?-
si
stizzì della faccenda…lo mettevano in mezzo anche
quando non c’entrava!
Rufy
lo prese così per il colletto della camicia attirandolo
minaccioso a se…aveva disinserito il cervello, ma quando era
in quelle condizioni non era pericoloso…bastava dargli un
colpo in testa per farlo rinsavire!
-
RISPONDI!-
Sanji
gli tolse seccato le mani dai suoi vestiti lisciandoseli. Poi con uno
sguardo ancor più freddo, ma non ai massimi livelli, disse
lapidario e piatto:
-
non siate ridicoli! Io non c’entro nulla con le vostre
gelosie!-
poi
si voltò di fianco e si accese una sigaretta borbottando:
-
che idioti…sono gelosi a vicenda e nemmeno se lo dicono!-
dal
di fuori poteva sembrare comica poiché entrambi pensavano
che l’altro si prendesse troppe confidenze con il biondo, il
quale però non c’entrava proprio
nulla…e cocciuti entrambi non potevano nemmeno dirsi le cose
chiaramente.
Sanji
che li conosceva, perdeva facilmente la pazienza!
-
eh?-
ovviamente
necessitava di spiegazioni più chiare e semplici.
Sanji
cercò un po’ di calma che con certe persone
svaniva subito. Si sedette in una delle sedie della
cucina e senza guardare il moro spiegò con
parole semplici:
-
Rufy…hai idea di cosa sia la gelosia?-
-
eh, non sono mica scemo…-
un
dubbio si insinuò nella testa dell’altro e decise
di aver sentito un no per evitare altri equivoci.
-
quando vuoi la tua dolce metà tutta per te, non vuoi che
guardi, tocchi, si concentri su nessuno. -
-
oh…-
come
volevasi dimostrare…
-
te la metto su un piano semplice. In realtà è una
brutta rogna…ma sono solo equivoci…si
può evitare…-
Rufy
ora pendeva dalle labbra del biondo tanto che non si perdeva nemmeno un
suo respiro.
-
e come?-
sembrava
aver almeno capito che era il loro caso.
-
parlando di più con l’altro e rassicurandolo con
parole e gesti…-
si,
a dirla così sembrava semplice. Si illuminò un
attimo il ragazzo ma poi sembrò pensarci(straordinariamente)
meglio.
Parlare
con Zoro era un impresa…certo loro si capivano al
volo…ma allora perché si metteva a pensare certe
cose?
-
si ma lui se pensa quelle
cose non ha fiducia in me…e poi non è facile con
lui…-
un
misto di correnti di pensieri diversi unite in una frase. Era confuso e
confusionario…stargli dietro era difficile ma possibile
conoscendolo bene.
-
sei tu che ti sei messo con lui, sai?-
alzò
le mani in segno di resa…da lì in poi doveva
andare avanti da solo!
-
e no…poi scusa di chi dovrebbe essere geloso?-
con
un treno un po’ ritardatario ma ci era arrivato…e
meno male…
Sanji
lo fissò senza capire se era serio o meno.
-
ma Rufy…se ti ha mandato da me un motivo
c’è…-
-
quale, dimmelo!-
gli
cadde la cicca mezza consumata dalle labbra…era
stressante…non poteva veramente essere così!
Sospirò
alzandosi, non ne poteva più, era stancante! Gli aveva fatto
venire mal di testa. Battè la mano sul tavolo e autoritario
nonché arci stufo sbottò poco gentile:
-
è geloso di te e di me!-
la
bocca gli cadde a terra facendo sbattere il mento al legno del
pavimento. Occhi sgranati in maniera esagerata e incredulità
sulle parole ascoltate.
-
ma non è vero! Non è possibile.
Non…cioè….di cosa?????-
-
eh, se è scemo non è colpa mia! Vai a chiederlo a
lui!-
tagliò
corto Sanji sperando che così lo lasciassero fuori da quei
litigi e la pace tornasse.
-
si, vado a chiederglielo e lo picchio anche….come
può pensare questo? Dove sta la fiducia? Io ce
l’ho in lui!-
si
stava arrabbiando sul serio ma come al solito era precipitoso.
