MIND LOST

CAPITOLO X:

TEMPO
 
Avanti, indietro o fermi? Come si muove, qui, il tempo? Possiamo solo aspettare che scorra in qualunque modo voglia. Anche se non sentiamo bisogni, anche se non invecchiamo, anche se non viene più giorno. Possiamo solo attendere di morire o di tornare a vivere…”
 

Il violino suona il suo ultimo addio alla vita, lugubre e altisonante accompagnato dalla viola, un suono basso e cupo, poi un altro violino si inserisce a tratti cambiando suono, più acuto, solo un gioco di archi e una voce lugubre che sussurra demoniaca parole senza tempo e senza capo. Corposo e mistico. Il contrasto fra archi alti e gravi, poi si calmano e poi riprendono. Maledizioni disperate, il tutto cresce lentamente ed inesorabile, come una culla dannata che si avvicina alla falce ... e il tutto si sospende lasciando spazio all’arpa. È l’arpa che aveva fatto timida il suo ingresso che poi chiude in una sospensione di suoni.
Questa è la colonna sonora della morte.’
Quando Daniel se ne rese conto aprì gli occhi iniettati di sangue spalancandoli terrorizzato all’idea. Aveva sognato la morte … di chi? Di cosa? Era tutto nero e si sentiva questa orchestra di suoni lugubri e crescenti che iniettavano il terrore, il pianto, la solitudine e la disperazione nelle vene, nella carne, nella mente che andava percorrendo sentieri scoscesi sempre più veloce, sempre più irrecuperabile. Era stato un flash e subito dopo la vita era tornata. Presagio di futuro quella colonna sonora. Quel meraviglioso pezzo da brivido.
Era stato solo un sogno, un incubo.
Cercò di capire dove si trovasse e organizzò la sua mente in modo che toccasse il posto intorno a se. Gli occhi rimandavano ancora luce. Quel flash l’aveva accecato e al momento anche se aveva gli occhi aperti non vedeva bene, era nebuloso, come se una fitta nebbia si fosse immessa nella stanza, fra lui e il soffitto.
Il pavimento sotto di lui e tutt’intorno apparentemente niente, era una stanza grande ma non ricordava esattamente cosa fosse successo prima di quel momento. Sospirò per sentire il suo respiro, era vivo. Aveva provato un forte dolore alla testa, poi? Prima? L’aula di musica, certo. Era stato nell’aula di musica con quelle due strane persone, poi avevano litigato, si era sentito male per questo. Successivamente era arrivato il flash accecante e tutto era diventato nero. Il botto della testa che sbatte contro il pavimento, il corpo che tremante e dolorante si girò per respirare meglio, l’aria che non c’era e il corpo che non si sentiva, come se si smaterializzasse, la chiara sensazione di non esserci più fisicamente. Di essere scivolato per un attimo in uno spazio infinitamente grande … poi l’arpa, il violino, la viola, la voce lugubre … si, poi quella colonna sonora che salutava la morte e si era svegliato.
Non vedeva ancora, riusciva appena a muovere i polmoni per respirare e le mani per toccare il pavimento. Forse era ancora nell’aula di musica, riconosceva il pavimento freddo senza nemmeno un tappeto. La mente lentamente gli restituiva le proprie funzioni perse e i sensi tornavano, dopo il tatto tornò l’udito. Il rumore del silenzio, quando il silenzio fa quel ronzio fastidioso. Il suo respiro e … quello di un altro. Erano in due, ma avrebbero dovuto essere in tre, uno forse era andato via. Non capiva, era confuso e decise di aspettare anche la vista, diede il tempo al suo corpo di riabituarsi, il sudore gli si asciugò e tornò nel frattempo il gusto. Un acre sapore di ferro dolciastro, si era morso la lingua e aveva la