LEGEND

CAPITOLO VII:

DECADENZA

Correva. Correva tutto troppo in fretta. Non riuscivamo a raggiungerci a vicenda….e lei…lei ormai era lontana, non era mai stata qui ma in quel momento era terribilmente irraggiungibile.
Dormimmo per 7 giorni e 7 notti, ci misero due letti nella camera del Principe e non ci svegliammo per tutto quel tempo. Ci credevano morti, ma in realtà privi di sensi vedevamo immagini e sentivamo profezie terribili…e presenza oscure. Furono momenti di incubi continui. Ci agitavamo nel sonno…e rimanemmo per tutto il tempo di colore bianco. I nostri capelli come seta candida, privi di colore, la pelle senza più melanina e gli occhi senza ne pupille ne iride. Privi dei sensi, dei colori, della volontà e dei poteri. Vegliarono su di noi i sudditi più fedeli giorno e notte e i Piccoli Angeli si adoperavano per noi per risvegliarci. Tutti credevano fossimo morti anche se i nostri cuori flebilmente battevano.
Sentivamo l’angoscia di chi ci stava attorno, l’angoscia dei 4 Dei che silenziosi osservavano il nostro fato, l’angoscia dei nostri cuori…e la vita che si beffava di noi.
Io e lui eravamo insieme nei sogni, le nostre anime si toccavano ma non eravamo un tutt’uno.
Arpe che suonavano nel luogo in cui ci trovavamo, tasti di pianoforte che rimbombavano all’infinito nel buio….e rumori di gocce che cadevano in un mare infinito senza onde provocando concerti di echi senza fine molto suggestivi….sentimmo questo a lungo…ma poi….poi cambiò…e nel buio totale tamburi sostituirono le arpe. Trombe al posto del pianoforte…e vedemmo…le gocce che vedevamo non erano di acqua in un mare calmo e placido…ma gocce rosse, di un liquido intenso che colava dal nulla, non si vedeva in alto ma solo queste gocce che cadevano…a terra…in pozze piene…piene di …sangue. Rumori sinistri di flauti in legno si udivano accompagnando quella visione terribile. Poi vedemmo, il buio cominciò a rischiararsi con del rosso cupo…rosso poi sempre più chiaro fino ad assumere ogni suo tono. Era silenzioso e i tamburi smisero di battere lasciando il posto a quello strumento di una tristezza orribile. Solitudine. Il suono dei sopravvissuti.
Poi voci, cori di uomini di canti gregoriani accompagnati da organi e tamburi in legno piccoli e grandi….voci che li chiamavano.
‘principe’ e sovrapposto a quello ‘amato’. Per poi finire con un terzo coro lugubre che in perfetto stile gotico da far rabbrividire ci chiamava con il nostro vero nome di quinto Dio unito….un nome incomprensibile che non si sarebbe distinto mai.
Poi lento il coro gregoriano scemò e sullo sfondo dei rossi camminammo sul sangue mentre altri tamburi con sonagli e percussioni orientali si facevano strada martellanti. Le gocce ci cadevano addosso sporcando i nostri bianchi corpi, non avevamo voce. Una paura sviscerale ci attanagliò. Paura che cercammo di domare.
Poi ci decidemmo. Fra gli alberi e il paesaggio noto deserto ci bloccammo e guardammo in alto. Solo in quel momento realizzammo che quel posto era Legend. Che gli dei erano scomparsi e che…silenzio. Trombe con tamburi grandi. Rimbombi. Cori gregoriano in una lingua sconosciuta. La decadenza su di noi. Presagi e profezie di morte.
Quelle voci dicevano
‘morte e decadenza morte e decadenza morte e decadenza’
brividi e brividi. Poi vidimo.
Il cielo rosso vivo era coperto…pieno…di corpi morti…corpi dilaniati, torturati e uccisi barbaramente. Essi galleggiavano nel cielo trafitti da lance, frecce, spade e anche nulla…coperti di sangue…che colava lungo l’aria per finire a terra e creare quel mare.
Cosa era accaduto?
La musica gotica crebbe e crebbe sempre più le voci si ingigantirono e la morte ci fece visita. Ci guardò e si fece beffe di noi. Poi la vidimo piangere lacrime di sangue triste e disperata per il fato che ci aveva colpiti.
Infine scemarono anche i cori lugubri e assordanti per lasciare spazio ad un silenzio mai udito, un silenzio che feriva più di quanto avuto fino a quel momento.
Al settimo giorno aprimmo gli occhi riprendendo i sensi.
Tornammo alla vita.
Eravamo immersi nell’acqua della Bambina Purificatrice, lei ci lavava e ci curava. Fu lei a salvarci. Pian piano riacquistammo i nostri colori.