-
non si tratta di questo. La gelosia non è venir meno a
fiducia…è solo un mancato ragionamento. Se lo fai
pensare ci arriva, non è del tutto scemo
come…ehm….-
si
fermò, non voleva andare per le lunghe. E se i due
litigavano arrabbiandosi seriamente la nave affondava. Voleva evitare
un naufragio anche perché nessuno dei due avrebbe vinto mai!
-
dici di no? A me sembra proprio quello il punto. Io non sono geloso!-
-
Rufy….parla con lui con calma se ci riuscite. Non
è quello che pensi. È una brutta rogna ma non una
sciagura! Lui in fondo credo sia una brava persona…in
fondo…-
il
moro si illuminò all’udire quelle parole. Sanji
sapeva come prenderlo per farlo tornare come al solito.
-
si?-
indifferente
col ciuffo biondo di sempre sull’occhio rispose:
-
si…ma non quanto il sottoscritto, ovvio!-
Rufy
si distese in un sorriso battendogli la schiena. Scherzavano sempre
così!
Tuttavia
ora aveva la mente da quella testa dura del fidanzato.
Doveva
ricordarsi quelle parole. Non mancava la fiducia…era solo
stupido, ma una brava persona in fondo!
Ora
glielo avrebbe detto e tutto sarebbe tornato come sempre. Lui non
poteva fare a meno di quei momenti intimi, del pensiero che avrebbe
avuto Zoro sempre accanto a se in ‘quel’
modo…con l’anima, col cuore, col copro. Non poteva
pensare di non avere la sua stessa lunghezza
d’onda…non poteva fare a meno di lui in ogni
gesto, cosa, particolare.
-
vado!-
serio
e determinato, dopo aver seguito un filo conduttore nella sua mente,
uscì risoluto e deciso tornando in coperta nelle stanze.
La
porta si aprì richiudendosi per l’ennesima volta
lasciando ancora fuori il resto della ciurma super curiosa di sapere i
dettagli.
L’unica
che non era fra loro era Nico Robin che al solito posto, sul retro
della nave del ponte più alto, guardava il mare assorta e
impenetrabile.
Lo
spadaccino con un espressione tetra e cupa più del solito
continuava da una mezzora abbondante a lucidare le sue spade.
Luccicavano a meraviglia e scivoloso ora le stava affilando. Era
riuscito a scrostare tutto lo sporco e il sangue che vi era rimasto
negli angolini sotto l’elsa.
Perfettamente
assorto, o più che altro testardamente, non si
voltò per guardare il nuovo e solito entrato.
Rufy
non si perse d’animo a passo di carica si fiondò
sul letto e si sedette in modo da vederlo in faccia, di fronte.
Lo
fissò concentrato e serio poi disse seguendo i suoi pensieri
contorti:
-
sei una brava persona ma sei stupido!-
ecco
il riassunto della chiacchierata con il cuoco!
Schietta
e diretta nonché profondamente onesta!
Zoro
fermò la mano sulla lama mentre l’affilava
scrupoloso. Cosa diavolo diceva?
Alzò
un sopracciglio sforzandosi di non guardarlo e rimanere indifferente.
Non avrebbe mai ammesso la sua gelosia…tanto meno a se
stesso. Lui aveva comunque ragione e il suo orgoglio smisurato gli
impediva di farsi un esame di coscienza…che a livello
inconscio, sotto sotto, molto, gli faceva sapere quanto sbagliato e
idiota fosse risentirsi del tempo che Rufy passava in privato con gli
altri. Non era geloso di tutti. Ad esempio poteva anche dormire con
Usop, non lo toccava minimamente. Ma ad esempio sia verso Sanji che
verso Nami sentiva sempre la molla…e si spiegava i malumori
e le rispostacce acide e taglienti che riservava in alcuni momenti ai
due. Ma tutti conoscevano il caratteraccio di Zoro e ormai dopo uno
scambio verbale di insulti, lo lasciavano stare!
Era
chiara come la luce del sole la gelosia che lo spadaccino provava. A
tutti fuorché ai due interessati.
Come
al solito.
Rufy
stufo di essere apparentemente ignorato gli prese il viso e glielo
voltò a forza verso di se.