bocca sanguinante, probabilmente gliene usciva lungo il mento, ma non provava dolore. Era questo il punto, aveva sbattuto la testa, era svenuto, era successo … chissà? Non provava assolutamente dolore. Per un istante gli parve strano, poi sentì il quarto senso, l’odore. Era l’odore di aria fresca che entrava nella stanza. Aria … ringraziò chiunque avesse aperto la finestra. Decise di chiudere un po’ gli occhi e concentrarsi sperando che presto sarebbe tornata anche la vista. Era quasi del tutto in sé, con la vista si sarebbe alzato e avrebbe visto che diavolo era successo.
Li riaprì e gli occhi castano verdi vantarono finalmente di possedere nuovamente le pupille e non solo le iridi.
Vedeva. L’offuscato soffitto divenne chiaro, la luce era accesa. Roteò gli occhi e vide da un lato la libreria, dall’altro la fila di sedie vuote, spostò ancora e c’era il divano, il pianoforte, gli strumenti, non vide però le finestre, si sentiva l’aria entrare ma le finestre non c’erano ed ora che lo notava non c’era nemmeno tutto il soffitto. Mancava l’angolo in cui quei due pazzi si erano posizionati, si alzò di scatto prevedendo il giramento di testa che non arrivò. Non sentì nulla, fissò i punti in cui era buio e nero come se fosse stato tagliata via quella parte. Mancava l’intero angolo fra la biblioteca e le finestre, le finestre stesse e la parte di soffitto adiacente. Lì era buio. Allungò un braccio e fu come toccare un muro, al di là di lì non ci si poteva muovere. Corrugò la fronte e le sopracciglia iniziando a preoccuparsi.
- Che diavolo…-
A quel punto sentì un rumore alle sue spalle e si voltò nuovamente.
Appoggiato con le spalle alla porta d’entrata, ora chiusa, stava seduto a terra semi incosciente, il professore Val Maloney.
Spalancò occhi e bocca trattenendo il respiro.
- P-prof? Che ci fa qui?-
Non rispose. Forse non si era ancora del tutto ripreso. Si avvicinò gattonando verso di lui. Già lo detestava, se poi doveva anche aiutarlo era a posto!
Di Michael e Thomas nemmeno una traccia.
Era tutto troppo strano, ma appena Val si sarebbe ripreso se ne sarebbe andato da Etienne.
Lo toccò titubante indeciso se schiaffeggiarlo con gusto o solo scuoterlo, optò per scuoterlo. L’uomo sollevò il capo lento e con fatica aprì gli occhi. Quel ghiaccio ora sciolto lo fissò privo di pupille e Daniel rabbrividì, in un secondo momento vide tornare anche il nero al posto giusto e si sollevò.
- Come si sente?-
- Cosa…?-
- Ah, non lo chieda a me! Intanto che ci fa lei qui? Dove sono quei due bastardi con cui stavo parlando e … che significa quello?-
Si stava già agitando, era naturale.
Quando anche Val notò l’angolo mancante sbattè le palpebre incredulo, per lui una cosa simile era assolutamente impossibile.
- Io sono venuto qui perché sentivo urla e mi sono trovato lei in ginocchio davanti a due ragazzi, urlava. Poi c’è stato un flash e non ricordo altro.-
Aveva parlato freddamente composto nonostante si fosse appena ripreso, questo non fu di gradimento per Daniel che odiava i tipi così.
Lo fissò malamente e suo malgrado lo aiutò ad alzarsi, il contatto delle loro mani gli procurò una scarica elettrice identificabile come piacere, ma non ne fu sicuro. Da quando si era svegliato non sentiva fisicamente assolutamente nulla.
Appena in piedi si separarono in fretta e aprirono la porta per uscire, quel che videro li lasciarono ancora una volta di pietra.
Buio. Nero. Vuoto.
Allungarono una mano incerti e fu come toccare un muro, non si poteva uscire, non c’era niente, si guardarono col fiato sospeso e un espressione inquietante. Cosa stava succedendo?