Eravamo stati in apnea là sotto per gli ultimi 3 giorni, senza mai risalire.
Ci specchiammo nel lago. Eravamo grondanti ma non avevamo freddo. Lui aveva i lunghi capelli pesanti che si anelavano alle lunghezze, i suoi capelli sfioravano le caviglie, ed erano un tutt’uno con le montagne di cristallo…prendeva lento colore, gli occhi non avevano pupille, come sempre, ma le iridi erano appena un puntino, un impressione inaudita, la pelle ancora bianca e non del solito colore azzurrino impercettibile. Le mani senza unghie e il corpo coperto da strani simboli blu scuro illeggibili. C’era qualcosa di strano….era come…si, sembrava più giovane il suo corpo.
Io finalmente mi guardai pur ben consapevole che quello non era il mio vero aspetto. Avevo i capelli appena appena rosati lisci anch’essi grondanti d’acqua, mi arrivavano a tre quarti di schiena, si scalavano e la frangia mi copriva la fronte e metà viso. Mi scostai i capelli notando i miei occhi come quelli del Principe, il colore non si percepiva. Ma ciò che fece più impressione furono gli stessi suoi simboli che erano nel mio corpo, rosso cupo. Sommariamente le caratteristiche erano comuni come le unghie che non c’erano, solo che io ero leggermente più muscoloso e i lineamenti seppur molto ambigui ancor maschili.
Non eravamo più completamente bianchi ma c’era qualcosa, io non avevo idea dell’età che avessi ma era impossibile dimostrare 16 anni invece che i 20 iniziali.
Noi due…era come se stessimo tornando indietro nel tempo, lentamente e inesorabilmente. I corpi stavano cambiando.
Quando tornammo al castello nell’albero centrale della foresta, fu subito tutto chiaro.
C’era un trono di cristallo al centro della sala principale, quel trono solitamente spettava al Principe, ma lui non vi si sedeva mai, solo nelle occasioni ufficiali, accanto ad esso ce n’era uno più piccolo per la Principessa sempre nello stesso stile dell’altro. Il resto della sala risaltava subito agli occhi, era un luogo molto regale con addobbi in vetro e acqua, veli scendevano creando giochi di trasparenza suggestivi e una luminosità diversa dalla solita che stava fuori. Una specie di nebbiolina creata dalla stessa luce azzurrina, aloni magici ovunque. Tutto il castello era in questo stile, e dire che da fuori sembrava solo un albero comune ad altri, solo più grande e maestoso.
Ci fermammo davanti alla porta, eravamo scortati da due servitori piuttosto anonimi a dire il vero e tutt’intorno a noi i Piccoli Angeli che come uno scudo ci difendevano da qualcosa.
Un vento gelido scostò i nostri vestiti e i nostri capelli che lenti riacquistavano colore, i veli davanti al trono volarono rivelando la presenza di due persone di una negatività sovrumana.
Seduta sul trono principale stava lei. La Principessa. O colei che un tempo lo era. Il corpicino piccolo e minuto di bambina c’era, ma non era più priva di colore, l’espressione non era più quella di una bambola, la posa non era più neutra.
I capelli neri come pece si allungavano lisci fino a metà schiena per poi continuare fino alle natiche arricciandosi, un nastro rosso vivo alla somma del capo e la frangetta che ordinata cadeva sulla fronte. Gli occhi due laghi oscuri, la pelle di un vivo rosa carne, unghie smaltate di nero e gli abiti di seta velati in vari strati. Sfumavano da grigio al nero. Le gambe incrociate e il mento appoggiato sulla mano, il gomito sul bracciolo del trono. La bocca sottile truccata di scuro si incurvava in un sorriso pericoloso da brividi.
La Principessa non era certamente più lei.