-
guardami, dannazione!-
dopo
aver ottenuto, anche se non spontaneo, lo sguardo
dell’interessato, proseguì il rimprovero.
-
sono arrabbiato con te ma cercherò di non
picchiarti….tu però non devi fare ancora lo
stupido! Ti rendi conto che lo sei, vero?-
era
un discorso tipico del capitano. La solita valanga di parole. Convinto,
oltretutto. Ma effettivamente questa volta aveva ragione.
Zoro
lo fissava malamente per partito preso. In verità sentiva
che aveva ragione l’altro e si imbarazzava solo al pensiero
delle ammissioni che la sua coscienza e la sua mente gli stavano
facendo fare. Non sopportava fare certe figure. Lui
geloso….ci si sentiva in pieno, stupido.
Una
volta ammesso era tutto più facile…o
difficile…perché sapeva che non aveva avuto senso
il suo umore e il suo comportamento…e si vergognava di
ammetterlo.
Proprio
un testone.
-
Zoro, dimmi qualcosa, uffa!-
alzò
la voce esasperato.
-
e metti giù queste spade, mica mi fai paura!-
gliele
prese posandogliele, senza sbatterle visto che sapeva quanto ci
tenesse, a terra, accanto al letto. L’altro lo
lasciò fare, stava pensando ad una possibile risposta che
gli permettesse di non perdere la faccia.
-
è impossibile farti paura e fermarti, non ci proverei mai!-
ecco,
non ci aveva pensato molto, ma come inizio poteva andare. E che cosa
dovevano dirsi di preciso? In certi momenti era lui il più
imbranato dei due!
-
cosa dovrei dirti, Rufy?-
-
che sei effettivamente stupido ma ti impegnerai a dirmelo prima di
farlo così mi regolo!-
spontaneamente
fece quell’uscita che normalmente avrebbe fatto sbellicare
dalle risate Zoro. Ora no. Ora aveva un suo senso, per quanto
divertente potesse essere lo stesso. Per loro era giusto.
-
non lo faccio a posta!-
il
moro si portò una mano al lato del viso prendendosi un
po’ di capelli spettinati fra le dita e spettinandoli un
po’. I neuroni cominciavano a fumare…aveva pensato
troppo…e non aveva ancora finito!
-
lo so, Sanji me l’ha spiegato bene quel che
hai…non si tratta di fiducia…vero?-
non
sapeva bene nemmeno lui cosa dire e come.
-
io ho fiducia in te. Credo in te. Non hai bisogno di dubitarlo.-
-
io non dubito ma tu ogni tanto metti a dura prova questo!-
Rufy
si distese per facilitare le corse dei neurotrasmettitori da una
sinapsi all’altra. Non erano per lui quelle
cose…parlare, ragionare…che difficoltà.
-
a me gli altri non mi interessano nel modo in cui tu mi
interessi…-
stettero
in silenzio a lungo. Aveva parlato ancora lui. Però non
sapeva cosa altro dire. Non era più arrabbiato. Zoro aveva
capito ed era semplicemente testardo ed orgoglioso di carattere, questo
gli impediva di comportarsi normalmente. Ma se lo fosse stato avrebbe
sicuramente perso tutto il suo fascino.Si era innamorato di lui. Di
quel ragazzo. Perché era
così pieno di difetti da essere intrattabile, ma anche forte
con una forza d’animo che sfiorava l’impossibile.
Perché aveva le sue fissazioni e la sua rigidità
in certe cose. Perché si fidava ciecamente di lui e non
l’avrebbe mai contraddetto.
Perché
poteva contare in ogni momento su di lui.
Perché
sapeva che se gli avrebbe chiesto di dargli la vita buttandosi in un
mare in tempesta da solo, lui l’avrebbe fatto
perché glielo chiedeva il suo capitano, perché
glielo chiedeva lui.
Perché
come lui non c’era nessuno. Erano molti ad essere pazzi
lì dentro. Ma nessuno capace di amarlo a quel modo, assoluto
e totale, dandogli tutto, rimanendo al suo fianco qualunque cosa
accadesse e dicesse.
Sapeva
che non si sarebbe mai arreso per lui, non avrebbe mai mollato
finchè lui sarebbe stato in piedi. E anche oltre.