- Ma cosa stavate facendo?-
Sussurrò il professore privo di inclinazione nella voce tagliente.
- Noi? Mi stavano aggredendo! Non so cosa hanno fatto! È lei lo studioso, dovrebbe essere lei a dirmi cos’è questa roba!-
Val ne aveva già abbastanza, decise di ignorarlo e andò all’angolo tagliato e notò la stessa cosa della porta. Un muro nero.
Se fosse uno che si agitava e andava in panico, ci sarebbe cascato subito, ma non lo era. Dopo un attimo di pensare e selezionare ogni opzione possibile arrivò alla conclusione che qualunque cosa fisica avessero fatto quei due ai sottoscritti, ora erano tipo in coma e dovevano attendere di risvegliarsi.
Così semplicemente si sedette sul divano incrociando le braccia e con aria sostenuta e lontana attese.
Daniel lo guardò stralunato senza capire. Lui invece in situazioni simili si lasciava prendere dal panico, gli si piazzò in piedi davanti e sbracciandosi cominciò a borbottare seccato:
- Ma cosa fa?-
- Sto seduto.-
Lapidario rispose l’altro.
- E perché?-
- Per aspettare.-
- Cosa?-
- Che il tempo passi!-
- Ma lei è scemo?-
Occhiataccia.
- Ma mi scusi, sa? Siamo bloccati qua, non sappiamo cosa sia successo. Mancano pezzi di stanza … e insomma, lei si mette seduto comodo comodo ad aspettare che il tempo passi!?-
- Perché signorino Le Mark non attiva i suoi neuroni una volta tanto?-
Questo non fu gradito, tuttavia aveva l’attenzione del professore che ora lo guardava più freddo del solito.
- Le sembra matematicamente possibile tutto questo?-
Daniel si fermò un attimo, miracolosamente, e ci pensò.
- No.-
- E allora, semplicemente, non lo è. Saremo stati drogati e staremo sognando, o al massimo saremo in coma, è scientificamente provato che in stato comatoso la coscienza delle persone viaggia in continui sogni, quindi basta aspettare che ci svegliamo!-
La bocca del ragazzo rimase aperta per ribattere qualcosa, non trovando nulla si richiuse di scatto, era poco convinto e con aria truce si mise dietro il piano, l’unico strumento in grado di calmarlo.
In fondo aveva ragione, concretamente non potevano fare nulla.
Suonò qualcosa di imprecisato, giusto per accordarlo, dopo di ciò andò come sempre a caso, improvvisando qualche melodia che rispecchiasse il suo stato d’animo agitato non tanto per la situazione, cominciava ad accettare il male minore, ovvero il sogno, aveva anche dimenticato le accuse contro il padre, rimuovendole del tutto dalla mente.
Daniel era agitato perché era rimasto con il professore, l’intera storia non aveva molto senso, però per non uscirne pazzi, credere a quella spiegazione era l’unica via d’uscita.
Oltre a questo, quel Val era qualcosa di odiosamente … affascinante, questo per lui era pericoloso vista la sua comunemente definita anormale tendenza ad innamorarsi dei professori cacciandosi così nei guai!
Si morse il labbro evitando di guardarlo. Il destino era beffardo e quel maledetto tempo non passava.
 
Mentre lui suonava, sentì nella mente il richiamo di una voce a lui familiare.
Daniel … Daniel, dove sei?”
Il giovane smise di suonare portandosi le mani agli orecchi. Val non notò il gesto.
Etienne … come fai a sentirmi?”
Oh, ci sei! Avevo paura che ti fosse successo qualcosa … avevi urlato terrorizzato… ”
Certo che ci sono ma io pensavo di stare sognando, è qualcosa di assurdo questo posto…”
Dove sei?”
In aula di musica, a scuola!”
Impossibile. Dove sei?”
In aula di musica, ti dico!”
Daniel, ci sono io in aula di musica, a scuola tua …ed è vuota!”