Appoggiato di fianco al trono centrale con le mani sprofondate nelle tasche di un abito di un ufficiale dell’esercito reale del 600, stava un uomo vestito di rosso, era alto e un fisico che si notava. I lunghi capelli lisci erano biondi e arrivavano fino alle scapole, viso dai lineamenti duri e maschili, occhi sottili e dorati. Il dorato era un colore della luce e della bontà, lui ingannava, non era buono.
- bentornato fratello. Da quanto tempo….vedo che vi siete rimessi!-
brividi lungo la spina dorsale quando la voce infantile ma insinuosa come quella di un serpente, parlò. Io mi fermai all’ingressi e feci andare avanti il Principe, l’unico vero in diritto di stare là dentro.
Sembrava di gelo come sempre, in scalfibile. Non vedeva nessuno?
- sorella…spiegami…-
di poche parole ma chiare e precise. Non una piega. Io ero sbalordito, ne sapevo quanto lui, eppure sembrava che non fosse nulla di grave.
- oh, il solito ghiacciolo senza cuore…è da secoli che non ci parliamo e non mi abbracci nemmeno?-
giocava. Lei stava giocando.
Lui non rispose, le si fermò innanzi costringendola ad alzarsi, i veli ricaddero coprendomi la vista, il vento smise di soffiare. Io vedevo con gli occhi della mente perché la vista normale a noi era proibita fino a quel punto ove la barriera si ergeva protettrice.
In piedi davanti a lui, lei lo fissò infida come mai avevo visto. Poi prese l’iniziativa e lo abbracciò, lui non la toccò nemmeno.
“tu non sei mia sorella”
lei sorrise come prima aveva fatto poi prese per mano l’uomo accanto a se e lo presentò al fratello:
- lui è il Consigliere, l’uomo più fidato che io conosca. Starà sempre accanto a me e non lascerà mai il posto ove io risiedo.-
- da dove venite?-
come se non avesse sentito nulla, il Principe chiese spiegazioni sulla situazione. Non l’aveva fregato.
Tuttavia lei ammiccò e non rispose.
- d’ora in poi non avrai più pensieri. Tu non mi presenti il tuo amico?-
dopo un lungo momento di scambi di sguardi lei lo superò e venne da me lasciando i due a fronteggiarsi da soli. Non so che successe fra quei due ma non ci furono ne vincitori ne vinti a qualsiasi cosa fecero.
La Principessa arrivò poi davanti a me e mi tese il dorso della mano sorridendo ambiguamente.
- piacere, io sono la Principessa, tu chi sei?-
dopo averla squadrata a mia volta le presi la mano e inginocchiandomi educatamente a lei la sfiorai con le labbra come si usava fare a corte.
Mi rialzai e non staccai lo sguardo da quello nero e oscuro di lei. Era un aura terribile. Non forte in se, ma minacciosa e senza via di speranza e uscita.
- io sono l’Amato-
Fece poi un passo verso di me e in punta di piedi mi accarezzò la guancia, era fredda…e una sensazione di viscidità mi percorse…fredda ma al tempo stesso sensuale…era la sua natura nuova.
- Amato…sei veramente magnifico…hai degli occhi rossi come il sangue…hai un nome perfetto, farai grandi cose…-
ma non finì la frase ed io non volli sapere altro. Se piacevo a lei non era un buon segno. Lo compresi subito.

Se ne andarono nella loro stanza e il Principe si avvicinò a me mentre i piccoli angeli si rilassavano per il pericolo scampato. A fianco a me mi disse con la mente e un inclinazione che mi preoccupò più di quanto appena visto:
“c’è qualcuno in lei…ed è comandato da lui…devo parlare coi 4 Dei”
ma aveva un aria scontenta e malinconica, finalmente almeno con me era se stesso. Io d’istinto gli presi la mano gliela strinsi. Il fato si stava rivoltando contro di noi mentre l’era della decadenza era arrivata.