Rufy
si alzò con queste consapevolezze inconsce
nell’animo. Seduto si tese verso il compagno cingendogli con
la mano il collo, posò le labbra
sulle sue.
Lieve,
leggero. Accennato.
In
quel tocco poi sussurrò:
-
non importa. Ti amo perché sei così.-
e
a costo di affrontare lo stesso discorso miliardi di volte, perdere la
pazienza e finire alle mani in litigate furiose…sarebbe
sempre finita così. In un ‘non importa’
sussurrato, un bacio approfondito dato col cuore, un ‘ti
amo’ successivo, un ‘va bene così, te lo
spiegherò un'altra volta. Basta che non
cambi…’ e la dimostrazione più pura dei
sentimenti.
All’udire
quelle due parole, Zoro aprì gli occhi guardandolo in volto.
Aveva lo sguardo rilassato e le palpebre abbassate, la cicatrice sotto
l’occhio morbida come la sua pelle liscia e calda, i capelli
che gli coprivano la fronte spettinati.
Aveva
dei lineamenti delicati e affascinanti, puliti in un certo senso. Ma
non gli piaceva solo per questo. Era tutto in lui, ogni singolo
particolare e dettaglio, che amava.
Gli
fecero effetto quelle parole, sentirsele dire così
sinceramente. Quando faceva così era disarmante e tutto
sembrava insignificante. Perché fissarsi su certe
sciocchezze? Quali? C’erano cose più importanti?
come non lasciar fuggire quel momento, lasciarlo andare liscio e lento,
intenso e violento, libero?
Trattenne
il respiro ma se ne accorse dopo averlo trattenuto. Non voleva rovinare
con nessun rumore il momento che si era creato.
Annullò
la poca distanza che rimaneva e si disse quanto era stupido certe
volte. Non era la fiducia a mancargli, tanto meno la sicurezza dei
sentimenti e del rapporto, non era nulla. Solo un po’ di quel
che si diceva sale in zucca. Bastava ci pensasse solo un attimo in
più. O che non pensasse affatto.
Lasciò
le loro labbra unirsi, aprirsi e le loro lingue esplorarsi a vicenda in
tocchi sicuri e profondi.
Mancava.
Anche
se se ne erano scambiato uno la mattina. E la notte. E la sera. E il
giorno prima e quello prima ancora.
Mancava
sempre.
Zoro
immerse le sue dita dalla pelle ruvida e rovinata per le molteplici
ferite, fra i capelli morbidi ed ingarbugliati dell’altro.
Attirandolo più a se. Si avvicinò col copro anche
lui in modo da attaccarsi in un bacio non solo delle bocche ma anche
fisico.
Rufy
allacciò le gambe attorno alla vita robusta del compagno
incrociando le braccia dietro al collo.
Il
bacio passionale sfociò in un esplorazione totale
approfondita. Rufy scese sulla clavicola dell’altro seguendo
con la lingua i muscoli tesi, amava disegnare sulle linee naturali di
quel corpo atletico e forte, non se lo spiegava ma gli dava una
sensazione liberatoria e di grandezza. Come pensare ‘lui
è mio ed è fatto così bene!’
Per
accertarsi che quel fisico forte e sicuro che dava invidia a chi lo
guardava, fosse sempre lì per lui.
Febbrile
gli alzò la maglietta aderente andando ai capezzoli. Glieli
tormentò. Ora non servivano più le direttive di
Zoro su come si faceva a dare piacere all’altro.
Andava
per intuito…a seconda di quel che piaceva a lui.
Contraendo
la mascella cercò di controllarsi, poi decise di fare la sua
parte togliendo i vestiti all’altro. Lo stese poco
gentilmente coprendo il corpo nudo che non aveva nulla da invidiare
agli altri. Certo la magrezza non dipendeva dal fatto che mangiasse
poco, visto che mangiava con un maiale(ma non fate caso agli scleri!).
Si
trovarono ad unire le loro labbra strofinando i bacini privi di
vestiti, l’uno contro l’altro. In languidi
movimenti sempre più frenetici, toccarsi sempre di
più per sentire veramente l’altro.
Quando poi non bastava
più e averne bisogno di più.
Volerne
di più e ancora.
Come
una musica sensuale che partiva piano sottovoce e poi andava in
crescendo diventando maestosa e apocalittica insieme. Una marcia
trionfale che produceva un suono immenso che sapeva di eterno. E lo
faceva unendo solo due strumenti che a contatto facevano scintille
elettriche.
Contatti
intimi e volerne di più.
Ansiti
riempivano la stanza, non molto rumorosi. Respiri profondi come in
contrasto coi tocchi leggeri per dar più piacere possibile.
E
un violino che iniziava la sua sonata nelle loro teste.
Due
violini in coro, un terzo che si scostava dalle note degli altri in un
suono da solista che si contraeva sovrapponendosi agli altri. Incroci
di più parti e sonetti.
Una
voce lugubre di sottofondo che mormorava parole arcane incomprensibili,
rimbombavano senza far capire che fossero. Brividi su brividi udendo
solo questi due. Voce e strumento. Non canto. Non si capiva. Si udiva e
spaventava ma rendeva la bellezza più maestosa e grande.
Questo
si interruppe con l’unione totale dei corpi degli artefici
che creavano la grandezza da brivido.
Zoro
entrò in lui accontentando l’eccitazione di
entrambi. Sfogando le voglie. Facendo ripartire la musica che non
cessava e riprendendo da un violino. Acuto. Due violini in sintonia.
Tre violini, uno dei tre che si scostava solista lungo e affusolato.
Poi la voce ritornava come un mostro sacro che diceva formule proibite
per arrivare al segreto di un apice raggiunto con la sintonia di tutto.
E il buio e il silenzio intorno si trasformava in una cascata di rosso,
arancio e giallo mentre macchie grandi e piccole sporcavano lo sfondo
con cerchi che convergevano ingrandendosi con l’andare della
melodia.
I
corpi si muovevano l’uno dentro l’altro.
Dentro.
Insieme.
Senza
dolore, solo piacere. Per sentirsi di più.
Sollievo
iniziale e poi tornò a non bastare più.
Sentimenti
fluivano con colori e strumenti che inscenavano uno scenario
innominabile.
Dentro.
Movimenti
lenti e delicati e via via sempre più forti, ritmici, uniti.
Infine
un unico coro di elementi che portavano la fine. Una grande fine.
L’inizio si fuse e tutte le forme si unirono, i colori, i
suoni, le esplosioni, lo scemare e la voglia che riprendeva. Il
movimento che ripartiva. Gli strumenti che risuonavano e la voce che li
indicava.
E
ancora tornarono a darsi piacere.
Dentro.
Fecero
l’amore come molte altre volte l’avevano fatto, con
la differenza che lì i sentimenti, ogni volta che lo
facevano ancora, erano sempre più forti, potenti e
devastanti. Ed ogni volta era più distruttivo e intenso.
Il
respiro che non tornava, i battiti che uscivano dal petto, la fatica,
il sudore che colava, le lingue danzanti in sincronia coi corpi che non
cessavano di aver vita, palpitare e andare.
Per
completare un opera già perfetta che arrivava a picchi
assurdi.
-
ti amo, Zoro…-
perché
lui doveva dirlo. Lo sentiva troppo immenso in se. Lo sentiva. Lui non
poteva farne a meno. Era così. Liberandosi, lasciandosi
andare. Lasciando che tutto uscisse a andasse per la sua strada. Una
strada che coincideva con quella del compagno.
Un
grazie. Un ricambio. Nel posare le labbra sugli occhi di colui che
aveva pronunciato quelle parole magiche.
Una
stretta possessiva e forte.
Stare
bene dopo aver avuto un incomprensione per una pace fatta in quel modo
e dei sentimenti liberati ancora una volta così.
Giusto
e perfetto.
Impossibile
da scrivere.
Per
questo ora mettere la parola fine è giusto come il resto.
Perché
più in là di così ci si ripeterebbe e
basta.
Perché
oltre non si può andare.
Perché
non si può descrivere qualcosa di indescrivibile.
Ed
è così che li si lascia.
Abbracciati,
amarsi, sentirsi, aversi.
Dentro.